AQUISGRANA (lat. Aquae Grani, dal nome d'un dio celtico; ted. Aachen, antico dativo plurale; fr. Aix-la-Chapelle, per la cappella costruitavi da Carlomagno; A. T., 53, 54,55)
È capoluogo d'uno dei cinque distretti della Provincia renana (Rheinprovinz, provincia della Prussia). Posta a pochi chilometri dal confine belga e olandese, tra la Roer (Ruhr) e la Mosa, in una piccola valle alle pendici del Venn, in una località a un tempo fertile e romantica per la vicinanza di alture boscose, essa gode di un clima favorevole, sia perché riparata dai venti del nord (dal Lousberg, m. 268), sia per le copiose sorgenti d'acqua calda che contribuiscono a mitigare la temperatura. Posta a 187 m. sul mare, essa è a 50° 46′ 34″ di lat. N. e 6° 4′ 31″ di long. E. La media annua della temperatura è di 9° 68; la media delle diverse stagioni è la seguente: inverno 2° 5; primavera 9°; estate 17° 3; autunno 10° 1. Prevalgono i venti di sud-ovest; durante marzo-giugno sono frequenti quelli di nord-est. La media annua delle precipitazioni è di 820 mm.
Appunto il clima favorevole e il valore terapeutico delle sue acque la fecero prescegliere da Carlo Magno quale suo soggiorno; in seguito egli ne fece la capitale del suo regno a nord delle Alpi (Urbs aquensis, urbs regalis, regni sedes principalis, prima regum curia). I privilegi che le accordarono gl'imperatori successivi, che qui ricevettero la corona (fino al 1531), fecero rapidamente crescere l'importanza della città. Le mura costruite nel 1171-74 comprendevano il nucleo primitivo; abbattute queste, perché la città si stava sviluppando fuori di esse, si costruì una nuova cinta alla fine del sec. XIII; di essa restano ancora cospicui resti in due porte, la Marschiertor e la Ponttor: la prima costituisce di per sé stessa un piccolo fortilizio, nella seconda sono stati posti i locali del Museo storico. Al di là dei viali ricavati dalle fortificazioni (Boxgraben, Junkerstr., Turmstr., Ludwigs-, Monheims-Heinrichs-Allee) si è sviluppata, e in modo particolare a est (Rehm-, Steffen-, Frankenberger-Viertel), la nuova città; verso sud essa è venuta a confinare con la cittadina di Burtscheid, che nell'aprile 1897 le è stata incorporata (Aachen-Burtscheid). Molti incendî (particolarmente grave quello del 1656 che ha distrutto circa 2000 case) e i danni derivati dalle lotte religiose (Aquisgrana è restata cattolica) hanno fatto scomparire i segni del passato nella parte antica della città, che però ha nel Duomo e nel Municipio (celebre in questo la Kaisersaal) due dei più interessanti monumenti della Germania. Nel 1871 la città contava 74.240 abitanti; nel 1890 salgono a 100 mila, nel 1900 (dopo l'unione con Burtscheid) a 150 mila. L'ultimo censimento (giugno 1925) ne ha contati 155.222; di questi il 91% erano cattolici.
Come città termale Aquisgrana ha una notevole importanza possedendo 27 sorgenti di acque clorurato-bicarbonato-sodiche a varia termalità (da 38° a 77°5). Esse vengono usate sia come bibita, sia per bagni e inalazioni. Le indicazioni terapeutiche principali sono: reumatismo, gotta, nevralgie ed altre forme nervose, postumi di traumi, intossicazioni, scrofola, dermatosi, sifilide. Oltre il soggiorno estivo (i maggio-30 settembre) il clima mite permette anche una stagione di cura invernale. Le sorgenti usate maggiormente sono la Kaiserquelle e la Quirinusquelle (rispettivamente 55° e 49° 6) al centro della città, e la Rosen- e Corneliusquelle a NE. La Elisenquelle si usa come bibita. Un elegante casino (Kurhaus, 1914-16), il parco, un'ampia piscina hanno lo scopo di rendere gradito il soggiorno ai forestieri che vi affluiscono annualmente nel numero di circa 50 mila. Anche a Burtscheid vi sono sorgenti; una di esse è la più calda della Germania (Schwertbadquelle, 77°5). Ad Aquisgrana vi sono 3 padiglioni per bevande e 7 stabilimenti balnearî, e a Burtscheid 4 padiglioni e 14 stabilimenti.
