Vedi AQUILEIA dell'anno: 1958 - 1973 - 1994
AQUILEIA (v. vol. I, p. 511 e S 1970, p. 67)
Nuovi studi e scoperte hanno ampliato le conoscenze su A. e sul suo territorio, mentre grazie ad alcuni provvedimenti di ordine legislativo si è potuto procedere a una migliore tutela delle aree di interesse archeologico nell'ambito di un programma mirante alla creazione di una zona di riserva, da estendersi gradualmente all'intero perimetro della città antica. Interventi volti specificamente al restauro e alla conservazione del ricco patrimonio archeologico di mosaici hanno consentito, con l'impiego di tecniche diverse, varie sistemazioni, a seconda della natura e della dislocazione dei trovamenti.
Sembrerebbe confermata, per il momento, l'assenza di una A. pre-romana, mentre una recente serie di ricerche ha definito la fisionomia della fase repubblicana. Il ricchissimo patrimonio epigrafico restituito dalla città ha infatti consentito di tracciare un quadro esauriente della prima società aquileiese, per quel che riguarda sia la struttura della classe dirigente locale, sia l'origine dei primi coloni, provenienti in percentuale notevole dal Lazio (Preneste, Aquino, Sora) e dall'area centro-italica. In parallelo lo studio sistematico, avviato nel corso degli ultimi anni, dell'abbondante documentazione archeologica (decorazione architettonica in pietra e terracotta, instrumentum domesticum, gemme, ecc.) ha evidenziato, dopo una lacuna iniziale evidentemente imputabile alle difficoltà dell'impianto, una costante e ininterrotta crescita economica della città, destinata a toccare il proprio culmine nella seconda metà del I sec. a.C.: in tale momento essa risulta dotata di numerosi edifici a carattere monumentale, attestati dai resti di decorazione architettonica, e di lussuose residenze private con ricchi mosaici pavimentali che si espandono oltre l'originaria cerchia muraria. La ricchezza e l'importanza del centro nel corso del I e del II sec. d.C. sono testimoniate, oltre che da alcune evidenze architettoniche, dalla sequenza degli imponenti monumenti funerari, dal copioso numero delle sculture, in alcuni casi attribuibili a botteghe esperte anche nella lavorazione del marmo, e dall'eccezionale abbondanza dell'instrumentum, che documentano l'attivo ruolo della città nell'ambito dei traffici transmarini e con le province settentrionali. Per le epoche più tarde, la presunta invasione dei Marcomanni e dei Quadi può trovare un eventuale riscontro solo nella ristrutturazione di grandi opere pubbliche, come, probabilmente, il foro e le grandi terme. Trova conferma, invece, l'incidenza grandissima di altri due eventi: la crisi del 238 all'epoca di Massimino il Trace, e l'incendio attilano del 451; il primo ha lasciato resti monumentali nelle fortificazioni; al secondo sono certamente riferibili gli spessi strati di bruciato e le alterazioni di elementi strutturali in molte situazioni stratigrafiche. Subito dopo la metà del V sec. è da porre la riduzione dell'area urbana, con l'abbandono di tutta la parte settentrionale: dapprima a mezzo di un muro di fortificazione rettilineo da E a O; poi con la fortificazione a linea spezzata, costruita dopo l'invasione di Teodorico (489) e dovuta probabilmente al vescovo Marcellino (504-519), che era appoggiato dall'imperatore d'Oriente Anastasio (491-518).
Grazie a interventi eseguiti in coincidenza con lavori di urbanizzazione, è stato possibile provvedere al raccordo planimetrico degli scavi condotti in passato e alla rettifica di errori e incongruenze presenti nella vecchia pianta archeologica, elaborandone una nuova edizione (1980), mentre è in preparazione una ulteriore edizione della pianta corredata dalla bibliografia di tutti gli scavi vecchi e nuovi, oltre a una pubblicazione integrale degli scavi stessi.
Ancora oggetto di discussione è l'impianto urbanistico originario della città; si erano ipotizzati (Bertacchi, 1965) due momenti distinti: il primo, ascrivibile al 181 a.C., in cui la città avrebbe occupato un'area molto limitata di m 355 X 296, e il secondo, posteriore al 169 a.C., in cui l'impianto sarebbe stato modificato, assumendo la forma allungata che l'avrebbe contraddistinto in seguito. Ma alcune considerazioni più recenti (Strazzulla, 1989) potrebbero far pensare invece a un progetto unitario, già sostenuto a suo tempo dal Brusin.
