ARCADIO (Flavius Arcadius Pius Felix)
Imperatore di Oriente dal 395 al 408 dopo Cristo. Nato nel 377 da Teodosio e da Aelia Flaccilla, ebbe a precettori il filosofo pagano Temistio e il cristiano beato Arsenio, che informò il suo carattere a grande religiosità. All'età di seì anni, il padre lo proclamò Augusto e lo associò al governo, per educarlo politicamente e acquistargli popolarità. Fu console nel 385, nel 392 e nel 394. Nel 386, accompagnò il padre nella spedizione contro i Greutungi e con lui ebbe in Costantinopoli il trionfo; nel 394, quando Teodosio mosse contro l'usurpatore Eugenio in Italia, il figlio tenne la reggenza dell'impero in Oriente sotto la guida di Rufino, prefetto al pretorio. Ma morto Teodosio il 15 gennaio del 395, egli non ne raccolse tutta l'eredità, avendo già il padre disposto che l'Impero dovesse essere diviso fra lui e il minore fratello Onorio. Questi ebbe l'Occidente, cioè le due prefetture d'Italia (Italia ed Africa) e di Gallia (Gallia, Spagna, Britannia); A., l'Oriente, cioè la prefettura dell'Illirico (Dacia e Macedonia) e quella d'Oriente (Tracia, Asia, Ponto, Oriente, Egitto). Non s'intendeva con ciò di rompere l'unità dell'Impero romano, ma i contrasti ben presto scoppiati fra le due parti per le questioni territoriali, le rivalità di ministri, e la crescente diversità di spiriti e di tendenze fra Oriente e Occidente resero definitiva la divisione. E A. può essere considerato come il primo imperatore bizantino.
Le fonti si accordano nel descrivere A. debole di corpo e di carattere, e gli atti del suo governo confermano pienamente questo giudizio. Più che governare, egli si fece governare dai ministri e dalla moglie, che diedero libero corso alla loro ambizione e agli interessi proprî e delle proprie clientele. E questo, in un momento grave per l'Impero minacciato dalle invasioni. Alla debolezza del sovrano si aggiunsero le rivalità dei ministri per l'esercizio del potere. Nel primo anno, il governo fu tenuto da Rufino, che, ambizioso e privo di scrupoli, cercò di rendere stabile la sua posizione, facendo sposare al giovane sovrano la sua figliuola. Ma questo suo disegno fu mandato a vuoto da Eutropio, capo degli eunuchi ed ispiratore di una cricca di corte avversa a Rufino. Approfittando di un viaggio di questo ad Antiochia, Eutropio, che si era insinuato nelle grazie di Arcadio, riuscì a indurlo a nozze, celebrate il 27 aprile 395, con una figlia del generale franco Bauto, Aelia Eudossia. Né Rufino, tornato nella capitale, poté dar sfogo alla sua irritazione, perché si trovò di fronte a una grave minaccia ai confini. Due invasioni di barbari si abbattevano contemporaneamente sull'Orieme: gli Unni, nell'Asia; e i Visigoti, guidati da Alarico, nella Mesia e nella Tracia. Se Alarico sia stato spinto da Stilicone, che reggeva l'Occidente pel minorenne Onorio, non gappiamo; certo è che dell'avanzata dei Visigoti Stilicone approfittò per venire con l'esercito in Oriente, affermando in virtù della parentela con Teodosio I un suo diritto di tutela sui due monarchi. Mentre egli era accampato di fronte ai forti nella Tessaglia, Rufino poté ottenere da A. che ordinasse a Stilicone di abbandonare lo Oriente e di rimandare le milizie orientali combattenti sotto i suoi ordini. Stilicone ubbidì; e quelle truppe, guidate dal barbaro Gaina, molto legato a Stilicone, rientrarono in Costantinopoli. Ma, nel momento che l'imperatore, accompagnato da Rufino, le passava in rivista, esse si ammutinarono e uccisero il potente ministro (27 novembre 395).
