Aquisgrana
Due motivi indussero Federico II a recarsi ad Aquisgrana per cercare l'appoggio della città: tutti i sovrani dell'Impero medievale dovevano farsi ungere, incoronare (rex Romanorum) e intronizzare dall'arcivescovo di Colonia (Decretale di Innocenzo III, in Regestum Innocentii III, 1947, pp. 171-172, nr. 62) sul trono marmoreo collocato nella tribuna della collegiata di S. Maria, fondata da Carlomagno. Federico sapeva inoltre che suo nonno, l'imperatore Federico I Barbarossa, per onorare la memoria di Carlomagno ad Aquisgrana, il 29 dicembre 1165 lo aveva fatto canonizzare, disponendo affinché la sua tomba fosse aperta per esumare le ossa e innalzarle agli altari in un reliquiario (Folz, 1950, pp. 203-213; Petersohn, 1975). Inoltre Barbarossa proclamò Aquisgrana caput et sedes regni Theutonici e concesse importanti privilegi tanto alla collegiata che al comune, esortando i suoi abitanti a circondare di mura la città (Annales Aquenses, 1879, p. 38; Meuthen, 1975).
Il primo soggiorno del re ad Aquisgrana era stato preceduto da burrascosi eventi politici. Nella lotta per la successione al Regno gli aquensi si erano schierati a fianco di Filippo di Svevia. Tuttavia, dopo l'assedio di Ottone IV, i cittadini erano stati costretti ad aprirgli le porte, e il Guelfo fu incoronato nella chiesa di S. Maria da Adolfo di Altena, arcivescovo di Colonia, domenica 12 luglio 1198 (Hucker, 1990, p. 24). Dopo che Ottone fu abbandonato dai principi verso la fine del 1204, lo stesso arcivescovo incoronò ad Aquisgrana Filippo di Svevia, questa volta nel luogo deputato, nel giorno dell'Epifania, il 6 gennaio 1205 (Winkelmann, 1873-1878, I, pp. 362-363). In seguito all'assassinio di Filippo a Bamberga, il 21 giugno 1208, i cittadini di Aquisgrana passarono dalla parte di Ottone IV, e anche dopo la disfatta di Bouvines, il 27 luglio 1214, rimasero fedeli all'imperatore. Federico II, malgrado fosse già stato incoronato dall'arcivescovo Sigfrido di Magonza nella sua sede metropolitana il 9 dicembre 1212 (Stürner, 1992, pp. 154-155), desiderava ricevere l'unzione ed essere incoronato nel luogo conforme alla tradizione. Un primo tentativo di espugnare la città dopo la dieta riunita a Coblenza alla fine di marzo del 1214 (Chronica regia Coloniensis, 1880, Cont. II a. 1214, p. 191; Regesta Imperii, V, 1, nr. 725a; Winkelmann, 1873-1878, II, p. 379) rimase infruttuoso (23 agosto 1214) (Reinerii Annales S. Jacobi Leodiensis, a. 1214, 1859, p. 672; Regesta Imperii, V, 1, nr. 743b; Winkelmann, 1873-1878, II, pp. 380-381). Poiché i principi, nel corso di una dieta convocata il 1o maggio 1215 ad Andernach sul Reno, avevano ribadito la volontà di occupare Aquisgrana, una minoranza non esigua di cittadini, memore dei favori ricevuti sia da Federico Barbarossa che da Enrico VI, abbandonò Ottone IV per schierarsi a fianco di Federico II. "Dopo aver spezzato i chiavistelli con cui il giudice Arnolfo aveva sbarrato le porte della città, l'imprigionarono in una fortezza da lui stesso eretta presso il palazzo reale. Poi [questa minoranza] scrisse a Federico chiedendogli di venire in pace e assicurandogli di essere pronta ad accoglierlo come suo signore" (Reinerii Annales S. Jacobi Leodiensis, a. 1214, 1859, p. 673; Regesta Imperii, V, 1, nr. 810a; Winkelmann, 1873-1878, II, pp. 390-393; Flach, 1976, p. 310; Hucker, 1990, p. 473, nr. 144). Il re giunse ad Aquisgrana il 24 luglio 1215 e soggiornò in città fino al 29. Il 25 luglio, nel giorno della festa di s. Giacomo Apostolo, fu unto, incoronato e