Nonostante le estese indagini condotte negli ultimi anni, soltanto pochi edifici pubblici di A. sono stati individuati con sicurezza sul terreno. Nel corso di lavori per la costruzione della rete fognaria del paese moderno, che hanno permesso di riscontrare la continuità del tessuto urbano antico e la complessità delle situazioni stratigrafiche, va ricordata innanzitutto la localizzazione della basilica forense, adiacente al lato S del foro; immediatamente a S dell'edificio è stato messo in luce un tratto di decumano, lastricato, come attesta un'iscrizione, per volontà testamentaria di una donna, Aratria Galla; il testo è identico a quello di un'altra epigrafe, nota da tempo e rinvenuta all'estremità opposta dello stesso tracciato stradale in direzione del porto. Sul decumano è stato recuperato un fregio dorico dello sviluppo di c.a 12 m, decorato con motivi di armi, pertinente a un edificio pubblico - forse il portico del teatro e databile alla fine della Repubblica. Nella zona settentrionale della città, all'interno delle mura repubblicane, sono stati recuperati, sia pure in una situazione di reimpiego, antepagmenta fittili di tipo etrusco-italico. Nel corso delle medesime indagini nella Piazza di Monastero, vale a dire in una zona situata immediatamente all'esterno del perimetro urbano, si è messo in luce un contenitore in legno riempito di corni, in parte già segati, certamente destinati alla lavorazione. Nella medesima area una fornace rettangolare, adibita nell'ultima fase alla cottura di laterizi, aveva prodotto all'inizio dell'Impero anche ceramica di vario tipo, come documenta il ritrovamento di una discarica, a notevole profondità, con scarti di lavorazione. L'impianto, che funzionò a lungo, conferma la presenza nella zona di attività artigianali, già indicata in precedenza dal rinvenimento di lucerne a c.a 250 m di distanza, nella Roggia della Pila. Sempre nel corso degli scavi per le fognature sono state individuate le fondazioni della chiesetta paleocristiana di S. Ilario e la necropoli paleocristiana della chiesa di S. Giovanni.
Foro. - Dopo gli scavi di G. Brusin e l'anastilosi (1936) vi erano stati effettuati solo interventi parziali. Attuato nel 1980 l'esproprio di tutta l'area, scavi e restauri sono ripresi interessando quasi tutta la metà E. Si sono potute accertare le misure della platea, tutta libera da fabbricati (210 X 490 piedi sull'asse delle colonne), circondata da portici di 20 piedi di larghezza, su cui si aprivano botteghe. Nell'angolo NO un recente saggio ha messo in evidenza, all'esterno del portico settentrionale, un fabbricato a muri curvilinei concentrici interpretabile probabilmente come curia o comizio (in seguito sostituito da un edificio rettangolare), riferibile, anche in considerazione dei materiali usati, alla fase più antica del complesso. Si è constatato che quest'ultimo (come numerosi altri monumenti di A.) fu oggetto di una radicale spoliazione nel corso dei secoli. Ciononostante si sono raccolti numerosi elementi per la ricostruzione del portico di levante: sulle colonne scanalate, con capitelli compositi, poggiavano l'architrave a tre fasce, un fregio a girali e una cornice a dentelli. Al di sopra, in coincidenza con le colonne, erano, uno alternato all'altro, i plinti con teste di Medusa e di Giove Ammone e, negli intercolumni, lastre ornate con festoni retti da amorini e da aquile. Si conferma quindi la ricostruzione proposta da G. Brusin, mentre appare improbabile l'ipotesi dell'esistenza di una loggia superiore. La decorazione architettonica e le sculture sono state attribuite alla fine del II sec. d.C.
Saggi recenti (1988) condotti sotto il livello del lastricato hanno permesso di individuare elementi di fasi più antiche, mentre la presenza di grandi banchi di argilla, accertata fino a grande profondità già nei saggi 1971-1972, fa pensare che la zona fosse in origine paludosa. Il complesso è percorso da N a S in tutta la sua lunghezza dallo speco dell'acquedotto, nel cui riempimento, attentamente esaminato, si sono recuperati molti oggetti, tra cui manufatti in legno. Elementi figurati di mobilio erano stati rinvenuti nel 1970 all'estremità meridionale del condotto, presso le chiuse in bronzo allora messe in luce. Il materiale rinvenuto nello speco, tra cui monete della metà del I sec. d.C., è più antico dell'epoca in cui si data la sistemazione del complesso forense: è quindi verisimile che l'acquedotto appartenesse all'impianto originario. Si è potuto inoltre accertare che nell'assetto definitivo del complesso il cardine non attraversava il foro: ne fanno fede la continuità strutturale della basilica forense a S e il propileo con cui essa si apriva sulla platea. Anche i due decumani provenienti dal porto si interrompevano in coincidenza con il complesso. Restano infine da menzionare il ritrovamento, nel 1986, di un interessante plinto con iscrizione Publio / Valerio / maroni / patri vergili, probabilmente in onore del patrigno del poeta; e il recupero in due diversi pozzi, negli anni 1988 e 1989, di due teste di bronzo: una ad applique di età ellenistica e una a tutto tondo raffigurante forse l'imperatore Decio.