L'industria (agevolata dalla ricchezza mineraria dei dintorni e dalla posizione di Aquisgrana sulla linea ferroviaria Colonia-Bruxelles e su quella che da Düsseldorf conduce in Francia e Belgio) si è rivolta alla produzione di aghi, panni, piccole macchine, prodotti chimici e alla lavorazione della ghisa.
La parte culturale è rappresentata in Aquisgrana da un'importante scuola tecnica superiore (Technische Hochschule für Westfalen und Rheinprovinz) fondata nel 1870 e frequentata nel 1926 da circa 1000 studenti.
Caratteristico di Aquisgrana è il pellegrinaggio che vi ha luogo ogni sette anni dal 10 al 24 luglio (... 1916-1923-1930...) per vedervi le reliquie contenute nella Cappella Ungherese del Duomo (un drappo della Vergine, la fascia di Cristo, ecc., e molti ricordi dei Carolingi).
Monumenti artistici. - Numerosi avanzi dell'antichità testimoniano dell'importanza di Aquisgrana fin dall'epoca romana. Già al tempo dell'imperatore Tiberio la località era ben conosciuta per le sue terme e frequentata soprattutto da militari. Ma importanza maggiore acquistò Aquisgrana allorché Carlo Magno ne fece una delle capitali, anzi la più importante, dell'impero, e vi costruì il proprio palazzo e la cappella palatina. Del palazzo, grandioso e sontuoso edificio rettangolare terminato da un'abside semicircolare e protetto ad E. da una torre quadrata (il Granusturm ancora in parte esistente), rimane poco più della pianta nel palazzo civico sorto in suo luogo alla metà del '300, ed occupato al primo piano dalla cosiddetta sala imperiale, la più vasta delle aule medievali della Germania (m. 18,50 × 45), dove si serviva il tradizionale banchetto dopo l'incoronazione degl'imperatori nella cattedrale. Questa sala è divisa da poderosi pilastri in dieci campate a vòlta; ha le pareti decorate da Alfred Rethel e da Joseph Kehren con affreschi raffiguranti scene della vita di Carlo Magno, pitture murali d'oltralpe. Nell'attigua stanza del tesoro si conservano fedeli riproduzioni dei cimelî preziosi che servivano alla cerimonia dell'incoronazione e che si trovano a Vienna; ed oreficerie e argenterie di proprietà del comune. Di fronte al palazzo civico sta, sulla piazza omonima, la Fontana del mercato col grandioso bacino di bronzo di Franz von Trier (1620) e la statua di Carlo Magno, anch'essa di bronzo, ma di scarso pregio.
A S. il palazzo civico è unito per mezzo del Katschof, edificio sorto su parte del palazzo imperiale, alla cattedrale (Münster), poderoso fabbricato costituito da un ottagono e dal coro gotico. L'ottagono è la cappella palatina fatta costruire da Carlo Magno ad imitazione del S. Vitale di Ravenna, e consacrata nell'805; ripetutamente rimaneggiata e ripristinata nel 1845. All'interno ha otto lati (sedici all'esterno) nei quali, su poderosi pilastri e arcate si aprono un ambulacro terreno e due logge superiori con aperture trifore le cui colonne provengono in parte da antichi edifici d'Italia, mentre le porte e le transenne di bronzo furono eseguite probabilmente in Aquisgrana stessa. La cupola fu rivestita nel 1882 da un vasto musaico raffigurante Cristo tra i 24 seniori, ad imitazione del musaico primitivo; da essa pende la gigantesca lampada di bronzo, a foggia di corona, donata da Federico Barbarossa (c. 1150). Nella loggia imperiale si conserva il trono dell'incoronazione, originariamente sedile marmoreo di un teatro romano. Il coro, svelta e slanciata costruzione ogivale sorta al posto del presbiterio carolingio (tra il 1355 e il 1414), ha vòlte sostenute da 14 pilastri ai quali sono addossate 14 statue in arenaria raffiguranti Carlo Magno, la Vergine e i dodici apostoli, di scuola tedesca (1430); mentre al centro sta sospesa una doppia immagine della Vergine, del 1488. Nel coro si conservano, tra l'altro, l'ambone di Enrico II adorno di rilievi alessandrini in avorio, di pezzi degli scacchi arabi di agata e di gemme; un leggio con l'aquila di bronzo fuso, probabilmente opera di artisti locali del '400; e sull'altar maggiore la pala d'oro, magnifico lavoro d'oreficeria fatto eseguire circa il 1000 da Ottone III ad orefici di Aquisgrana. Demoliti i porticati dell'atrio carolingio, furono addossate all'ottagono alcune cappelle risalenti ai secoli XV e XVIII. Di esse la più notevole per l'architettura è la cappella di S. Anna terminata nel 1489; ma sono degne di ricordo anche le cappelle di S. Matteo e di S. Carlo, la cappella ungherese ricostruita negli anni 1756-1767 da un architetto italiano che la decorò di magnifici stucchi, e la cappella di S. Niccolò, a due piani, che nel piano superiore conserva l'antico sarcofago marmoreo con figurazioni di Proserpina, il quale custodì le spoglie di Carlo Magno.
