SPAGNA, Arcangelo
SPAGNA, Arcangelo. – Nacque a Viterbo nel 1632, da una famiglia che vantava origini nell’aristocrazia romana. Le Letanie op. XVI di Francesco Foggia, dedicate a Spagna nel 1672, recano nel frontespizio il suo stemma nobiliare, da lui stesso disegnato e inciso. La presunta nascita in Roma (convintamente sostenuta da Herczog, 2013, p. 70) è contraddetta dal frontespizio della prima stampa di un’opera sua (Il santo Eustachio, Spoleto 1671), che lo indica come «Arcangelo Spagna da Viterbo». L’anno di nascita si desume dall’aprovatione dei suoi Fasti sacri (Roma 1720), redatta da Giovanni Battista Grappelli, che ben conosceva l’autore, da lui definito «un sacerdote di ottant’otto anni» (p. VI; la più dettagliata notizia sulla famiglia di Spagna è nella successiva premessa al Benigno lettore, p. XIV). Il Luciano Fabiani indicato da Spagna come proprio zio e come «il più antico servitore» che il cardinale Francesco Barberini seniore avesse avuto (Ristretto..., 1712, c. 2r) potrebbe fornire l’indicazione del cognome materno.
Come l’autore dichiarò poi nella dedicatoria dei Melodrammi scenici (Roma 1709) al cardinale Francesco Barberini iuniore, egli venne «compatito alla sua familiare ed intrinseca servitù» (scil. del prozio del dedicatario) «per lo spatio di anni 23» (p. IV), il che fa risalire al 1656 il principio di tale incarico, che nelle ricevute mensili e nei «rolli» annuali della «famiglia» del cardinale è documentato dal maggio 1659 al febbraio 1679.
Nel Discorso intorno a gl’oratorii incluso negli Oratorii overo Melodrammi sacri (Roma 1706, rist. anast. a cura di J. Herczog, Lucca 1993) Spagna collocò all’anno 1656 La prudenza tra i perigli nell’historia di Debora, l’oratorio che a suo dire avrebbe segnato l’avvio dell’istituzione di un «perfetto melodramma spirituale» (I, pp. 6 e 8; rist. 1993, pp. 7 s.); la prima attestazione del lavoro, con il titolo Oratorio della morte di Sisara, risale però al 1670 (Morelli, 1986, p. 99, n. 193, p. 88, n. 107, nel 1678). La prima esecuzione aveva avuto luogo in S. Girolamo della Carità, e il musicista, non menzionato, potrebbe essere stato Foggia, che di quell’oratorio romano fu poi maestro di cappella dal 1661 al 1675. Il testo infine dato alle stampe (in questo come in tutti gli altri casi) fu il frutto di una successiva rielaborazione da parte dell’autore.
Un’altra data rilevante in questa prima fase dell’attività drammaturgico-musicale di Spagna fu il 1663: l’autore s’indirizzò alle vite dei santi, «ricercandovi nuovi soggetti» rispetto a quelli veterotestamentari, e rappresentò «le attioni del nostro santo Alessio nobile romano, intitolandolo Il pellegrino nella patria» (Discorso..., 1706, pp. 7 s., rist. 1993, p. 8); e anzi, con un sia pur lieve anacronismo, si attribuì il merito d’aver inaugurato il sottogenere dell’oratorio agiografico.
All’altezza del 1672, con la sola eccezione del già ricordato «dramma musicale» Il santo Eustachio edito l’anno precedente, la produzione di Spagna era ancora interamente manoscritta, ma la sua duplice configurazione, divisa tra il genere oratoriale e il genere comico, era già ben delineata, come attesta la dedicatoria delle citate Letanie di Foggia.
Nel 1675 apparve la prima stampa della commedia La dama folletto, overo Le larve amorose, andata in scena a palazzo Farnese probabilmente nel carnevale successivo (Franchi, 1988, p. 483, n. 13; Id., 1994-2002, I, p. 418, n. 17); rielaborata con il titolo Il vero incanto è l’amore, sarebbe poi stata rappresentata al Collegio Salviati nel carnevale del 1711 e ristampata. Si trattò della versione italiana di una fortunata comedia di Pedro Calderón, La dama duende: testimonianza di una prassi e di un gusto che avrebbero privilegiate ulteriori opere di questo e di altri commediografi del siglo de oro.
Del 1677 è la prima attestazione dell’Oratorio di Susanna (Morelli, 1986, p. 80 n. 34), mentre all’anno successivo risale la prima testimonianza a stampa di una delle attività in cui Spagna fu poi intensamente impegnato, ossia le adunanze dell’accademia romana degli Infecondi (nella quale figurava come «il Risoluto»): in due delle sillogi poetiche dell’accademia comparve con proprie composizioni (due odi, in Poesie, Venezia 1678, pp. 24-26, 27 s.; quattro sonetti, in Poesie, Venezia 1684, pp. 16-19). Testimonia l’intensa dedizione al sodalizio da lui promosso il «Discorso recitato nella sua Accademia il giorno 25 di luglio 1700», dove egli ripercorse l’Origine de gl’Infecondi (in Oratorii, cit., II, pp. 230-243, rist. 1993, pp. 83-85).
