AQUILI (Aquilio)
Famiglia romana di pittori, operosa a Roma e nel Lazio fra la seconda metà del sec. XV e la prima metà del sec. XVI, facente capo ad Antonio detto Antoniazzo Romano, figlio di un Benedetto, forse anche lui pittore. Antoniazzo fu un vero e proprio caposcuola e alcuni caratteri della sua fisionomia artistica si trovano stancamenti imitati in tutta una vasta produzione che risale a quell'epoca e che per molto tempo è andata sotto il nome di Antoniazzo stesso. Le ricerche dell'ultimo cinquantennio si sono volte a distinguere l'opera del maestro da quella della bottega o dei seguaci e, rifacendosi ai risultati documentari conseguiti già a partire dal secolo scorso (Corvisieri, Bertolotti, Sacchetti-Sassetti), hanno cercato di individuare qua e là la mano di uno o dell'altro dei membri stessi della famiglia Aquili: tuttavia la rarità delle opere firmate o certamente documentate ha reso e rende tuttora pressocché infruttuoso un qualsiasi lavoro di ricostruzione critica in questo senso.
Marcantonio, figlio di Antoniazzo e della prima moglie Paolina Vessecchia, sposò Diana, figlia di primo letto della seconda moglie di Antoniazzo, Girolama, nel cui testamento (29 genn. 1507, riportato da Bertolotti, doc. II, pp. 25 s.) vengono nominati altri artisti facenti parte della famiglia.
Marcantonio è documentato dal 1505 al 1521 a Rieti, dove ebbe fissa dimora e dove svolse un'attività artistica non tutta di alto livello e tuttavia notevole. Dopo che, per motivi non chiari, andò a monte nel 1506 una commissione di un gonfalone per la confraternita di S. Vincenzo (Sacchetti-Sassetti, doc. II, p. 94), nello stesso anno (5 sett. 1506, ibid., doc. IV, p. 95) Marcantonio ricevette l'incarico di dipingere un trittico per l'oratorio della confraternita di S. Pietro Martire, attiguo alla chiesa di S. Domenico, rappresentante al centro la Resurrezione di Cristo, ai lati S. Pietro Martire e S. Barbara e nella predella Storie di s. Bartolomeo; l'opera, terminata nel 1508 (ibid. doc. VI, p. 95), e che ancora si conservava nella seconda metà del sec. XVII (Arch. della Cancelleria Vescovile, Stati delle chiese di Rieti, 1664-1731; cfr. Sacchetti-Sassetti), è oggi scomparsa; il van Marle (pp. 285 s.) tenta di identificarla con una tavola con la Resurrezione nel brefotrofio di Narni. A parte tale identificazione che non ha trovato plausibili pezze d'appoggio, certo è che la tavola di Narni presenta se non altro analogie compositive con l'opera più importante e sicura di Marcantonio, e cioè il trittico che, dipinto per il refettorio delle monache di S. Chiara, è conservato nel Museo civico di Rieti e porta la firma e la data 1511 (pubblicato per la prima volta da U. Gnoli, La quadreria civica di Rieti, in Bollett. d'arte, V [1911], p. 338). L'opera, recentemente restaurata, rappresenta al centro la Resurrezione di Cristo, ai lati S. Stefano e S. Lorenzo, nella lunetta l'Eterno fra S. Francesco e S. Antonio e nella predella Cattura e flagellazione di Gesù,l a Crocifissione, la Deposizione e il Seppellimento di Cristo.
Tutta una serie di documenti riportati dal Sacchetti-Sassetti (doc. XIV, p. 98) ricorda un'attività più o meno continuativa svolta dal 1506 al 1516 per il duomo di Rieti, attività per lo più di minor conto (panni per cerimonie, stemmi, ecc.), se si fa eccezione del doc. n. 6 della serie che si riferisce a un affresco (ora assai danneggiato) dipinto nel 1510, quindi ancora prima del trittico delle monache di S. Chiara, alla base della torre campanaria del duomo e rappresentante la Madonna che, con in braccio il Bambino, sostiene la campana, e S. Barbara, a commemorazione di un miracolo del 1469 (la campana era caduta al suolo senza rompersi e senza recar danno). Un affresco di Marcantonio, rappresentante il miracolo di un cavallo inginocchiatosi davanti al viatico durante la peste del 1494, esisteva ancora nel 1664, sulla facciata della chiesa di S. Giovanni in Statua, ma andò distrutto nel 1776 quando la chiesa fu demolita.
Tra le varie opere di Antoniazzo, ve ne sono alcune che potrebbero trovare posto in una supponibile evoluzione di Marcantonio; così una tavola con Adorazione dei Pastori e l'Eterno benedicente nella lunetta, che è giunto al Museo civico di Rieti dalla chiesa di S. Francesco (avvicinato a Marcantonio dallo Gnoli, La quadreria, p. 340, assegnata a lui senz'altro dal van Marle, l'attribuzione non è stata del tutto esclusa, più recentemente, da L. Mortari); resti di un affresco su un portale del seminario di Rieti (già Palazzo del podestà), con la Pietà, S. Paolo, Fra Bernardino da Feltre e un Angelo, una Madonna col Bambino, sempre nello stesso museo (Sacchetti-Sassetti, p. 92).
