SCACCHI, Arcangelo
– Nacque a Gravina in Puglia il 9 febbraio 1810 da Patrizio, dottore in legge, e da Giovanna Pentibove.
Dopo studi preparatori al seminario di Bari, nel 1827 si iscrisse all’Università di Napoli e vi si laureò in medicina il 23 giugno 1831. Si trasferì definitivamente a Napoli, ma conservò l’avita casa di Gravina, dove usava tornare d’estate con la famiglia (sei figli dalla moglie Giovanna Cassola, sposata nel 1845).
Dal 1831 al 1838 svolse sia attività privata come medico sia ricerca volontaria in malacologia attuale e fossile, riscuotendo lusinghieri riconoscimenti. Fu tramite i fossili che cominciò a interessarsi di geologia stratigrafica, per cui entrò in contatto con Leopoldo Pilla, che teneva da ‘interino’, ossia per incarico, l’insegnamento di mineralogia e geologia, vacante dal 1835 per la morte di Matteo Tondi. Nel 1839 Pilla lo nominò ‘coadiutore per la dimostrazione degli oggetti’ e gli affidò le esercitazioni di mineralogia, materia in cui egli si era distinto da studente, seguendo, appunto, il corso di Tondi.
Alla mineralogia Scacchi dedicò il meglio della sua attività scientifica, anche dopo che il suo primo approccio si concluse con un insuccesso. Ritenne, infatti, di avere scoperto una nuova specie e la denominò brocchite (1840): si trattava, in realtà, di una humite, già scoperta nel 1813 dal francese Jean-Louis de Bournon in un campione del monte Somma. Il secondo approccio andò meglio: definì e denominò la voltaite (1841) che, benché già individuata da Scipione Breislak nel 1792 nella Solfatara di Pozzuoli, non era stata da lui né caratterizzata completamente né denominata. Scacchi lo poté fare tramite misure morfologiche eseguite con un goniometro di Wollaston che Teodoro Monticelli aveva messo a disposizione di Pilla per gli usi del Museo di mineralogia. La cristallografia morfologica fu un’attività che portò avanti per oltre trent’anni e in cui eccelse, tanto da farlo definire «colui che per primo applicò in Italia i metodi della cristallografia morfologica» (Zambonini, 1910, p. 14). Subito dopo, infatti, Scacchi definì e denominò la periclasia e la sommite (ora periclasio e nefelina) nei blocchi calcarei del monte Somma. Su di esse poté misurare gli angoli tra le facce principali ed eseguire l’analisi chimica ponderale, anche se la chimica non fu mai un suo punto forte.
Seguirono altre misure goniometriche e analisi chimiche di varie specie mineralogiche, che confluirono tutte in due opuscoli didattici. Scacchi li approntò per le lezioni del corso che tenne in sostituzione di Pilla, trasferitosi nel 1842 all’Università di Pisa. Sempre su consiglio di Pilla e nell’attesa che fosse bandita la cattedra di mineralogia e geologia, Scacchi eseguì anche varie ‘peregrinazioni’ in Appennino che gli fornirono i dati per pubblicazioni di carattere geologico. Furono queste pubblicazioni didattiche, oltre al fatto di essere il ‘coadiutore’, che lo fecero prevalere nel concorso, dopo un esame scritto e uno orale in cui egli era risultato soccombente. Nonostante le esitazioni di Ferdinando II, dopo due ulteriori anni da «interino» il 1° agosto 1844 Scacchi fu nominato «Direttore e Professore della Cattedra e Museo di mineralogia». La sua prima azione fu l’acquisizione di intere raccolte private di minerali per quella che diventerà il vanto del Museo: la ‘collezione vesuviana’. Nell’anno successivo si svolse a Napoli il VII Congresso degli scienziati italiani (20 settembre-5 ottobre 1845). Scacchi vi svolse le funzioni di segretario della sezione di geologia e mineralogia, per la quale predispose la parte geomineralogica della guida naturalistico-culturale dell’area napoletana che fu donata ai congressisti.
Scacchi guidò un gruppo internazionale di scienziati alla visita dell’area flegrea e dimostrò loro come i numerosi piccoli coni vulcanici che la costellano siano tutti ‘crateri d’accumulo’ dovuti alla ricaduta di scorie eruttate e non prodotti da un inarcamento locale del terreno, come voluto dall’allora dominante teoria dei ‘crateri di sollevamento’ di Leopold von Buch in alternativa a quella di George Poulett Scrope. Tra l’altro, Scacchi fece notare come neppure la formazione di un cono di notevole altezza come il monte Nuovo, avvenuta in epoca storica (1538), avesse fatto inclinare le colonne del Serapeo di Pozzuoli, come invece si sarebbe dovuto verificare se tutto il terreno circostante si fosse rigonfiato verso l’alto. La sua argomentazione fu uno dei punti forti usati da Charles Lyell (On craters of denudation, with observations on the structure and growth of volcanic cones, in Quarterly journal of the geological Society of London, 1850, vol. 6, pp. 207-234), un veterano dell’opposizione alle teorie del sollevamento, per fare accettare la teoria di Scrope.