Ma i cimeli di maggior pregio si conservano nel tesoro custodito nella cappella delle Anime del purgatorio, la cui facciata sul chiostro è decorata in tardo stile romanico (c. 1200). Tra essi, importantissimi, un Evangelario carolingio con rilievo bizantino di avorio sulla coperta, ed un Evangelario miniato di Ottone III (morto nel 1002); la croce di Lotario con un grande cammeo di Augusto; il cofano di Maria (1237) con le reliquie della Vergine, di Cristo e di S. Giovanni Battista; il cofano di Carlo Magno, splendido lavoro romanico del 1215; reliquiarî gotici del '300, quali quello a cristalli e quello di Simeone, opera di orafi di Aquisgrana; oreficerie preziosissime come il busto di Carlo Magno con la corona, del'300; tessuti pregevolissimi in seta, alessandrini e sassanidi, la cappa di Leone III, regalata probabilmente da Riccardo di Cornovaglia; la cosiddetta pianeta di Bernardo, ricamata in oro a ornati e figure; numerosi paramenti medievali e barocchi con ricami a figure, e infine i parati del coro; mentre gli arazzi fiamminghi del sec. XVII ornano fino dal 1818 le pareti del coro stesso.
Le altre chiese di Aquisgrana non hanno l'importanza che ci aspetteremmo in rapporto all'antichità ed alla posizione della città. Le chiese romaniche di S. Salvatore e di S. Adalberto (con ricco tesoro), entrambe del sec. XI, e quelle gotiche di S. Niccolò e di S. Foilano, distrutte in gran parte dall'incendio devastatore del 1656, furono quasi del tutto ricostruite nell'800.
Sono invece ben conservate le chiese barocche degli Agatiniani nella Pontstrasse, e di S. Michele o dei Gesuiti, nella via omonima; esse conservano decorazione e suppellettile originale. Sono anche da ricordare S. Teresa (1748), dell'architetto Mefferdatis, e S. Michael-Burtscheid e S. Giovanni, pure settecentesche e dell'architetto Couven, grandiose costruzioni, ambedue con ricchi tesori sacri.
Sono interessanti anche le costruzioni civili quali, oltre il rammentato palazzo civico; la Prepositura, in stile romanico, all'angolo del Klosterplatz; e la casa comunale (Grashaus) sul mercato del pesce, eretta, secondo l'iscrizione della facciata, nel 1267, ed ove, nelle nicchie ogivali sotto il cornicione, sono le statue in pietra dei sette elettori, copie degli originali che si trovano nel lapidario del museo Suermondt.
L'aspetto della città antica viene essenzialmente determinato dagli edifici che Mefferdatis (1677-1744) e più ancora Johann Joseph Couven (1705-1763) e suo figlio Jacob (1735-1812) eressero dopo l'incendio del 1656; edifici tipici per le graziose facciate in mattoni e pietra. Quasi tutte queste case patrizie hanno la cosiddetta corte d'onore che usava allora in Francia, e particolarmente i palazzi della Kleinkölnstrasse, Jakobstrasse, Seilgraben, che è la casa Fey nella quale si trova oggi il museo Couven. Un gioiello dell'epoca dei Couven, era il Wespienhaus che è purtroppo conservato soltanto esternamente e dovette anzi essere rinnovato del tutto al piano terreno, mentre una parte dell'arredamento si trova al Museo germanico di Norimberga. Fra gli edifici di stile classico, più recenti, si notano il teatro, sui disegni del Cremer, e l'Elisenbrunnen (fontana di Elisa), sui piani dello Schinkel.
