AQUISGRANA
(lat. Aquae Grani, Aquisgranum; ted. Aachen; franc. Aix-la-Chapelle)
Città della Germania, nella Renania settentrionale-Vestfalia presso il confine belga e olandese. Sotto Carlo Magno si chiamava Aquisgranum l'insediamento, costituito a km 80 dal fronte renano, per il riposo delle legioni romane nella località dove scaturivano sorgenti termali consacrate a Granno, la divinità celtica delle acque. Gli impianti termali, distrutti nella rivolta batava del 60-70 d.C., furono ricostruiti nel sec. 2° dalla I, VI e X legione; alla fine della dominazione romana, intorno al 270, era qui accampata la XXX legione. Il nome francese, Aix-la-Chapelle, fa invece riferimento innanzitutto al pellegrinaggio mariano, per il quale era meta fondamentale il tesoro di reliquie raccolto da Carlo Magno e arricchito in seguito da altri imperatori; mentre Aken (e quindi Aachen) si chiamò dal tardo sec. 13° la città imperiale, nella quale fino al 1531 furono incoronati sovrani franchi e tedeschi e che, nello stesso tempo, rimase centro europeo di pellegrinaggi e frequentato luogo termale. In essa furono conservate fino al 1792 le insegne imperiali: la corona, la croce imperiale, lo scettro e, tra l'altro, l'evangeliario carolingio dell'Incoronazione.Fin dal sec. 5° era stato eretto un santuario mariano sulle fonti dedicate a Granno e A. è menzionata per la prima volta nel 765-766 negli annali dell'Impero (MGH. SS, I, 1826, p. 145) in occasione di un soggiorno di Pipino il Breve, che fece restaurare la cappella del santuario; anche Carlo Magno trascorse il primo Natale del proprio regno in questa villa regia. Non si conosce con precisione la data in cui egli diede inizio al nuovo palazzo monumentale in muratura; il palatium nel quale nell'inverno 788-789 l'imperatore emanò i suoi atti (ivi, p. 175) non poteva essere la nuova aula regia. Soltanto a partire dal 794 il monarca risiedette di frequente ad A., e ciò per le sorgenti termali, dimorandovi stabilmente dall'807 all'814, anno della sua morte. È probabile che egli avesse deciso la costruzione del palazzo imperiale solo nel 786; già nell'800 la costruzione della cappella era terminata e solo un po' più tardi si conclusero i lavori del palazzo, nel quale Carlo riuniva la sua corte, e del Granusturm, dove erano ubicati gli appartamenti imperiali La costruzione seguì un piano esattamente predisposto. Il materiale da costruzione fu estratto da cave diverse e trasportato ad A. da reparti dell'esercito; le pietre squadrate romane furono invece tolte dalle mura della città di Verdun. Per la cappella fu adottata la misura del pes druhianus (m. 0,333) in uso nelle regioni del Basso Reno, mentre per il palazzo quella del piede capitolino (m. 0,296). Si può presumere quindi che la cappella, agli occhi di Carlo l'elemento senza dubbio più importante della costruzione, sia stata edificata negli anni tra il 794 e l'800 e l'aula regia solo dopo l'incoronazione avvenuta a Roma nell'800.Dell'aula regia si sono conservate le fondazioni e parte dei muri in alzato cosicché è possibile conoscerne la forma; l'altezza è ricostruibile grazie a un tratto del cornicione della sala inserito nella muratura del Granusturm, opera ancora integra adiacente all'aula regia. L'edificio, che consisteva in una basilica a un solo piano con tre absidi, più piccola di quella di Treviri della quale imitava la forma, presentava all'esterno una decorazione di arcate su lesene e aveva una lunghezza di 160 piedi, un'altezza di 70 e una larghezza di 60; si trattava del più grande edificio civile in pietra edificato a N delle Alpi dalla caduta dell'Impero romano. Davanti al palazzo era stata predisposta un'ampia area quadrata, il cui lato misurava 588 piedi, a sua volta suddivisa in quadrati di 84 piedi di lato, la cui unità di misura era costituita dall'asta di 12 piedi.Un corridoio di pietra, che iniziava nel palazzo su un piano solo e terminava nell'atrio