Contemporaneamente al foro è stata scavata la parte occidentale della basilica civile ad absidi contrapposte, già individuata in precedenza, che ha restituito belle sculture e raffinati elementi di decorazione architettonica.
A E del foro, tra questo e il porto fluviale, le campagne di scavo dell'Università di Trieste stanno portando alla luce un complessissimo sovrapporsi di strutture, culminante in età tarda con un edificio absidato a tre navate (muri e pilastri sono peraltro stati asportati, forse già in antico).
Grandi terme. - Dal 1981 con scavi sistematici, ancora in corso, è ripresa l'esplorazione delle grandi terme, un immenso fabbricato caratterizzato da una serie di ambienti simmetrici, articolati lungo un asse NE-SO, con impianti di riscaldamento nel settore SO e copertura a grandi volte alleggerite, sorrette da poderosi pilastri. Il complesso era riccamente ornato con colonne in marmi policromi, capitelli figurati, trabeazioni in marmo a decorazione fitomorfa, pavimenti a tarsia marmorea e a mosaico. Il sicuro accertamento della pertinenza a questo complesso della grande trabeazione marmorea reimpiegata nelle fortificazioni del porto fluviale ha consentito di rialzarne la cronologia alla seconda metà del II sec. d.C. (Cavalieri Manasse, 1982), laddove i mosaici pavimentali non possono essere anteriori alla metà del III sec. e appaiono ulteriormente restaurati e rifatti ancora un secolo più tardi.
Una vasta opera di drenaggio, ottenuta con quattro strati di anfore capovolte, è stata individuata nel corso di un intervento di urgenza a Ν del Museo Archeologico. Nell'area era forse localizzato un complesso sacro, come suggerirebbe il ritrovamento di un'iscrizione agli dei e alle dee.
Basilica patriarcale. - All'interno della basilica va segnalata la scoperta di mosaici presso l'altare della Croce, cioè tra la «Cripta degli Affreschi» e il limite orientale dell'«Aula Teodoriana». Che essi siano databili a età preattilana o post-attilana, il fatto sostanziale è la loro stretta connessione strutturale con l'impianto della chiesa attuale, che pertanto si rivela paleocristiana, sia pure con rifacimenti successivi. Sempre all'interno della basilica è stato individuato il battistero originario, situato fra le due aule teodoriane, già messo in luce all'inizio del secolo senza essere correttamente interpretato. Nell'«Aula Teodoriana» Ν sono state riconosciute le tracce dei magazzini di cui probabilmente essa aveva utilizzato le strutture.
Ampie indagini, condotte negli anni Ottanta all'interno del battistero a O della basilica, i cui risultati sono ancora inediti, hanno rivelato numerose fasi di case romane con mosaici, poi rioccupate da varie vasche sovrapposte, pertinenti al complesso battesimale. Altre indagini, effettuate nel corso degli anni Settanta, hanno interessato la parte settentrionale della Piazza Capitolo. Esse hanno condotto all'accertamento di tre livelli di abitazioni romane, tutte dotate di pavimentazioni musive, in parte figurate. Nel più tardo dei livelli, il più significativo, si è potuta riconoscere l'intera pianta di una casa a peristilio, con accesso dal cardine, attraverso le fauces. Al di sopra si accertarono altri due livelli paleocristiani: il primo, di particolare importanza, configurava un quadriportico assai vasto, situato a O della chiesa post-teodoriana N. Sul lato Ν del quadriportico si aprivano le sale dell'episcopio paleocristiano. Davanti al suo ingresso è stato rinvenuto un eccezionale lampadario di bronzo, ornato di figurazioni e di simboli, del diametro di oltre 70 cm, evidentemente rimasto sepolto nella distruzione del fabbricato cui apparteneva, al momento dell'invasione attilana. Il livello superiore, anch'esso con pavimentazioni musive, si riferiva alla ristrutturazione dell'episcopio in età postattilana. Altri mosaici, pertinenti al medesimo complesso, furono ritrovati nel corso di lavori di ristrutturazione dell'adiacente canonica.
