ARCELLI
. Ramo della famiglia piacentina dei cattanei da Fontana, padrone del castrum di Arcello nella Val Tidone: donde il nome. Primo appare in un documento del 1132 Anrico e nel corso del sec. XII i fratelli Pagano e Arnaldo, consoli del comune piacentino l'uno nel 1168 e 1181, l'altro nel 1174, e Lanfranco, preposto della basilica di S. Eufemia (1192); nel sec. XIII, Giacomo, pretore a Benevento per il papa Gregorio X (1272) e capitano del popolo a Reggio (1285), Gherardo, pretore a Cremona (1281) e podestà a Lucca (1284), e, figura cospicua fra tutte, Gandolfo, ricchissimo mercante vissuto lungamente a Parigi, dove morì nel 1301, lasciando un gran numero di legati a chiese, monasteri, ospedali e privati. Il fratello di lui, Leonardo, fu nel 1310 dei rettori di Piacenza. Avversario di Galeazzo Visconti, assediato da lui in Borgonovo dovette capitolare ed ebbe salva la vita per intercessione del pontefice, pagando una grossa taglia (1318). Fatto prigioniero sotto le mura di Bardi (1321), fu condannato al carcere perpetuo; riapparve nel 1328 ambasciatore dei Piacentini al papa Giovanni XXII, dal quale ottenne (1331), a risarcimento dei danni arrecatigli dal Visconti, un breve di ricostituzione del mercato di Borgonovo. Allo stesso pontefice, in Avignone, Ubertino, con altro ambasciatore, recò (1331) l'atto col quale i Piacentini si sottomisero alla Santa Sede.
La famiglia, di tradizioni guelfe, ebbe il rappresentante più insigne in Filippo (v. IV, p. 20). Valido collaboratore di lui nell'attività spiegata prima a favore e poi contro Filippo Maria Visconti fu il fratello Bartolomeo, anch'egli conte della Val Tidone, il quale, caduto prigioniero delle milizie viscontee, fu fatto impiccare (1418) insieme col figlio di Filippo, Giovanni. Un altro figlio di Filippo, Lazzaro, confermato nel 1450 dal duca Francesco Sforza nel feudo della Val Tidone, lasciò eredi i figli Cesare e Torquato, i quali, passati a Napoli, vi continuarono il ramo degli Arcelli Fontana della Val Tidone. Martino, Antonio e Bartolomeo, cugini del grande Filippo, per la loro fedeltà ai Visconti furono creati nel 1408 da Giovanni Maria conti delle terre di Monteventano, Montebissago e Veratto, che i loro ascendenti avevano acquistato dai Confalonieri. Da Martino deriva il ramo degli A. Fontana di Veratto, da Bartolomeo quello degli A. Fontana di Sant'Imento: entrambi estinti; da Antonio il ramo, tuttora vivente, degli A. Fontana di Monteventano e Montebissago. Da altri cugini di Filippo si diramano, nel sec. XV, le linee minori degli A. Fontana di Pavarano, Moraghi, Castellaro, Corticelli; mentre un discendente del ramo di Monteventano, Paolo Camillo di Ettore, darà inizio nel 1650 alla linea degli A. Fontana marchesi di Moncasacco. Dello stesso ramo monteventanese furono Giovanni, nominato cavaliere da Francesco I di Francia, il pronipote di lui Marco Antonio I, inviato dal duca Odoardo Farnese alla corte di Modena (1640), e, tra quelli che furono chiari per dottrina, Lucio Emilio (1669-1714), poeta arcade della colonia trebbiense. Varî membri degli A.F. furono fra i componenti della classe fontanese, una delle quattro classi del Consiglio generale del comune di Piacenza costituite nel '500.
Bibl.: Oltre alle storie piacentine di U. Locati, P. M. Campi, C. Poggiali, G. V. Boselli, cfr.: G. Musso, Cronicon Placentinum, in Rer. Ital. Scrip., XVI; G. P. Crescenzi, Corona della nobiltà d'Italia, Bologna 1639-42; L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza 1899. Su Gandolfo, v. C. Piton, Les Lombards en France et à Paris, Parigi 1892.