Vedi ARABIA ORIENTALE dell'anno: 1973 - 1994
ARABIA ORIENTALE
(v. S 1970, p. 72). - La ricerca archeologica nell'A. orientale si è intensificata nel corso degli ultimi anni, perdendo il carattere frammentario, talvolta occasionale, degli anni precedenti quando più che di veri progetti si può parlare di «sconfinamento» di missioni attive nei paesi vicini. Alla fine degli anni '50 una spedizione dell'American Foundation for the Study of Man (AFSM) si era recata nel Dhofar, reduce da uno scavo a Mārib, nello Yemen settentrionale. Gli archeologi della AFSM si proponevano di esplorare il paese dell'incenso, ricollegandosi dunque alla ricerca condotta nella parte SO della penisola araba.
Fra i molti scavi e sondaggi condotti in Dhofar possono essere qui ricordati quelli della città di Samharum (o Samhar) sorta attorno al II sec. d.C. sul lato orientale di una insenatura (Khawr Rori) 40 km a E di Ṣalāla, quasi sicuramente sul sito del porto di Mòscha legato al commercio dell'incenso e citato dal Periplo del Mare Eritreo. La città è racchiusa da una cinta di mura di c.a 130 x 70 m con una sola grande porta fortificata formata da una successione di tre ingressi a baionetta. Gli scavi hanno portato fra l'altro al ritrovamento di iscrizioni in caratteri sudarabici, grandi quantitativi di incenso immagazzinato in attesa della esportazione, una statuetta bronzea di danzatrice indiana e alcuni frammenti di terra sigillata. Scavi sono stati inoltre condotti al sito dell'antica città di Ẓafār, centro agricolo-commerciale dal XII al XVI sec. d.C., Khawr Mughsayl, piccolo insediamento costiero pre e proto-islamico, Ḥanūn, punto di raccolta dell'incenso a 40 km da Ṣalāla e a Wādī Andhūr, stazione sulla carovaniera dalla costa alle valli interne della zona pre-desertica.
La ricerca nel Dhofar, sostenuta finanziariamente da numerose imprese commerciali, è probabilmente il primo esempio di massiccia sponsorizzazione privata nella storia dell'archeologia. In conseguenza, la ricerca fu principalmente motivata dal proposito di scoperte sensazionali e mancò di sistematicità negli intenti e nell'impegno.
Durante gli anni '50 la missione danese impegnata in scavi nell'arcipelago di Barḥein, e poi nell'isola di Failaka (Kuwait) allo scopo di inquadrare la civiltà di Dilmun in un più vasto orizzonte culturale, spinse la ricerca verso S, toccando la costa di Abū Dhābi dove i resti imponenti di un insediamento e una vasta necropoli con grandi tombe multiple costruite con conci sagomati e apparecchiati con raffinata maestria, venne localizzata sull'isoletta di Umm an-Nār (oggi terraferma). Da questa località prese nome la nuova civiltà, fiorita nella seconda metà del III millennio a.C. che, oltre a far luce su una inaspettata facies della civiltà dell'A. orientale, veniva a costituire un collegamento territoriale fra Dilmun e il Golfo meridionale. Su questa linea si ripresero in esame con rinnovato interesse anche le tesi avanzate a Oxford nel 1928 da Harold Peake a proposito del problema dell'origine del metallo impiegato nella manifattura di oggetti di rame rinvenuti in varie località del Vicino Oriente: egli avanzò l'ipotesi che il metallo di oggetti sumerici provenisse dai cospicui giacimenti di rame delle montagne dell'Oman, sulla base della corrispondente presenza di un elevato contenuto di nichel riscontrata con esame spettrografico sia nel minerale dell'Oman che nel metallo degli oggetti.
