ARBOREA (e prima, a quanto sembra, Arbarea)
Nome che dal sec. XI in poi fu dato a uno dei quattro giudicati in cui era allora divisa la Sardegna. Lo costituirono essenzialmente le curatorie di Bonorzoli e Montagna (vescovado di Terralba), di Marmilla ed Usellos (vescovado di Usellos), di Valenza, Mandra Olisai, Fordongianus e Campidano (vescovado di S. Giusta) e di Simaghis, Milis, Barbagia Ololai, Gilciber (vescovado di Oristano); ma tali confini non erano forse gli originarî, perché parecchie terre della curatoria di Gilciber dipendevano dal vescovo di Ottana, suffraganeo dell'arcivescovo di Torres. Il più antico giudice di Arborea a noi noto è Mariano I di Zori, padre di Orzoccorre I che già pagava a Gregorio VII l'annuo censo di quattromila lire. Da costui, marito di Nivata, nacque probabilmente un Torbeno, padre di Orzoccorre II. Un altro Torbeno di Lacon o di Zori reggeva il giudicato nel 1122. Seguì un Costantino, e a questo il figlio Comita che, nel 1131, stringeva un trattato con Genova nella speranza di potersi fare, col suo aiuto, signore di tutta l'isola. Nel 1133 a lui era già subentrato il fratello Torbeno: più tardi seguì Orzoccorre III. Nel 1145, il giudicato era nelle mani di Barisone di Serra che cercò, ma invano, di unificare il dominio dell'isola (v. barisone). Alla sua morte la successione fu contesa fra Pietro I di Serra, natogli dalla prima moglie, e Ugone di Bas. nipote ex fratre della seconda, da lui associato al trono. Si finì col dividere fra loro l'amministrazione del giudicato. Poco più tardi l'Arborea fu attaccata ed in parte occupata da Guglielmo di Massa, giudice di Cagliari, chc spodestò da ultimo Pietro I.
Il matrimonio fra la figlia di Guglielmo e Barisone II di Serra, figlio di Pietro I, consentì, sembra, a quest'ultimo di raccogliere la successione del padre dopo i giudicati de facto di Comita e Costantino. Per l'immatura fine di Barisone II, l'Arborea tutta appare in potere di Pietro II, figlio di Ugone di Bas. La sua successione non è chiara. Dopo un Comita di Serra, che pur si dice visconte di Bas, si trova giudice Guglielmo (1255-1264), conte di Capraia, cittadino pisano, pretendente altresì ad una terza parte del giudicato di Cagliari. Nella minore età di suo figlio Nicolò tenne la reggenza Mariano II: ma la morte del pupillo (1274) commutò la reggenza in dominio, con esclusione del fratello minore di Nicolò, Guglielmo. Nello sfacelo degli altri tre giudicati, Mariano II seppe abilmente ampliare i confini del suo; il quale passò poi al figlio Giovanni (1299-1301) e al nipote Andrea I (308). Il giudicato fu quindi occupato da Mariano III, figlio naturale di Giovanni: e sotto lui si ebbero nuovi accrescimemi del giudicato a danno dei Malaspina. Ugo II, figlio di Mariano, combattuto dai Pisani, secondò gli sforzi fatti da Giacomo II, re d'Aragona, per tradurre in atto l'investitura della Sardegna accordatagli da Bonifacio VIII fm dal 1297; ed ebbe dal nuovo sovrano riconosciuto il vecchio giudicato e i nuovi acquisti. La sua politica fu in un primo tempo continuata da Pietro III (1326-1346). Ma, spentosi questo senza prole, le redini del giudicato passarono nelle mani di Mariano VI, il quale, anziché combattere per gli Aragonesi, combatté contro di essi per ristabilire l'indipendenza della Sardegna, mettendosi a capo di tutti i ribelli, compresi i Doria e i Malaspina, e impossessandosi con abili azioni di gran parte del Logudoro e della Gallura. La sua eredità politica fu raccolta, il 1376, dal figlio Ugone III, trucidato nel 1383 e poi dalla sorella Eleonora, ancora più di lui famosa, che, sposata a Brancaleone Doria, fino al 1404 sostenne vivacemente la lotta contro gli Aragonesi. Alla sua morte il marito cercò di conservare il trono al figlio Mariano V: ma gli Arborensi gli preferirono Guglielmo III, visconte di Narbona. La sconfitta di Sanluri portò, però, la caduta di questo e l'elezione di Leonardo Cubello, legato per parentela agli antichi giudici. Ma anche il Cubello non seppe resistere a lungo. Per metter fine all'assedio di Oristano, scese a patti con gli Aragonesi. Così fu spento l'ultimo dei giudicati sardi: la maggior parte delle sue terre passò nel feudo dei marchesi di Oristano e dei conti del Goceano.
Bibl.: E. Besta, Nuovi studi su l'origine, la storia e l'organizzazione dei giudicati sardi, in Arch. Stor. Ital., XXVII, i (1901); id., Sardegna medioevale, voll. 2, Palermo 1908-1909; A. Solmi, Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel medioevo, Cagliari 1917.
Carte di Arborea. - Furono e sono ancora così chiamati certi manoscritti cartacei o pergamenacei, contenenti pretesi cimelî della letteratura e della storia sarda dell'antichità e del Medioevo, che, pur essendo posti sul mercato in Cagliari, si dicevano derivati da Oristano. Sono circa una cinquantina, non tutti compresi nella silloge che, nel 1863, pubblicò Pietro Martini e nell'appendice aggiunta il 1865. La fiducia posta in essi dai primi editori ed illustratori fu scossa nel 1870 dai sospetti di falsificazione che su essi gettarono il Mommsen, il Dove, lo Jaffé, il Tobler. La disputa arse vivace tra i negatori e i difensori dell'autenticità, tra i quali specialmente notevoli Salvatore Angelo de Castro ed Ignazio Pillito, non forse disinteressati. Per quanto, spinti da motivi sentimentali, i difensori non manchino neppur oggi, la riabilitazione è impresa disperata. Specialmente decisiva fu la critica di Wendelin Foerster. Con ciò non si esclude che i codici di Arborea siano stati talvolta appoggiati a documenti autentici. Sotto l'aspetto paleografico, essi sono condannati dall'anormalità della scrittura, delle abbreviazioni, del materiale scrittorio, ecc.: sotto l'aspetto glottologico e letterario, dal frequente ricorso di forme anacronistiche. Sostanzialmente, li fa rigettare il contrasto fra il loro contenuto e quello dei documenti genuini, di cui i falsificatori ignoravano l'esistenza, e le relazioni d'interdipendenza con opere che dominavano la letteratura storica allorché si maturava l'impostura. Bisogna guardarsi non solo dalle dirette manifestazioni di questa, ma dall'influenza indiretta che esse hanno avuto, purtroppo, sulla letteratura isolana, specialmente fra il 1860 ed il 1900.
Bibl.: W. Foerster, Sulla questione della autenticità dei Codici di Arborea, in Memorie della Accademia reale delle Scienze di Torino, s. 2ª, LV (1905).