della cappella, articolandosi su due piani, divideva l'area in una corte interna di palazzo e in una corte a esso esterna; la Torhalle, che probabilmente serviva anche da aula del tribunale, conduceva da questa corte esterna, dove si trovavano gli edifici in legno per il seguito dell'imperatore, a quella interna. Un secondo corridoio di legno portava dal Granusturm alla Cappella Palatina; l'imperatore se ne serviva per accedere alla chiesa, come testimonia il fatto che nel crollo dell'817 Ludovico il Pio vi rimase ferito.Come per la Torhalle, così anche per gli impianti termali gli scavi hanno dato risultati troppo scarsi perché se ne possa tentare una ricostruzione, tuttavia si conosce con relativa precisione la pianta delle terme romane e si sa che Carlo Magno disponeva di una vasca al chiuso e di una all'aperto, entrambe fornite di acqua calda.Perfettamente in linea con il pensiero del tempo, Carlo Magno procedette alla ricostruzione del palazzo di suo padre iniziando dalla cappella, che fu chiamata basilica. L'imperatore e i suoi consiglieri, tra i quali certamente anche Eginardo, non dovettero ritenere ammissibile che l'antica cappella non fosse esattamente orientata e così punto di partenza per tutta la ricostruzione fu di fatto la rotazione dell'altare di 38° verso E. Dato che tutti gli altri assi del palazzo dovevano essere riferiti alla chiesa, essi non vennero più a concidere con l'orientamento della rete stradale romana cosicché il centro della città diventò un corpo isolato all'interno del tessuto urbano. Di fatto però solo la cappella, il palazzo e i corridoi di comunicazione si attennero ai punti cardinali (il palazzo a N, la cappella a S, il vestibolo a O), mentre la città medievale continuò a svilupparsi conformemente all'impianto romano che aveva tenuto conto delle condizioni del terreno.La Cappella Palatina aveva tre funzioni: riservare al sovrano in trono una posizione elevata durante le solenni funzioni liturgiche, consentire alla 'cappella di corte' l'attività religiosa e custodire le reliquie appartenenti al monarca, tra cui anche la c.d. cappa di s. Martino, da cui derivò il nome 'cappella'. I 'cappellani' avevano cura delle reliquie e si occupavano al tempo stesso di tutti gli scritti provenienti dalla corte.Alle tre funzioni corrispondevano tre diverse parti dell'edificio: la 'cappella di corte' si riuniva al piano inferiore del corpo ottagonale, al re e ai suoi dignitari era riservato il piano superiore, mentre alle reliquie era destinato il piano superiore della torre antistante all'area del trono; il popolo poteva rendere l'atto di omaggio all'imperatore dall'atrio. Questo doveva essere dotato di due (o quattro, secondo le ipotesi più recenti) esedre semicircolari, che non furono mai portate a termine, ma le cui fondamenta sono venute alla luce grazie agli scavi. In quest'area si trovava anche un secondo trono sotto il quale è probabile che Carlo Magno abbia avuto la propria sepoltura. La tomba dell'imperatore doveva essere però così ben nascosta che i Normanni nell'881 non riuscirono a trovarla e anche Ottone III, nel 1000, poté aprirla solo dopo accurate ricerche.Gli architetti avevano attentamente progettato tale complesso edilizio secondo un chiaro schema matematico e avevano stabilito ogni dettaglio prima che cominciassero i lavori; la cappella misura 144 piedi e tale numero, quello sacro della città dell'Apocalisse, era, per un'epoca che pensava secondo il sistema duodecimale, il numero perfetto; esso ritorna ancora nel perimetro dell'ottagono, misurando il lato 18 piedi (12 più la sua metà).Lo schema del progetto dimostra che anche all'esterno tutte le misure sono divisibili per 12: di 48 piedi è l'altezza del corpo poligonale a sedici lati fino alla cimasa del tetto, alto a sua volta 12 piedi; da esso si innalza l'ottagono per 24 piedi e il bel tetto di marmo, che un tempo era rivestito in bronzo, aggiunge