ARCA DELL'ALLEANZA (ebraico ărōn ha-bĕrīt)
Oggetto dell'antico culto ebraico, istituito, secondo l'Antico Testamento (Esodo, xxv, 10), da Mosè per volere divino.
L'A. accompagnò gli Ebrei durante la loro permanenza nel deserto e, quando le tribù israelitiche giunsero nella terra di Canaan, dopo un periodo di sosta a Ghilgal, ebbe stabile sede in Silo. Dopo varie vicende - fu persino catturata dai Filistei - fu portata da David da Kariat-iarim a Gerusalemme, sul Sion. Infine Salomone, dopo aver costruito il tempio, la depose nel dĕbīr, cioè nel Sancta Sanctorum (I Re, viii, 6). Nel tempio l'A. rimase alcuni secoli, e precisamente fino al 587 a. C., anno in cui la città e il tempio furono distrutti da Nabucodonosor. Da allora non se ne seppe più nulla: una leggenda (riportata in II Maccabei, ii, 1 ss.) parla di un trafugamento; comunque non risulta che l'A. fosse tra gli oggetti saccheggiati nel tempio e portati in Babilonia; probabilmente andò distrutta. Sono stati fatti vari tentativi di ricostruzione (Lesêtre, Dibelius, Gressmann, Parrot), ma la forma dell'A. rimane ben poco nota, perché le fonti letterarie che la descrivono sono insufficienti a darne un'immagine esatta ed i raffronti con monumenti affini di altre culture e altri ambienti religiosi sono affatto insoddisfacenti. Il problema si connette del resto con quello della funzione dell'A. e del suo significato religioso, e poiché su questo punto si è ancora nel campo delle ipotesi, sarà bene attenersi ai dati forniti dalla Bibbia stessa (Esodo, xxv, 10-22). L'A. è descritta come una cassa di legno rivestita d'oro dentro e fuori; un lato era lungo due cubiti e mezzo, gli altri due un cubito e mezzo l'uno (verosimilmente, m 1,12 × 0,67 × 0,67). In alto aveva un orlo a forma di ghirlanda, in basso quattro anelli per infilarvi le stanghe onde poter essere portata in processione; era chiusa da un coperchio (kappōret) al quale era connesso un particolare valore religioso ed ai cui lati erano saldati due cherubini; il tutto lavorato in oro. Sulla forma dei cherubini molto si è discusso: il testo biblico dice solo che le loro facce (umane o belluine?) erano rivolte verso il centro del coperchio in modo tale da sovrastarlo. L'A. fu posta da Salomone nel tempio, in mezzo a due giganteschi cherubini di legno rivestiti d'oro, alti 5 m, delle cui ali, lunghe 5 m ognuna, una toccava quella del cherubino di fronte, l'altra giungeva alla parete del dĕbīr (I Re, vi, 23-28; II Cronache, iii, 10-13).
Per un inquadramento storico-artistico dell'A. bisogna rifarsi principalmente all'arte egizia; un passaggio biblico (I Re, vi, 35), in cui a proposito dell'A. si parla di "cherubini, palme e fiori aperti", richiama molto da vicino i motivi dell'arte siro-palestinese ispirata ai modelli egiziani. È probabile che i cherubini fossero sfingi sul tipo di quelle che si vedono raffigurate a protezione del piccolo Horus. L'A. stessa ha i suoi corrispondenti in quelle cassette egiziane, costruite in materiale prezioso, che venivano poste dentro barche sacre e portate in processione. È però bene tener presente che anche in Mesopotamia si usava portare in processione le statue delle divinità assise su troni; non è perciò da escludere l'apporto dell'arte mesopotamica nella forma dell'Arca.
Per quanto concerne il significato religioso, dalle fonti bibliche appare chiaro che l'A. ne assunse diversi col volgere del tempo. Concepita inizialmente come trono di Yahweh (I Samuele, iv, 4; I Cronache, xiii, 6), fu quindi usata come palladio in situazioni belliche particolarmente gravi, quali l'assedio di Gerico e la battaglia di Afeq; più tardi prevalse per essa il carattere di ricettacolo delle tavole della Legge, che del resto vi erano conservate anche precedentemente (I Re, viii, 9; Deuteronomio, x, 1-5), e con tale funzione l'A. passò dal tempio alla sinagoga.
(G. Garbini)
Le raffigurazioni dell'A. nella pittura ebraica e paleocristiana non sono molto numerose. Le più antiche sono quelle che appaiono negli affreschi della sinagoga di Dura Europos, della metà del III sec. (245 d. C.). L'interno di quest'edificio, piuttosto povero ed appartato dal resto della città, era decorato con scene della Bibbia, dipinte e divise in registri; quello mediano comprendeva le storie dell'Arca. Sul muro N appare l'A., durante una battaglia, portata a spalle e sorvegliata da soldati e la scena rappresenta la conquista dell'A. da parte dei Filistei (I Sam., 4). La scena sul muro O mostra in primo piano a sinistra l'A. montata su un carro trascinato da due buoi. Il riquadro seguente raffigura il tempio di Gerusalemme, che Salomone aveva eretto come perpetuo custode dell'A.; segue poi la figurazione del clero di Aaron nella gloria del suo ufficio: il tempio è aperto e rivela nell'interno l'Arca. All'estremità O del muro S una scena frammentaria, con fanciulli che agitano rami ed accompaguano quattro uomini che portano lunghi bastoni sulle spalle, simili a quelli usati per portare l'A. nei riquadri corrispondenti del muro N, raffigura forse David che porta l'A. al monte Sion "con felicità" (II Sam., 6, 12 ss.) o il trasferimento dell'A. dal monte Sion al nuovo tempio.
L'A. è rappresentata in tre scene del Vecchio Testamento nei mosaici del V sec. di S. Maria Maggiore a Roma; portata a spalle da quattro leviti indossanti tunica con clavi. Nella sua figurazione solita a forma di cassa appare nel Rotulo di Giosuè della Biblioteca Vaticana.
(L. Rocchetti)
Bibl: H. Lesêtre, in Dictionnaire de la Bible, I, Parigi 1895, cc. 912-23; M. Dibelius, Die Lade Jahves, Gottinga 1906; R. Hartmann, Zelt und Lade, in Zeitschrift für Alttestamentliche Wissenschaft, XXXVII, 1918, pp. 209-44; H. Gressmann, Die Lade Jahves und das Allerheiligste des salomonischen Tempels, Berlino 1920; H. Schmidt, Keruben- Thron und Lade, in Eucharisteion Hermann Gunkel, Gottinga 1923, pp. 120-44; E. Klamroth, Lade und Tempel, Gütersloh 1932; H. G. May, The Ark - A Miniature Temple, in American Journal of Semitic Languages and Literatures, LII, 1936, pp. 215-34; O. Eissfeldt, Lade und Stierbild, in Zeitschrift für Alttestamentliche Wissenschaft, LVIII, 1940-41, pp. 190-215; A. Parrot, Le temple de Jerusalem, Neuchâtel 1954. Raffigurazioni. - Sinagoga di Dura Europos: The Excavations at D. E. Preliminary Report of Sixth Season of Works, October 1932-33, New Haven 1936, p. 349 ss. Mosaici di S. Maria Maggiore: J. Wilpert, Mosaiken, III, Friburgo 1917, tavv. 22, 23, 25. Rotulo di Giosuè: F. Franchi de' Cavalieri, Il rotolo di Giosuè, codice vaticano palatino greco 431, riprodotto in fototipia e fotocromia a cura della Biblioteca Vaticana, Milano 1906.
(G. Garbini - L. Rocchetti)