TARABOTTI, Arcangela
(Elena Cassandra). – Nacque a Venezia, nel sestiere di Castello, nel 1604, da Stefano, chimico, e da Maria Cadena; non si conosce la data di nascita, ma solo quella del battesimo, avvenuto il 24 febbraio (Medioli, 2013, p. 109).
Secondo quanto scrive Francesca Medioli fu quarta di undici figli e prima di sette figlie, e tuttavia l’unica a essere destinata al convento, forse a causa di una zoppia congenita ereditata dal padre.
Nel 1615 (stando a quanto riferito da lei stessa: Lettere..., 1650, 2005, p. 158) entrò come educanda nel monastero benedettino di Sant’Anna in Castello, dove trascorse il resto della vita fino alla morte; i pagamenti delle sue rette farebbero però propendere per il 1617, quando il suo nome iniziò a comparire nei registri del convento (Zanette, 1960, pp. 26 s.). L’8 settembre 1620 Elena fece la vestizione e il 24 settembre 1623 la professione solenne mutando il proprio nome in quello di Arcangela, piuttosto in ritardo rispetto a quanto sancito dal Concilio di Trento (che prevedeva la vestizione a dodici anni), forse a causa di una vocazione non volontaria che ne fece una vittima, come molte altre giovani del suo tempo, d’una monacazione forzata (Medioli, 2012).
Risalgono al 1642 le prime notizie relative all’attività letteraria di Arcangela Tarabotti. Sembrerebbe, infatti, ch’entro tale data avesse già composto due tra le sue opere più celebri: la Tirannia paterna e il Paradiso monacale, nelle quali si trattava rispettivamente delle monacazioni forzate e della vita in convento delle religiose per vocazione.
Il Paradiso fu il primo volume dell’autrice a essere pubblicato (Venezia, per Guglielmo Oddoni, 1643) con dedica al patriarca di Venezia Federico Corner, ma anche con numerosi errori di stampa, che angustiarono la monaca rendendola oggetto di aspre critiche, fra cui in particolare quella – piuttosto comune per molte scrittrici del secolo – che non fosse lei la vera autrice delle sue opere (Contro ’l lusso donnesco..., 1644, 1998, p. 74; Lettere..., cit., passim; Zanette, 1960, pp. 282-287).
Informazioni sulla vicenda editoriale dei testi si desumono da uno scambio epistolare con l’eremitano ligure Angelico Aprosio, al quale inviò le due opere manoscritte; le lettere di Tarabotti, composte negli ultimi mesi del 1642, rivelano il ruolo non secondario svolto da Aprosio nella pubblicazione dei suoi scritti e in particolare del Paradiso monacale (Zanette, 1960; Medioli - De Rubeis, 1996). Nell’avviso ai lettori premesso al testo l’editore annunciò «altre compositioni [...] forse più piccanti» dell’autrice, la prima delle quali sarebbe stata proprio la Tirannia paterna (Paradiso monacale..., 1663, ma 1643). A questa data vanno inoltre ricondotti i rapporti fra Tarabotti e Giovan Francesco Loredan, patrizio veneziano e fondatore dell’Accademia degli Incogniti, istituzione con la quale la monaca intrattenne stretti rapporti durante l’arco dell’intera esistenza: una lettera di Loredan a Giovanni Polani, corrispondente di Arcangela e parente di una sua cara amica, si legge all’interno del Paradiso monacale, mentre sette missive di Loredan alla donna sono stampate nei due volumi di Lettere del Sig. Gio. Francesco Loredano (Venezia 1653 e 1661). L’opera era preceduta da un Soliloquio a Dio, una sorta di autobiografia spirituale nella quale Tarabotti raccontava l’episodio della propria conversione, riportato in seguito anche dai suoi maggiori biografi (Zeno, Musatti, Croce, Portigliotti, Zanette), ma definitivamente respinto da studi successivi (in particolare v. Conti Odorisio, 1979, pp. 98 s.; Contro ’l lusso donnesco..., cit., p. 28; Medioli, 2003, pp. 55, 92).
Nel 1644 uscì a Venezia per i tipi del Valvasense l’Antisatira, una veemente risposta alla satira misogina del senese Francesco Buoninsegni Contro’l lusso donnesco, letta durante un’adunanza accademica a Siena nel 1632 e stampata a Venezia nel 1638 a istanza di Loredan.
