ARCADIA (A. T., 82-83)
Provincia (nomo) del Peloponneso (Grecia), che ne occupa tutto il centro e un tratto della costa orientale; misura 3690 kmq. di superficie e conta una popolazione di circa 155.000 abitanti (42 per kmq.). È situata fra le provincie (nomoi) di Acaia e Elide, Argolide e Corinzia, Laconia e Messenia. È suddivisa in quattro eparchie o circondarî (di Gortinia, Mantinea, Cinuria e Megalopoli). La regione abbraccia essenzialmente il centro del Peloponneso, e quindi un paese montuoso, con un clima aspro e poco adatto all'agricoltura; gli abitanti sono per la maggior parte pastori. L'eparchia di Cinuria, la sola che è bagnata dal mare, offre belle e fertili vallate e possiede qualche porto mediocre. Nel cuore della regione solamente v'è la piccola pianura di Tegea, fertile di grano e di vigne, sul ciglio della quale è situata la capitale della provincia, Tripoli di Arcadia (o Tripolizza, secondo la denominazione slava: m. 663 s. m., 14.000 abitanti), così chiamata per ricordare che essa è stata fondata, al principio della dominazione turca, nel mezzo del territorio anticamente spartito fra tre importanti città, Mantinea, Tegea e Pallantio.
Oltre che dalla strada ferrata, la pianura di Tegea è traversata dal piccolo tratto della strada carrozzabile che conduce a Sparta, passando presso alle rovine di Tegea e alla bella chiesa bizantina (restaurata) di Paleo-Episcopi, resto della città bizantina di Nikli e fondata sopra un edificio antico, probabilmente un teatro; è traversata inoltre da diverse mulattiere, cioè l'antica strada di Sparta e le strade che conducono ad Argo e alle fiorenti borgate di Castrì e Hȧg. Pétros, in un paesaggio ameno, abitato da contadini, in gran parte carbonai e vignaioli. Il confine con l'Argolide è dato dalla barriera del monte Artemisio e dal massiccio del Partenio.
La parte meridionale del territorio dell'Arcadia è attraversata da una ferrovia che congiunge il capoluogo con le vallate dell'Alfeo e dell'Elissone, arrivando a Megalopoli, piccola città moderna con circa 1.500 abitanti, costruita presso ai resti dell'antica città greca e capoluogo dell'eparchia omonima; sui confini con la Laconia si ergono le prime pendici dell'imponente catena del Taigeto. Sui confini con l'Elide, a nord delle rovine di Licosura, quelle del Liceo.
Nella parte occidentale e montuosa dell'Arcadia, l'arteria principale è la strada carrozzabile che da -rripoli conduce a Dēmētsána Karýtaina e Andrítsaina; da Karýtaina si stacca un altro tronco che riunisce questa località con Megalopoli. La strada di Dēmētsána fa un grande arco verso nord, risalendo il corso dell'Elissone sui pendii del Menalo, fino a raggiungere il pittoresco villaggio di Vytína: si è qui nel cuore del vero paesaggio arcadico, tutto circondato dai profili maestosi di aspri monti, le cui vette più alte raggiungono quasi i 2.000 metri, e coronato di folti boschi di abeti; questo villaggio, situato a 1000 metri di altezza e in un clima salubre, è divenuto negli ultimi anni ricercato luogo di cura e di villeggiatura, ed è sede della principale scuola di arboricoltura della Grecia. Un sentiero conduce verso nord da Vytína a Levídi, grossa borgata di quasi 3000 ab., situata forse sul posto dell'antica Elimia; essa domina la stretta e profonda vallata di Orcomeno d'Arcadia, da una parte, e dall'altra la pianura paludosa di Mantinea.
