ARAGOSTA (Arigusta, Aligusta; dal lat. locusta; lat. scient. Palinurus vulgaris Latr.; fr. Langouste; sp. cangrejo de mar; ted. Languste, Heuschreckenkrebs; ingl. Common Spiny Lobster, Rock Lobster)
Questo crostaceo è noto dalla più remota antichità: Aristotele lo descrisse col nome di κάραβος, Plinio e gli scrittori latini lo chiamarono locusta, voce pure usata nel Medioevo e nella Rinascenza dal Belon al Rondelet, dall'Aldrovandi al Ruysch. Con l'istituzione della nomenclatura linneana, l'aragosta fu detta Cancer homarus da Pennant, Astacus homarus da Olivier e da altri, finché Latreille nel 1804, riferendola al genere Palinurus, istituito da Fabricio per altra specie, le diede il nome tuttora in uso di Palinurus vulgaris.
L'Aragosta appartiene al sottordine dei Decapodi Macruri e alla famiglia Palinuridae. Il corpo è robusto, quasi cilindrico, e può giungere a più di 50 centimetri di lunghezza; lo scudo ha le regioni gastrica, cardiaca e branchiale spinose; le corna frontali grandi, distanziate e dentate di sotto; il rostro piccolo lascia scoperto l'anello oculare. Nelle antennule i due flagelli multiarticolati sono assai brevi; nelle antenne il flagello è lungo e setoloso, gli articoli basali sono robusti e spinosi, e di essi il primo ha un organo che, quando è sfregato contro il rostro, produce un suono stridente. Anche dallo sfregamento degli anelli rugosi dell'addome, l'aragosta produce un suono acuto, se è catturata. I tergiti del 2°-5° anello addominale hanno un solco trasversale interrotto nel mezzo; la larga pinna codale è calcificata solo nella porzione prossimale. I periopodi sono ambulatorî, quelli del primo paio senza pinze e col propodite provvisto d'un forte rilievo dentiforme sul margine inferiore. Il colore è bruno violaceo, marezzato di giallo. Questa specie vive lungo le coste europee e africane dell'Oceano Atlantico, dalle isole britanniche fino al Senegal (var. mauritanica Gruvel); è anche comune nel Mediterraneo e nell'Adriatico. Frequenta le zone rocciose costiere, a 15-100 metri, ma può scendere a maggiore profondità.
È specie socievole; si nutre a preferenza di ricci e di molluschi bivalvi, che apre coi robusti dattili delle zampe anteriori. Nemico dell'aragosta è il polpo. Le uova numerose, piccole e di colore rosato, si vedono attaccate all'addome della femmina dall'agosto al principio dell'inverno (novembre) e in questo periodo sarebbe opportuno vietarne la pesca. Dall'uovo nasce una larva trasparente, foliacea, planctonica (Phyllosoma), cui segue dopo parecchie mute uno stadio pure natante detto Puerulus, e infine uno stadio postnatante, che per forma rammenta l'adulto. L'aragosta è oggetto di attiva pesca dovunque ed è fonte di lucroso commercio per le sue carni sia fresche sia conservate.
In Italia, oltre che sulle coste rocciose della penisola e delle isole, la pesca si effettua in Sardegna, specialmente a Carloforte, Alghero, Porto Torres, Castelsardo, Golfo degli Aranci, Maddalena, ecc., da dove ogni anno parecchie tonnellate di aragoste sono esportate sui mercati dell'Italia, della Spagna e della Francia. L'epoca della pesca va per lo più dal luglio all'ottobre; vi si adibiscono flottiglie di barche e golette-vivaio di maggior tonnellaggio - talora con motore ausiliario - attrezzate per lunga navigazione. Come mezzi di cattura si usano nasse innescate e tramagli di fondo e il prodotto della pesca viene conservato in cassoni-vivaio ancorati in mare.
Bibl.: H. Milne Edwards, Histoire naturelle des Crustacés, II, Parigi 1837; A. Gruvel, Contribution à l'étude générale systématique et économique des Palinuridae, in Ann. de l'Instit. Océan., III, Parigi 1912; R. Santucci, Lo stadio natante e la prima forma postnatante dell'Aragosta, in Memorie del R. Comitato Talass. Ital., CXXVII, Venezia 1926; id., La pesca dell'Aragosta in Sardegna, in Memorie del R. Com. Talass. It., CXXXVI, Venezia 1928.