L’opera fu pubblicata con il nome siglato («D. A. T.») e fu dedicata a Vittoria Della Rovere, moglie del granduca Ferdinando II, ch’era in corrispondenza epistolare con la stessa autrice. Nell’avviso ai lettori Tarabotti spiegò di aver composto il testo su richiesta di alcune gentildonne e di averlo mandato ancora manoscritto al cognato Giacomo Pighetti, che lo aveva consegnato ad Aprosio (La biblioteca aprosiana, Bologna 1673, p. 168) il quale lo giudicò pieno «di mille spropositi, e di non poche impertinenze». La risposta di Tarabotti, mentre fu accolta positivamente da Buoninsegni (Portigliotti, 1930, p. 285), venne duramente contestata fra gli altri dallo stesso Aprosio che compose una replica intitolata la Maschera scoperta, la cui pubblicazione fu però ostacolata dalla contendente e infine abbandonata (E. Biga, Una polemica antifemminista del ’600, Ventimiglia 1989). Sempre nell’ambito della polemica contro i detrattori dell’Antisatira si collocherebbero due risposte di Tarabotti, l’Ercole geromicida e la commedia l’Ardire, note unicamente attraverso una menzione nel suo epistolario (Lettere..., cit., p. 157). Un nuovo contributo di Arcangela alla querelle des femmes si registrò nel 1651 con la pubblicazione (sotto pseudonimo di Galerana Barcitotti) del trattatello polemico Che le donne siano della spetie degli huomini, scritto in risposta a un’opera latina del 1595 attribuita a Valens Acidalius e stampata in italiano nel 1647 da «Horatio Plata romano» (forse lo stesso Loredan).
Nel 1650 uscirono a Venezia per l’editore Guerigli le Lettere familiari e di complimento, dedicate a Loredan – e da lui inviate ad Aprosio – e pubblicate assieme alle Lagrime, testo di compianto per la morte della cara amica e consorella Regina Donà. Il progetto di pubblicazione potrebbe risalire molto indietro nel tempo o, al contrario, essersi realizzato piuttosto rapidamente fra gennaio e novembre del 1648; esso rappresentò per Arcangela l’occasione di mostrare in pubblico la fitta rete di conoscenze che si era costruita nel corso degli anni, in particolare con la libertina Accademia degli Incogniti della quale facevano parte molti amici e corrispondenti come Pietro Paolo Bissari, Nicolò Crasso, Giovanni Dandolo, Gabriel Naudé, Francesco Pona, Pighetti e Loredan (G.L. Bruzzone, L’amicizia fra due letterati seicenteschi, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CLIII (1995), pp. 363, 365; Medioli - De Rubeis, 1996, p. 139).
Negli ultimi mesi del 1650 si colloca il progetto di stampa in Francia della Tirannia paterna: Tarabotti, abbandonata l’idea di pubblicarlo a Venezia, aveva già in passato tentato di ottenere le licenze di stampa, dapprima a Roma, poi a Firenze attraverso l’intervento di Vittoria Della Rovere, già dedicataria dell’Antisatira (Medioli, 2003, pp. 88 s.) e infine in Francia (G.L. Bruzzone, L’amicizia fra due letterati..., cit., pp. 366 s.). Ricorrendo alla mediazione del francese Louis de Matharel, residente a Venezia, l’autrice entrò in contatto con Ismael Boulliau (che soggiornò in Laguna fra il 1645 e il 1646 in veste di accompagnatore della moglie di Nicolas Bretel de Grémonville, ambasciatore di Francia), dal quale ottenne di far stampare il libro in Olanda presso gli Elsevier nel 1654.
Il testo uscì postumo e con il titolo meno pericoloso de La semplicità ingannata; nelle lettere a Boulliau, Tarabotti propose di intitolarlo La Tirannia Paterna overo Semplicità Ingannata di Galerana Barcitotti Consacrata a Dio, ma di questa richiesta della monaca sopravvisse nell’edizione finale solo lo pseudonimo e la dedica al Signore, a sostituire una precedente (e più compromettente) dedica alla Repubblica di Venezia, che approvava e anzi incentivava la pratica delle monacazioni forzate (Westwater, 2012, p. 76). Nel gennaio del 1660 l’opera fu proibita dalla congregazione dell’Indice, che la condannò con decreto ufficiale il 4 luglio 1661 (Costa-Zalessow, 2001, pp. 322 s.).
Morì «di febbre e cattaro» il 28 febbraio 1652 a 48 anni (Medioli, 2012).
Opere. Delle sue opere proprio l’Inferno monacale, incentrato sulla sofferenza delle donne costrette a vivere in convento e al quale Arcangela aveva dedicato tante cure, non fu mai pubblicato, probabilmente per volere della stessa autrice che lo giudicava eccessivamente compromettente. Il testo, rimasto manoscritto e segnalato già da Emilio Zanette, è stato edito nel 1990 da Francesca Medioli. Si ha notizia di altre opere di Tarabotti, delle quali è noto però solo il titolo: le Contemplazioni dell’anima amante, la Via lastricata per andare al cielo e la Luce monacale, tre operette devozionali che l’autrice progettava forse di stampare (così in una lettera all’amica Betta Polani, con la quale mandava altri scritti destinati invece al «mare dell’oblio»: Lettere..., 1650, 2005, pp. 82 s.). Un’altra opera di cui si conosce solo il nome è il Purgatorio delle malmaritate, dedicato alla questione delle donne infelicemente sposate e che, assieme all’Inferno monacale e al Paradiso monacale, avrebbe dovuto formare una trilogia sul modello dantesco (Lettere..., cit., pp. 45, 130; Contro ’l lusso donnesco..., 1644, 1998, p. 59).