Le ricerche archeologiche degli ultimi 20 anni lungo le coste del Golfo sembrano raggiungere la convergente conclusione che a partire dalla fine del IV millennio a.C. si fosse verificato un notevole incontro delle grandi civiltà dell'epoca, da quelle mesopotamiche a quelle dell'Asia anteriore, togliendo alle prime quella posizione centrale che gli studi precedenti avevano loro attribuito. Scavi condotti in tombe a tumulo rinvenute sulle pendici orientali del Ğebel Ḥafīt, isolata montagna al limite del deserto di Abū Dhābi, hanno portato alla luce vasi e grani di collana in ceramica di tipo mesopotamico del IV millennio a.C. (Ğemdet Naṣr).
Le esplorazioni danesi furono estese territorialmente verso I'Oman che la ristrutturazione politica ed economica voluta dal sultano Qabus bin Said salito al trono nel 1970 aveva aperto anche alla ricerca scientifica. Ben presto il Sultanato creò un Dipartimento delle Antichità in seno al Ministero dei Beni Culturali (1976) e promulgò la prima legge sulle antichità e il patrimonio culturale nazionale (1980) incoraggiando e in gran parte finanziando progetti di ricerca.
Scavi condotti dal 1973 a Bāt, nelle valli della zona pedemontana orientale della catena del Ḥağar al-Gharbī, documentarono, tra l'altro, notevoli mutamenti avvenuti nell'architettura funeraria fra il IV e il III millennio a.C. Una vasta necropoli, comprendente oltre cento tombe monumentali a Ν di Bāt, fu oggetto di numerose campagne di scavo. Il sito comprendeva anche un insediamento coevo con almeno sei grandi costruzioni a pianta centrale di cui una è stata completamente scavata. L'edificio, di cui sono conservate solo le fondazioni, è in pietra con un muro perimetrale circolare di 20 m di diametro formato da un alternarsi regolare di segmenti rettilinei e rientranti a 90 gradi. L'interno si presenta suddiviso in ambienti di piccole dimensioni con un pozzo centrale. Nella garte Ν della necropoli alcune tombe simili a quelle del Ğebel Ḥafīt sono costruite su pianta circolare con pietra a sfaldamento tabulare, con una falsa cupola alta c.a 4 m poggiante su pareti formate da 2 o 3 cortine murarie concentriche; una piccola porta triangolare a pietre aggettanti dava accesso tramite un passaggio di 2-3 m alla camera centrale. Nella parte S della necropoli la struttura delle tombe cambia radicalmente: i muri hanno qui uno spessore inferiore e le camere, più larghe, sono divise da muri interni. I muri esterni delle tombe, oggi in gran parte scomparsi, erano rivestiti con blocchi squadrati in calcare bianco che faceva risaltare le costruzioni sulle pendici brulle delle montagne. I conci erano accuratamente sagomati secondo il raggio dell'edificio e con una lieve entasi determinante una caratteristica forma leggermente convessa a «cuscino».
Tombe di questo tipo sono state trovate a Hili, a Ν di al-'Ayn e nell' Oman interno fino alle pendici settentrionali del Gebel Salakh, 350 km a SE di Abū Dhābi. Esse formano una notevole variante di quell'architettura funeraria a torri tronco-coniche e tumuli che costituisce l'aspetto più monumentale della civiltà pre-islamica dell'A. Orientale.
I caratteri dell'insediamento nel III millennio sono stati studiati nell'Omān settentrionale da una missione di Harvard e nell'Emirato di Abū Dhābi da una missione del CNRS francese.
La ricerca di Harvard ha reperito 18 siti sul versante meridionale della catena montuosa centro-settentrionale e nelle valli a Ν di essa. Molti insediamenti hanno rivelato un'economia agricola integrata da una rilevante attività mineraria. E stato però notato che nei siti con giacimenti molto ricchi, nei quali l'estrazione si è sviluppata in varie epoche, spesso molto distanti nel tempo e con l'impiego di tecnologie diverse, l'individuazione cronologica dei vari livelli di attività diventa praticamente impossibile. Va aggiunto che proprio per il progresso tecnologico le scorie di fusione più antiche sono state spesso rilavorate in epoche successive. Si giungeva quindi alla conclusione che lo studio archeometallurgico approfondito del periodo più antico era possibile solo in una piccola miniera attiva per un breve periodo di tempo e poi abbandonata. Una stima effettuata da una missione geologico-mineraria sulla consistenza dei depositi di scorie di rame in varie località minerarie antiche dell' Omān settentrionale, indica quantità che vanno da 10 a 100 mila tonnellate per sito. Per quanto riguarda lo studio tipologico dell'insediamento va osservato che si era volutamente evitato di condurre la ricerca nei siti con occupazione continua, strategia che ha di fatto escluso dall'investigazione le grandi oasi dell'interno in cui i livelli di occupazione dall'antichità ai giorni nostri presentano nella maggior parte dei casi una stratigrafia rigidamente verticale.
