ARABIA SAUDITA (v. arabia, III, p. 886; arabo-sa'ūdiano, regno, App. I, p. 141; II, 1, p. 226; III, 1, p. 119)
Il regno monarchico saudita, creato da Ibn Sa'ūd, abbraccia attualmente una superficie 6 volte maggiore dell'Italia (2.149.690 km2), sulla quale vivono oltre 7 milioni di abitanti, con una densità media di 3,3 per km2. In prevalenza si tratta di arabi, quasi totalmente musulmani di rito sunnita, con esigue minoranze di negri, addetti ai lavori più umili, e di indiani. Anche se in quest'ultimo ventennio appaiono in diminuzione, i nomadi (beduini) costituiscono ancora la stragrande maggioranza della popolazione saudita (oltre il 50%); l'altra metà è formata da popolazione sedentaria, ripartita in percentuali simili tra abitanti delle aree urbane e delle campagne. Nelle maggiori città del paese si sono andati man mano sovrapponendo moduli edilizi occidentali a quelli tipici del mondo arabo. È il caso della capitale Riyād (300.000 abitanti circa nel 1970), la quale nell'ultimo ventennio ha avuto un grande sviluppo demografico ed edilizio. Accanto ai vecchi e tradizionali quartieri si è andata estendendo la parte moderna, formata da strade ampie e diritte fiancheggiate da modernissimi edifici. Anche Gedda (225.000 abitanti nel 1970) offre lo stesso spettacolo di contrasto fra le strade e i palazzi moderni e il nucleo di quartieri antichi: essa costituisce il più importante porto dell'A. S.; quivi sbarcano annualmente circa 700.000 pellegrini (il 90% del totale) diretti alle città sante. Pure La Mecca (200.000 abitanti nel 1970) e Medina (50.000 abitanti) vivono una fase di ristrutturazione, soprattutto in funzione delle necessità del crescente afflusso di fedeli. Dahrān (12.000 abitanti nel 1970), sulle sponde occidentali del Golfo Persico, è invece un centro completamente nuovo, sorto per le esigenze della compagnia che sfrutta i giacimenti petroliferi della regione.
L'A. S. ha conosciuto nell'ultimo ventennio un ritmo di sviluppo che trova riscontro in pochi altri paesi; ciò è dovuto essenzialmente alla crescente estrazione di petrolio dal suo sottosuolo, che arreca immensi profitti. In questo modo la regione, che fino all'ultima guerra mondiale era una delle contrade più diseredate del mondo, in grado solo di esportare pelli, conchiglie e un po' di oro (miniere tra Medina e La Mecca), è divenuta una grande potenza economica, in grado di condizionare con le sue decisioni lo stesso sviluppo dei paesi industrializzati del mondo occidentale. Nel 1973 l'A. S. ha prodotto 364.812.000 t di petrolio, quantità più che raddoppiata rispetto a quella ricavata appena sei anni prima e che la pone al primo posto tra i produttori del Vicino Oriente. Le riserve di "oro nero" ammonterebbero, secondo i più recenti calcoli, a oltre 23 miliardi di t, equivalenti a circa il 20% delle riserve mondiali.