Il decennio successivo alla sua nomina a professore fu utilizzato da Scacchi per ricerche che consolidassero il suo credito scientifico in campo vulcanologico. Per questo cooperò prima con il direttore dell’Osservatorio vesuviano Luigi Palmieri e poi anche con il chimico Giuseppe Guarini sia nel descrivere l’attività persistente del Vesuvio, sia nell’interpretare come nettamente distinto da ogni attività vulcanica il terremoto di Melfi del 14 agosto 1851, benché prossimo al monte Vulture, vulcano ormai spento. Il suo prodigarsi gli valse nel 1852 la nomina a professore di mineralogia presso la scuola del genio civile che, sommandosi ai proventi di altri incarichi direzionali come l’Istituto di incoraggiamento, il Museo ornitologico e la Commissione protomedicale, diede una solida base economica alla sua famiglia.
Politicamente, Scacchi non era incline ai Borboni. Ferdinando II, concedendo la Costituzione, nell’aprile del 1848 lo aveva obbligato a sgomberare il Museo di mineralogia per farne la sala delle assemblee del Parlamento napoletano, la cui inaugurazione ebbe luogo il 15 maggio 1848 e in cui le sedute continuarono fino al marzo 1849, per cui il Museo poté essere ripristinato solo nell’autunno del 1850. Ma neppure lo era alla causa nazionale: era un patriota, seppure molto blando perché temeva che un rivolgimento radicale potesse mettere in crisi l’insegnamento e la ricerca o, peggio ancora, potesse creare danni al Museo. Per questo suo atteggiamento fu punito, quando Giuseppe Garibaldi occupò Napoli in veste di dittatore. Era troppo noto internazionalmente perché Francesco De Sanctis, delegato alla Pubblica Istruzione che diede disposizioni talmente draconiane da rivoluzionare l’Università di Napoli (29 settembre 1860), lo potesse rimuovere da professore. Gli fu però tolta la cattedra al genio civile e ridotta la cattedra universitaria alla sola mineralogia, ma con la direzione del relativo Museo. La cattedra di geologia – prima in Italia – fu assegnata a Guglielmo Guiscardi, già suo assistente, che diresse anche il Museo di geologia, il cui primo nucleo furono reperti paleontologici sottratti al Museo di mineralogia.
Non appena la dittatura cessò e il Napoletano fu integrato nel Regno sabaudo, Scacchi fu nominato senatore (20 gennaio 1861). Il governo regio gli assegnò anche un contributo per acquistare un moderno goniometro che sostituisse quello che, nel 1845, gli aveva donato Lavinio Spada de’ Medici e con il quale aveva potuto eseguire misure migliori di quelle ottenibili con il goniometro prestato da Monticelli a Pilla. Dal 1855, intanto, gli interessi scientifici di Scacchi erano cambiati. Dallo studio su come evolve l’attività vulcanica, era passato a studiare le modalità di formazione e di crescita dei minerali. In parte, li sintetizzava egli stesso nella cucina di casa e tenendo i cristallizzatori in camera da letto; in altra parte se li faceva dare dai colleghi chimici. Di questi cristalli sintetici eseguiva lo studio goniometrico e, sulla base del confronto di misure sistematiche, ne traeva conclusioni che, per il suo tempo, furono anticipatrici di una legge fisica generale: il concetto di ‘poliedria’, inteso come crescita di numerose faccette di forme diverse, ma di poco inclinate tra loro da mettere in relazione con la velocità di crescita nelle diverse direzioni assiali dei cristalli. Inoltre, individuò nel tartrato d’ammonio e potassio sintetico la classe pediale, teoricamente prevista, ma fino ad allora mai riscontrata.
Gli sfuggirono, però, due concetti generali di ben maggiore importanza: l’asimmetria intrinseca della molecola di molti composti organici (come nel toluene, che egli aveva misurato) dovuta alla presenza di un atomo di carbonio asimmetrico (deviazione su cui lavorerà Louis Pasteur) e l’influenza reciproca che due o più cationi presenti insieme nelle soluzioni in via di evaporazione hanno sulle forme dei cristalli che da esse precipitano (teoria sviluppata poi da Gustav Tschermak).
Nel triennio 1865-67 fu rettore dell’Università di Napoli e nel 1867 inviò all’Esposizione universale di Parigi una raccolta di cristalli sintetici che fu premiata con una medaglia d’argento. La ripresa di attività eruttiva del Vesuvio nel 1870 indusse Scacchi a lasciare i cristalli sintetici e a riprendere l’esame dei minerali e, in particolare, di quelli delle fumarole. Il 1872 fu l’anno mirabile per questi studi, che resero Scacchi indimenticabile come il fondatore della mineralogia dei sublimati vulcanici: egli descrisse una trentina di specie nuove, 16 delle quali sono tuttora valide.
