ARCA
Nel lat. medievale e nel volgare italiano la parola a. significa 'cassa', anche per uso domestico e, in senso generale, 'sarcofago'. La più recente accezione della parola ha mantenuto, tuttavia, l'accento su certo carattere monumentale (per es. le a. Scaligere a Verona), per divenire poi, prevalentemente, termine specifico per indicare le sepolture di santi e di beati. In questa sede se ne tratterà secondo questa ultima accezione.La tipologia base dell'a. è data da una cassa rialzata su sostegni, in forma di casa con tetto a spioventi: secondo questo schema venne infatti rappresentata la tomba di s. Severino, in un capitello del sec. 12° nella chiesa di Saint-Seurin a Bordeaux; anche Gentile da Fabriano, in una predella del polittico Quaratesi (Washington, Nat. Gall. of Art), ripeté lo stesso schema per raffigurare la tomba di s. Nicola, sebbene questa nella realtà avesse invece tutt'altra forma. La differenza tra a. e scrigno, più che sulle maggiori dimensioni della prima rispetto al secondo, si basa sul fatto che, mentre per quanto riguarda lo scrigno la cassa lignea contenente le ossa è avvolta da una copertura in metallo riccamente lavorata, nel caso dell'a. la cassa viene inserita in un sarcofago di pietra o in una struttura monumentale o, più esattamente, sostituita da essa. Al contrario dell'a., inoltre, lo scrigno mantiene le sue caratteristiche di mobilità, sebbene sia comune a entrambi nel tardo sec. 12° e nel 13° una tendenza alla sopraelevazione corrispondente a un crescente bisogno di monumentalità: mentre però nel caso dello scrigno tale effetto si ottenne con un innalzamento su di un piano posto dietro l'altare, un simile nesso non risulta essere stato altrettanto vincolante nel caso dell'arca. Tuttavia la differenza di significato tra a. e scrigno non viene di norma rispettata neanche dalla terminologia corrente (per es. a Genova, a. delle ceneri del Battista, cattedrale e a. del Barbarossa, Mus. del Tesoro di S. Lorenzo).A una fase che precede lo sviluppo delle a. come monumenti funebri - tra i secc. 8° e 11° - corrisponde la deposizione o il trasferimento dei corpi, in seguito all'esumazione, in un sarcofago a terra (in Italia nella maggioranza dei casi si trattò di reimpiego di pezzi antichi): per es. la tomba di Teodechilde nell'abbazia di Jouarre intorno al 700, quella di s. Anastasia nell'abbazia di S. Maria in Sylvis a Sesto al Réghena (Pordenone; sec. 7°-8°); quella di s. Giovenale nel duomo di Narni (sec. 8°-9°); quella di s. Felice nel S. Felice di Giano (Perugia, sec. 9°); quella di Eugenia e Claudia nella chiesa dei Ss. Apostoli a Roma.I motivi che concorsero al costituirsi dell'a. come monumento funebre sono da ricercare da un lato nella rivalutazione teologica del corpo umano inteso, anche nella sua esistenza nell'aldilà, come indivisibile (Tommaso d'Aquino, Summa theol., III, suppl., q. LXXXII, 1), dall'altro nel culto dei santi 'moderni', il cui ricordo era ancora molto vivo; dovette avere inoltre un certo peso l'esempio dell'Antichit'a pagana e cristiana.Tuttavia, anche con la costruzione di tombe monumentali per santi 'moderni', fatti oggetto di particolare culto, la testa del santo veniva spesso separata dal corpo per poi essere custodita in appositi reliquiari. Le motivazioni di questo processo sono esemplarmente evidenti nel caso di un'opera chiave come l'a. di s. Domenico a Bologna, per la costruzione della quale venne chiamato nel 1265-1267 Nicola Pisano. L'artista, che già in precedenza aveva arricchito, caricandoli di nuovo significato, l'impianto e l'iconografia tradizionale di un 'oggetto' liturgico come il pulpito, fece altrettanto anche per l'a. del santo, morto nel 1221. In occasione della sua consacrazione, il vescovo Bartolomeo delle Breganze, durante la predica, sottolineò che "primus fuit lateritius, secundus saxaeus sed non celatus, tertius