Fin dal 1944 l'estrazione è affidata a una compagnia arabo-americana (ARAMCO-Arabian American Oil Company: 30% Standard Oil Company of California, 30% Texaco, 30% Standard Oil Company of New Jersey e 10% Mobil), la quale dal dopoguerra ha esteso la sua attività anche alla raffinazione dei prodotti petroliferi in loco. Alla fine del 1972 erano in funzione dodici maggiori campi d'estrazione, più un certo numero di minori, tutti distribuiti sulla sponda occidentale del Golfo Persico, lungo una fascia di circa 300 km: Ghawar, Abqaiq, Safariya, Abū Ḥadrīyah, Abū Safah, al-Qatif, Fadhili, Manifa, Khursaniyah, Damman, Berri e Khurais. Quelli di Safariya e di Manifa si collocano sulla piattaforma marittima e il primo di essi, a pochi km dal confine con la Zona Neutra, è collegato alle raffinerie di Ra's Tannura con un oleodotto. Il greggio estratto dai pozzi viene in parte raffinato sul posto, in parte caricato sulle navi-cisterne e in parte immesso in un moderno oleodotto, il TAP (Trans-Arabian Pipeline). Quest'ultimo, entrato in funzione nel 1950, ha una capacità di trasporto di oltre 15 milioni di greggio all'anno e con un percorso di 1800 km collega i campi petroliferi con il porto mediterraneo di Saida nel Libano; è rimasto completamente inutilizzato dal 1969 al 1970 a causa di una serie di incidenti e sabotaggi collegati al perdurante stato di belligeranza tra gli stati arabi e quello israeliano. I campi petroliferi sauditi contengono anche vaste quantità di gas naturale. L'ARAMCO ha inoltre costruito (nel 1961) nei campi di Abqaiq e Ghawar due grossi impianti per l'utilizzazione del gas come combustibile e ne pompa in notevole percentuale nel sottosuolo per favorire la fuoriuscita del petrolio; la compagnia ha inoltre installato presso Ra's Tannura impianti specializzazati per la liquefazione del gas, allo scopo di esportarlo per mezzo di apposite navi-cisterne. L'area concessa inizialmente all'ARAMCO per la ricerca del petrolio era di circa 1.732.000 km2; essa si è progressivamente ristretta fino alla sesta parte a causa delle varie nazionalizzazioni volute dalle autorità saudite nel 1960,1963 e 1968.
Le entrate derivanti dalla produzione del petrolio (oltre 1200 milioni di dollari l'anno) corrispondono ai nove decimi di tutte le entrate dello Stato arabo.
Dal 1970, nel contesto di accordi intennazionali con gli altri produttori del Vicino Oriente e africani, l'A. S. ha rivisto in varie occasioni i prezzi del greggio, al fine di far fronte al processo inflazionistico mondiale, oltre che per procurarsi le maggiori disponibilità necessarie per un più armonico sviluppo nazionale. Il regime politico, non favorevole a cambiamenti troppo repentini, e il rispetto della tradizione assai vivo in questo paese dai vasti deserti, non hanno ancora consentito comunque l'impiego delle cospicue entrate "petrolifere" in un organico piano di sviluppo socio-economico, del tipo di quelli già in vigore in alcuni altri produttori viciniori.
A parte il petrolio, le risorse dell'A. S. sono del tutto irrisorie. L'agricoltura, che interessa appena l'1% della superficie del paese, occupa ancora i due terzi della popolazione attiva; il lavoro dei campi è praticato esclusivamente nelle oasi, ove l'utilizzo delle falde acquifere permette l'irrigazione. Il governo, dopo il 1964, riconoscendo l'importanza dello sviluppo agricolo come unico mezzo per ridurre le importazioni di numerose derrate alimentari, ha predisposto un ambizioso programma di irrigazioni che già ha dato buoni frutti. Infatti, la produzione globale del settore primario nel quinquennio 1965-70 è aumentata del 55%. Orzo (360.000 q nel 1972), frumento (1.500.000 q nel 1972), riso (30.000 q nel 1972) e poi miglio, sorgo, datteri, oltre a vari ortaggi, sono i prodotti maggiori.
Il patrimonio zootecnico è rappresentato in prevalenza da ovini (3.400.000 capi nel 1972), caprini (2.100.000 capi nel 1972), camelidi (570.000 capi nel 1972) e bovini (330.000 capi nel 1972).
L'industria, eccettuati i rami più strettamente collegati all'estrazione petrolifera, assume dimensioni piuttosto modeste; nel 1971 si contavano 286 stabilimenti che davano lavoro a circa 10.000 persone; il ramo prevalente è quello delle costruzioni, seguito a distanza da quello della concia delle pelli e del cuoio. L'attività delle costruzioni ha prodotto nel 1970 il 4,5% del reddito netto nazionale, mentre tutti gli altri rami manifatturieri ne hanno fornito nel complesso appena il 2%. Particolarmente sviluppato appare il settore del cemento, il cui consumo si è più che triplicato nel decennio 1960-70 in seguito all'espansione urbana e all'incremento dei lavori pubblici.