Nel 1875 fu eletto presidente della Società italiana delle scienze, detta dei XL, allora la più prestigiosa associazione italiana di scienziati, anche se sulla via di un lento declino per un’azione dilatoria del suo segretario perpetuo, Pietro Marianini, che era residente a Modena e si opponeva alla proposta del ministero dell’Istruzione, Ruggero Bonghi, di confluire in un’accademia nazionale residente a Roma, diventata capitale d’Italia. Il suo posto, infatti, fu preso dall’Accademia dei Lincei presieduta da Quintino Sella. Scacchi trasferì la sede della Società dei XL a Roma e cercò di rianimarla riformandone lo statuto, ripristinando la pubblicazione delle Memorie e l’assegnazione delle medaglie-premio. Fu rieletto altre due volte, per complessivi 18 anni, fino a quando non risultò del tutto impedito dall’aggravarsi di una malattia manifestatasi fin dal 1886.
In questo periodo egli pubblicò poco, ma seppe dare un esempio di proficua interazione tra mineralogia e geologia in memorie che contengono non solo dati di prima mano, in cui sono descritti anche nuovi ritrovamenti di minerali soprattutto fluoriferi, ma che cercano anche di dimostrare il ruolo che un componente volatile come il fluoro ha nell’attività vulcanica. Inoltre, non trattano solo il complesso Somma-Vesuvio, ma anche il Tufo giallo napoletano e il Tufo grigio campano, vale a dire tutta l’attività vulcanica campana del Quaternario.
Scacchi fu un autodidatta in tutti e tre i settori scientifici che praticò (mineralogia, cristallografia e vulcanologia) e, come tale, commise errori in ciascuno di essi e gli sfuggirono implicazioni teoriche che, se sviluppate, lo avrebbero fatto eccellere nel mondo scientifico, ma fu un lavoratore indefesso, caparbio ed entusiasta. Fu membro di numerose accademie e fu decorato con varie onorificenze, anche altissime, ma sue massime soddisfazioni furono la famiglia e la ricerca nel suo Museo. La scacchite, MnCl2, dedicatagli nel 1869 dal francese Gilbert-Joseph Adam, testimonia la stima di tutto l’ambiente mineralogico internazionale nei suoi confronti.
Morì a Napoli l’11 ottobre 1893.
Opere. Tra i suoi scritti si ricordano: Della brocchite: sunto di una memoria letta alla R. Accademia di Napoli il 3 dicembre 1839, in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, 1840, vol. 23, pp. 15 s.; Della voltaite, nuova specie minerale trovata nella solfatara di Pozzuoli, in Antologia di scienze naturali pubblicata da R. Piria e A. Scacchi, 1841, vol. 1, pp. 67-71; Campi ed Isole Flegree - Vesuvio. Specie orittognostiche del Vesuvio e del Monte Somma, in Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze, II, a cura di G. Nobile, Napoli 1846, pp. 377-513; Della humite e del peridoto del Vesuvio, in Atti della R. Accademia delle scienze. Sezione della Società reale borbonica, 1851, vol. 6, pp. 241-273; Memoria sulla poliedria delle facce dei cristalli, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. 2, 1865, vol. 22, pp. 1-94; Contribuzioni mineralogiche per servire alla storia dell’incendio vesuviano del mese di aprile 1872, in Atti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, 1872, vol. 5, pp. 1-35; Contribuzioni mineralogiche per servire alla storia dell’incendio vesuviano del mese di aprile 1872. Parte seconda, ibid., 1873, vol. 6, pp. 1-69; Appendice alle contribuzioni mineralogiche sull’incendio vesuviano del 1872, in Rendiconto della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, 1874, vol. 13, pp. 179 s.; Nuove ricerche sulle forme cristalline dei paratartrati acidi di ammonio e potassio, in Atti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 2, 1884, vol. 1, n. 3, pp. 1-15; La regione vulcanica fluorifera della Campania, ibid., 1888, vol. 3, n. 2, pp. 1-108.
Fonti e Bibl.: F. Raguso - M. D’Agostino, A. S.: pietra miliare. Cristallografia mineralogia vulcanologia, Gravina in Puglia 1993 (con estratti dal diario personale scritto a partire dal 1841); R. De Ceglie, Il carteggio S. e le scienze della Terra in Italia, Lecce 2003. Necrologi: A. Cossa, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, 1893-1894, vol. 29, pp. 4-9; F. Millosevich, in Giornale di cristallografia e mineralogia italiano, 1894, vol. 5, pp. 1-21 (con fotografia e catalogo degli scritti). Commemorazioni anniversarie: F. Zambonini, in Rendiconti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, 1910, vol. 16 (suppl.), pp. 9-33; A. Mottana, in Memorie di scienze fisiche e naturali. Rendiconti della Accademia nazionale delle scienze detta dei XL, s. 5, 1993, vol. 17, pp. 45-74 (con copia del certificato di nascita ed elenco cronologico di 116 pubblicazioni); Id., ibid., 2010, vol. 34, parte II, pp. 17-29.