altre due aste di 12 piedi ciascuna. La torre occidentale raggiunge la stessa altezza e, nonostante il forte dislivello del terreno, non si aumentò l'altezza del Granusturm del palazzo.Come in S. Vitale a Ravenna, il nucleo centrale della costruzione è costituito da un ottagono, di dimensioni tra l'altro pressoché analoghe; l'edificio di A. è tuttavia più alto ed è articolato su tre piani invece che su due. Il piano inferiore presenta otto aperture, le cui arcate sono sostenute da solidi pilastri; un cornicione fortemente aggettante divide la zona inferiore da quella superiore, dove accrescono lo splendore dell'edificio trentadue fusti di colonne antiche, sovrapposti su due ordini entro alte arcate. Tagliate con sottile nitore in spessore di parete, queste ultime si saldano, quasi imposta, alla volta a padiglione divisa in otto spicchi, il cui mosaico (l'attuale è un rifacimento del sec. 19°) rappresenta l'Apparizione di Cristo fra i vegliardi dell'Apocalisse. Sia nel piano inferiore sia in quello superiore - in quest'ultimo a causa delle volte a botte ascendenti delle sei logge laterali - lo sguardo è guidato verso la parte centrale, lo spazio sacro, il più antico del Medioevo a N delle Alpi e dei Pirenei che si sia conservato nella sua integrità.Mentre in S. Vitale a Ravenna Giustiniano e Teodora sono rappresentati con il loro seguito a destra e a sinistra del vano del coro, là dove sarebbero stati anche i loro posti se mai fossero entrati nella chiesa per assistere a una solenne funzione liturgica, Carlo Magno aveva in A. due troni, quello nell'atrio per gli atti di omaggio del popolo e quello nella tribuna a O, dal quale egli poteva seguire le funzioni officiate presso i tre altari del piano inferiore e di quello superiore. Anche se le ricerche dendrologiche hanno dimostrato che il supporto di legno delle lastre di marmo del trono e dei suoi sei gradini fu fatto costruire soltanto da Ottone I per la sua incoronazione, nel 936, tuttavia l'impianto globale della chiesa e lo stato di conservazione delle lastre poggiapiedi indicano che il trono di Carlo Magno era stato eretto insieme con le colonne già prima dell'800. Non esistono modelli di questa sistemazione anche se è possibile che nel Westbau dell'abbazia di Saint-Denis fosse collocato un trono.La struttura a due piani, con il trono del sovrano al piano superiore, divenne per così dire canonica e l'esempio di A. venne ripreso in buona parte delle cappelle di corte anche nei secoli successivi, come attestano, solo per citare alcuni esempi, la chiesa doppia sveva di Norimberga o la Sainte-Chapelle di Parigi o addirittura la cappella di Versailles.Ad A. l'intero edificio era stato predisposto in funzione della presenza alle funzioni liturgiche di Carlo Magno, re e imperatore per grazia di Dio, unto e consacrato, come già suo padre, da un papa: infatti non solo il vano del trono era delimitato anteriormente dalle due più preziose tra le trentadue colonne antiche, ma anche alle spalle ne erano state collocate altre due come segno di maestà. Di fronte al vano del trono era situato quello dell'altare carolingio, piccolo e semplice: le reliquie non si trovavano infatti nel vano dell'altare, ma nella torre sopra il trono.La corte cercava di presentare A. all'imperatore come una nova Roma e quindi il palazzo fu ornato con opere antiche. Così da Ravenna fu trasportata attraverso le Alpi una statua equestre in bronzo di Teodorico il Grande, simbolicamente assimilabile all'imperatore carolingio; su una fontana nell'atrio della chiesa fu collocata una pigna di bronzo, secondo il modello romano, e un'orsa di bronzo del sec. 2° fu portata ad A. come immagine della lupa di Roma. Non fu perciò certo casuale la scelta del sarcofago con il Ratto di Proserpina, proveniente da Roma, per la sepoltura di Carlo Magno, anche se le spoglie dell'imperatore non vi furono probabilmente mai deposte.Il culto di cui il mondo