Le due grandiose porte castellane, il Marschiertor ed il Ponttor sono avanzi delle fortificazioni medievali; nell'interno di quest'ultimo è collocato il Museo storico, con oggetti di scavi preistorici e storici fatti intorno ad Aquisgrana. Il museo principale della città è il Museo Suermondt, con magnifica facciata copiata da quella della Biblioteca di San Marco a Venezia; esso contiene, tra l'altro, una grande raccolta di sculture dal secolo XIII al XVIII, e una galleria di quadri ove le scuole fiamminghe ed olandesi sono particolarmente rappresentate. Ma vi sono anche molte pregevoli opere di scuola spagnola e italiana, quali La vigilia di Natale del Ribera, Frate che prega dello Zurbarán, Sacra conversazione di Francesco Rizzo da Santacroce, due Paesaggi di Francesco Zuccarelli, due Paesaggi di Salvator Rosa, Eremiti penitenti del Magnasco, Bacco e Satiro del Canlassi, ecc.
Storia. - Aquisgrana non sembra abbia avuto, in età romana, alcuna particolare importanza. Verso il 400, i Ripuarî occuparono la regione di Aquisgrana; più tardi, la casa dei Carolingi vi ebbe dei possedimenti: il re Pipino vi soggiornò dal Natale 765 alla Pasqua 766; Carlo Magno che, secondo Eginardo, amava particolarmente la città, prese qui, dal 795-6, una sempre più stabile residenza. Anche Lodovico il Pio seguì questo proposito, che però non poteva avere esplicazione duratura, date le condizioni economico-naturali del luogo. In seguito, in Aquisgrana ebbero luogo una serie di grandi assemblee dell'Impero, nelle quali si provvide all'ordinamento ecclesiastico e statale: specialmente importante quella tenuta sotto Lodovico, nell'817, nella quale fu pronunciato il giuramento per la famosa divisione dell'Impero, e quella dell'819 (cfr. Hauck, in Herzog-Hauck, Realencyklopädie für protestantische Religion und Kirche, 3a ed., I, p. 12-13). Alla distruzione del palazzo per opera dei Normanni (881) seguì un nuovo periodo di splendore. La cappella, chiamata anche Münster, che conteneva il trono di Carlo Magno e che aveva visto le incoronazioni imperiali dell'813 e dell'817, divenne da Ottone I (936) in poi il luogo d'incoronazione dei re tedeschi; nel 961, 983, 1029, 1054, e dopo d'allora regolarmente. In tutto, vi sono stati incoronati 37 regnanti, dall'813 fino a Ferdinando I, che fu l'ultimo a prender la corona in Aquisgrana (1531). In seguito, l'incoronazione fu connessa con l'elezione, in Francoforte sul Meno. In questa sua qualità di luogo d'incoronazione dei re, Aquisgrava fu il simbolo del regno germanico. I Carolingi franchi occidentali tentarono spesso d'impadronirsene; e Lotario, re di Francia, ancora nel 978 fece voltare verso Oriente l'aquila bronzea di Carlo Magno sulla cima del palazzo. Accrebbe l'importanza di Aquisgrana anche la tomba di Carlo Magno, fatta aprire da Ottone III, nel 1000, (e lì, presso di lui, egli fu sepolto) e riaperta da Federico I nel 1165. Il Barbarossa anzi fece canonizzare il suo grande predecessore da Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia e arcicancelliere, col permesso dell'antipapa Pasquale III; e una delle poche concessioni fatte dal papa legittimo Alessandro III nella pace di Venezia (1177) fu di riconoscere questo "santo imperiale". Allora si sviluppò, in Aquisgrana, la leggenda di Carlo Magno, che in Francia era già molto diffusa; e fino alla fine del Medioevo, la tomba del grande sovrano fu la meta di pellegrinaggi provenienti anche da lontano. Lo stesso sviluppo della città, che del resto non è molto importante, ha il suo inizio dai privilegi di Federico I (1166) e dei suoi successori. La riforma si fece presto strada in Aquisgrana, ma fu oppressa dal bando imperiale del 1598 e più tardi definitivamente dalle truppe spagnole dello Spinola (1614). Sono ben note le paci di Aquisgrana del 1668 e del 1748 (v. sotto). Il vescovado, eretto nel 1801, rimasto vacante dal 1810, fu soppresso nel 1826.