intronizzato nella collegiata di S. Maria dall'arcivescovo Sigfrido di Magonza (Regesta Imperii, V, 1, nr. 810b; Die Regesten der Erzbischöfe, III, 1, 1909, nr. 30), poiché il pontefice aveva destituito successivamente gli arcivescovi di Colonia Adolfo (1205) e Teodorico (1212) (Die Regesten der Erzbischöfe, II, 1901, nr. 1684; ibid., III, 1, 1909, nr. 107; Janssen, 1995, I, pp. 124-132). Alla fine della cerimonia il re, inaspettatamente e di sua volontà, prese la croce e invitò personalmente i predicatori, fra cui Giovanni, scolastico di Xanten e canonico, poi decano di S. Maria in Aquisgrana (Chronica regia Coloniensis, 1880, Cont. III a. 1215, p. 236), a esortare i principi convenuti affinché seguissero il suo esempio. Federico trascorse l'intera giornata di domenica 26 luglio ad ascoltare le prediche per la crociata; il giorno successivo, cadendo l'anniversario della battaglia di Bouvines, il re fece comporre le ossa di Carlomagno, esumate dalla tomba da Federico Barbarossa, in un prezioso reliquiario "costruito in oro e argento dagli aquensi. Afferrò un martello, si spogliò del suo manto, montò con l'artigiano un'armatura sotto gli occhi di tutti i presenti, avvitò insieme a lui i chiodi già inseriti nella cassa, e trascorse il resto della giornata ascoltando prediche" (Reinerii Annales S. Jacobi Leodiensis, a. 1215, 1859, p. 673; Regesta Imperii, V, 1, nr. 810b).
Dopo l'incoronazione fu riunita ad Aquisgrana una dieta, durante la quale Federico, il 29 luglio 1215, confermò al comune i privilegi accordati dai suoi predecessori, riducendo il potere degli iudices reali nella riscossione delle imposte, una concessione poi confermata da tutti i suoi successori (Regesta Imperii, V, 1, nr. 814; Aachener Urkunden, 1972, nr. 5). Come re e imperatore Federico rilasciò diplomi sia al clero di S. Maria, nel 1220 e nel 1243 (Regesta Imperii, V, 1, nr. 1106; Aachener Urkunden, 1972, nr. 67: compiti del preposito nel restauro delle vetrate, dei libri e degli edifici della chiesa; Regesta Imperii, V, 1, nr. 1105; Aachener Urkunden, 1972, nr. 68: regolamento per la fornitura di decime provenienti dalle vigne di Sinzig, presso Bonn; Regesta Imperii, V, 1, nr. 1107; Aachener Urkunden, 1972, nr. 69: conferma di due pievi; Regesta Imperii, V, 1, nr. 1256; Aachener Urkunden, 1972, nr. 70: franchigia doganale per cereali e vino; Regesta Imperii, V, 1, nr. 3377; Aachener Urkunden, 1972, nr. 135: conferma del cambio di una casa del decano e d'uno statuto sull'assegnazione di rendite provenienti dalle prebende vacanti), sia al comune di Aquisgrana, nel 1216 e nel 1244 (Regesta Imperii, V, 1, nr. 849; Aachener Urkunden, 1972, nr. 6: franchigia doganale; Regesta Imperii, V, 1, nr. 3438; Aachener Urkunden, 1972, nr. 8: conferma del privilegio di Barbarossa concesso l'8 gennaio 1166). Durante una dieta tenuta a Francoforte sul Meno il 6 gennaio 1221, Federico fece dirimere in sua presenza, dal cancelliere Corrado, una controversia sorta fra il comune e il decano di S. Maria sul diritto di conservare il sigillo comunale ‒ accogliendo la richiesta del decano (Regesta Imperii, V, 1, nr. 10873; Aachener Urkunden, 1972, nr. 73). Di grande rilievo per la storia della collegiata è il diploma con cui l'imperatore, nel giugno del 1226, confermava al clero di S. Maria tutte le donazioni dei suoi predecessori: nel documento, infatti, sono menzionate anche donazioni non attestate né da carte né da diplomi, ma soltanto da un obituario (Regesta Imperii, V, 1, nr. 1645; Aachener Urkunden, 1972, nr. 92).