Teatro. - La localizzazione del teatro resta a tutt'oggi un problema insoluto. Oggetto di un recente studio sono alcuni blocchi di trachite euganea ritenuti parte dei sedili per la presenza di iscrizioni con nomi e numeri. Per la localizzazione del monumento non è emerso alcun elemento sicuro. Che esso si trovi nella zona O della città, tra le grandi terme e la curva meridionale del circo, è ipotesi giustificata dalla scoperta di un grande propileo con gradinata rivolto a E (fondo Comelli) che potrebbe esserne l'ingresso. A questo è possibile siano pertinenti il grande fregio dorico e l'iscrizione (CIL, ν, 1021), anch'essa parte di trabeazione dorica, che parla di una porticus duplex. All'estremità O dello scavo sono emersi blocchi in trachite; la cavea dovrebbe trovarsi più a O dove indagini geoelettriche hanno rivelato la presenza di considerevoli strutture. Una fonte medievale indica per quest'area una Via in Zadris.
Palazzo imperiale. - Per quanto riguarda il palazzo imperiale le ipotesi sono ancora discordanti: per alcuni esso sarebbe da identificarsi alle Marignane, a O del circo, nella villa del fondo Candussi (Lopreato, 1987), altri localizzano il complesso a E del settore Ν del circo (Humphrey, 1986). Nel complesso delle c.d. piccole terme è stato proposto di riconoscere una lussuosa villa della prima età imperiale, forse la residenza temporanea di Augusto nei suoi soggiorni ad A. (Strazzulla, 1982-83).
Grande mercato pubblico. - A S del corso della Natissa, di fronte all'attuale Piazza del Municipio, è stato scoperto nel 1976 ed esplorato negli anni successivi, per poi essere reinterrato, un impianto assai vasto e articolato, consistente in ampi cortili circondati da corridoi probabilmente coperti (criptoportici), i quali disimpegnavano ambienti di varia forma. Si è messa in luce anche una serie di padiglioni circolari, uno dei quali certamente con funzione di fontana. Nel settore Ν alcuni pavimenti erano a mosaico e altri a tarsia marmorea; a S predominavano il cocciopesto e il cotto; ancora più a S lunghi muri hanno fatto ipotizzare recinti per il bestiame. Nel complesso, la cui durata si estende dall'età repubblicana al tardo impero, si è proposto di identificare il forum pecuarium menzionato in un'iscrizione repubblicana (CIL, ν, 8313 = SI, 125 = Dessau, 5366), come farebbe supporre anche il recente ritrovamento di un'arula con dedica a Ercole.
Impianti portuali e porti. - A O della città si è potuto accertare che il corso del canale Anfora, ancora riconoscibile nel suo tracciato rettilineo diretto verso O per la lunghezza di 5 km, è sicuramente artificiale, navigabile e antico (probabilmente apprestato a scopi di bonifica, stando a Vitruvio). Saggi del 1978, presso lo sbocco in laguna, hanno dimostrato che esso era lastricato in pietra d'Istria. La continuazione del canale verso la città presenta un letto, largo 16 m alla sommità e profondo 4 m: sondaggi parziali effettuati nel 1988 hanno restituito copioso materiale archeologico della prima età imperiale, dimostrando inoltre, grazie al rinvenimento di parti di imbarcazioni, che il canale era parzialmente utilizzato come cantiere. A E della città, in corrispondenza dell'antico corso del Natisone col Torre, era stato individuato da tempo un ponte lungo 37 m (Maionica). Tra quest'ultimo e il porto fluviale si trova un immissario di minor portata, la Roggia della Pila, sulla quale un ponte era già stato accertato dal Brusin nel 1934. Un secondo ponte, successivamente inglobato in fortificazioni tardoantiche, è stato individuato più a Ν nel 1969. L'area fra i due fiumi, che ospitava impianti artigianali, non fu mai compresa entro le mura. Il rinvenimento di terrecotte architettoniche frontonali, effettuato fin dal 1884 a E del grande fiume, ha di recente fatto proporre (Strazzulla) di localizzare qui il tempio al Timavo, eretto nel 129 a.C. dal console C. Sempronio Tuditano. Specifiche indagini condotte sul porto fluviale hanno permesso di valutarne la funzionalità nel corso del tempo: in particolare si è potuta accertare la lunghezza (350 m) dell'originario vasto magazzino per il deposito delle merci, che presenta notevoli analogie con la Porticus Aemilia di Roma, al quale si aggiunsero in seguito altre strutture. Nel 361 la deviazione delle acque del fiume segnò la fine del complesso.
Viabilità e territorio. - Tra le strade extraurbane oggetto di indagini è stata la Via Annia, che ha restituito due nuovi miliari, uno con il nome di Costantino e l'altro con quelli di Gioviano, Valentiniano, Valente e Graziano. Lungo la via, alle porte della città, sono state indagate aree sepolcrali.