marmoreus et celatus" confrontando le "Patris nostri gesta et opera gloriosa" raffigurate, con quelle nefande rappresentate invece sulle tombe dei tyranni (Berthier, 1895).Importanti quesiti rimangono ciò non di meno ancora insoluti, non solo per via delle scarse ricerche sull'argomento o delle condizioni dei monumenti spesso profondamente modificati o distrutti, ma anche a causa del frequente mancato utilizzo di precise definizioni dell'oggetto, come già risulta chiaro dal punto di vista filologico laddove per a. e scrigno si può anche trovare il termine feretrum, oppure semplicemente sepulcrum o tumulus. Così rimangono ancora indefiniti sia il problema del rapporto tra a. e altare e della loro reciproca posizione - sicuramente si preferiva la zona presso l'altare maggiore o la collocazione al centro di un ambiente specificamente dedicatole - sia la questione relativa alla necessità di stabilire fino a che punto la ricerca della salvezza possa esser posta in collegamento con lo sviluppo di questo tipo di sepoltura. In ogni caso numerose testimonianze, ricavate dai processi di canonizzazione di santi, forniscono materiale eloquente sull'argomento. Anche la sopraelevazione della tomba può essere considerata come il risultato della normale evoluzione dei tempi, sebbene sia stata interpretata, in fase di storicizzazione, come privilegio esclusivo assegnato alle tombe dei santi: per tale ragione, per es., Carlo Borromeo (1538-1584) fece rimuovere corpi di laici, sepolti in tombe sopraelevate, facendoli poi riseppellire a terra.La creazione di nuovi e sempre più complessi tipi di sepoltura è da attribuire anche al desiderio di perpetuare nel tempo un culto che così veniva in qualche modo anticipato nel presente: è il caso, per es., della tomba della regina Margherita di Brabante, consorte dell'imperatore Arrigo VII (m. 1311), realizzata da Giovanni Pisano fra il 1313 e il 1314 nella chiesa di S. Francesco in Castelletto a Genova; probabilmente di quella di papa Clemente IV (m. 1268) nella chiesa di S. Maria in Gradi a Viterbo, opera di Pietro da Oderisio tra il 1268 e il 1271; sicuramente di quella di s. Tommaso di Cantelupe (m. 1282) nel transetto della cattedrale di Hereford.In un primo tempo, nei secc. 12° e 13°, alcuni esempi di a. possono definirsi come rielaborazioni in pietra di scrigni in metallo: la sepoltura della santa eponima nella chiesa di Sainte-Magnance (Yonne) e quella dei Ss. Sergio e Bacco, oggi a Verona (Mus. di Castelvecchio, Civ. Mus. d'Arte), entrambe della fine del sec. 12°; del beato Stefano di Obazine, nell'abbazia di Obazine (presso Limoges), del 1279.Il più antico monumento ancora conservato corrispondente al nostro concetto di a. è quello dei martiri del sec. 4° Vincenzo, Sabina e Cristeta, nella chiesa di San Vicente ad Ávila, risalente alla seconda metà del 12° secolo. Si tratta di una 'basilica' su sostegni, decorata con scene a rilievo, raffiguranti sui lati lunghi la vita dei santi e sui lati brevi il Cristo apocalittico e l'Adorazione dei Magi; quando non era ancora del tutto terminato, il monumento venne arricchito da un baldacchino destinato ad accentuarne l'altezza e, in seguito, protetto da una cancellata.In Spagna il termine a. sembra riservato alle cassettereliquiario oppure agli scrigni (per es. Oviedo, Astorga, León), mentre per le sepolture dei santi non si sviluppò nessuna tipologia precisa. Alcuni esempi: tomba di s. Raimondo nella cattedrale di Roda de Isabena (Aragona); di s. Domenico della Calzada nella chiesa a lui dedicata (Rioja); del beato Mirò in San Juan de las Abadesas (presso Gerona, 1345); di Raimondo di Penyafort e Olegario nel duomo di Barcellona; di s. Adelelmo (Lesmes) e s. Giovanni di Ortega nelle chiese a loro dedicate di Burgos; di s. Eulalia, forse di manifattura pisana, nella cattedrale di Barcellona (1327-1339).In Francia e in Germania si