Fino al 1964 solo l'area compresa fra Gedda-La Mecca e Medina e i distretti petroliferi era servita da una vera e propria rete stradale. Da quella data, l'autorità centrale ha dedicato una crescente attenzione al problema dei trasporti, per la cui soluzione ha investito circa il 20% del bilancio annuale dello stato. Così, nel 1970 le strade completamente asfaltate avevano uno sviluppo di oltre 7500 km, cui vanno aggiunti altri 2000 km in via di costruzione. La rete ferroviaria comprende la linea che collega i campi petroliferi con il porto di Damman, sul Golfo Persico, e con la capitale (574 km) e un tronco (840 km) della cosidetta ferrovia dell'Ḥigiāz, dal confine giordano a Medina (ancora in corso di riattamento dopo i gravi danni subiti durante la prima guerra mondiale). Le città di Gedda, Dahrān e Riyāḍ sono dotate di aeroporti.
Per quanto attiene alle infrastrutture sociali, praticamente inesistenti ancora vent'anni fa, l'A. S. al 1971 contava 3135 istituti scolastici, con la netta prevalenza di quelli relativi all'istruzione elementare (1877), per un complesso di circa 6 milioni di alunni. In via di rapido sviluppo è l'istruzione di grado superiore, che annovera attualmente tre importanti centri universitari ubicati a Riyāḍ (fondato nel 1957), a Medina (fondato nel 1961) e Gedda (entrato in funzione nel 1967). Inoltre, nel 1970, nell'A. S. si contavano 47 ospedali (il doppio rispetto a dieci anni prima) per un totale di 6787 posti-letto.
Bibl.: E. Migliorini, Profilo geografico del Vicino Oriente, Napoli 1964; The Arabs and the Companies, in Petroleum Press Service, 1965; P. Coppola, La capitale dell'Arabia Saudita: Riyadh, in La geografia nelle scuole, XII (1967); D. Ruocco, Il petrolio nel Vicino Oriente e l'industria petrolifera italiana, Napoli 1968; B. Mostofi, Les ressources et le potentiel pétrochimique du Golfe Persique, in Iran pétrole, 1968; Aramco Handbook, Ḍahrān 1968; P. Tumiati, Ultimo petrolio, Milano 1974; The Middle East and North Africa (1974-75), Londra 1975.
Storia. - Nel dicembre 1960 il principe Faiṣal rinunciò ai poteri delegatigli dal fratello Sa'ūd, ma li riassunse nel 1962 e, in modo continuo, dalla metà del 1963. Nel novembre 1964 Sa'ūd fu deposto per inabilità (morì ad Atene nel 1969) e Faiṣal fu riconosciuto re. Tentativi di rivolta prevenuti nel giugno e nel settembre 1969 (si ebbero in realtà soltanto notizie di arresti) rivelarono l'esistenza, sotto l'apparente calma, di un'opposizione; l'interrogativo fu riproposto dall'uccisione del re (25 marzo 1975) ad opera di un suo nipote, ma la situazione parve saldamente controllata dal successore di Faiṣal, il fratello Khāled.
In campo interno l'azione del govemo diretto da Faiṣal continuò l'opera di cauta ma costante modernizzazione e di sviluppo delle risorse del paese con largo impiego di esperti e imprese straniere; particolare cura fu posta all'istruzione, alle comunicazioni, all'agricoltura e all'industrializzazione, nella ricerca di fonti di entrata alternative a quella assicurata dal petrolio. Attiva fu la politica estera, mirante all'affermazione della solidarietà islamica e araba, aperta alla collaborazione con l'Occidente, ma gelosa della sicurezza del Regno e dei suoi confini. In questo senso numerosi furono gl'interventi specialmente in paesi confinanti contro movimenti considerati sovversivi, come nel Yemen in appoggio ai realisti contro gli autori del colpo di stato del 1962 e la conseguente tensione con l'Egitto che li appoggiava. Malgrado un accordo raggiunto a Gedda nell'agosto 1965, la disputa yemenita giunse a soluzione solo nel 1970 con il riconoscimento della repubblica. Notevole anche l'azione diplomatica svolta nel Golfo Arabo (o Persico), sia con accordi con la Persia, sia caldeggiando una federazione degli sceiccati e emirati arabi al fine di garantirne la difesa dopo il ritiro delle forze britanniche.