Sull'origine e lo sviluppo delle città-oasi, un tipo di insediamento che si ritrova lungo tutta la fascia orientale della penisola araba, da Qatīf, nell'Arabia Saudita, fino all'estremità SE dell' Omān, una ricerca protrattasi per otto stagioni a partire dal 1976 è stata condotta da una missione francese nel vasto eco-sistema di al-'Ayn-Buraymi.
I lavori, che hanno incluso scavi e ricerche paleobotaniche, hanno raggiunto la conclusione che nel sistema di oasi a NE del Ğebel Ḥafīt è esistito, almeno dalla fine del IV millennio a.C., un evoluto tipo di insediamento agricolo ove almeno dalla prima metà del III millennio si trova la coltura dell'orzo, dell'avena, del sorgo e della palma da dattero. Particolarmente importante la presenza del sorgo, cereale originario dell'Africa orientale coltivato su larga scala nel sub-continente indiano nel corso del II millennio a.C.: nella trasmigrazione della pianta verso oriente mancava fino a ora il tramite dell'Arabia.
Lo scavo di una grande costruzione in crudo a pianta centrale a Hili ha fornito elementi di confronto con analoghe soluzioni architettoniche di Bāt, Amlaḥ, Firq, Izki e Maysar, insediamenti simili anche per le colture e per l'uso del territorio.
L'esistenza stessa dell'oasi è condizionata da un'irrigazione continua e abbondante, anche per compensare le perdite per evaporazione. Il problema idrologico è stato dunque considerato con attenzione, ma almeno per il III e II millennio a.C., i risultati della ricerca sono frammentari e non molto illuminanti. Nella maggior parte dei siti citati è stata accertata la presenza di strutture murarie destinate a trattenere e convogliare le acque di superficie, generalmente pluviali e solo in rari casi di regime perenne. Questi bassi sbarramenti, comunemente detti gabarband, costruiti attraverso le valli, sembrano aver avuto anzitutto la funzione di incrementare il carico delle falde, ma anche di trattenere il limo per aumentare l'estensione e la fertilità dei campi. In qualche caso gli sbarramenti servivano ad alimentare una fitta rete distributiva a varî livelli, destinata a culture intensive stagionali.
In epoca storica un famoso esempio di quest'ultimo sistema è rappresentato dalla diga di Mārib, nello Yemen nord-orientale. Va osservato che la notevole sedimentazione, accresciuta dall'accumulo di detriti a monte degli sbarramenti, rendeva necessario un frequente incremento in altezza delle strutture. Ciò limitava l'efficacia del sistema e ne determinava spesso un rapido declino. La captazione e canalizzazione di acque sotterranee costituisce senza dubbio una fonte idrica più sicura, costante e spesso di durata illimitata. Il sistema, conosciuto come qanāt o kāriz in Iran, ghayl nell'A. occidentale e fālağ nell'A. orientale, veniva in genere considerato originario dell'Iran, da cui si sarebbe diffuso nel Vicino Oriente con l'impero achemenide. Studi recenti hanno però rimesso in discussione il problema e il ritrovamento nel 1989 a Hili di un fālag databile all'inizio del I millennio a.C. sembra avvalorare l'ipotesi dell'origine autoctona del sistema o almeno della sua diffusione nella penisola araba in epoca anteriore a quella achemenide.