L’orizzonte erudito e antiquario congeniale a Spagna, in particolare durante il servizio presso il cardinale Barberini seniore, lasciò una traccia significativa nella vita e nella fama dell’autore: ebbe infatti la sorte di dissotterrare, nella località Torre Messer Paoli, presso Marino (nel territorio dell’antica città di Bovillae), la Tabula Iliaca poi custodita nei Musei Capitolini di Roma – donde la denominazione Capitolina –, ritrovamento avvenuto non molti anni prima che fosse stampata la Explicatio veteris Tabellae anaglyphae... di Raffaele Fabretti (1683, p. 316). Considerato che nel 1671 il cardinale Francesco cedette ai Colonna il territorio in cui era avvenuto il ritrovamento, tale anno è stato indicato come «a possible terminus ante quem [...] for his [i.e., Barberini’s] and Spagna’s activity there» (Petrain, 2014, p. 142).
Nel febbraio del 1689, alla presenza dei cardinali Carlo Barberini e Benedetto Pamphili, andò in scena nel palazzo alle Quattro Fontane, dimora di Urbano Barberini principe di Palestrina, il dramma musicale La gelosa di se stessa, su un soggetto desunto da La celosa de sí misma di Tirso de Molina. S’ignora l’autore della musica, di cui resta la partitura adespota nella Biblioteca apostolica Vaticana (Barb. lat. 4213-4215, con varianti nel testo drammatico). La presenza di alcune parti staccate nell’archivio musicale Borromeo all’Isola Bella avvalora l’ipotesi che il dramma sia stato allestito in occasione dello sposalizio di Camilla Barberini, figlia di Maffeo (e dunque nipote di Carlo e sorella di Urbano), con Carlo Borromeo Arese. Il dramma è tradito da due testimoni mss. (Barb. lat. 3862, cc. 26r-55v; Barb. lat. 3895, cc. 47r-76v) e due a stampa (Roma 1689 e 1709).
Non si sa per quanto tempo Spagna abbia atteso al servizio del cardinale Carlo (Stefano Anastasio) Ciceri, comasco, il secondo dei tre – dopo Barberini seniore e prima di Pietro Ottoboni – di cui sarebbe stato familiaris a detta della perduta sua epigrafe funebre (già in S. Giovanni della Malva, in Trastevere), a meno di non ipotizzare un’erronea trascrizione del cognome del porporato (Galletti, 1760, p. CCCLXV n. 25; poi riprodotta in Forcella, 1877, IX, p. 354 n. 733): con assai minori difficoltà lo si potrebbe infatti identificare in Carlo Cerri, sodale di lunga data di Barberini seniore. A voler tuttavia accogliere l’indicazione relativa a Ciceri, si dovrebbe ipotizzare per un verso che Spagna ne avesse seguiti gli interessi presso la Curia, per l’altro ch’egli salutasse di buon grado lo spostamento dal servizio presso di lui (verisimilmente incentrato su questioni tutt’altro che drammaturgiche e musicali) a quello di ‘mastro di casa’ di un patrono a lui assai più consentaneo quale Pietro Ottoboni, fin da prima della promozione cardinalizia di quest’ultimo (7 novembre 1689).
Con l’elevazione al soglio di Clemente XI Albani (1700), legato congiuntamente ai Barberini e agli Ottoboni, la presenza di Spagna sulla scena culturale romana conobbe un’impennata in particolare sotto il profilo editoriale, con il varo della stampa degli opera omnia: i due libri degli Oratorii (1706), dedicati rispettivamente al papa e a Ottoboni (con 24 oratori italiani, di cui l’ultimo è una nuova versione del già ricordato melodramma su sant’Eustachio, e uno latino); i sei Melodrammi scenici [...] preceduti da un Discorso in difesa della comedia (1709), dedicati al cardinale Barberini; gli oratori XXV-XXX (1711-1716); e dodici Comedie in prosa, in tre libri (1711-1717), dedicati rispettivamente a monsignor Giovanni Ottoboni, a Lodovico Sergardi e «a chi legge».
Morì a Roma il 3 maggio 1726.