La via che collegava A. con la laguna, seguendo la riva destra del Natisone-Torre, prendeva inizio presso la città con la monumentale necropoli scavata nel 1941 (impropriamente detta «della Via Annia»). Di questa stessa strada è stata esplorata la parte meridionale presso la laguna: essa seguiva l'andamento non rettilineo del fiume ed era affiancata da necropoli solo da un lato, evidentemente per non ostacolare le operazioni lungo il corso d'acqua. La necropoli ha restituito decine di urne con bei corredi, soprattutto vetri della prima età imperiale.
La via diretta a N, convenzionalmente detta «Giulia Augusta» in mancanza del nome antico, è stata oggetto di indagini occasionali alla periferia della città in località S. Stefano, dove si è accertata anche la presenza di un diverticolo di collegamento con la Via Annia. Nella medesima zona (fondo Lanari) è stata riportata alla luce una grande villa rustica dotata di impianti per la fabbricazione di lucerne. Più a S (fondo Jacumin) parziali indagini hanno accertato l'esistenza di una fornace. Il proseguimento della medesima strada a S della città è stato oggetto di indagini (1971), che hanno portato al ritrovamento, subito a S del museo, di monumenti sepolcrali, tra cui un ustrinum. A maggior distanza dalla strada sono state messe in luce due fornaci con una serie di vasche per la depurazione dell'argilla e si è recuperato un tesoretto di monete repubblicane. A Ν di Α., presso Terzo, si sono ritrovati resti di monumenti sepolcrali. Un importante sito archeologico è stato individuato a Sevegliano, a 10 miglia da Α., dove i ritrovamenti indicano l'esistenza di un insediamento e di alcuni impianti produttivi, frequentati ininterrottamente dal II sec. a.C. al IV d.C.
Le tracce di un ponte, individuate lungo la direttrice per Tergeste, tra A. e S. Canziano, hanno permesso di stabilire che il corso del fiume Isonzo non era molto diverso dall'attuale.
Numerose indagini hanno contribuito infine a migliorare sensibilmente la conoscenza del popolamento del territorio della città in età romana. Elementi in tal senso provengono dallo scavo di alcune ville rustiche, a Joannis e Vidulis, e di alcune fornaci: nell'area sudoccidentale a Casali Pedrina, e a Carlino (centro importantissimo per la produzione della ceramica invetriata), dove le fornaci, attive dall'età repubblicana sino a quella tardoantica, producevano tegole, ceramica e fittili vari, e in quella orientale, dove, lungo le rive del Locavaz, si è individuato un impianto che produceva anfore (forma Lamboglia 2).
Museo Archeologico. Per la mancanza di spazi all'interno del museo, si è proseguita la politica di decentramento per poli d'interesse, iniziata nel 1961 con la costituzione del Museo Paleocristiano. Di rimpetto al museo sono in corso di sistemazione due stabili, destinati rispettivamente a ospitare il Museo della Ceramica e il laboratorio di restauro. A Ν del foro è stato acquisito un grande edificio, da utilizzare come Antiquarium per questa zona. Nel museo è stata prolungata la galleria lapidaria meridionale, che ha potuto così ospitare un mosaico e varí monumenti figurati e iscritti. Accanto alla galleria lapidaria settentrionale è stata aperta la sezione navale, che ospita, con il relativo apparato didattico, un'imbarcazione romana dall'interessante tecnica costruttiva, lunga il m, recuperata nel 1974 a Monfalcone e sottoposta, con ottimi risultati, a restauro conservativo a mezzo di PEG.
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Jamiolkowsky, Cedimenti di fondazione del Campanile di Aquileia, in Atti del XIV Convegno nazionale di Geotecnica, I, Firenze 1980, pp. 17-24; A. Croce, Geotecnica e beni culturali, ibid., III, pp. 27-42; A. Quacquarelli, Note esegetiche sui pavimenti musivi delle basiliche di Aquileia: il «Bestiarius», in Aquileia nel IV secolo, cit., pp. 429-462; L. Bertacchi, Postilla a due mosaici paleocristiani aquileiesi già noti, in III Colloquio internazionale sul mosaico antico, Ravenna 1980, II, Ravenna 1983, pp. 475-480; G.C. Menis, Il complesso episcopale teodoriano di Aquileia e il suo battistero, in Atti dell'Accademia di Udine, LXXIX, 1986, pp. 41-132.
