Vedi AQUILEIA dell'anno: 1958 - 1973 - 1994
AQUILEIA (v. vol. i, p. 511)
Nuovi scavi, trovamenti e studî hanno notevolmente arricchito le nostre conoscenze di questo importante centro.
1) Storia. - All'angolo NO delle mura tardo-imperiali è stata recuperata, fuori opera, una grande ara votiva frammentata, probabilmente dedicata a Giove, interpretata da G. Brusin come testimonianza della vittoria sui Marcomanni e i Quadi; di questo fatto storico, attestato dalle fonti, mancava finora una testimonianza archeologica. Il rinvenimento, avvenuto presso il ponte dell'Aussa, di una grande punta di lancia con tracce di doratura sul codolo, è stato messo in relazione con la battaglia avvenuta in quel sito nel 340 d. C. e conclusasi con la morte di Costantino II.
2) Topografia. - Nuovi elementi al discorso della centuriazione dell'agro aquileiese si sono aggiunti per il ritrovamento di un cippo gromatico ancora in situ 4 km circa a S della città. Indagini a seguito di rinvenimenti occasionali hanno consentito di verificare il tracciato delle vie sepolcrali e di raccogliere altri elementi relativi ad esse: la via Gemina, che esce dalla città verso N-E, deve essere stata ricoperta da un notevole strato alluvionale alla fine del II sec. d. C. La rete viaria urbana è stata studiata ed in parte indagata in relazione ai vari ampliamenti susseguitesi nel tempo; scavi condotti in profondità hanno permesso di accertare fasi precedenti a quelle già note, anche con orientamento diverso e di verificare in molti casi la presenza di strati alluvionali. Si è potuto giungere alla localizzazione di alcuni edifici: il Palazzo Imperiale è quasi certamente da riconoscersi nel vastissimo complesso messo in luce nella parte occidentale della città, circa a metà della sua lunghezza, presso l'estremità meridionale del Circo; in questa zona si sono messi in luce anche elementi di due sistemi di fortificazione, di cui il più antico si può datare con elementi archeologici all'epoca di Massimino Trace, che assediò A. nel 238 e precisamente dalla primavera (il fiume era ingrossato per lo sciogliersi delle nevi) fino al 19 luglio, giorno della sua uccisione. Nell'area dove sorge poi il Palazzo Patriarcale, a S della Basilica, cioè nel luogo in cui in passato si era creduto di riconoscere il Palazzo Imperiale, il Mirabella ha chiaramente dimostrato che in età romana sorgevano grandi horrea. Per la prima volta è stata rilevata la pianta di un tempio, cui si era sovrapposta una fonderia, ma non sono emersi elementi per attribuire il tempio ad una determinata divinità. Non lontano da questa zona è stata recuperata un'aretta votiva al Timavo, di cui è stato visto il probabile sacello, che però non è stato scavato. Altro luogo di culto è in corso di accertamento (1969) nella piazzetta di Monastero. Indagini condotte nell'ambito delle aule teodoriane, hanno portato nuovi elementi di discussione ai già tanto dibattuti problemi relativi all'importantissimo complesso cultuale. Uno scavo condotto nell'interno del campanile, ha permesso di riportare alla luce circa 30 mq di mosaico dell'aula primitiva settentrionale ed importanti elementi della sovrapposta aula post-teodoriana. A Monastero indagini e studi hanno permesso di chiarire le fasi della importante basilica paleocristiana, che non è stata mai una Sinagoga, come invece si era supposto.
3) Architettura e scultura. - Si è accertata la presenza di porticati lungo due strade, uno a pilastri ed uno a colonne. Il recupero occasionale di elementi di monumenti sepolcrali ha permesso di localizzare la provenienza di altre parti degli stessi complessi già esistenti in museo, senza che fosse possibile prima conoscerne la località di scavo. Si è recuperato un coronamento di stele di tipo inconsueto per A., in quanto il timpano è coronato da una palmetta, mentre alle estremità compaiono due pigne. Per quanto riguarda la scultura, si sono recuperati molti bei pezzi, tra cui due teste di divinità, una stele rappresentante un centurione, due statue sepolcrali ed un sarcofago frammentario con rappresentazione di un baccanale, senza però che questi rinvenimenti spostino o variino il panorama artistico già noto, caratterizzato dalla coesistenza e dall'interferenza di arte locale ed arte aulica.