Bibl.: Per la parte geografica v. Laurent, Die städtebauliche Entwicklung der Bade- und Industriestadt Aaechen von 1815 bis 1915, Aquisgrana 1920; Schjerning, Aachen und seine Umgebung, 1895; Rohen, Die ältere Topographie der Stadt Aachen, 1891; W. Brüning, Das alte und das neue Aachen, Bielefeld e Lipsia 1903; M. Prümper, Aachen Geographische Betrachtung einer rheinischer Stadt, Aquisgrana 1927.
Per la parte artistica v. C. Faymonville, Die Kunstdenkmäler der Stadt Aachen, I, Das Münster zu Aachen, Düsseldorf 1916; II, Die Kirchen der Stadt Aachen, ivi 1922; III, Die profanen Bauten und Sammlungen der Stadt Aachen, ivi 1924; A. Huyskens, Aachener Heimatgeschichte, Aquisgrana 1924. Vedi anche Aachener Kunstblätter, Rivista della Società del Museo di Aquisgrana, diretta dal dottor Kuetgens; Zeitschr. des Aachener Geschichtsvereins, diretta dal direttore dell'Archivio prof. dott. Huyskens.
Per la parte storica v. Chr. Quix, Geschichte der Stadt A. mit einem Codex diplomaticus Aquensis, voll. 2, Aquisgrana 1840-41; F. Haagen, Geschichte A.s., voll. 2, ivi 1873-74; R. Pick, Aus A.s Vergangenheit, ivi 1895; J. Hansen, Beiträge zur Geschichte von A., Bonn 1886; Zeitschrift des A.-er Geschichtsvereins, dal 1879; Mitteilungen des Vereins für Kunde der A.er Vorzeit, dal 1887. - Sulla tomba e la leggenda di Carlo Magno: Th. Lindner, Die Fabel von der Bestattung Karls des Grossen, in Zeitschift des A.-er Geschichtsvereins, XIV e XVIII (1893 e 1897); inoltre: H. Grauert, in Historisches Jahrbuch, 14 e 18; G. Rauschen, Die Legende Karls des Grossen im 11. und 12. Jahrhundert., Lipsia 1890; St. Beissel, Die Aachenfahrt, Friburgo in B. 1902. - Sulle incoronazioni: A. Schulte, Die Kaiser- und Königskrönungen zu A. 813-1531, Bonn e Lipsia 1924.
Paci, trattati e congresso di Aquisgrana.
Si sono avute due paci e conseguenti trattati intitolati alla città di Aquisgrana, nel 1668 e nel 1748.
a) 1668. - Questo trattato, preceduto da un altro particolare e preliminare, conchiuso a S. Germano il 15 aprile 1668, mise fine alla guerra di Devoluzione (v.), iniziata da Luigi XIV nel 1665, quando, alla morte di Filippo IV di Spagna, egli pretese come parte toccante alla propria moglie Maria Teresa quasi tutti i Paesi Bassi spagnoli. Contro di lui, dopo due anni d'inutili trattative, si formò il 23 gennaio 1668 una triplice alleanza (Olanda, Inghilterra e Svezia). Ma passati pochi mesi, specialmente in seguito all'intervento svedese, si decise a S. Germano che una parte delle terre conquistate da Luigi XIV sarebbe stata restituita al re di Spagna: il che fu poi particolarmente fissato ad Aquisgrana. Le riunioni non durarono a lungo, date le intese precedenti: già ai 2 di maggio, infatti, il trattato fu firmato. Per esso, la Francia manteneva Charleroi, Binch, Ath, Douai, la Scarpe (fortezza), Tournai, Oudenaarde, Lilla, Armentières, Courtrai, Bergues et Furnes. Sennonché, negli articoli relativi (3-4) era inserita una frase ambigua: "avec toute l'étendue de leurs bailliages, châtellenies, territoires, gouvernements, prevôtés, appartenances, dépendances et annexes", la quale diede più tardi pretesto a Luigi XIV i procedere all'occupazione di molte terre ch'egli, dopo la pace Nimega (1680), fece dichiarare dalle note Camere di riunione dipendenze delle città e dei luoghi a lui pervenuti con il trattato del 1668. Ad ogni modo, delle cessioni a lui fatte in questo trattato, Luigi non conservò che Douai, Lilla, Armentières e Bergues, perché con la pace di Nimega dovette retrocedere il resto, salvo Furnes e Tournai che andarono perdute con la pace di Utrecht.
b) 1748. - Molto più importanti e più famosi sono la pace e il trattato del 1748; e assai più notevoli, dal punto di vista europeo, le conseguenze derivatene. Il trattato del 1748, infatti, mette fine alla lunga e complicata guerra di successione d'Austria, svoltasi dal 1740 al 1748; e non solo sanziona la nuova situazione dell'Austria e l'esistenza della nuova dinastia di Asburgo-Lorena (costituitasi pel matrimonio di Francesco Stefano di Lorena con Maria Teresa, ultima regnante degli Asburgo), ma organizza anche un nuovo generale assetto europeo che dura, più o meno inalterato, sino alla Rivoluzione francese.