Dēmētsána, collocata in una posizione meravigliosa sulle pendici e ai piedi d'un alto colle (m. 958) che porta rovine antiche e medievali, è una cittadina di poco più di 2000 abitanti, famosa per una scuola e per una ricca e frequentata biblioteca, molto rinomata durante la dominazione turca, riorganizzata nel 1764 dal sapiente Agapios, nonché per la parte che ha avuto durante le guerre dell'Indipendenza. Nella scuola odierna v'è una piccola collezione archeologica. Karýtaina, cittadina anche più piccola (di poco più di 1000 abitanti), offre tuttavia una visione di rara bellezza e un vivo ricordo della Grecia feudale; fondata sulla vetta di un colle inaccessibile da tre parti e dominante l'alto corso dell'Alfeo è rinforzata da un castello costruito al principio del sec. XIII da Goffredo I di Villehardouin che governava la Morea in nome di Guglielmo di Champlitte. Dopo la caduta del dominio franco il castello perdette della sua importanza; durante le guerre dell'indipendenza greca Kolokotronis ne fece suo presidio, tanto valido e imponente che Ibrahim Pascià non osò assalirvelo. Assai notevoli sono i resti ben conservati del suo castello, del palazzo e della cisterna entro ad esso, e delle antiche chiesette bizantine della città fra cui quella della Vergine, del sec. XI.
Da Dēmētsána un valico, attraverso al grosso villaggio di Langadia, conduce oltre ai monti dell'Acaia a Kalévryta; le montagne dell'estremo angolo NO. dell'Arcadia sono tagliate dalle vallate dei più grandi affluenti dell'Alfeo, quali il Rouphiãs e il Doàna, mentre le pendici delle più imponenti catene montuose del Peloponneso, dell'Or. Olenos, del Khelmõs e dell'Or. Zēria, formano il confine settentrionale. Nell'altipiano dell'Arcadia sono molto sviluppati i fenomeni carsici, e gran parte delle sue acque vengono inghiottite dalle numerose katavothre.
Storia.
L'età greco-romana. - Nell'antichità, le città principali dell'Arcadia erano Clitore, Feneo, Stinfalo a nord; Psofi, Telpusa, Orcomeno ed Erea nella linea occidentale da nord a sud; Mantinea e Tegea ad oriente. Megalopoli sorse nel 369 in seguito all'invasione di Epaminonda nel Peloponneso. Gli Arcadi un tempo forse giungevano sino al mare, e ne è prova il fatto che a Cipro si parlava un dialetto arcadico. L'Arcadia fu tagliata fuori dal mare con l'invasione dei popoli cosiddetti dorici, i quali trovarono un ostacolo al loro espandersi nella natura alpestre della regione. Infatti il dialetto arcadico mostra una notevole affinità coi dialetti della Tessaglia e con quelli eolici dell'Asia Minore. Gli Arcadi si ritenevano autoctoni, e, dando all'idea di autoctonia un valore relativo, a ragione. Così quando all'idea di Pelasgi si congiunse l'idea di autoctonia, gli Arcadi si ritennero essi Pelasgi. Infatti Arcadi Pelasgi sono chiamati da Erodoto (I, 246); quantunque oggi si ritenga che la popolazione pelasgica fu cacciata dal popolo (compresi gli Arcadi) che portava nel periodo storico un nome diverso.
Nel catalogo omerico delle navi (Iliade, II, 605) sono nominate le città di Feneo, Orcomeno, Ripe, Stratia, Enispe, Tegea, Mantinea, Stinfalo e Parrasia. Ripe, Stratia ed Enispe perdettero col tempo ogni importanza e forse l'autonomia. In Arcadia la vita cittadina cominciò a svilupparsi nelle città poste nel piano: specialmente Tegea fece dei suoi villaggi una sola città, per resistere agli assalti di Sparta, i cui tentativi di conquista nella prima metà del sec. Vl furono felicemente frustrati. Mantinea ne seguì l'esempio. La monarchia vi durò almeno fino al sec. VI a. C.; più tardi anche le città arcadiche hanno la forma di governo repubblicano, e non è improbabile che siano state rovesciate per opera di Sparta. La prima città con cui Sparta entrò in conflitto fu naturalmente Tegea, posta quasi ai suoi confini, e solo sotto i re Anassandrida e Aristone, cioè nella seconda metà del sec. VI, gli Spartani poterono avere ragione di Tegea. Di conquista non si può parlare, ma Tegea dovette aderire alla Lega spartana. Nondimeno l'Arcadia in qualche momento seppe unirsi, come mostrano le monete con la leggenda: "Degli Arcadi"; ma la compagine era troppo poco cementata, e il particolarismo trionfò: nella metà del sec. VI fiorì molto Mantinea, e la sua costituzione sembrò perfetta: tanto è vero che fu chiamato a Cirene Demonatte di Mantinea per dare una costituzione rispondente alle esigenze di quel tempo.