Riguardo all’autoproclamata istituzione del genere oratoriale come «perfetto melodramma spirituale», l’autore ne ripercorse i tratti salienti nel citato Discorso nonché nell’Appendice al fatto Discorso (ed. in Sarnelli, 2002, pp. 195-197). In un’ottica tanto retrospettiva quanto sincrona, e in evidente consonanza con gli indirizzi di poetica drammaturgica perseguiti dal cardinale e arcade Pietro Ottoboni, Spagna codificò in dettaglio intenti compositivi e prassi esecutive ormai consolidati e almeno in parte già tracciati da Giovan Mario Crescimbeni nei Comentarj [...] intorno alla sua Istoria della volgar poesia (I, Roma 1702, pp. 256-258; corrispondente a L’Istoria della volgar poesia, I, Venezia 1731, pp. 312-314), il quale però passò curiosamente sotto silenzio l’attività librettistica di Spagna. Le due ricostruzioni hanno in comune: il punto di vista storicistico (G.M. Crescimbeni, Comentarj..., cit., p. 256; L’Istoria..., cit., p. 312: gli oratori sono «poesie già miste di drammatico e di narrativo, ed ora tutte drammatiche, che si cantano con musica, e contengono o morale o sacro argomento»; A. Spagna, Discorso..., cit., p. 4, rist. 1993, p. 7: ai primi passi del nuovo genere era mancato «alquanto per l’intiera perfettione, e per constituire un sacro melodramma»); l’individuazione delle scaturigini del genere in termini sia devozionali (la Congregazione filippina dell’Oratorio) sia letterari (i due oratori di Francesco Balducci, Il trionfo e La fede; G.M. Crescimbeni, Comentarj..., cit., pp. 256 s.; L’Istoria..., cit., pp. 312 s.; A. Spagna, Discorso..., cit., pp. 2-4, rist. 1993, p. 7); il riferimento all’abolizione della figura del Testo, ossia di quella parte meramente narrativa che, alla stregua dell’Evangelista nel racconto della Passione, forniva in origine l’ordito di fondo a una tessitura dialogica intermittente (G.M. Crescimbeni, Comentarj..., cit., p. 257; L’Istoria..., cit., p. 313), abolizione di cui Spagna volle attribuirsi il primato con il proprio già menzionato «Oratorio di Debora» del 1656 (Discorso..., cit., pp. 4-7, rist. 1993, pp. 7 s.), mentre di fatto egli aveva accolta e sistematizzata una formula integralmente dialogica già prima d’allora presente nell’ambito oratoriale romano (cfr. Speck, 2003, p. 422); infine la rassegna conclusiva dei «buoni autori» (G.M. Crescimbeni, Comentarj..., cit., p. 257; L’Istoria..., cit., p. 313; A. Spagna, Discorso..., cit., pp. 19 s., rist. 1993, p. 10), da Crescimbeni arricchita di quelle sintetiche notazioni strutturali e poetiche che invece Spagna volle affrontare partitamente, con uno speciale fervore nella difesa della rima (ne raccomandò l’uso anche nei recitativi, sull’esempio dei drammi musicali agiografici di Giulio Rospigliosi; cfr. Discorso..., cit., pp. 9-14, rist. 1993, pp. 8 s.; e l’intera Appendice). Tali consonanze, unite alla dichiarazione con cui l’autore diede avvio al Discorso («Difficile impresa è certamente il discorrere sopra una materia della quale niuno per prima abbia scritto»; p. 1, rist. 1993, p. 7), avvalorano l’ipotesi di un’implicita polemica a distanza fra i due letterati, che peraltro ben si accorderebbe con l’invero sorprendente assenza di Spagna dall’Accademia dell’Arcadia fondata e presieduta da Crescimbeni.
Opere. Mss.: per l’Oratorio della morte di Sisara... e l’Oratorio di Susanna a 5 voci..., cfr. Morelli, 1986, p. 99 n. 193 (e p. 88 n. 107), p. 80 n. 34 (e p. 91 n. 152); I dui luminari del Tebro (1700), partitura, Cambridge, King’s College, Rowe Music Library, 206; Ristretto della vita dell’em.mo sig.r card.e Francesco Barberino decano del Sacro Collegio e vicecancelliere di Santa Chiesa (datato 1° settembre 1712, c. 1r), Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio Barberini, Indice I, 747.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio Barberini, Computisteria, 144, cc. 117r, 119r, 120r, 122r, 124v, 126v, 128v, 131r, 146, cc. 2r, 5r, 6v, 8v, 10r, 12r, 15r, 17r, 19r, 21r, 23r, 24v, 27v, 29r, 31r, 33v, 37r, 40r, 42v, 44v, 46v, 49r, 51r, 53r, 55r, 57r, 59r, 61r, 63v, 66v, 67v, 69v, 71v, 73v, 75v, 77r, 79v, 81v, 83v, 85v, 87v, 89v, 91r, 93r, 95v, 98r, 100v, 103r, 105v, 109r, 110r, 112r, 114r, 116r, 118v, 120v, 123v, 124v, 126v, 131r, 147, cc. 2r, 4r, 5r, 7v, 10v, 13v, 16v, 19v, 22v, 25v, 28r, 30v, 33r, 35v, 38r, 40r, 42r, 44r, 46r, 48r, 50r, 54r, 57v, 60r, 62r, 64r, 66r, 68r, 70r, 72r, 76v, 79r, 80r, 83r, 86r, 89r, 92r, 95r, 98v, 100v, 103r, 106r, 109r, 111r, 113v, 117r, 118v, 177, cc. 19, 35, 47, 63, 75, 92, 102, 109, 120, 149, 166, 187, 202, 219, 233, 248; Computisteria Ottoboni, 13 (1689)-82 (1724).
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