4) Mosaici e pitture. - I rinvenimenti di nuovi mosaici sono stati in questi ultimi anni molto numerosi ed estremamente varî. Fra i tipi più antichi, oltre ai pavimenti in cocciopesto con disegno di tessere, si è messo in luce un singolare pavimento in grossi tasselli di cotto, con quattro code di delfini rese a tessere di pietra nera; la parte centrale, purtroppo mancante, era fissata a piombo. Di mosaici bianconeri, per lo più geometrici, se ne è trovata una grande varietà: uno presentava un emblema applicato su una lastra di cotto, che ne costituiva anche la cornice; l'emblema, che è decorato da una ricchissima serie di pesci, può essere datato ad età fiavia. Tra i mosaici del II sec. d. C., due sono apparsi particolarmente significativi: uno rappresenta un tappeto fiorito in cui gli elementi vegetali sono alternativamente naturalistici e stilizzati; l'altro ha raffinatissime figurazioni, tra cui primeggia la scena di Licurgo ed Ambrosia, mentre tutt'intorno sono rappresentate le Stagioni, simboleggiate dai corrispondenti animali. Del III sec. d. C. è un mosaico con scene di caccia, purtroppo molto danneggiato; qui le Stagioni sono rese da figure umane intere, qualificate dai frutti ad esse caratteristici; questo ambiente si dilata in un'abside, il cui pavimento è ornato da un tralcio di vite, che si avvolge in girali tra i quali è appesa una gabbietta. Altre serie di rappresentazioni di Stagioni, rese da busti femminili, qualificati da uccelli di stagione, si son viste in due mosaici del IV sec. d. C.; uno di questi pavimenti appartiene ad una casa, che in un altro ambiente conserva la rappresentazione di Calendio e Iovina, resi come Amore e Psyche. Indagini in profondità in occasione dello strappo di mosaici già noti, hanno consentito di raccogliere elementi per la datazione: in genere la datazione definita in passato viene un po' abbassata.
5) Artigianato. - a) Terrecotte e vasi. Conducendo scavi a grande profondità si è raccolta una incredibile quantità di ceramica a vernice nera (in museo ne esistevano precedentemente solo diciannove pezzi). Si tratta per lo più di ceramica di tipo B e sue imitazioni, con marchi a palmette, a scritte, a impressione di corniole. Una patera di forma 7, in molti frammenti, ma ricomponibile, ha diametro di cm 6o e presenta restauro antico. Le zone in cui si raccolse questa ceramica, appartengono all'ampliamento della primitiva città repubblicana. Si è raccolta della vera ceramica aretina, tra cui un frammento con scritta M. Perennius in associazione a bicchieri con decorazione a Kommaregen, del tipo della fabbrica di A. Aco. Si è raccolta inoltre molta ceramica di imitazione aretina, anche con marchi; è presente la Nord-Italica, mentre scarsissima è la ceramica Sud-Gallica, che invece è ben documentata nelle raccolte del museo.
b) Vetri. Nel 1968 è stato pubblicato il catalogo dei vetri di A., che segue l'industria locale dal suo sorgere, cioè dalla seconda metà del I sec. a. C., durante tutta la produzione. Questa industria è parallela e non successiva a quella della ceramica come era stato erroneamente affermato. Sono da aggiungere, per la loro importanza, due pezzi paleocristiani figurati: un frammento di una coppa lavorata a mola con la rappresentazione di Abramo che uccide Isacco ed un piatto frammentato lavorato a mola e ad incisione che rappresenta Cristo fra gli Apostoli.
c) Ambre, oreficeria, glittica. Il rinvenimento di due bei pezzi di ambra, rappresentanti teste uno di Satiri e l'altro di Menadi, mentre la parte sottostante è configurata in entrambi a foglia di vite, ha dato occasione ad uno studio sulle ambre aquileiesi e si è accertato che provengono tutte dalle zone sepolcrali e che vanno intese come offerta alle divinità dell'Oltretomba, collegate col culto bacchico. Per quanto riguarda la oreficeria, non sono da segnalare rinvenimenti degni di nota. Nel 1966 è uscito il catalogo delle gemme, che individua le officine locali. Intanto, negli ultimi dieci anni, sono entrate nel museo centinaia e centinaia di nuove gemme: salvo alcuni bei cammei, gli intagli sono tutti di dimensioni minuscole. Alcuni, che mostrano solo l'inizio della lavorazione, confermano per questo particolare la presenza di officine locali.
d) Bronzi. Almeno questa sezione della metallotecnica va menzionata, non tanto per le statuette di divinità, che pure sono numerose, ma che ripetono tipi comuni in tutto il mondo romano, quanto per la decorazione di alcuni oggetti d'uso, che si concreta spesso in figurazioni e che ci documenta il locale mondo artistico. Del pari, più che le fibule, che pure presentano una bella serie, arricchitasi in questi ultimi anni di nuovi tipi, sono da tener presenti le belle lucerne figurate, cui recentemente si sono aggiunti due esemplari. Ricorderemo ancora che nel 1968 è stato recuperato un bell'elmo, del tipo di quelli usati all'epoca dell'imperatore Vitellio.