I preliminari della pace e del trattato furono firmati il 30 aprile 21 maggio 1748, presenti i delegati della Francia, dell'Inghilterra e dell'Olanda, oltre che di Maria Teresa, come regina d'Ungheria e di Boemia. Vi aderirono i rappresentanti del re di Sardegna, del re di Spagna e del duca di Modena, per la parte rispettiva delle loro pretese alla successione: e infine, la repubblica di Genova, per la parte effettiva presa alle operazioni di guerra. Il trattato definitivo fu conchiuso e firmato il 18 ottobre 1748. Le clausole furono numerosissime: onde importa rilevarne solo le più importanti. Anzitutto fu riconosciuta la Prammatica sanzione di Carlo VI, che istituiva erede della monarchia asburghese la figlia Maria Teresa, e così costei e il marito - gia creato nel 1745 imperatore - rientrarono nel legittimo possesso delle loro terre. In secondo luogo, la Francia dovette restituire Nizza e la Savoia al re di Sardegna, il quale inoltre mantenne il Vigevanese, una parte del Pavese, Anghiera e il marchesato di Finale, ch'egli già si era assicurato nel cosiddetto trattato di Worms del 1743. Inoltre, la Francia dovette restituire (oltre ai Paesi Bassi austriaci), Maëstricht e Berg-op-Zoom e relative provincie all'Olanda. Essa ottenne, a sua volta, di poter fortificare Dunkerque, ma solo dalla parte di terra. Quanto all'Inghilterra, essa si obbligò a restituire alla Francia l'isola Reale o di Capo Bretone in America e poté far rinnovare la convenzione dell'Asiento (del 1713), relativa alla tratta dei negri, oltre che rinnovare il vecchio diritto di inviare ogni anno un bastimento nelle colonie spagnole. Ciò favoriva, veramente, il contrabbando inglese; ma, in un successivo accordo, firmato a Madrid il 5 ottobre 1750, la clausola fu abolita. Fu infine rinnovato per l'Inghilterra - e questo premeva moltissimo alla dinastia regnante - il riconoscimento dell'art. 5 del trattato della Quadruplice Alleanza (di Londra, 2 agosto 1718), relativo alla successione regia, in linea protestante, in Inghilterra. Tra le altre clausole minori, notevoli quella della reintegrazione nei loro possessi e nei loro diritti della repubblica di Genova e del ducato di Modena e la conferma ufficiale del possesso della Slegia e della contea di Glatz alla Prussia.
Se, al disopra di tutte le clausole speciali, si osserva lo spirito e la sostanza di questo famoso trattato, si possono rilevare i fatti seguenti: 1) l'Austria esce quasi del tutto illesa dalla crisi, ma il sacrifizio fatto della Slesia contribuisce a consolidare definitivamente la potenza e l'influenza della Prussia; 2) la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda, rientrano più o meno nei loro limiti: e ciò è grave soprattutto per la Francia, che veramente, sotto l'aspetto militare aveva riportato notevoli vittorie. Ma essa volle la pace ad ogni costo, data la crisi economica che incominciava a imporsi; e così segnò la sua decadenza politica e morale nell'Europa della seconda metà del sec. XVIII. Infine è da rilevare il notevole mutamento avvenuto in varie parti d'Italia, dove si rafferma sì la dinastia lorenese in Toscana, ma più specialmente si afforza la casa di Savoia, la quale giunge finalmente al Ticino, che sarà d'ora innanzi il confine con l'Austria. Ciò naturalmente rende ancora più vivo il problema, capitale per quella dinastia, che sarà poi l'oggetto più importante della sua politica: la conquista della Lombardia. Infine, è da rilevare il definitivo consolidamento della quarta dinastia borbonica, per l'insediamento di Filippo di Borbone a Parma, Piacenza e Guastalla. Il trattato di Aquisgrana fu integrato due anni dopo con l'accordo di Madrid, sopra citato, del 5 ottobre 1750, tra la Spagna e l'Inghilterra, non avendo la Spagna accettato, in un primo tempo, le clausole relative ai suoi interessi nei confronti dell'Inghilterra.