Lo studio interdisciplinare dell'entroterra del porto di Ṣoḥar, centro commerciale probabilmente attivo già nel III millennio a.C. e divenuto fiorentissimo in epoca storica, specialmente sotto i Sasanidi e nel primo periodo abbaside, ha raccolto una messe di informazioni su scala regionale e un arco di tempo di circa quattro millenni, sull'insediamento, il controllo delle acque, l'uso del territorio e lo sfruttamento delle risorse minerarie.
L'importanza di Ṣoḥar appare dovuta anzitutto alla ricchezza mineraria e agricola del suo entroterra. L'esplorazione ha localizzato nella valle di 'Umar al-Gharbī alcuni insediamenti del III millennio a.C. Il più grande, Zahra, consiste in un denso agglomerato urbano che si sviluppa per una lunghezza di 900 m lungo la sponda occidentale del wādī. Le costruzioni sono a pianta rettangolare con muri di fondazione in pietrame legato con malta e alzati in crudo. Il sito si trova a c.a 2 km da importanti miniere di rame che presentano tracce di attività anch'essa attribuibile al III millennio a.C.
Lo sfruttamento delle miniere di rame, che sembra essere stato il motivo primario dell'insediamento nella zona ed è importante in relazione ai contatti commerciali fra l'A. orientale e il mondo esterno, è stato studiato da una missione del CNRS francese e del Commissariat à l'Energie Atomique che ha condotto un confronto sistematico fra lo spettro compositivo dei minerali e quello del metallo di oggetti del III millennio a.C. trovati in Mesopotamia e a Susa, nell'Iran sud-occidentale.
Una missione del Deutsches Bergbau Museum di Bochum, con scavi nell'entroterra del Ṣoḥar e a Maysar nella regione E dell'Omān, si è dedicata in prevalenza allo studio di problemi archeometallurgici, e nella seconda località ha chiarito non solo molti aspetti tecnologici sull'estrazione e la produzione del rame, ma anche sull'organizzazione socio-economica del commercio. Oltre all'attività in periodo protostorico in cui il villaggio sembra aver avuto contatti con il mondo esterno, come prova il ritrovamento di tipici sigilli della valle dell'Indo, a Maysar sono state trovate tracce di una rinnovata attività mineraria e agricola risalente alla prima metà del I millennio a.C. a cui è attribuibile anche un sistema di canalizzazione d'acqua.
Un notevole declino delle comunità minerarie e agricole dell'A. orientale e in particolare dell'Omān settentrionale durante il II millennio a.C. è evidente in quasi tutti i siti scavati. Il fenomeno è indubbiamente dovuto al concorso di molte cause che rimangono ancora da chiarire. Va però detto che il declino dell'attività mineraria può essere stato determinato dalla notevole deforestazione provocata proprio dalla produzione massiccia e continuata di rame avvenuta nel III millennio, mentre la ripresa dell'agricoltura all'inizio del I millennio a.C. si può spiegare con l'adozione di nuovi e più efficaci metodi di captazione e distribuzione delle acque sotterranee.
Il quadro storico del I millennio a.C. è ancora frammentario, ma i risultati di scavi recenti in Omān e negli Emirati mostrano chiari segni di prosperità e un aumento della popolazione con lo sviluppo di nuovi centri urbani. Varî insediamenti e complessi cemeteriali di quest'epoca sono stati studiati nel wādī Sāmad ('Omān orientale) e a Bawšar, nell'area della capitale, e nel wādī Fizḥ, a NO di Ṣoḥar. Della prima località è stata già ricordata la fase ultima del sito di Maysar. Lo scavo di alcune tombe nella valle di Bawšar e in altri siti presso Masqaṭ ha messo in luce una grande varietà di sepolture che vanno da tombe a camera sotterranea ricoperta da tumulo, a un grande agglomerato totalmente costruito sopra il suolo, che può riflettere un costume funerario tribale. Vi sono state individuate 65 sepolture con ricco corredo di oggetti in pietra oliare e rame databili fra l'800 e il 500 a.C. Una spada di ferro a due tagli di qualche secolo più tarda è l'oggetto più importante di un'altra tomba isolata formata da pietre in superficie.