Immediato suburbio, viabilità, territorio: A. Grilli, Sulle strade augustee del Friuli, in AttiCItRom, VII, 1975-76, pp. 315-351; L. Bosio, Evoluzione del sistema stradale nella Venetia orientale dall'età romana all'epoca longobarda, in Convegno in memoria di P. Fraccaro, Pavia 1975 (fase, speciale di AthenaeumPavia), Pavia 1976, pp. 152-161; L. Bertacchi, Il basso Isonzo in età romana: un ponte e un acquedotto, in AquilNost, XLIX, 1978, cc. 29-76; ead., Presenze archeologiche nell'area meridionale del territorio di Aquileia, in II territorio di Aquileia nell'antichità, cit., pp. 259-289; M.J. Strazzulla Rusconi, C. Zaccaria, Scavo di una villa rustica a Joannis, in AquilNost, L, 1979, ce. 1-120; M. Buora, L'acquedotto aquileiese dei muri gemini, in MemStorFriuli, IX, 1980, pp. 43-72; L. Bertacchi, Il Canale Anfora, in Aquileia chiama, XXX, die. 1983, pp. 3-5; M.J. Strazzulla Rusconi, C. Zaccaria, Spunti per un'indagine sugli insediamenti rustici di età romana nel territorio aquileiese, in QuadMusTrieste, XIII, 1984, pp. 113-170; D. Tassaux, Les vestiges romaines de Vidulis (Frioul), ibid., pp. 7-13; M. Verzàr Bass, Rapporto preliminare della prima campagna di scavo a Tumbules presso Vidulis, ibid., pp. 15-17; AA.VV.,Saggi di scavo a Sevegliano, in AquilNost, LVI, 1985, cc. 1-116; L. Bosio, La centuriazione romana della X Regio, in Aquileia nella «Venetia et Histria» (AntAlt, XXVIII), Udine 1986, pp. 143-156; C. Reusser, Gräberstrassen in Aquileia, in Römische Gräberstrassen, Monaco 1987, pp. 234-249; L. Bertacchi, La Venetia orientale, in La Venetia nell'area Padano-Danubiana. Le vie di comunicazione, Padova 1990, pp. 639-659.
Scultura: E. Di Filippo, L'ara di Eupor nel Museo di Aquileia, in Venetia, II, 1970, pp. 13-126; I. Favaretto, Sculture non finite e botteghe di scultura ad Aquileia, ibid., pp. 129-231; V. Santa Maria Scrinari, Museo Archeologico di Aquileia. Catalogo delle sculture romane, Roma 1972; M. Borda, Ritratti tardo antichi nell'area adriatica, in Aquileia e l'Alto Adriatico, II, Aquileia e l'Istria (AntAlt, II), Udine 1972, pp. 113-140; A. Frova, Architettura arte e artigianato nella Cisalpina romana, in Aquileia e Milano, cit., pp. 105-124; M. Borda, I ritratti repubblicani di Aquileia, in RM, LXXX, 1973, pp. 35-57; H. Gabelmann, Die Werkstattgruppen der oberitalischen Sarkophage, Bonn 1973; L. Bertacchi, Priapo Pantheos, in Studi triestini di antichità in onore di L.A. Stella, Trieste 1975, pp. 403-417; F. Rebecchi, Le stele di età tetrarchica al Museo di Aquileia, in AquilNost, XLVII, 1976, cc. 65-142; B. Candida, I monumenti a cuspide dell'Italia nord-orientale, in AttiVenezia, CXXXVI, 1977-78, pp. 5569; F. Rebecchi, I sarcofagi romani dell'arco adriatico, in Aquileia e Ravenna (AntAlt, XIII), Udine 1978, pp. 201-258; L. Beschi, Le arti plastiche, in G; Pugliese Carratelli (ed.), op. cit., pp. 337-449; M. Buora, Urne e pseudoume a cista aquileiesi, in AquilNost, LIII, 1982, cc. 189-216; L. Bertacchi, Urna cineraria di recente rinvenimento, ibid., pp. 217-228; P. Lopreato, Un ritratto di Costanzo Gallo dagli scavi di Aquileia, in Aquileia nel IV secolo, cit., pp. 359-368; S. Stucchi, Possibili rapporti metrici nel Mausoleo di Aquileia, in Studi Forogiuliesi in onore di C.G. Mor, Udine 1983, pp. 47-58; L. Bertacchi, Sull'ara funeraria di C. Oetius Rixa, in AquilNost, LV, 1984, cc. 1-4; L. Beschi, La scultura romana di Aquileia: alcune proposte, in I Musei di Aquileia, I, cit., pp. 159-174; C. Reusser, Zur Aufstellung römischer Gräbaltare in Aquileia, in AquilNost, LVI, 1985, cc. 117-144; E. Di Filippo Balestrazzi, La «pompa» del magistrato e il dio di Emesa, ibid., cc. 337-360; M. Verzàr Bass, Rapporti fra l'alto Adriatico e la Dalmazia a proposito di alcuni tipi di monumenti funerari, in Aquileia, la Dalmazia e l'Illirico, cit., pp. 183-208; L. Bertacchi, L'impiego in età romana ad Aquileia, in AA.VV.,I marmi del Carso triestino, Trieste 1984, pp. 17-24; G. Sena Chiesa, Are rotonde funerarie da Aquileia, in AquilNost, LVII, 1986, cc. 757-776; F. Canciani, I sarcofagi di Aquileia, in Vita sociale artistica e commerciale di Aquileia, cit., pp. 401-418; M. Verzàr Bass, Testimonianze archeologiche relative ad alcune famiglie senatoriali ad Aquileia, in Aquileia e Roma, cit., pp. 97-118; P. Moreno, Una testa del Museo di Aquileia da un tipo lisippeo attestato a Roma: Ermete che si slaccia il sandalo, ibid., pp. 173-183; F. Ciliberto, Sarcofagi e coperchi a kline attici ad Aquileia: alcuni frammenti inediti, in AquilNost, LVIII, 1987, cc. 233-260; M. Buora, I medaglioni aquileiesi con busti di divinità e il loro probabile reimpiego nella facciata del circo, in MemStorFriuli, LXVIII, 1988, pp. 63-80.