Il congresso di Aquisgrana. - Fu convocato il 1° ottobre 1818 dai sovrani delle potenze costituenti la quadruplice alleanza (Inghilterra, Prussia, Austria, Russia) che avevano vinto Napoleone Bonaparte, e imposto i trattati di Parigi del 30 maggio 1814 e del 20 novembre 1815, e concretato l'assetto dell'Europa nel congresso di Vienna del 1814-15. Scopo fondamentale della riunione dei sovrani fu di decidere l'evacuazione del territorio francese da parte delle truppe alleate. L'occupazione, attuata mediante il formidabile contingente di 150.000 uomini, e perciò assai costosa, doveva durare cinque anni: ma il governo francese, e per esso il presidente del consiglio, l'energico duca di Richelieu, prospettando alla Quadruplice la raggiunta riorganizzazione dello stato e la tranquillità assicurata oramai all'interno contro qualsiasi possibile ritorno rivoluzionario - il che essenzialmente premeva alle potenze - domandò un abbreviamento del controllo militare straniero. Altro scopo del governo francese fu d'incominciare a trarre la Francia dallo stato di dipendenza e di inferiorità, cui gli eventi l'avevano ridotta, e di farle riacquistare in Europa il rango, la posizione e l'influenza di grande potenza.
Il piano del governo francese fu reso possibile dalla favorevole disposizione della Russia, ossia dello zar Alessandro I. Contro di questo, nulla poterono e nemmeno tentarono le altre potenze: onde, in poche sedute, fu presa la decisione di sgombrare la Francia, consacrandola nel famoso protocollo del 9 ottobre 1818. Si ebbe tuttavia cura di stabilire con precisione l'ammontare delle indennità ancora dovute alle potenze e ne fu fissato il pagamento in due rate, entro il settembre del 1819. La convenzione fu, per vero dire, resa facile dall'interessamento preso e dalle assicurazioni date da alcune potenti case bancarie, Rothschild e Baring, per mezzo delle quali la Francia poté evitare un grave scoglio, emerso proprio nel momento supremo e che avrebbe potuto far naufragare ogni cosa: ossia un'improvvisa, grave crisi di borsa a Parigi e un conseguente impressionante ribasso dei titoli.
Dopo il 9 ottobre, il duca di Richelieu, che fino ad allora aveva atteso in disparte, prese parte ufficialmente alle riunioni della conferenza. Esse portarono ad un secondo accordo: cioè, l'ammissione della Francia nel concerto delle potenze. Veramente, queste erano assai discordi in proposito. Particolarmente contraria era l'Inghilterra. La proposta dello zar di una garanzia generale di tutte le potenze, sulla base della Santa Alleanza, cadde, dopo lunghe discussioni, per l'irriducibile opposizione dell'Inghilterra, assolutamente contraria a far dipendere da un comitato superiore la sua politica estera. Furono adottati invece dei mezzi termini, specialmente per consiglio del principe di Metternich: e fu stabilito che il re di Francia fosse invitato, ove se ne presentasse l'occasione, ad unirsi con gli altri sovrani per consigliare i mezzi atti a preservare la pace in Europa. In conseguenza, ai 15 di novembre furono stipulati 2 protocolli: uno, segreto, che rinnovava la Quadruplice; l'altro, contenente una dichiarazione pubblica, con la quale le potenze s'impegnavano a mantenere la loro unione, allo scopo di preservare la pace dell'Europa, sulla base dei trattati esistenti, rafforzata da legami di fratellanza cristiana. A questa dichiarazione la Francia fu invitata ad aderire ufficialmente: e così si costituì la quintuplice alleanza o Pentarchia: nella quale la Francia non ebbe, di fatto, parità di diritti. Tuttavia l'ammissione del suo re ai consigli dei sovrani dell'alleanza fu effettivamente l'inizio del risorgere dell'influenza francese: come aveva voluto il duca di Richelieu.