antico fu oggetto nella corte di Carlo Magno è dimostrato anche dal sigillo di una bolla imperiale dell'803, sul cui recto si può leggere "Roma" e sul verso "Renovatio Roman(i) [o Roman(orum)] imp(erii)". Eginardo era riuscito, su ordine di Carlo Magno, a organizzare ad A. centri di produzione di corte che presto primeggiarono in tutti i campi dell'arte: calligrafia, miniatura, intaglio dell'avorio, oreficeria, fusione del bronzo, scultura. È probabile che i mezzi per mantenerli provenissero in massima parte dal tesoro degli Avari, che nel 796 era stato portato ad A., mentre i modelli cui gli artisti si ispirarono giungevano da tutte le parti del regno franco, oltre che, naturalmente, in primo luogo da Roma e da Costantinopoli. Anche i codici provenienti dall'Inghilterra e dall'Irlanda servirono da modello ai miniatori della 'scuola di corte'. Dei preziosi evangeliari creati nelle botteghe di corte ad A. sotto Carlo Magno se ne conserva soltanto uno, nella Domschatzkammer, opera di un grande maestro venuto con pochi aiuti dall'Italia; il frontespizio mostra i quattro Evangelisti in un vasto paesaggio di tono impressionistico e risale a un modello del 5° o del 6° secolo.Nella Cappella Palatina si conservano anche le opere in bronzo: le cancellate che in forma di transenne o parapetti delimitano il piano superiore verso l'ottagono della cappella, le quattro porte di due battenti ciascuna, la grande porta del Lupo e le tre entrate secondarie. Eginardo le trovò così notevoli da citarle nella sua Vita Caroli: "basilicam Aquisgrani extruxit [...] atque ex aere solido cancellis et ianuis adornavit" (PL, CXVII, col. 50). Nei secc. 7°, 8° e 9° non si producevano né in Italia né a Bisanzio bronzi monumentali; di conseguenza l'officina destinata a produrre queste porte fu probabilmente scelta tra quelle specializzate nella fabbrica delle campane e il materiale fu ricavato dalla fusione di bronzi antichi, oltre che dalle miniere presso Dinant sulla Mosa; scavi compiuti nell'area di tale officina hanno portato alla luce resti di queste antiche fusioni. Le otto cancellate della cappella di A., ciascuna fusa in un unico pezzo, sono alte m. 1,22 e larghe da m. 4,19 a m. 4,29, sono collocate su quattro degli otto lati in modo che a ciascuna ne corrisponda di fronte un'altra perfettamente identica. Esse si ispirano a una gamma di modelli che comprende opere franche, l'opus quadratum delle transenne d'altare romane e riquadri con girali d'acanto di ispirazione classica; le loro forme ornamentali tuttavia hanno una delicatezza che non è antica, ma carolingia e medievale.Tra le porte, quella del Lupo (m. 3,952,75) ben testimonia l'alto livello classico dell'arte carolingia: la testa di leone, con la criniera ben ordinata e con ventiquattro palmette nel cerchio che la circonda, mostra la piena maturità di un grande maestro della rinascenza carolingia, al quale servì da modello la testa dell'antica orsa; al contrario le teste di leone delle porte minori (ogni battente misura m. 2,400,70) sono indipendenti da tali modelli, preferendo un'espressione marcata, più conforme all'arte franca.Dopo la morte di Carlo Magno, Ludovico il Pio (814-840), Lotario I (840-855) e Lotario II (855-869) fissarono la loro residenza principale ad A. e la 'scuola di corte' continuò a produrre codici, adorni di preziose miniature, dei quali solo pochi si sono conservati. Buona parte del tesoro di Carlo Magno e della sua biblioteca fu infatti portata via da A.; nessun intervento edilizio fu operato dai successori di Carlo Magno, tranne le opere di fortificazione erette da Ludovico il Pio a difesa del palazzo, ma che non impedirono che nell'881 esso fosse saccheggiato dai Normanni.La ripresa ebbe inizio con l'incoronazione di Ottone I (936) che in questa occasione intervenne, come si è già visto, sulla struttura del trono di Carlo Magno; anche Ottone II, nel 961, all'età di sette anni fu incoronato