assiste, viceversa, a un uso preponderante dello scrigno in metallo, il quale dalla metà del sec. 12° alla metà del 13° ebbe, soprattutto nella regione della Mosa e del Reno, la sua maggiore diffusione. Per la principessa Elisabetta di Turingia (o di Ungheria; m. 1231) venne costruito, tra il sec. 13° e il 14°, nella chiesa a lei dedicata a Marburgo, un complesso insieme, costituito da tomba, scrigno, altare, baldacchino e cancello (esumazione del corpo nel 1236). La tomba di s. Colmano (m. 1012), voluta dal duca Rodolfo IV nel 1362, nell'abbazia di Melk (Austria inferiore), corrisponde a una tomba principesca a baldacchino. Nella chiesa di St. Sebald a Norimberga lo scrigno del santo eponimo (realizzato nel 1397) ancora tra il 1508 e il 1519 venne elevato grazie a una struttura in metallo dalle forme gotiche, realizzata da Peter Vischer il Vecchio, decorata e arricchita con scene tratte dalla vita del santo.Accanto a questo schema rimase in uso anche la lastra terragna o di poco rialzata riproducente la figura del giacente: per es. le tombe di s. Isarno nel duomo vecchio di Marsiglia (sec. 12°), di s. Memmio nella chiesa di Saint-Memmie (presso Châlons-sur-Marne) del sec. 12°, di s. Osanna a Jouarre (intorno al 1280), del re Luigi IX di Francia nel 1282 a Saint-Denis, di s. Utto di Metten (sec. 14°) nell'abbazia bavarese da lui fondata.Anche i monumenti in pietra inglesi - i più vicini alle a. italiane - servirono prevalentemente come base per gli scrigni (shrine bases). D'importanza determinante in questo ambito la costruzione della perduta a. per il martire Tommaso Becket (m. 1170) nella cattedrale di Canterbury, i lavori della quale si protrassero attraverso diverse fasi dal 1220 al 1263; il suo aspetto non è tuttavia ricostruibile sulla scorta delle fonti iconografiche a disposizione. In concorrenza con detto monumento, Enrico III fece costruire un'a. per il re Edoardo il Confessore (m. 1066) nell'abbazia di Westminster, luogo di sepoltura della famiglia reale. A questa si aggiunsero numerosi altri esempi tra il 1270 e il 1350, tutti ispirati allo stesso schema a tomba chiusa con piano superiore aperto ad arco: tombe di s. Fridesvida nella cattedrale di Oxford nel 1269-1289, di s. Tommaso di Cantelupe a Hereford nel 1287, di s. Vereburga nella cattedrale di Chester (Cheshire) nel 1340, di s. Cutberto in quella di Durham nel 1372.Il fatto che la definizione specifica del termine a. trovi riscontro solo in Italia, testimonia il particolare significato che questa tipologia assunse nel paese. Risalente soprattutto alla prima metà del sec. 14°, la maggior parte dei monumenti appare comunque costruita in ragione di due motivazioni fondamentali come la concorrenza e l'emulazione. Si poteva trattare di emulazione all'interno di una stessa città (Volterra, Forlì, Camerino, Pavia, Faenza, Aquila, Cremona), di concorrenza tra gli Ordini mendicanti in una stessa città (Siena e Roma), di concorrenza fra due città (Treviso-Padova, Udine-Aquileia) o, infine, di concomitanza di entrambi i fattori (Domenicani a Milano e Agostiniani a Pavia). Accanto agli Ordini religiosi anche le amministrazioni cittadine - sia comunali sia signorili - giocarono un ruolo importante nella costruzione dei monumenti.La serie degli esempi più significativi dal punto di vista storico-artistico ha inizio con il citato monumento funebre di s. Domenico (Bologna, S. Domenico) composto da un sarcofago decorato con scene tratte dalla vita del santo e poggiante su sostegni figurati. Quando ca. settanta anni più tardi, i Domenicani commissionarono a Giovanni di Balduccio l'a. di s. Pietro martire (1334-1339) per la chiesa di S. Eustorgio a Milano, essi si ispirarono espressamente a quel modello, "simile in forma et materia".A questi seguirono il monumento dedicato a s. Agostino in S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia (concluso