Il 12 gennaio 1517 Marcantonio s'impegnò a decorare la cappella di S. Barbara (al posto dell'attuale cappella delle reliquie o coro d'invemo) nel duomo di Rieti con Le storie della santa; ma l'artista, provocando controversie con il committente e i suoi eredi (Sacchetti-Sassetti, docc. IX e X, pp. 96 s.), non condusse mai a termine l'opera che venne infine compiuta assai più tardi (1532) dai pittori veronesi Lorenzo e Bartolomeo Torresani.
Non sappiamo con precisione quando e dove Marcantonio sia morto; nel 1521 era incaricato di un collaudo, ma il 13 maggio 1526 è nominato come morto e probabilmente da poco tempo (ibid., docc. XI e XII, pp. 97 s.).
Giulio, figlio di Marcantonio, ("Magister Iulius Magistri Marci Antonii romani da Reate"), il 6 sett. 1528 in Rieti si obbligava a dipingere figure e decorazioni varie per la cappella della confraternita di S. Maria e a restaurame e abbellirne il Crocifisso (Sacchetti-Sassetti, doc. XIII, p. 98).
Bernardino, figlio di Antoniazzo e della seconda moglie Girolama, anch'egli nominato nel 1507 nel testamento di questa già citato, molti anni più tardi risulta dimorante a Carrara in due atti notarili di quella città del 1547 e 1549 (G. Campori, 1873); il primo di questi atti si riferisce a un impegno preso con la Compagnia del Corpo di Cristo di decorame la cappella in S. Andrea a Carrara.
Tali pitture, a detta del Campori, erano conservate fino alla metà del sec. XIX, "ma per essere le medesime ridotte in pessimo stato, furono nel 1856 ricoperte da una parte di marmi colorati" (pp. 274 s.).
Evangelista, nipote di Antoniazzo Mi quanto figlio del fratello Nardo, è ricordato in documenti del 1507 (testamento di Girolama), del 6 e 24 marzo 1520 e nel 1524, anno in cui faceva testamento (cfr. Gnoli, 1922-23); era proprietario di una casa a tre piani in piazza Cerasa (l'attuale piazza Rondanini) dove si trovava anche la casa dello zio. Lo Gnoli (1922-23) pubblica un affresco nell'abside della chiesa parrocchiale di S. Nicolò a Collescipoli (Temi), rappresentante S. Nicola da Bari in trono fra s. Michele e S. Rocco e, nella parte superiore, l'Incoronazione della Vergine; una scritta, copia di una più antica, porta la data 1507.
In un manoscritto del sec. XVIII (Libro di memorie della parrocchia di S. Nicolò di Collescipoli, citato dallo Gnoli) si legge che l'affresco fu distaccato nel 1754 dal muro sopra l'altar maggiore e si ricorda l'autore nella persona di un "Evangelista Aquilio". L'opera, benché in parte mutila e sciupata, mostra i caratteri della cerchia di Antoniazzo.
Per analogia col precedente, lo Gnoli (seguito dal Van Marle) ascrive ad Evangelista un altro affresco staccato: una Madonna col Bambino esistente nella chiesa di S. Maria a Collescipoli.
Bibl.: C. Corvisieri, Antonazzo Aquilio romano pittore del sec. XV, in Il Buonarroti, VI(1869), pp. 129-136, 158-167; G. Campori, Memorie biograf. degli scultori, architetti, Pittori ecc. nativi di Carrara... con cenni relativi agli artisti italiani ed esteri che in essa dimorarono ed operarono, Modena 1873, pp. 273-275 (per Bernardino); A. Bertolotti, Il pittore romano Antonazzo e la sua famiglia, in Arch. stor. artistico archeologico e letterario della città e provincia di Roma, IX, 5 (1883), pp. 3-30 (l'articolo è tradotto in tedesco: Der Maler Antonazzo von Rom und seine Familie, in Repertorium für Kunstwissenschaft, VI[1883], pp. 215-233); A. Sacchetti-Sassetti, Antonazzo, Marcantonio e Giulio Aquili a Rieti. Notizie e documenti, in L'Arte, XIX(1916), pp. 88-98; U. Gnoli, Evangelista Aquili, in Bollett. d'arte, s. 2, II (1922-23), pp. 371-374; R. van Marle, The development of the Italian Schools of Painting, XV, The Hague 1934, pp. 281-286; L. Mortari, Opere d'arte in Sabina dall'XI al XVII sec., Roma 1957, pp. 36-39 (per Marcantonio); U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, II, p.52 (per Bernardino e Marcantonio, sub vocibus Aquilio).