6) Il Museo Archeologico è stato completato con la sistemazione della sezione numismatica, arricchitasi di alcuni aurei e di quattro contorniati; è anche stato sistemato l'instrumentum domesticum. In corso di ampliamento è la galleria lapidaria, e di sistemazione i grandi magazzini e il deposito dei materiali architettonici e l'esposizione delle anfore. Nel 1961 è stato inaugurato il Museo Paleocristiano nella parte antistante della basilica di Monastero; questo museo si articola su tre piani aperti con balconate verso lo scavo della basilica; vi hanno trovato posto rilievi, iscrizioni figurate e mosaici.
Bibl.: Aquileia Nostra, rivista della Associazione Nazionale per Aquileia (giunta al vol. XL, 1969); Aquileia chiama, bollettino della stessa Associazione (giunto al vol. XVI, 1969); Aquileia, numero unico, edito in occasione del 45° Congresso della Società Filologica Friulana, Udine 1968, 1); L. Bertacchi, Una singolare moneta di Massimino Trace, in Ann. dell'Istituto Ital. di Numismatica, vol. 5-6 (1958-59), Napoli 1960, pp. 61-62; G. B. Brusin, Epigrafe votiva bilingue di Aquileia, in Latomus, XLIV, 1960, pp. 220-227; A. Degrassi, Aquileia e Trieste nelle scene della colonna Traiana (?), in Rend. dell'Acc. di Arch., Lettere e Belle Arti di Napoli, XXXVI, 1961, pp. 139-150; id., Quando Aquileia divenne Municipio Romano, in Rend. Lincei, 1963, pp. 139-143; G. B. Brusin, Le epigrafi di Aquileia, ibid., XXI, 3-4, 1966, pp. 27-35.
2) L. Bertacchi, Un singolare tipo di mensa d'altare ad Aquileia, in Rend. Lincei, XV, 5-6, 1960, pp. 199-208; S. Tavano, Il recinto presbiteriale nelle aule teodoriane di Aquileia, in Riv. Arch. Cristiana, XXXVI, 1960, pp. 105-121; P. L. Zovatto, Le antiche sinagoghe di Aquileia e di Ostia, in Mem. Storiche Forogiulianensi, XLIV, 1960, pp. 53-73; G. B. Brusin, Due nuovi sacelli cristiani di Aquileia, Padova 1961; L. Ruaro Loseri, Il Foro Imperiale di Aquileia, Trieste 1961; B. Forlati Tamaro, L'edificio cultuale di Monastero e la sua interpretazione, in Atti VI Congresso Inter. di Arch. Cristiana, Ravenna 1962, pp. 659-671; L. Bertacchi, Un cippo gromatico aquileiese di recente rinvenimento, in atti del I Congr. Inter. di Arch. dell'Italia sett., Torino 1963, pp. 111-116; id., Aquileia, ritrovamenti arch. in fondo ex Moro e in fondo ex Cassis, in Boll. d'Arte, III, 1964, pp. 253-266; T. P. Wiseman, Viae Anniae, in Paper Brit. Sch. Rome, XXXII, 1964, pp. 21-37; G. B. Brusin, La basilica Apostolorum di Aquileia, in Mullus, Festschrift Th. Klauser, Münster 1964, pp. 38 ss.; L. Bosio, La Via Postumia da Oderzo ad Aquileia in relazione alla rete viaria romana della Venetia, in Atti Ist. Veneto Scienze, Lettere ed Arti, CXXIII, 1964-65, pp. 279 ss.; L. Bertacchi, Le più antiche fasi urbanistiche di Aquileia, in Not. scavi, 1965 (Supplemento), pp. 1-11; G. B. Brusin, Porte di difesa di Aquileia e di Aventicum, in Provincialia, Festschrift für R. Laur-Belart, Basilea-Stoccarda 1968, pp. 234-239.
3) J. B. Ward-Perkins, Il commercio dei sarcofagi in marmo fra Grecia e Italia settentrionale, in Atti I Congresso Intern. di Archeologia dell'Italia settentrionale, Torino 1963, pp. 111-123; L. Bertacchi, Schede di materiale aquileiese, in Arte e Civiltà romana nell'Italia settentrionale, Bologna 1965, passim da p. 196 a p. 542.
4) G. B. Brusin, Una conventicola di Dionisiaci in Aquileia, in Analecta Archaeologica, Festschrift Fritz Fremersdorf, 1959, pp. 257-262; id., La più antica "domus ecclesiae" di Aquileia, in Memorie Storiche Forogiuliesi, XLIII, 1958-1959, pp. 33-60; H. Kähler, Die Stieftermosaiken in der Konstantinischen Südkirche von Aquileia, Colonia 1962; G. B. Brusin, I mosaici della casa di Caledonio e Jovina di Aquleia, in Archivio Veneto, Serie V, LXXVII, 1965, pp. 13-17; G. C. Menis, I mosaici cristiani di Aquileia, Udine 1965; G. B. Brusin, Il mosaico pavimentale della Basilica di Aquileia e i suoi ritratti, in Rend. Lincei, XXII, 7-12, Roma 1968, pp. 1-20.
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