Il re Cleomene II, secondo una tradizione a lui non favorevole, avrebbe avuto per un momento il pensiero di servirsi delle popolazioni arcadiche per introdurre chi sa quali novità nel governo di Sparta, ma tale proposito rimase senza attuazione. Troviamo alle Termopili, nell'esercito spartano capitanato da Leonida nel 480 a. C., Tegeati, Mantineesi, Orcomenî e altri Arcadi. L'anno seguente alla battaglia di Platea vi erano solo Tegeati e Orcomenî, i Mantineesi giunsero tardi e forse anche gli altri Arcadi. Vi fu una insurrezione degli Arcadi, tranne Mantinea, contro Sparta; insurrezione capitanata da Tegea, meno di un decennio dopo le guerre persiane, ma che venne fiaccata a Dipea. Nel seguente periodo troviamo in strette relazioni amichevoli Sparta con Tegea e Mantinea; e queste per un tempo non molto breve, fino alla vigilia della guerra del Peloponneso, guerreggiarono tra loro. Dopo la pace di Nicia, abbiamo un periodo di ostilità tra Sparta e Mantinea che culminò in una lega stretta tra Argo e Martinea e l'Elide con l'intervento anche di Atene per opera d'Alcibiade (419-8).
In seguito alla battaglia di Mantinea, l'Arcadia ritornò sotto l'egemonia di Sparta e s'instaurarono governi aristocratici, tranne che in Figalia. Mantinea, che aveva stretto nel 417 un trattato d'alleanza con Sparta, avendo dimostrato nella guerra di Corinto (395-386) poco zelo per l'alleata e simpatia per gli avversarî, dopo la pace d'Antalcida (387-386) ebbe l'intimazione di demolire le mura, e, avendo resistito, dovette cedere alla forza, ché il suo territorio fu invaso dal re spartano Agesipolide.
In seguito al disastro spartano di Leuttra (371), si determinò in Arcadia, specialmente per opera di Mantinea, umiliata quattordici anni innanzi da Sparta, una corrente spiccatamente antilaconica. Mantinea si ricostituì a città, e, per opera soprattutto di Licomede, appoggiato da un corpo di truppe tebane mandate da Pammene, si portò a mezzogiorno del fiume Elissone (oggi Varvatrena): fu fondata Megalopoli (368/1) col concorso delle città di Clitore, Tegea e Mantinea, dei Menalî e Parrasî. I cittadini tutti si riunivano in assemblea, e dal loro numero erano chiamati i diecimila (μύριοι), e l'assemblea aveva a disposizione una truppa di 5000 uomini, chiamati epariti o eparoeti. Ogni città dava un certo numero di alti magistrati, damiorgi, che ci sono noti da un documento epigrafico riguardante, secondo alcuni, la lega ricostituita da Filippo dopo la battaglia di Cheronea. Per opera di Licomede stesso, questa lega cercò di emanciparsi dalla soggezione di Tebe, e a questo scopo egli intavolò trattative con Atene, ma fu ucciso al ritorno dalla sua missione. Le discordie ricominciarono. Allora una parte dell'Arcadia, con Mantinea a capo, patrocinò un'alleanza con Atene e altri alleati; Megalopoli e altri Arcadi tennero fede all'alleanza di Tebe. Dopo la battaglia di Mantinea (362-361), vi furono altri torbidi, e molti cittadini di Megalopoli volevano tornare alle antiche sedi, ma ne furono impediti da Pammene tebano. Più tardi si parlò solo di lotte contro Megalopoli, che certo era a capo di una notevole parte dell'Arcadia, sostenuta contro gli assalti di Archidamo, figlio di Agesilao, da Argo, Sicione e Tebe. Finalmentte Megalopoli trovò appoggio sicuro in Filippo di Macedonia, il quale, secondo una ricostruzione moderna, dopo la battaglia di Cheronea avrebbe ricostituita la federazione ariadica come contrappeso a Sparta: sono nominati nel documento che l'attesta i damiorgi di Tegea, dei Menalî, dei Lepreati, di Megalopoli, di Mantinea, della Cinuria, d'Orcomeno, di Clitore di Erea e di Telpusa. Sciolta (se era stata veramente ricostituita) la lega per ordine di Alessandro, non si ricostituì più la lega arcadica, ma ogni città ebbe vita autonoma. Nel 331 le città dell'Arcadia, tranne Megalopoli, si unirono a Sparta (v. agide 111). Durante il periodo agitato per le lotte tra Cassandro figlio di Antipatro e Polipterconte destinato dallo stesso Antipatro alla sua successione, l'Arcadia fu teatro di continue guerre. Poliperconte, dopo aver lasciato il figlio Alessandro al Pireo per tentare l'espugnazione di Atene, si diresse verso il Peloponneso, e stabilì dovunque governi democratici, ma Megalopoli gli resistette, ed egli dovette rinunciare a prenderla d'assalto. L'opera d'assedio non fu più fortunata, e la piega presa dalle faccende d'Asia impedì a Poliperconte di rimediare a quest'insuccesso. Anche gli altri vantaggi riportati da Poliperconte andarono presto perduti. Cassandro nel 317 assediò Tegea, ma avendo dovuto interrompere l'assedio in seguito alla notizia dell'invasione di Olimpiade in Macedonia, dove ella aveva ucciso Arrideo ed Euridice, venne coi Tegeati a trattative, delle quali s'ignorano i particolari, e si recò in Macedonia. Poi, dopo avervi affermato la sua potenza, tornò di nuovo nel Peloponneso, sottomise Stinfalo e Orcomeno, e con la pace del 311 gli fu riconosciuto il dominio di tutto il Peloponneso. Ma nel 303, apparendo nel Peloponneso Demetrio Poliorcete, tutta l'Arcadia passò a lui, tranne Mantinea. Dopo la battaglia d'Ipso nel 301 a. C., l'Arcadia andò perduta per Demetrio, e alla distanza di quattro anni, essendo morto Cassandro, il quale aveva affermato una certa egemonia sull'Arcadia, questa si ridusse assolutamente autonoma. Antigono Gonata, rimasto incontrastato signore della Macedonia nel 276, ristabilì in Arcadia il suo dominio, e quando, un decennio dopo, per i maneggi di Areo II, re di Sparta della stirpe degli Agiadi, Tolomeo Filadelfo cercò di sollevare tutta la Grecia contro Antigono Gonata, Megalopoli seguì le parti della Macedonia, mentre Tegea, Mantinea, Orcomeno, Figalia e Cafie insieme con Atene, con l'Elide e con Creta seguirono la parte avversaria. Terminata la guerra, cosiddetta cremonidea, da Cremonide autore in Atene della proposta dell'alleanza con l'Egitto e con Sparta, infelicemente per la coalizione, a Megalopoli col favore di Antigono si feLe tiranno Aristodemo, e in altre città dell'Arcadia dovettero stabilirsi altre tirannidi. Morì Aristodemo di morte violenta, e dopo lui, forse fin dal 244 Lidiada si fece tiranno di Megalopoli. Ma egli depose la tirannide con Aristomaco di Argo per entrare nella lega achea, ponendo così fine all'egemonia macedonica sul Peloponneso.
Così le città dell'Arcadia vennero a far parte della grande compagine della lega achea, ma il vincolo era troppo debole, e quando Cleomene III volle estendere il dominio di Sparta su tutto il Peloponneso, la lega achea si sgretolava per la defezione di molte città arcadiche, che passarono alla lega etolica, come Tegea, Figalia, Mantinea, Orcomeno. Avendo Arato di Sicione invocato l'aiuto della Macedonia, sul cui trono era il re reggente Antigono Dosone, Cleomene fu disfatto a Sellasia nel 222. Dopo la morte di Antigono Dosone, seguita alla pace generale del 221, gli Etoli cominciarono a molestare la lega achea: devastarono Lusoi, sottomisero Cineta, presero Gortina nel territorio di Telpusa; e per di più il re spartano euripontida Licurgo assaltava l'Arcadia dalla parte d'oriente. Come contro Cleomene si era invocato l'aiuto di Antigono Dosone, così contro gli Etoli tutta la Grecia da essi molestata si raggruppò intorno al giovane re Filippo V, il quale dopo quattro anni di guerra debellò gli Etoli, e nella pace del 217 (al tempo della battaglia del Trasimeno) pose un presidio ad Erea sul fiume Alfeo e ad Alifera al sud. Sulla Trifilia, regione a sud dell'Elide, pose un suo commissario (epimeleta). Sparta era instancabile nel perseguitare la lega achea e nel 207 (o 206) Macanida, tiranno di Sparta, cadde a Nantinea sconfitto dagli Achei comandati da Filopemene di Megalopoli.