in A., come pure Ottone III nel 983, a soli tre anni d'età. Quest'ultimo in particolare risiedette più volte in A. - l'ultima nel 1000, quando fece aprire il sepolcro di Carlo Magno - e vi fu anche sepolto nel 1002, come secondo e ultimo imperatore, quando il suo corpo fu traslato da Castel Paterno, presso Roma, dove era morto.Ottone III e, seguendo il suo esempio, Enrico II (1022-1024) si preoccuparono di rinnovare l'arredo liturgico di tutta la Cappella Palatina con il maggior sfarzo possibile, ordinando opere alle abbazie di Reichenau e di Fulda e anche a orafi di Colonia. Si sono conservate molte di queste opere, databili con sicurezza agli anni tra il 990 e il 1020. Basti citare la Pala d'oro - l'antependium dell'altare maggiore sbalzato in oro (Fulda 1002-1014), che raffigura l'Apparizione di Cristo tra scene della Passione, i quattro evangelisti, s. Michele e Maria - nonché l'ambone di Enrico II, per la cui decorazione vennero utilizzati avori antichi, gemme e vetri preziosi insieme con lavori a sbalzo, come l'immagine dell'evangelista Matteo, che risale a un modello carolingio proveniente da Reims. Opere famose della stessa provenienza sono l'Evangeliario di Ottone III (Reichenau, 900 ca.; Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4453) - nella cui dedica viene sottolineata la funzione teologica del Vangelo per l'imperatore: "Auguste libro / tibi cor Deus induat Otto / quem de Liuthario te / suscipisse memento" - e, quale più chiaro richiamo al pensiero imperiale, la croce donata da Ottone III, croce che è detta 'di Lotario' per un sigillo di Lotario II (855-869) che vi è incastonato insieme ad altri preziosi, conservata nella Domschatzkammer. Il centro della croce gemmata è occupato da un cammeo romano con l'immagine di profilo di Augusto, che qui rappresenta nello stesso tempo Cristo e l'imperatore, mentre nel verso è inciso un crocifisso. La croce, che dovette essere stata realizzata intorno al 1000 da una bottega di Colonia, precedeva gli imperatori durante il loro ingresso in A. affinché il loro sguardo si potesse soffermare sull'immagine ideale di Augusto.Come gli Ottoni, anche gli Svevi dovettero dotare di ricche donazioni la cappella in cui venivano incoronati; così Federico I Barbarossa donò intorno al 1165 il lampadario di forma circolare (diametro m. 4,34) che riproduce, su lastre incise, la Vita e la Passione di Cristo e che con il numero delle sue torri e candele rappresenta la Gerusalemme celeste.Nel 1166 Barbarossa fece canonizzare Carlo Magno da un antipapa e rimosse le sue ossa per innalzarle agli altari in un reliquiario che venne sigillato con l'inserzione di un chiodo da parte del giovane imperatore Federico II il giorno della sua incoronazione (1215). Sulla parte frontale del reliquiario venne posta l'effigie di Carlo Magno tra il papa Leone II e l'arcivescovo di Reims Turpino; nella parte posteriore si trovano l'immagine della Madonna tra angeli e le personificazioni delle Virtù cardinali; sui due lati lunghi sono rappresentati i Gesta Caroli, sugli spioventi del tetto e sulle facce sedici figure imperiali. Si ha così una narrazione storica realizzata in 'lingua' romanica, sotto l'influsso di Nicola di Verdun; successivamente la stessa bottega realizzò il reliquiario della Vergine, sui cui lati lunghi campeggiano Cristo e Maria circondati dai dodici apostoli (1214-1237).La maggior parte degli imperatori successivi arricchì il tesoro della cappella con donazioni di reliquie e di preziosi reliquiari, cosicché il tesoro del duomo di A. era e rimane ancora oggi uno dei più ricchi d'Europa. Reliquiari particolarmente pregevoli furono offerti da Carlo IV (incoronato in A. nel 1347): fra essi si conta quello del busto di Carlo Magno che conteneva e contiene tuttora la sua calotta cranica e su cui Carlo IV pose la corona che egli stesso aveva portato a Bonn (1346) per la sua prima incoronazione.Nel contempo