Mosaico e pittura: L. Bertacchi, Licurgo e Ambrosia, in AquilNost, XLVXLVI, 1974-1975, ce. 535-550; ead., Il mosaico aquileiese del Buon Pastore 'dall'abito singolare', in Aquileia e l'Oriente Mediterraneo (AntAlt, XII), Udine 1977, pp. 429-444; R. Farioli, Pavimenti di Aquileia e pavimenti di Ravenna, in Aquileia e Ravenna, cit., pp. 267-287; S. Panciera, Lucio Ceio mosaicista aquileiese, in AquilNost, LI, 1980, cc. 237-244; M. Torcellan, Ipotesi di valutazione di alcune misure dei mosaici di Aquileia e Grado, ibid., LII, 1981, cc. 109-148; G. A. Mansuelli, Un panegirico imperiale e una pittura di Aquileia, in AquilNost, LUI, 1982, cc. 277-288; M.J. Strazzulla, Programmi decorativi di età augustea: una villa imperiale ad Aquileia, in AnnPerugia, XX, 1982-83, pp. 463-487; L. Bertacchi, Il problema dei mosaici nel Museo Archeologico di Aquileia, in I Musei di Aquileia, I, cit., pp. 209-226; ead., I mosaici di Aquileia, in Mosaic, 3 Conservation in situ, Aquileia 1983 (ICCROM), Roma 1985, pp. 1-29; A. Frova, Pittura romana nella 'Venetia et Histria', in Aquileia nella «Venetia et Histria», cit., pp. 203-228; M. Donderer, Die Chronologie der römischen Mosaiken in Venetien und Istrien bis zur Zeit der Antonine, Berlino 1986; I. Bragantini, Contributi per lo studio della pittura ad Aquileia nella prima età imperiale, in Aquileia repubblicana e imperiale (AntAlt, XIX), Aquileia 1988, pp. 253-262.
Ceramica, terrecotte, lucerne: M. Graziani Abbiani, Lucerne fittili paleocristiane nell'Italia settentrionale, Bologna 1969; L. Bertacchi, Due patere di ceramica a vernice nera con impressioni di gemme, in Atti del Convegno internazionale sui problemi della ceramica romana di Ravenna, della valle padana e dell'alto Adriatico, Ravenna 1969, Bologna 1972, pp. 133-138; F. Maselli Scotti, I vasi ad orlo alto di Aquileia, in AquilNost, XLIII, 1972, cc. 1-20; ead., Ceramica di 'tipo Aco' ad Aquileia, ibid., XLIV, 1973, cc. 167-178; M. Guarducci, Un ricordo di Terra Santa ad Aquileia, ibid., XLV-XLVI, 1974-1975, cc. 617-630; E. Buchi, Lucerne del Museo di Aquileia, I, Lucerne romane con marchio di fabbrica, Montebelluna 1975; L. Bertacchi, La ceramica invetriata di Carlino, in AquilNost, XLVII, 1976, cc. 181-194; M.J. Strazzulla Rusconi, Arule fittili di Aquileia, in ArchCl, XXIX, 1977, pp. 86-113; AA.VV., La lucerna aquileiese in terracotta, Udine 1979; V. Novak, Sigillata africana a rilievi applicati del Museo di Aquileia, m Aquileia nel IV secolo, cit., pp. 571-591; F. Maselli Scotti, La ceramica ad Aquileia. Il vasellame da mensa, in I musei di Aquileia, II, cit., pp. 39-70; ead., La produzione del vasellame fittile nel territorio di Aquileia, in Vita sociale, artistica e commerciale di Aquileia, cit., pp. 427-444; E. Di Filippo Balestrazzi, Officine di lucerne ad Aquileia, ibid., pp. 445-477; M.B. Carre, Note sulle anfore conservate nel Museo di Aquileia, ibid., pp. 479-494; R. Matijasic, La produzione e il commercio di tegole ad Aquileia, ibid., pp. 495-531; E. Di Filippo Balestrazzi, Lucerne del Museo di Aquileia, II. 1-2, Lucerne romane di età repubblicana e imperiale, Pordenone 1988; M.P. Lavizzari Pedrazzini, Il vasaio norditalico Clemens, in Aquileia repubblicana e imperiale, cit., pp. 281-292.