Nel campo della solidarietà islamica numerose furono le iniziative saudiane; particolare risalto ebbe la conferenza tenuta a Rabāṭ nell'agosto 1969 per condannare l'incendio avvenuto nella moschea al-Aqṣà di Gerusalemme. Fu probabilmente la commozione suscitata da quell'avvenimento a spingere Faiṣal a un ancor maggiore impegno, per la liberazione dei luoghi santi islamici caduti in mano israeliana, in campo internazionale con una politica volta ad assicurare con ogni mezzo, fino all'embargo delle forniture di petrolio caldeggiato e attuato nel 1973, appoggi alla causa araba, in campo arabo fornendo mezzi e finanziamenti e promovendo la collaborazione fra gli stati arabi e fra questi e il movimento di resistenza palestinese.
Bibl.: G. J. L. Soulié, Le Royaume d'A. S. face à l'Islam révolutionnaire, 1953-1964, Parigi 1966; A. Asse, Miracle dans les sables: A. S., ivi 1969.
Archeologia. - Dopo la spedizione belga che nel 1951 attraversò quasi tutta l'A. S., la sola spedizione di rilievo è stata quella canadese che nel 1962 percorse la parte settentrionale del paese. All'estremità orientale di questo, nella provincia di al-Ḥasa che si affaccia sul Golfo Persico immediatamente a S del Kuwait, qualche ricerca è stata condotta da americani nella località di Thag, dove in precedenza era stata scavata una necropoli (rimasta in uso dall'età del bronzo fino al periodo islamico).
I risultati più importanti di tutte le ultime spedizioni riguardano il settore epigrafico (dialetti arabi preislamici, mineo, nabateo; in molto minor misura aramaico e haseo); le circa 10.000 iscrizioni della missione belga sono tuttora inedite, ma la loro pubblicazione non cambierà certamente il quadro dell'epigrafia nordarabica, poverissima di dati a eccezione di quelli onomastici.
Molto più interessanti, ma anche molto più incerti, sono i risultati raggiunti con lo studio di una parte dei graffiti rupestri raccolti dai Belgi. E. Anati ha creduto di poter individuare finora vari gruppi etnici vissuti nella penisola tra la fine del 4° e l'inizio del 1° millennio a.C., a livello di cacciatori e allevatori di bovini e ovini; la presenza di una popolazione etiopide ('a testa ovale') dal 3° al 1° millennio a.C. non solo si pone come un fatto del tutto inatteso, ma consente anche di spiegare alcuni dati biblici (la presenza di Cusciti in Arabia: Gen. 10,6-12) e fatti linguistici come l'elemento sud-semitico in una lingua nord-semitica come l'arabo.
L'analisi numismatica ha permesso d'individuare un organismo politico, il regno di Hagar, nell'A. settentrionale tra il 3° e il 2° secolo a.C.; questo intratteneva rapporti commerciali e politici con la regione di al-Ḥasa e in particolare con la città di Gerrha.
Bibl.: J. P. Mandaville, Thaj: a Pre-Islamic site in Northeastern Arabia, in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, 172 (1963), pp. 9-20; P. W. Lapp, Observations on the pottery of Thaj, ibid., pp. 20-2; P. J. Parr, Objects from Thaj in the British Museum, ibid., 176 (1964), pp. 20-8; E. Anati, Rock-Art in Central Arabia, voll. 1-2, Lovanio 1968; F. V. Winnett-W. L. Reed, Ancient records from North Arabia, Toronto 1970; E. Anati, Rock-Art in Central Arabia, voll. 3-4, Lovanio 1974; C. Robin, Monnaies provenantes de l'Arabie du nord-est, in Semitica, 24 (1974), pp. 83-125.