Fra le edizioni a stampa di Tarabotti: Paradiso monacale libri tre. Con un soliloquio a Dio, Venezia 1663 (ma 1643); Contro ’l lusso donnesco. Satira menippea del Signor Francesco Buoninsegni. Con l’Antisatira D. A. T. in risposta, Venezia 1644 (ed. moderna a cura di E. Weaver, Roma 1998); Lettere familiari e di complimento, Venezia 1650 (ed. critica e scientifica a cura di M.K. Ray - L.L. Westwater, Torino 2005; trad. inglese a cura delle stesse per il Centre for reformation and renaissance studies, Toronto 2012); Che le donne siano della spetie degli huomini, Norimbergh (ma Venezia) 1651 (edd. moderne a cura di L. Panizza, London 1994; nonché, a cura di S. Mantioni, Capua 2015); La semplicità ingannata, Leida 1654 (Paternal Tyranny, a cura di L. Panizza, Chicago-London 2004; La semplicità ingannata, a cura di S. Bortot, Padova 2007); L’«Inferno monacale» di Arcangela Tarabotti, a cura di F. Medioli, Torino 1990.
Fonti e Bibl.: Fra i primi ad occuparsi di A. T. vi fu nel Settecento Apostolo Zeno, seguito da Benedetto Croce agli inizi del Novecento e poi da Ginevra Conti Odorisio (Donna e società nel Seicento, Roma 1979, pp. 79-111, 199-238). Sulla biografia v. anche: G. Portigliotti, Penombre claustrali, Milano 1930 e l’approfondita ricostruzione biografica di E. Zanette, Suor A. monaca del Seicento veneziano, Venezia-Roma 1960. Un nuovo e decisivo contributo agli studi sulla vita dell’autrice è fornito da una serie di articoli di Francesca Medioli, fra i quali si segnalano: F. Medioli - F. De Rubeis, Alcune lettere autografe di A. T. Autocensura e immagine di sé, in Rivista di storia e letteratura religiosa, XXXII (1996), pp. 133-155 (contiene sette lettere di T. conservate nella Biblioteca universitaria di Genova); F. Medioli, A. T.’s reliability about herself. Publication and self-representation (together with a small collection of previously unpublished letters), in The Italianist, XXIII (2003), pp. 54-101 (cinque lettere di Tarabotti e due responsive di Vittoria Della Rovere); Ead., T. fra omissioni e femminismo. Il mistero della sua formazione, in Spazi, poteri, diritti delle donne a Venezia in età moderna, a cura di A. Bellavitis - N.M. Filippini - T. Plebani, Verona 2012, pp. 221-239 (in cui si discute la possibile ascendenza ebraica della famiglia Tarabotti); Ead., A. T. Una famiglia non detta e un segreto indicibile in famiglia, in Archivio veneto, CXLIV (2013), pp. 105-144; Ead., Rivalries and networking in Venice. Suor A. T., the French ambassador Grémonville and their circle of friends, 1645-1655, ibid., CXLVI (2015), pp. 113-138. Fra gli studi recenti, si segnalano in particolare: E. Weaver, Un falso editoriale: la «princeps» (1644) dell’«Antisatira» di A. T., in Feconde venner le carte. Studi in onore di Ottavio Besomi, a cura di T. Crivelli, Bellinzona 1997, pp. 393-404; N. Costa-Zalessow, T.’s «La semplicità ingannata» and its Twentieth-Century interpreters, with unpublished documents regarding its condemnation to the “Index”, in Italica, LXXVIII (2001), 3, pp. 314-325; A. T. A literary nun in Baroque Venice, a cura di E. Weaver, Ravenna 2006; V. Cox, Women’s writing in Italy 1400-1650, Baltimore 2008, passim; L.L. Westwater, A cloistered nun abroad. A. T.’s international literary career, in Women writing back/ Writing women back, Leiden 2010, pp. 283-308; V. Cox, The Prodigious Muse, Baltimore 2011; L.L. Westwater, A rediscovered friendship in the Republic of letters. The unpublished correspondence of A. T. and Ismaël Boulliau, in Renaissance Quarterly, LXV (2012), 1, pp. 67-134 (tre lettere di Tarabotti e due responsive di Boulliau). Da ultimo v. la dettagliata rassegna bibliografica on-line curata da M.K. Ray per le Oxford Bibliographies (aggiornata al 2016).