nel 1352) e quello a s. Margherita d'Ungheria (m. 1270), figlia del re Béla IV (1206-1270), nell'isola che porta il nome della santa, sul Danubio presso Budapest (1340 ca., oggi frammentario).Gli altri esempi più importanti, anche di qualche tempo posteriori rispetto all'a. di s. Domenico, sembrano essere - in una prima fase - relativamente indipendenti l'uno dall'altro: innanzi tutto la tomba, su colonne, ancora di un domenicano, il beato Ambrogio Sansedoni (m. 1287), nella chiesa dell'Ordine a Siena; quella del santo protettore della città di Pisa, Ranieri, all'interno del duomo (probabilmente realizzata nel 1306 da Tino di Camaino e posta sopra l'altare); quella di s. Margherita da Cortona (m. 1297) all'interno del santuario a lei dedicato a Cortona, opera (1315 ca.) di Gano da Siena, composta da altare, bara in legno contenuta in un loculo chiuso, sarcofago su mensole, camera e baldacchino sovrapposti; quella del beato Enrico da Bolzano (m. 1315) costituita da un sarcofago decorato a figure isolate poggiante su colonne (Treviso, oratorio del beato Enrico); quella del beato Agostino Novello (m. 1309), nella chiesa degli Agostiniani a Siena, realizzata intorno al 1319 (l'a., oggi smembrata, è costituita da sarcofago in legno dipinto, altare e dossale dipinto da Simone Martini); quella dell'eremita e vescovo Cerbone (sec. 6°; Massa Marittima, duomo) realizzata nel 1324 da Goro di Gregorio e costituita da uno scrigno in marmo di grandi dimensioni posto sotto l'altare e decorato con scene della vita del santo.Vanno ancora menzionati alcuni monumenti appartenenti al sec. 14°: il sarcofago del beato Bertrando di Saint-Geniès, patriarca di Aquileia, nel duomo di Udine, da lui stesso commissionato per le reliquie dei ss. Ermagora e Fortunato; quello di s. Isidoro voluto dal doge Andrea Dandolo per la sua cappella nella chiesa di S. Marco a Venezia (1348-1355); quello di s. Pier Damiani nella chiesa di S. Maria foris Portam a Faenza (1354). È da considerarsi invece come eccezionale la realizzazione, nel 1263, di un sarcofago su colonne, riccamente decorato, dedicato al santo francescano Antonio da Padova (m. 1231) nella chiesa ivi costruita in sua memoria poco dopo la morte. Spetta infatti ai Domenicani il merito di aver diffuso l'uso dell'a. come monumento funebre, mentre i Francescani sembrano aver preferito le sepolture a terra con decorazioni pittoriche sulle pareti circostanti, coerentemente con l'esempio della tomba del santo fondatore ad Assisi. Questo modello sembra aver avuto una grande diffusione in Umbria e nelle Marche anche al di fuori dell'Ordine, come tra l'altro dimostra il caso dell'agostiniano Nicola da Tolentino nella chiesa a lui ivi dedicata. Nella stessa zona sono inoltre rimasti esempi molto interessanti di sarcofagi in legno dipinto dedicati a due sante agostiniane, Chiara da Montefalco (m. 1308) e Rita da Cascia (m. 1447), conservati nelle rispettive città natali; le prime francescane invece, per es. s. Chiara, furono sepolte molto più semplicemente.È da sottolineare inoltre la mancanza di questo tipo di monumenti in grandi centri come Firenze, Roma o Napoli, sebbene nel caso di Roma il grande ciborio-reliquiario consacrato da Urbano V nel 1370 all'interno della basilica lateranense (cui fa da precedente il tabernacolo dei Capocci in S. Maria Maggiore, del 1256) assuma il ruolo di un'a.; ciò trova conferma nel fatto che esso poté rappresentare il modello per l'a. di s. Eleazaro di Sabran, padrino dello stesso Urbano, un tempo conservata nella chiesa dei Frati Minori di Apt (Valchiusa) e ora distrutta. Nel primo Rinascimento il tipo di a. semplice, diffusosi nel corso del Medioevo, ebbe ancora vasto seguito, soprattutto nell'opera dell'Amadeo e della sua cerchia (per es. s. Lanfranco nella chiesa del Santo Sepolcro a Pavia).
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