archeologia preventiva
archeologìa preventiva locuz. sost. f. – Settore della ricerca archeologica che concilia la tutela del patrimonio con le esigenze operative di interventi edilizi, estrattivi o relativi a grandi opere infrastrutturali, che comportano lavori di scavo. L’affermazione del termine è legata allo sviluppo legislativo in materia, che dal punto di vista della pratica archeologica segna l’evoluzione dal concetto di interventi di emergenza a quello di interventi preventivi e, dal punto di vista della tutela, propone strumenti più idonei rispetto al vincolo puntuale, inefficace nel caso di lavori a scala territoriale. Nel 2004, il Codice dei beni culturali e del paesaggio (v.) aveva già previsto all’art. 28, in caso di realizzazione di opere pubbliche ricadenti in aree di interesse archeologico, la possibilità da parte del soprintendente territorialmente competente di richiedere l'esecuzione di saggi archeologici preventivi a spese del committente dell'opera stessa. Con la l. 109/2005, poi recepita negli artt. 95-96 del d. lgs. 12 apr. 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), è stabilita la necessità di effettuare la verifica preventiva dell'interesse archeologico e sono specificate le procedure da adottare, che regolamentano la fase preliminare e forniscono le linee d'indirizzo per la parte esecutiva. La procedura preliminare, che impone alle stazioni appaltanti di trasmettere al soprintendente copia del progetto dell’intervento corredata dagli esiti delle analisi preliminari, prevede sul piano archeologico diversi tipi di indagine: la raccolta dei dati di archivio e bibliografici, le ricognizioni di superficie sulle aree interessate dai lavori, la lettura della geomorfologia del territorio e, per le opere a rete, la fotointerpretazione. Con d. m. 20 mar. 2009 n. 60, si è anche provveduto a disciplinare i criteri per la tenuta e il funzionamento, presso la Direzione generale per i beni archeologici del Ministero per i Beni e le attività culturali, dell’elenco degli istituti e dei dipartimenti archeologici universitari, nonché dei soggetti qualificati all’attività di raccolta ed elaborazione dei dati per operare la verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare. L'iscrizione all’elenco e il suo aggiornamento sono però attualmente sospesi. Per quanto concerne la parte esecutiva della procedura, essa è subordinata all’emersione di elementi archeologicamente significativi e si articola in due fasi: la prima integra la progettazione preliminare con l’esecuzione di carotaggi, prospezioni geofisiche e geochimiche, saggi archeologici a campione; la seconda integra la progettazione definitiva ed esecutiva con l’esecuzione di sondaggi e scavi, anche in estensione. Le fasi di indagine si concludono con la redazione di una relazione archeologica definitiva, che colloca l'area interessata dai lavori all'interno di una precisa gerarchia: contesti in cui lo scavo conclude l’indagine; contesti in cui si possono effettuare interventi di reinterro, smontaggio-rimontaggio e musealizzazione in altra sede rispetto a quella di rinvenimento; e infine complessi di particolare rilevanza storico-archeologica da sottoporre a tutela complessiva. Al di là degli aspetti normativi connessi al problema dell’impatto delle opere pubbliche di nuova realizzazione sul patrimonio archeologico ancora sepolto e alla necessità che committenti e progettisti incarichino archeologi esperti nel redigere una valutazione di impatto archeologico (VIArch), l’a. p. è l’esito di una prassi operativa già in uso in Italia, che si avvale degli strumenti tradizionali dell’archeologia non solo a fini di ricerca e quindi di acquisizione delle conoscenze, ma anche per valutare in via preventiva le potenziali minacce al territorio e ai centri urbani, aumentate dall’incremento dei problemi di mobilità urbana e di infrastrutturazione territoriale. Tale prassi, messa in opera già da tempo dalle soprintendenze per i beni archeologici, ha trovato il suo più importante banco di prova in Italia nei lavori per la realizzazione delle reti metropolitane e soprattutto della linea ferroviaria ad alta velocità, che hanno previsto indagini preventive e interventi di scavo sistematici ed estensivi dalla Lombardia fino alla Campania. La VIArch può trovare termini di confronto per procedure e soluzioni nelle direttive europee per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e per la valutazione ambientale strategica (VAS), recepite in Italia nel d. lgs. 3 apr. 2006 n. 152 (Norme in materia ambientale) e necessita per la sua attuazione di forme di collaborazione tra ministeri, università, regioni e enti territoriali, con un comune sforzo per coordinare conoscenza, tutela e pianificazione territoriale. A livello europeo è stata senz’altro trainante l’esperienza francese, dove il termine a. p. compare per la prima volta già alla fine degli anni Settanta. Qui, nel 2002, è stato creato l’INRAP (Institut national de recherches archéologiques préventives), un istituto pubblico di ricerca sotto la tutela del Ministero della Cultura e della comunicazione e del Ministero della Ricerca, che ha lo scopo di assicurare la localizzazione e lo studio del patrimonio archeologico interessato dai lavori di pianificazione territoriale, in base al principio pollueur-payeur (inquinatore-pagatore), e al contempo di operare per la diffusione e la valorizzazione dell’archeologia presso il grande pubblico. L’INRAP coordina anche il progetto ACE (Archaeology in contemporary europe: professional practices and public outreach), con il supporto del Programma cultura 2007-2013 della Commissione Europea, una rete internazionale a cui partecipa anche l’Italia che, basandosi sul processo di sviluppo dell’archeologia innescato dall’accelerazione dei lavori infrastrutturali, si confronta su quattro tematiche principali: la ricerca del significato del passato, le pratiche comparative nell'archeologia, la professione dell'archeologo, il contatto con il pubblico.