crebbe anche il complesso urbano, favorito dai privilegi che gli imperatori gli assicuravano. Nel 1171 Barbarossa ordinò che ad A. si erigesse una nuova cinta di mura, attorno alla quale, a partire dal 1257, ne fu costruita una seconda e definitiva, le cui quattro porte principali furono completate al più tardi nel 1320. Se già Barbarossa aveva rinnovato e arredato con maggior ricchezza in particolare l'aula regia, negli anni tra il 1339 e il 1346 il palazzo venne trasformato in vero e proprio 'municipio'. La sua facciata non dava più verso la Cappella Palatina, a S, ma verso il mercato cittadino, a N; nella sala imperiale, nella quale probabilmente avveniva il banchetto dell'incoronazione, fu rifatta la volta e nella facciata furono collocate (1370-1376) statue di imperatori scolpite da Peter von der Kapellen.Intanto nel 1355 il Capitolo del duomo aveva deciso la costruzione del nuovo coro per potervi esporre con più agio e sfarzo le reliquie; modello della nuova costruzione fu la Sainte-Chapelle di Parigi. Con l'esposizione del reliquiario di Carlo Magno nell'abside il nuovo coro divenne anche mausoleo dell'imperatore; il suo significato doveva essere riconoscibile all'esterno mediante le statue di santi collocate nei contrafforti (tutte distrutte dalle intemperie), nonché mediante una sfera dorata, che rappresentava il mondo, posta in uno con un'aquila dorata all'estremità del culmine del tetto. All'interno, ornato da una decorazione scultorea eseguita tra il 1401 e il 1430, ancora sul modello della Sainte-Chapelle di Parigi, la schiera dei dodici apostoli è preceduta non dalle figure di Maria e Cristo, come nel coro del duomo di Colonia, bensì da quelle di Maria e Carlo Magno; le mensole di queste quattordici statue sono ornate da angeli musicanti, uno dei quali è opera di Hans Multscher, che aveva compiuto gli anni di apprendistato in Borgogna, proseguendo in seguito il suo viaggio verso Ulma.L'aula del coro fu assicurata mediante zanche di ferro all'ottagono carolingio, le cui solide mura offrivano un efficiente sostegno. Ciò permise ai costruttori di mantenere sottili le mura del coro stesso e di costruire una serie ininterrotta di finestroni dell'altezza di m. 25,55 - i più alti d'Europa dopo quelli della cattedrale di Metz - le cui originali vetrate dipinte non si sono però conservate. Oltre a quella del coro, si addossarono alla Cappella Palatina altre quattro cappelle gotiche destinate alle reliquie e poi una barocca. Nel sec. 13° l'ottagono ebbe un nuovo tetto, più alto; così come la torre, nel 14°, una nuova cuspide; tuttavia entrambi - tetto e cuspide - dovettero essere ricostruiti nel 19° secolo. Anche a E e a O del palazzo municipale sorsero torri gotiche e nel corridoio carolingio che dal palazzo conduceva alla cappella fu inserito un chiostro tardogotico. In tal modo le costruzioni dei secc. 14°-15° circondavano tutt'intorno l'edificio dei secc. 8° e 9° senza peraltro inciderne l'essenza.Data la vicinanza di Liegi e Colonia, pochi erano gli spazi per il crearsi di una scuola di pittura e scultura locale, tanto più che la Marienstift e i monarchi che incrementavano il suo tesoro ecclesiastico importavano le opere o le facevano produrre in A. ma da maestri stranieri. Soltanto l'oreficeria costituiva un'eccezione, anche se la prima personalità di maestro conosciuta, Hans von Reutlingen (che operò in A. dal 1480 al 1520), compare solo alle soglie del Rinascimento. La sua opera più importante è la coperta dorata con Carlo Magno in trono eseguita intorno al 1500 per l'evangeliario imperiale carolingio (dell'800 ca.) che fu tolto nel 1792 dal tesoro del duomo per essere portato a Vienna (Dom- und Diözesanmus.).A. divenne sede vescovile temporanea dal 1802 al 1821 e definitiva dal 1929: ragione, quest'ultima, per cui la Cappella Palatina viene oggi chiamata duomo di Aquisgrana.
Bibl.:
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