Dopo il 1215 Federico non tornò più ad Aquisgrana. Gli Staufen furono privati dei loro punti d'appoggio nella regione compresa fra il Reno e la Mosa a favore dei principi territoriali, in particolare dell'arcivescovo di Colonia (Kupper, 1992, pp. 231-238). Ma nonostante queste gravi perdite, ad Aquisgrana si è perpetuata la memoria di Federico: benché il nome dell'imperatore scomunicato non figuri nell'obituario di S. Maria, egli è raffigurato come l'ultimo di sedici re o imperatori, fondatori e donatori della collegiata S. Maria, seduti in trono sotto arcatelle sui due lati lunghi ‒ otto per parte ‒ del prezioso reliquiario che custodisce le ossa di Carlomagno sigillato solennemente dallo stesso Federico nel terzo giorno del triduo della sua incoronazione. La figura dell'imperatore è accompagnata dall'iscrizione Fredericus rex Rom [anorum] et Sicilie, ma, a differenza degli altri sovrani, che impugnano lo scettro, egli tiene nella mano destra la croce, per rievocare come avesse promesso, subito dopo l'incoronazione, di indire una crociata (Der Schrein Karls des Grossen, 1998, tavv. 50-51; per la datazione del reliquiario cf. Kroos, 1994; Bayer, 1999; nr. 5, pp. 122-123).
fonti e bibliografia
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E. Winkelmann, Philipp von Schwaben und Otto IV. von Braunschweig, I, König Philipp von Schwaben 1197-1208; II, Kaiser Otto IV. von Braunschweig 1208-1218, Leipzig 1873-1878.
Annales Aquenses, a. 1171, in M.G.H., Scriptores, XXIV, a cura di G. Waitz, 1879, pp. 34-39.
Chronica regia Coloniensis, ibid., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XVIII, a cura di G. Waitz, 1880.
Regesta Imperii, V, 1-3, Die Regesten des Kaiserreiches [...], a cura di J.F. Böhmer-J. Ficker-E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1882.
Die Regesten der Erzbischöfe von Köln im Mittelalter, II, 1100-1205, a cura di R. Knipping, Bonn 1901; ibid., III, 1205-1304, 1, 1205-1261, ivi 1909.
Regestum Innocentii III papae super negotio Romani imperii, a cura di F. Kempf, Roma 1947.
Aachener Urkunden 1101-1250, a cura E. Meuthen, Bonn 1972.
R. Folz, Le souvenir et la légende de Charlemagne dans l'Empire germanique médiéval, Paris 1950.
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J. Petersohn, Saint-Denis - Westminster - Aachen: die Karls-Translatio von 1165 und ihre Vorbilder, "Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters", 31, 1975, pp. 420-454.
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J.-L. Kupper, Friedrich Barbarossa im Maasgebiet, in Friedrich Barbarossa. Handlungsspielräume und Wirkungsweisen des staufischen Kaisers, a cura di A. Haverkamp, Sigmaringen 1992, pp. 225-240.
W. Stürner, Friedrich II., I, Die Königsherrschaft in Sizilien und Deutschland, 1194-1220, Darmstadt 1992.
R. Kroos, Zum Aachener Karlsschrein. "Abbild staufischen Kaisertums" oder "fundatores ac donatores", in Karl der Grosse als vielberufener Vorfahr. Sein Bild in der Kunst der Fürsten, Kirchen und Städte, a cura di L.E. Saumar-Jeltsch, Sigmaringen 1994, pp. 49-61.
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Der Schrein Karls des Grossen. Bestand und Sicherung, 1982-1988, a cura del Capitolo del Duomo di Aquisgrana, Aachen 1998.
C. Bayer, Versuch über die Gestaltung epigraphischer Schriften mit besonderem Bezug auf Materialien und Herstellungstechniken, in Inschrift und Material, Inschrift und Buchschrift, a cura di W. Koch-C. Steininger, München 1999, pp. 95-125.
Traduzione di Maria Paola Arena