Artigianato artistico: R. Noll, Zum Monogrammkreuz aus Aquileia in der Wiener Antikensammlung, in AquilNost, XLV-XLVI, 1974-1975, cc. 609-616; N. Negroni Catacchio, Le vie dell'ambra, in Aquileia e l'arco alpino orientale (AntAlt, IX), Udine 1976, pp. 21-57; M.C. Calvi, Le ambre romane di Aquileia, in AquilNost, XLVIII, 1977, ce. 93-104; M.C. Calvi, B.M. Stievano, Proposte per lo studio della provenienza e la lavorazione dell'ambra, in AquilNost, XLIX, 1978, cc. 189-204; L. Bertacchi, Lampadario paleocristiano rinvenuto ad Aquileia, in Atti del IX Congresso Intemazionale dì Archeologia Cristiana, Roma 1975, II, Roma 1978, pp. 71-87; ead., Cisterna romana (scavo 1968), in Relazioni, I, 1982, pp. 85-97; M.C. Calvi, Le arti suntuarie, in G. Pugliese Carratelli (ed.), op. cit., pp. 451-505; H. Jucker, Ikonographische Anmerkungen zu fruhkaiserzeitlichen Porträts-Kameen, in BABesch, LVII, 1982, pp. 100-117; L. Bertacchi, Aquileia (UD), Museo Archeologico Nazionale, in Bulletin de l'Association Internationale pour l'histoire du verre, Liège, IX, 1981-1983, pp. 98-102 e 210; G. Sena Chiesa, Le gemme del Museo di Aquileia, in I Musa di Aquileia, II, cit., pp. 13-28; M.C. Calvi, Le collezioni di arti suntuarie del Museo di Aquileia, ibid., pp. 29-38; G. Piccottini, Utensili di ferro romani da Aquileia al Magdalensberg, ibid., pp. 103-116; P. Lopreato, I pesi ageminati del Museo di Aquileia e il sistema ponderale bizantino, ibid., pp. 71-102; J. Werner, Spätrömisches Pferdestimschmuck aus Aquileia, in Festschrift H. Vetters, Vienna 1985, pp. 307-310; F. Ghedini, La figura recumbente del piatto di Aquileia e l'eleusinismo alessandrino, in RdA, Χ, 1986, pp. 31-42; Bertacchi, La produzione vetraria aquileiese nelle sue fasi più antiche, in Vita sociale, artistica e commerciale di Aquileia romana, cit., II, pp. 419-426; G. Sena Chiesa, Lusso, arte e propaganda politica nella glittica aquileiese tra tarda repubblica e principato augusteo, in Aquileia repubblicana e imperiale, cit., pp. 263-280; P. Cassola Guida, I bronzetti friulani a figura umana, tra protostoria ed età della romanizzazione, Udine 1989.
Numismatica: F. Panvini Rosati, La zecca di Aquileia, in Aquileia e Ravenna, cit., pp. 289-298; G. Gorini, La collezione numismatica, in I Musei di Aquileia, II, cit., pp. 285-298; id., Le monete della zecca di Roma ad Aquileia fino alla riforma di Diocleziano, in Aquileia e Roma, cit., pp. 185-200; L. Cracco Ruggini, Roma, Aquileia e la circolazione monetaria del IV secolo, ibid., pp. 201-223.
Museografia e conservazione: L. Bertacchi, Urne, anfore e cippi nel Museo Archeologico di Aquileia, in Musei e Gallerie d'Italia, XLI-XLII, maggio-dicembre 1970, pp. 25-27; ead., Il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, in I Musei di Aquileia, I, cit., pp. 75-89; L. Bertacchi, P. Bertacchi, L'imbarcazione romana di Monfalcone, Udine 1988.