Il potere passò allora al suo rivale Eutropio, che dapprima lo esercitò col solo titolo di praepositus sacri cubiculi; ma poi, consolidatosi e fattosi una vasta clientela, assunse le funzioni di praefectus pretorio Orientis e la dignità di console. Mai era accaduto che un eunuco coprisse tale carica, e se ne diffuse grande scandalo. Il governo di Eutropio non differì molto dal precedente: ugualmente violenze, traffico di cariche pubbliche, nessun ritegno verso i beni dei più ricchi. Ma nell'insieme, esso parve meno oppressivo. Fra l'altro si promulgarono leggi di tolleranza a favore degli eretici e degli Ebrei. Con l'impero d'Occidente e con Stilicone i rapporti furono dapprima, se non buoni, meno aspri; ma, alle prime difficoltà, nacque fatalmente l'urto. Nell'inverno del 395-396 Alarico rinnovò l'incursione nella Macedonia e nella Grecia; e Stilicone, contando sull'acquiescenza di Eutropio, rinnovò il tentativo di estendersi sull'Oriente, accorrenio con l'esercito in -ressaglia. Ma l'eunuco preferì accordarsi con Alarico, concedendogli il titolo di magister militum per Illyricum e facendosene così un federato. A Stilicone non rimase che tornarsene in Occidente. Un altro attrito si ebbe, l'anno appresso, nella lonta na provincia d'Africa, dove essendosi il governatore, Gildone, ribellato ad sonorio, fu, per consiglio di Eutropio, preso da A. sotto la sua protezione. A questi contrasti è certamente collegata la rovina di Eutropio, nella quale si scorge la mano di Stilicone. Per abbatterlo, questi si servì dello stesso strumento che aveva adoperato contro Rufino: di Gaina.
Nel 399 alcune schiere di barbari, guidate dal tribuno Tribigildo, si diedero a scorrere e a predare la Frigia. Ingrossando di giorno in giorno il loro numero, furono mandati a sterminarli due eserciti al comando di Leone e di Gaina; ma questi era segretamente d'accordo col capo degli insorti. Leone, lasciato solo, fu sconfitto e ucciso: i mercenarî barbari passarono a Tribigildo; e Gaina, invece di attaccarli, lasciò loro la via libera verso la Bitinia. Quando poi seppe che a Costantinopoli il popolo era atterrito, scrisse all'imperatore che con Tribigildo si poteva venire a pace, sacrificando Eutropio. Forse A. non avrebbe ceduto; ma la moglie Eudossia, sia perché offesa dall'insolenza del ministro, sia perché desiderosa di prendere la direzione del governo, appoggiò la richiesta di Gaina; ed Eutropio fu dapprima confinato in Cipro, il 12 agosto 399, e poco dopo richiamato, processato sotto l'accusa di lesa maestà e condannato a morte.
Da questo momento Eudossia guidò essa l'imperatore suo marito. Gaina, che era ancora accampato sul Bosforo tentò di attraversarle la via: egli ambiva essere in Oriente ciò che Stilicone era in Occidente. In un convegno ch'ebbe col debole A. nella chiesa di S. Eufemia presso Calcedonia, gli strappò l'autorizzazione, per sé e per Tribigildo, di passare con le loro milizie in Europa e la consegna, come ostaggi, del console Aureliano, di Saturnino e di Giovanni, cioè dei partigiani di Eudossia che erano al potere (dell'ultimo si disse ch'era amante dell'imperatrice e padre di Teodosio II). Ma le speranze di Gaina rovinarono presto. Entrato in Costantinopoli, egli commise tante violenze che il popolo si sollevò e circa 7000 Goti furono uccisi. Un tentativo di riscossa fu stroncato dalle truppe romane al comando del goto Fravita; e Gaina venne ricacciato oltre Danubio, dove fu ucciso dal re unno Uldino. Allora rientrarono in città gli ostaggi ch'erano stati consegnati al barbaro; e Aureliano, esponente del partito dell'imperatrice, riprese il potere. Ma dominò, in effetto, Eudossia che, nel 400, si era fatta conferire il titolo di Augusta, suscitando le proteste dell'imperatore Onorio. Il suo governo s'informò al concetto di restaurare l'autorità imperiale nello stato, lo spirito e la disciplina romana nell'esercito, e di tener alto il potere civile di fronte al religioso, siccome dimostra la lotta da lei sostenuta contro il vescovo di Costantinopoli san Giovanni Crisostomo. Ella morì il 3 ottobre 404. Arcadio non le sopravvisse che pochi anni: morì infatti il 10 maggio 408, dopo avere osteggiato un nuovo tentativo di Stilicone d'intromettersi negli affari d'Oriente. L'Impero passava senza scosse al figliuolo settenne Teodosio II, sotto la guida di Antemio.
Bibl.: L. S. Le Nain de Tillemont, Histoire des Empereurs, V, Venezia 1732, pp. 419-482; E. Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, ed. Bury, Londra 1909 segg.; G. Sievers, Studien zur Geschichte des oström. Reichs, Berlino 1870; A. Güldenpenning, Geschichte des östrom. Reichs unter den Kaisern Arkadius und Theodosius II, Halle 1885; O. Seek, Arkadius, in Pauly-Wissowa, Real-Encicl., II, coll. 1138-1153; J. B. Bury, A history of the later Roman Empire, 2ª ed., I, Londra 1923; G. Romano, Le invasioni barbariche in Italia, Milano [1910], p. 57 segg.