Il congresso, che dapprima era parso ad alcuni potesse essere una continuazione o una revisione del precedente congresso di Vienna, fu, per opera dell'Austria e dell'Inghilterra, precluso alle potenze non alleate, che non poterono mandarvi alcun loro rappresentante. Scopo evidente, quello di non mutare la situazione esistente e risultante dai trattati. Se non che, esistevano parecchie questioni, derivanti proprio dalle clausole dei trattati esistenti, che ancora attendevano di essere risolte convenientemente o che abbisognavano di qualche delucidazione. Anche qui, la volontà delle Potenze dovette cedere di fronte all'accordo austro-inglese: onde la discussione fu limitata ad alcuni oggetti che soprattutto interessavano i gabinetti di Londra e di Vienna. Fu discussa, ad es., la tratta degli schiavi, senza però giungere a conclusione, in quanto non piacque la proposta inglese del diritto (per tutti) di perquisire ogni nave, d'ogni nazione, in alto mare. Né fu accettata dall'Inghilterra la possibilità della presenza di squadre russe operanti nel Mediterraneo. Furono prese poi alcune particolari decisioni circa varî ricorsi di principi mediatizzati in Germania: così fu respinta la domanda del duca d'Assia d'essere elevato alla dignità di re, e la questione della successione nel Baden fu rinviata alla dieta di Francoforte. Si parlò pure del trattamento usato a Napoleone a S. Elena e fu in quest'occasione prodotta una lettera della madre dell'ex-imperatore. Ma in sostanza si confermò e approvò quello che era stato fatto sin'allora. Infine, si discusse anche della questione delle colonie spagnole insorte, senza per altro alcuna risoluzione certa, salvo quella di non ammetterne al congresso i rappresentanti. In complesso, si ebbero determinazioni nette solo in questioni di piccolo interesse: mentre invece sulle altre, che potevano veramente riferirsi all'equilibrio e all'assetto generale europeo, non fu possibile un effettivo accordo.
Con tutto questo, il congresso di Aquisgrana può considerarsi il momento culminante del faticoso tentativo di dirigere la politica d'Europa a mezzo di un comitato superiore. Poté il congresso stabilire anche l'opportunità di altre riunioni di sovrani, ove in seguito se ne presentasse l'occasione; si ebbero anzi, dopo Aquisgrana e in base alle sue decisioni, altre riunioni famose, come quelle di Troppau (1820), Lubiana (1821), Verona (1822), delle quali tutte Aquisgrana è il punto di partenza. Ma in realtà, fin da questa prima conferenza si erano manifestati gli indizî e le ragioni intime della irriducibile differenza d'interessi delle quattro e delle cinque grandi potenze, dell'impossibilità quindi che quella loro unione durasse a lungo e secondo i criterî di chi in fondo ne era stato autore e sostenitore maggiore, cioè dello zar Alessandro I. La conferenza di Aquisgrana chiuse i suoi lavori alla fine del novembre. Vi parteciparono personalmente lo zar Alessandro, l'imperatore di Austria Francesco I, il re di Prussia Federico Guglielmo III. I plenipotenziarî furono: il visconte di Castlereagh e il duca di Wellington (comandante il corpo di occupazione), per l'Inghilterra; il principe di Metternich, per l'Austria; il principe di Hardenberg, per la Prussia; e per la Russia i ministri conti di Capodistria e di Nesselrode, e, in un secondo tempo, l'ambasciatore Pozzo di Borgo. Segretario ed estensore dei protocolli, von Gentz.
Bibl.: Per il trattato del 1668, v. J. Du Mont, Corps universel diplomatique du droit des gens, Amsterdam 1726-31, VI; J. Y. de Saint-Prest, Histoire des traités de paix et autres négociations du XVIIe siècle, voll. 2, Amsterdam 1725; H. Vast, Les grands traités du règne de Louis XIV, II, Parigi 1893-99.
Per il trattato del 1748, oltre all'opera del Du Mont, sopra citata, cfr. Beer, Der Friede v. Aachen, in Archiv f. österr. Geschichte, XLVII (1871); Broglie (duc de), La paix d'Aix-la-Chapelle, Parigi 1875.
Per il congresso, v. G. F. e C. de Martens, Nouveau recueil de traités d'alliance, ecc., Gottinga 1817-1842; F. von Gentz, Dépèches inédites, ed. Prokesch-Osten, voll. 3, Parigi 1876-77; Alison, Confederations of Europe, 1914; A. Stern, Geschichte Europa's seit den Verträgen von 1815, I e II, Berlino 1894-97; Ward, The period of congresses, III, Londra 1919.