arbitraggio
Comportamento che consente di trarre profitto da situazioni di incoerenza nel sistema dei prezzi o di differenziazioni regolamentari o fiscali fra entità istituzionali o territoriali. Comprende una vasta gamma di possibili applicazioni. La più semplice è legata all’esistenza di prezzi diversi per un unico bene su differenti mercati. L’arbitraggista compra il bene sul mercato dove il prezzo è più basso e lo rivende in quello dove è più alto, lucrando la differenza. La teoria economica tende a escludere il persistere di tali situazioni; sarebbe proprio l’attività degli arbitraggisti a eliminarle, aumentando la domanda dove il prezzo è minore e l’offerta dove è maggiore, generando così una tendenza al riequilibrio dei prezzi.
Al fine di creare ad arte beni equivalenti con prezzi diversi, gli arbitraggisti costruiscono, a partire da due titoli, A e C, esistenti sul mercato, un terzo titolo P come combinazione dei due (portafoglio di a.), in modo che replichi perfettamente le caratteristiche di un quarto titolo B. Il prezzo di P, che è la combinazione di quelli di A e di C, viene confrontato con il prezzo del suo equivalente B: se i due sono diversi, si compra il titolo con il prezzo minore e si vende quello con il prezzo maggiore. Questo ragionamento è alla base del modello Black-Scholes di prezzamento delle opzioni, dove A è un sottostante azionario, C è un’opzione call (➔ call option) su A, B è un buono localmente non rischioso, P è un portafoglio di A e C costruito in proporzioni tali da replicare B. Il prezzo di a. di C è quello che eguaglia i prezzi di P e di B e dunque esclude arbitraggi (arbitrage free). Naturalmente, il successo dell’arbitraggista è legato all’effettiva equivalenza fra P e B: se essa vale solo sulla carta, è possibile incorrere in gravi perdite. È quanto è stato sperimentato verso la fine del secolo scorso da un hedge fund (Long Term Capital Management, LTCM) che, operando sulla base della consulenza del premio Nobel R. Merton, si riteneva fosse al riparo da errori nella costruzione di portafogli di arbitraggio. Un imprevisto shock a una variabile che non era stata presa in considerazione compromise questa equivalenza e determinò una situazione fallimentare per il fondo, salvato poi da un massiccio intervento del Tesoro degli USA. Nei casi citati l’a. è del tipo deterministico, ovvero privo di rischio, almeno sulla carta. In altre circostanze, invece, l’a. è statistico, ovvero vale solo in media. Negli a. statistici, le attività con prezzi diversi sono molto simili ma non completamente equivalenti (sono equivalenti nelle aspettative); un esempio importante e sofisticato di tale tipo di a. è il modello dell’Arbitrage Pricing Theory (➔ APT).
A. su mercati a pronti e a termine. Si ha quando esiste un mercato a termine in cui il prezzo corrente del bene, aumentato degli interessi e delle eventuali spese di conservazione dello stesso (magazzinaggio, custodia, assicurazione) e diminuito degli introiti realizzabili nel periodo intermedio, è diverso dal prezzo a termine.
A. di volatilità. Si può realizzare tale a. quando la volatilità implicita in opzioni call o put (➔) con differente scadenza è diversa, assumendo posizione lunga sull’opzione con volatilità più bassa compensata da posizione corta su quella a volatilità alta. L’a. è deterministico se la volatilità è costante; diventa molto rischioso se si considerano modelli a volatilità variabile (in modo deterministico o addirittura aleatorio).
A. regolamentare. Utilizza le opportunità derivanti da previsioni regolamentari incoerenti per migliorare la combinazione rischio-rendimento dell’attivo di una banca o di una istituzione finanziaria. Un caso di rilievo è quello dei requisiti di capitale dell’accordo di Basilea II (➔ Basilea, accordi di). Esso consente agli operatori finanziari di costruire portafogli che, pur soddisfacendo formalmente i requisiti regolamentari, possono avere sia rischio sia rendimento atteso molto più alti di quelli dell’obiettivo della regolamentazione. Peraltro, il rischio di grosse perdite è in definitiva a carico della comunità e non dell’operatore, al contrario del beneficio del maggior rendimento atteso. Ciò fa aumentare il valore dell’istituzione finanziaria mediante sfruttamento di a. regolamentare.
A. di provvista. Legato all’opportunità di una banca o altra istituzione finanziaria di ricevere finanziamenti a condizioni vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Un sofisticato strumento per realizzare vantaggi di provvista è lo swap (➔).
A. fiscale. Opportunità di sfruttare regolamentazioni fiscali vantaggiose localizzando, per es., società nei paradisi fiscali o anche utilizzando bare fiscali (a. da fusione o da incorporazione, ➔ bad company).
A. di lavoro. Opportunità di localizzare attività produttive in sistemi caratterizzati da un rapporto costo del lavoro/produttività inferiore agli standard internazionali.
A. valutari. Opportunità derivanti da incoerenze nei tassi di cambio.
Modelli usati per descrivere l’evoluzione nel tempo dei tassi di interesse istantanei, che consentono di replicare perfettamente la struttura corrente dei rendimenti a scadenza (➔ interesse, struttura per scadenza dei tassi di). Tali modelli (➔ Ho-Lee, modello di; Hull-White, modello di) si contrappongono ai modelli di equilibrio (pionieristico quello di O. Vasicek), che invece consentono solo di approssimare tale struttura.