Nel terzo anno della seconda guerra tra Roma e la Macedonia (198), gli Achei aderirono all'alleanza romana, il che produsse molto malcontento in alcune città della lega, come Argo e Megalopoli: la prima defezionò, la seconda si contentò d'una protesta. Dopo la sistemazione della Grecia per opera di Flaminino, che nel 197 avev9 vinto a Cinoscefale in Tessaglia, e nel 196 aveva proclamato la libertà della Grecia, le truppe romane nel 194 lasciarono l'Oriente. Allora sembrò potersi ricostituire una lega arcadica composta di Tegea, Orcomeno, Alea, Stinfalo, Feneo, Cineta, Lusoi, Clitore, Psofi, Telpusa, Erea, Figalia, Metidrio e Cafie, e le alleate non socie Fliunte, Carinea, Tritea e Pellene. Ma questa lega arcadica ebbe breve durata, giacché le aggressioni di Nabide consigliarono le città arcadiche a unirsi alla lega achea.
Nel 192 alla lega achea fu ammessa Sparta in seguito all'uccisione di Nabide perpetrata dagli Etoli per opera di Filopemene (v. achei). L'Arcadia segue da allora in poi un po' le vicende della lega achea. Solo dopo che nel 146 fu distrutta Corinto e sciolta la lega achea, fu costituita una lega arcadica, ma senza alcun significato e valore politico, come tutte le leghe della Grecia. In questa lega le singole città godevano di una certa autonomia, come provano le monete delle singole città del tempo di Settimio Severo. In ogni modo la decadenza delle città arcadiche è continuamente segnalata da antichi scrittori come Strabone, Dione Crisostomo e Pausania. Tuttavia di alcune città come Figalia, Megalopoli, Tegea, Telpusa, si fa menzione anche verso la fine del sec. VII d. C.; finalmente nel sec. VIII si ebbe l'invasione degli Slavi, che sconvolse l'Oriente con le invasioni germaniche sconvolsero l'Occidente.
Il Medioevo. - Nel Medioevo l'Arcadia non solo cessò di essere una unità storica, ma perse anche il suo antico nome, il quale servì a designare solo l'antica città marittima di Kyparissia, in Messenia. La decadenza della regione cominciò assai presto, all'epoca del Basso Impero, in molta parte a causa delle varie e continue incursioni dei barbari e particolarmente dei Goti, dalla fine del sec. IV. Perciò, nella prima metà del sec. VI, l'Arcadia non aveva che quattro città: Mantinea, Tegea, Telpusa e Figalia (in Tegea ancora si vedono rovine di una basilica del sec. V). Nel sec. VII, e forse già sulla fine del secolo VI, scesero nel Peloponneso gli Slavi, gran parte dei quali si stabilì nell'Arcadia, come appare dalla toponomastica, in cui s'incontrano tuttora parecchi nomi slavi. Solo dopo la conquista della Morea da parte dei Latini (1205), in seguito alla quarta crociata, la storia dell'Arcadia si rischiara un poco. Si vede allora che, delle sue città, alcune sono scomparse; altre sono sostituite da nuovi agglomerati cittadini. E parimenti, degli antichi nomi di luogo, pochissimi si sono conservati; e anche questi in forma corrotta. L'Arcadia stessa, ovvero il Peloponneso centrale, si chiama, nella Cronaca di Morea, Mesarea (Mediterranea).
