arche
Dal gr. ἀρχή «principio, origine», termine il cui uso risale ai primordi della tradizione filosofica. La scuola ionica designa infatti con il nome di a. la sostanza primordiale, da cui pensa derivate tutte le cose. Il termine conserva però qui il suo originario significato temporale. Ma la priorità cronologica è insieme priorità di valore, in quanto il «principio» si presenta come più reale di tutte le cose che ne derivano, e anzi come unica vera realtà, le cose particolari potendo anche apparire come sue apparenze transitorie. Il termine a. viene così ad assumere il significato più generale di «fondamento» o «ragion d’essere»: e già Platone parla, per es., di un «principio del divenire» e di un «principio del movimento» in senso essenzialmente ideale (per quanto dall’ordine ideale dipenda poi anche l’ordine temporale). Tuttavia la fortuna del termine è soprattutto legata all’opera di Aristotele. Questi, adopera il termine a., da un lato, come equivalente di αἰτία («causa»), dando anche il nome di «principi» ai momenti metafisici determinanti l’essere e il divenire delle cose, e consolidando così il significato più propriamente realistico e metafisico del termine (così si parlerà, per es., nel Medioevo di principium individuationis, per designare il fondamento metafisico dell’individualità del reale). Poiché, d’altra parte, l’ordine logico corrisponde all’ordine reale, e la dimostrazione delle verità scientifiche deve quindi partire da «principi», questi sono i fondamenti indimostrati che è necessario postulare all’inizio di ogni dimostrazione, ossia i «principi dell’apodissi», le «premesse immediate» che la conoscenza noetica fornisce, come punto di partenza, alla deduzione dianoetica. Con lo stesso nome Aristotele indica peraltro i principi che governano l’apodissi, in quanto determinano le supreme norme logiche a cui essa deve obbedire, i cosiddetti «principi logici», riassunti essenzialmente nella ἀρχή τῆς ἀντιφάσεως ο principium contradictionis.