ARCADIO (Flavius Arcadius)
Figlio di Teodosio il Grande; tenne l'impero dal 395 al 408, aiutato validamente dalla moglie Eudossia e dal prefetto del pretorio Rufino.
Si è cercato di riconoscere il suo ritratto in una testa marmorea conservata a Berlino (Altes Museum) e probabilmente proveniente da Roma, ma il confronto con le poche significative opere che ci ricordano il periodo della prima e della seconda generazione della casa teodosiana, ha fatto accostare il tipo più a quello di Attalo, soprattutto per la foggia del diadema da questi usato, che è elemento importantissimo nella ritrattistica dell'epoca. Ci offre invece la sua effigie un piatto d'argento a Madrid (Real Academia de la Historia), il missorium di Teodosio, datato al 388, in cui, alla sinistra dell'imperatore Teodosio, sta il figlio Arcadio. Si distingue nel volto per la sua giovinezza e per i tratti più acuti e più corti di quelli del padre.
Colonna di Arcadio. - Il nome di A. è legato ad un monumento celebre nell'antichità e di cui oggi rimangono solo poche e frammentarie testimonianze: la colonna coclide (v.) di A., eretta a Costantinopoli presso l'attuale strada Aksaray-Hoca Mustafa PaŞa Cami.
Costruita nel 404 in onore di A., fu completata nel 421 dal figlio Teodosio II con una statua del padre, statua che precipitò nel 740, mentre la colonna intera resistette a lungo, sinché nel 1719 fu ridotta alla sola parte bassa. La sua ricostruzione ed il suo studio sono possibili attraverso i disegni e le notizie che di essa ci hanno conservato alcuni artisti del periodo dal Rinascimento al 1700. Di parttcolare importanza l'opera secentesca del Gyllius (De Constantinopoleos topographia). È ancora visibile l'alto zoccolo del basamento istoriato composto da sette assise di marmo proconnesio, che regge la base della colonna ed una frammentaria banda che segna l'inizio del suo fusto. In partenza il diametro del fusto può essere così calcolato di m 3,97. Nell'interno del basamento v'è un piccolo atrio, coperto da una lastra che reca nel mezzo il monogramma di Cristo, dal quale si accede alla scala che si svolgeva fino al sommo della colonna. La sua altezza complessiva è calcolata, in base alle fonti antiche, di m 47 circa. La colonna originariamente risultava, sul tipo di quelle traianea e antonina, avvolta da una spirale adorna di rilievi che raffiguravano le imprese di Arcadio. Si ritiene che si trattasse della campagna contro i Goti (400-401) capeggiati da Gaina, della quale anzi si riconoscono alcuni episodi nei frammentari bassorilievi della zona iniziale della colonna e nei disegni della spirale.
Sono questi ed i rilievi molto guasti del basamento che ci offrono la testimonianza della corrente artistica cui l'opera appartiene. Nella struttura della colonna essa si richiama al grande esemplare traianeo, reso però con un senso maggiore di fasto ed un ritmo di manierata solennità che priva di forza e di vibrazione il racconto epico. Ciò è dato dalle proporzioni grandiose della sostruzione rispetto alla colonna, in cui il numero delle spirali è di gran lunga ridotto: in tal modo la narrazione comprende una serie ristretta di composizioni, collegate nella sequenza storica da teorie di figure in funzione intermedia. Così semplificato, il rilievo perde il gioco plastico delle ombre e delle luci ed appare in uno schematismo di puro effetto monumentale. Prevale quindi sulla scultura l'idea architettonica ed in questo senso la colonna rappresenta, secondo lo Hamberg, uno stadio di evoluzione rispetto alle precedenti.
Quanto al rilievo, la poca cura delle proporzioni, il ripetersi delle composizioni a schema centrale, l'alternarsi voluto delle teorie statiche di personaggi, la durezza incisiva del chiaroscuro, tutto si collega al sistema figurativo vigente nell'epoca che è quello illustrato ampiamente dai dittici imperiali d'avorio e sul quale predomina un'arte aulica, fortemente influenzata dal cerimoniale di corte.
Bibl: J. Strzygowski, in Jahrbuch, VIII, 1893, pp. 230-249; T. Reinach, in Rev. des études grecques, i, 1896, p. 66; C. Gurlitt, Die Baukunst Konstantinopels, Berlino 1912, B. I., p. 16, fig. 41, tav. 5 e; R. Delbrück, Die Consulardiptychen und verwändte Denkmäler, Berlino 1929, pp. 13-14 e p. 239, ff. 6-8 e tav. 3-b; H.P. L'Orange, Zur Porträtskunst der griech. Spätantike, in Symb. Osloenses, IX, 1930, pp. 96-105; ff. 1-7; N. Firatli, in Am. Journ. Arch., LV, 1951, pp. 67-71.
Sulla colonna v. in particolare: A. Freshfield, in Archaeologia, LXXII, 1922, p. 87 ss., tav. XV-XXIII; R. Delbrück, Spätantike Kaiserporträts, Berlino 1933, p. 204, tav. 103 f; J. Kollowitz, Oströmische Plastik der theodosianischen Zeit, Berlino 1941, pp. 17-62 (con la bibl. precedente) figg. 5-10, tavv. 3-9; G. Hamberg, Studies in Roman Imperial Art, Copenaghen 1945, pp. 160-161; A. Grabar, L'Empereur, Parigi 1936, p. 28; G. Q. Giglioli, La Colonna di A., Napoli 1952; id., La Scilla di bronzo, ecc., in Arch. Cl., VI, 1954, pp. 100-112, tavv. XXIII-XXV.