Nel wādī Fizḥ sono stati trovati due insediamenti del I millennio a.C., di cui Fizḥ 2 è una piccola città fortificata che - sulla base della ceramica di superficie si ritiene abbia prosperato fra il 1000 e l'800 a.C. La città, che è chiusa da una cinta in pietra a pianta rettangolare di 140 X 70 m, con torri angolari e una porta fortificata sul lato corto occidentale, è da considerarsi il più antico esempio di città fortificata con questo tipo di impianto venuta alla luce nell'A. Orientale.
Alcune tombe di un vasto cimitero presso Maysar contenevano vasi con incise lettere in caratteri sudarabici. Con le iscrizioni trovate nel wādī Sahtan ('Omān centrale), a Sharja (Emirati Arabi Uniti), nell'oasi di al-Aḥsā' e più a Ν a al-Ḥinna e Thāğ (Arabia Saudita), oltre naturalmente al ricco materiale epigrafico del Dhofar, queste sono la testimonianza dei contatti fra l'A. sud-occidentale e quella orientale in epoca pre-islamica.
Testimonianze architettoniche e suppellettile del periodo seleucide sono venute alla luce oltre che a Failaka (Kuwait) e a Qal'at al-Baḥrein, a Ğawān, al-Hinna e Thāğ nell'Arabia Saudita. A Thāğ, che si trova a 70 km dalla costa, i resti monumentali includono grandi pozzi e opere idrauliche e le mura della città, che su pianta rettangolare sviluppano un perimetro di 2500 m. Suppellettile del III e II sec. a.C. è venuta alla luce a ad-Dūr (Umm al-Qaywain), a Mleiḥa (Sharja), a Masqaṭ e in tombe antiche riutilizzate a Bidiya nell'Emirato di Fujayra.
Scavi nell'area del grande complesso archeologico di adDūr (Umm al-Qaywain) hanno portato alla scoperta (1988) di un piccolo edificio a pianta quadrata (8,30 X 8 m) con muri leggermente rastremati verso l'alto (conservati per un'altezza di 2,10 m) costruiti con scapoli di pietra corallina e finiti all'esterno da uno spesso intonaco decorato a falsa muratura rappresentante filari di conci quadrati alternati a conci rettangolari. L'edificio ha due accessi: uno sul lato O e uno più ampio sul lato opposto. Quest'ultimo ingresso è fiancheggiato da piedritti decorati da meandri in stucco e due plinti, a pianta quadrata, sui quali dovevano in origine poggiare due aquile in pietra trovate nei pressi. Lo scavo ha portato alla luce pochissima ceramica, ma alcuni oggetti di bronzo di fattura romana, una lampada con manico a mezzaluna, una basetta rotonda con modanature e una base a pianta rettangolare con piedini e applique con busto togato al centro di un lato lungo.
Tracce del periodo partico-sasanide, cui fanno cenno fonti storiche e tradizioni locali, sono state trovate in molti siti, nessuno però di grande importanza. Un nucleo di abitazioni associate a ceramica invetriata di tipo particosasanide è stato trovato su una piccola isola (Ğazirat alGhanim) a O della penisola di Musandam, nel corso di una ricerca archeologica che, pur limitata da fattori logistici, ha consentito una prima raccolta di informazioni su una regione virtualmente sconosciuta, caratterizzata da una cultura di estrema originalità anche se influenzata da matrici iraniche. Livelli sasanidi sono stati raggiunti in limitati scavi condotti a Ṣoḥar, che, col nome di Mazūn, era divenuta verso la fine del III sec. d.C. uno dei grandi centri dell'impero marittimo creato dai Persiani.
Nella seconda metà del VI sec. d.C. venivano a trovarsi sotto il diretto controllo dei Sasanidi molti siti dell' Omān interno, fra cui l'oasi di Rustaq. La tradizione popolare, suffragata da particolarità architettoniche, identifica nel nucleo centrale della cittadella di Rustaq un edificio eretto per ordine del re Cosroe I.
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