I principi e cavalieri dell'Occidente non poterono impadronirsi dell'Arcadia senza lotta. Specialmente oppose forte resistenza, nella fortezza di Araklovo, Vutsaras, soprannominato Doxapatris. Dopo la conquista, l'Arcadia venne divisa in cinque baronie (tutta la Morea in dodici): quella di Kalavryta, con 12 feudi, ceduta a Ottone di Tournay; quella di Akova, con 24 feudi, ceduta a Gauthier di Rozières; quella di Karýtaina, con 22 feudi, ceduta a Ugo di Bruyères; quella di Nikli (vicino all'antica Tegea), con 6 feudi, dove si stabilì Guglielmo de Morlay; e quella di Veligosti (Veligourt), con 4 feudi, ceduta a Matteo de Valaincourt di Mons. I conquistatori d'Occidente tentarono, con tutti i mezzi, di rendere stabile il loro dominio nell'Arcadia: costruirono fortezze, come quella di Karýtaina, le cui mirabili rovine si conservano ancora oggi, formando una "Toledo greca" secondo l'espressione del Miller, lo storico del dominio latino in Grecia; istituirono il Vescovato cattolico di Veligosti e Nikli, dipendente dall'arcivescovato di Patrasso. In Stymphalia, fu scoperta nei recenti scavi una cattedrale di stile gotico del sec. XIII o XIV. Ma dal principio del sec. XIV cominciò ad organizzarsi l'elemento greco, sostenuto dall'impero di Bisanzio. Nel 1320, Andronico Paleologo Asan, nipote dell'imperatore bizantino Andronico II, vinse i signori feudali e acquistò l'Arcadia, la quale fece parte del despotato bizantino della Morea, con Mistra (vicino all'antica Sparta) per capitale. E tuttavia, la riconquista dell'Arcadia da parte dei Greci non fu completa né definitiva; vi rimasero ancora alcuni dinasti latini, i quali disparvero solamente sulla fine del sec. XIV. Si è conservata, a Leontari, una chiesa bizantina del sec. XIV, di puro stile costantinopolitano. Poi, per le incursioni dei Turchi nel Peloponneso, cominciate alla fine del sec. XIV, il despota di Mistra, Manuele Cantacuzeno, invitò nel Peloponneso gli Albanesi di Tessaglia, che cominciarono a stabilirsi in Arcadia. Nel 1458, infine, la regione, come tutte le altre del Peloponneso, fu occupata definitivamente dai Turchi.
Fonti e Bibl.: Per la parte geografica, Hirschfeld, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., II, col. 1118 seg. Pel dialetto arcadico, vedi Bechtel, Die griech. Dialekte, I, Berlino 1921, p. 31 segg. Per il dialetto di Cipro, vedi ibidem, p. 359 segg. e anche Thumb, Handbuch der griech. Dialekte, p. 279, dove sono date tutte le fonti. Per l'autoctonia degli Arcadi, Erodoto, VII, 73; il poeta Asio, presso Pausania, VIII, i, 4; Esiodo presso Apollodoro, II, i, i, 5 (fr. 43 Rzach). Per il sinecismo di Tegea, Strabone, VIII, p. 337; Bérard in Bulletin de correspondance hellénique, XVI (1892), p. 529 seg.; Schwedler, De rebus Tegeaticis, in Leipziger Studien, IX, 2 (1887); Busolt, Griech. Geschichte, 2ª ed., I, p. 702, in 4; Costanzi, I nomi delle tribù ioniche rischiarati coi nomi delle tribù di Tegea, in Annali delle Università Toscane, s. ultima, XI (1926-27). V. ancora Kuhn, Über die Entstehung der Städte der Alten, Lipsia 1878, pp. 24-31. Per l'Arcadia e la seconda guerra messenica, Polibio, IV, 33; Pausania, IV, 7, 2, 22; VIII, 5, 13. Per la durata della monarchia, Polibio, IV, 33; Strabone, p. 362; Paus. IV, 22, 3-4; Diogene Laerzio, I, 94. Conflitto di Sparta con Tegea, Erodoto I, 65-68. Per l'effimera confederazione arcadica, vedi la letteratura in Busolt, Griech. Geschichte, I, p. 703 seg., e in Hermann-Swoboda, Griech. Staatsaltertümer, p. 219; Head, Historia Numorum, 2ª ed., p. 448. Per Demonatte di Mantinea a Cirene, v. Erodoto, IV, 161 seg. Su Cleomene in Arcadia: Erodoto, VI, 75 seg., cfr. Beloch, op. cit., II, i, p. 36. Per gli Arcadi alle Termopili: Erodoto, VII, 202. Per i Tegeati e Orcomenî a Platea: idem, IX, 28-30. Per il ritardo dei Mantineesi, idem, IX, 77. Per la battaglia di Dipea, idem, IX, 35. Per la relazione tra Sparta e le città arcadiche fino alla guerra del Peloponneso, v. Senofonte, Elleniche, V, 2, 3 e la letteratura raccolta presso Busolt, op. cit., I, 710; E. Meyer, Geschichte des Altertums, III, p. 588 segg.; Beloch, op. cit., II, i, p. 139 segg. Per la quadruplice lega contro Sparta dopo la pace di Nicia, Tucidide, V, 47; A. Ferrabino, L'impero ateniese, Torino 1927, p. 234 segg. Per la demolizione delle mura di Mantinea, Senofonte, Elleniche, V, 2, 4, 7. Per il periodo dell'egemonia tebana, Senofonte, Elleniche, VI, 5, sino alla fine dell'opera; Diodoro, XV, 65, 68, 75, 77, 82, 84, 88; E. Meyer, op. cit., V, pp. 415, 444, 447, 449-465, 467, 475; Beloch, op. cit., III, i, pp. 175-180, 183-187. Per l'epoca della fondazione di Megalopoli, Pausania, VII, 27 (data falsa 371-70); Diodoro, XV, 94, 3 (368-67 data giusta); Niese, in Hermes, XXXIV (1829), p. 527 seg.; Beloch, op. cit., 2ª ed., III, i, p. 1862. Azione di Pammene dopo Mantinea: Diodoro, XV, 94. Tentativi di Archidamo III contro Megalopoli: Diodoro, XVI, 39; Pausania, IV, 28, 2; VIII, 27, 9; Demostene, Per i Megalopoliti; Schäfer, Demosthenes und seine Zeit, 2ª ed., I, 510 seg.; Beloch, op. cit., III, i, p. 480. Lega con Filippo: Beloch, ibid., pp. 539, 540, n. 1. Ricostituzione della lega arcadica dopo Cheronea, Beloch, ibid., III, ii, p. 135 seg. (vedi Dittenberger, Sylloge, 3ª ed., I, 183). In senso contrario G. De Sanctis, in Rivista di Filologia, IV (1927), p. 485 segg. Per le leghe sciolte da Alessandro, vedi Iperide, Contro Demostene, col. 16, l. 8 seg.; Polibio, II, 40, 5. Pel periodo dei diadochi, Diodoro, XVIII, 68-72; XX, 102-103; Plutarco, Demetrio, 25; Beloch, IV, i, pp. 102, 161. Per le sorti dell'Arcadia nel III secolo, v. le fonti citate da Hiller von Gärtringen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 1118 seg., con la relativa letteratura; di più Beloch, op. cit., IV, i, pp. 614-621-632.
Per l'Arcadia nel periodo della guerra cleomenica sugli anni 228-222, Beloch, ibid., pp. 698-699; II, pp. 175, 701, 704-705. Per le aggressioni negli Etoli, Polibio, IV, i, 8, 9; 25, 4. Per la pace, Polib., V, 105; Beloch, ibid., p. 743. Altre indicazioni bibliografiche su questi fatti e le vicende posteriori presso Hiller von Gärtringen, loc. cit. Le epigrafi arcadiche sono raccolte da F. Hiller von Gärtringen, Inscr. Graecae, V, ii (1913).
Il lavoro fondamentale sull'Arcadia nei sec. XII-XV è quello di W. Miller, The Latins in the Levant, Cambridge 1908 (in cui v. la bibl. relativa). Inoltre: Adamantiou, Τὰ χρονικα τοῦ Μορέως ("Le Cronache di Morea"), in Λελτίον della Società storica e etnologica di Grecia, VI (1909), pp. 453"675; S. Dragoumes, Χρονικῶν τοὺ Μορέος τοπωγνομικὰ-τοπογραϕικὰ ίστορικὰ ("Studî storico-topografici sulle cronache di Morea"), Atene 1921 (per la topografia dell'Arcadia nei sec. XIII e XIV). Per le scoperte archeologiche e gli scavi degli ultimi anni: A. Orlandos, L'église byzantine des Saint-Apôtres à Leontari, in Revue des Études grecques, 1922; id., ‛Η Γοτϑικὴ μητρόπολις Στυμϕλίας ("La cattedrale gotica di Stymphalia"), in Αρχαιολογικὴ ‛Εϕημερίς, 1926; id., Παλαιοχριστιανικὰ γλυπτὰ Τεγέας ("Antiche sculture cristiane di Tegea"), in Byzantinisch-Neugriechische Jahrbücher, 1927. Per gl'influssi slavi e i nomi slavi, dei quali molto si è parlato dai tempi di Fallmerayer, non vi sono recenti studî di specialisti.