ARCHIDAMO ('Αρχίδαμος, Archidāmus)
Nome di alcuni re spartani della famiglia degli Euripontidi.
1. Archidamo I. - Figlio e successore di Anassidamo, regnò circa il 600 a. C. (Paus., III, 7, 6).
2. Archidamo II. - Figlio di Zeussidamo, che premorì al padre Leotichida, salì al trono di Sparta nel 469 a. C., quando l'avo, in seguito a un processo per corruzione, andò esule a Tegea, dove egli, secondo una notizia non del tutto indegna di fede, l'avrebbe accompagnato. Nel terremoto che avvenne durante il quarto anno del suo regno, avrebbe prevenuto il pericolo di un'invasione degl'Iloti e di una parte dei perieci con l'aver fatto prontamente sonare a raccolta e con l'aver messo tutti i cittadini in assetto di guerra, di guisa che gl'Iloti e i perieci, avendoli trovati disposti a combattere, si sarebbero ritirati. Questa narrazione è di autenticità più che dubbia, ed è sbocciata da quella fioritura aneddotica che accompagna sempre i più grandi avvenimenti e i personaggi che vi furono implicati. Quando minacciava la rottura tra Sparta e Atene, nel 431, Archidamo si adoperò perché la pace non venisse rotta, ma, deliberata la guerra, guidò nel 431 la prima invasione nell'Attica; anche allora sperò che si potesse venire a un componimento, essendo legato con Pericle da vincoli d'ospitalità. Condusse la seconda invasione nel 430, nel 429 andò contro Platea, nel 428 guidò nuovamente l'invasione nell'Attica. Siccome l'invasione nel 427 venne effettuata da Clemene, tutore di Pausania, figlio di Plistoanatte, è da presumersi che A. fosse morto, o gravemente infermo, e siccome nel 426 condusse la spedizione il figlio Agide, A. morì certamente non più tardi della primavera del 426. Per quanto appare dalla condotta tenuta nell'occasione della guerra con Atene, A. sembra essere stato un principe di spirito molto equilibrato. Egli avversò la guerra con Atene non tanto per ragioni sentimentali, quanto perché comprendeva le gravi incognite a cui si andava incontro; poiché la superiorità militare di Sparta non bastava a compensare le deficienze provenienti dalla finanza e dalla struttura sociale spartana. E gli avvenimenti gli dettero ragione, poiché nel 421 si venne ad una pace sulla base dello statu quo, e Atene dopo il disastro di Sicilia si rialzò potente quanto prima. Se Archidamo abbia posseduto un vero talento militare, non si può né affermare né negare, giacché ebbe o a combattere contro le schiere disordinate degl'Iloti, o a condurre invasioni in cui non trovò resistenza.
Fonti: Erodoto, VI, 71; Diodoro, XI, 48, 1. Per la partecipazione di A. all'esilio in Tegea con l'avo Leotichida: Pausania, III, 7, 10. Per la sua azione nella ribellione degl'Iloti: Diodoro, XI, 63, 5; Plutarco, Cimone, 16; Tucidide, I, 101, 2; Pausania, IV, 24; Scolio alla Lisistrata d'Aristofane, 1244. Relazioni d'ospitalità con Pericle: Tucidide, II, 16 segg. Per il suo contegno al principio della guerra con Atene: Tucidide, II, 10, 3 segg.; 18; 20; 47; 74; III, 1; 26; 2; 89; Plutarco, Pericle, 33.
Bibl.: G. Grote, History of Greece, Londra 1907, V, 115; G. Busolt, Griech. Geschichte, 2ª ed., III, ii, Gotha 1904, p. 454 segg.; E. Meyer, Geschichte des Altertums, IV, Stoccarda 1901, pp. 233-416; J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., II, i, Strasburgo 1914, pp. 304-326.
3. Archidamo III. - Figlio e successore di Agesilao, nato intorno al 400, salì al trono all'età di circa 40 anni, poiché Agesilao morì nel 361. Ma la sua attività fu considerevole anche come principe reale. Lo si trova la prima volta quando, insieme col re Cleombroto, intercedette per l'assoluzione di Sfodria, che aveva tentato un colpo di mano sul Pireo mettendo Atene nella necessità di fare la guerra. Nella battaglia di Leuttra, al posto del padre vecchio e malato, riordinò come poté l'esercito sgominato e operò come meglio era possibile la ritirata. Anche dopo l'invasione di Epaminonda nel Peloponneso, diede prova di talento militare e coraggio, assalendo insieme col corpo di truppa mandato da Dionisio di Siracusa e devastando la parte orientale dell'Arcadia, nella quale circostanza sottomise Carie e devastò la Parrasia. Quando Arcadi, Argivi e Messeni tentarono, in seguito al ritiro del contingente siciliano, richiamato da Dionisio, di tagliare all'esercito spartano la ritirata, Archidamo inflisse loro nel 368 una notevole disfatta, in cui non morì neanche uno Spartano: onde lo scontro fu chiamato battaglia senza lacrime. Nell'anno 364 assalì, a richiesta degli alleati Elei, l'Arcadia sud-occidentale, e lasciò nella fortezza di Crommio un presidio, il quale fu assediato dagli Arcadi. Archidamo, nel suo tentativo di rompere l'assedio, ebbe un insuccesso, e fu anche ferito. Poco prima della battaglia di Mantinea si adoperò con ardore a difendere Sparta. Agesilao morì nel 361-60, e, come si è detto, Archidamo III gli successe sul trono.
Nei primi anni del suo regno scoppiò la guerra sacra, ed egli fu alleato di Filomelo, secondo una tradizione poco credibile, per essere stato da questo corrotto, insieme con la moglie Dinica. Spesso guidò gli eserciti in tale periodo, ma nell'ultimo anno di guerra, ripudiato da Faleco, l'ultimo duce focese, raccolse i mercenarî focesi, mentre gli veniva domandato aiuto dai Tarantini minacciati e assaliti dai limitrofi popoli barbari, Messapi e Lucani. Non si diresse immediatamente verso l'Italia, ma si recò a Creta, dove rifondò la città di Litto distrutta da Faleco. Venuto in Italia, fu sconfitto e cadde presso Mandurio nel 338, e si volle far coincidere questo avvenimento anche nel giorno con la battaglia di Cheronea (7 metagitnione, secondo mese dell'anno attico). I nemici rifiutarono di restituire la salma, e quasi come compenso i concittadini gli eressero una statua in Olimpia.
La figura di Archidamo III è molto significativa. Guerriero coraggioso e non privo di talento militare, come il padre suo Agesilao, al quale somigliava anche nelle vedute politiche, egli, giovinetto, aveva ricordato che da Tebe era partita la scintilla della guerra di Corinto, e, già maturo, aveva assistito all'incremento di Tebe, che fu più che una minaccia per lo stato spartano: onde si comprende che odiasse Tebe come la odiava suo padre. Egli fu irremovibile nell'affermare i diritti di Sparta su Messene, e ne ebbe il plauso d'Isocrate, il quale gli scrisse un'orazione parenetica. Isocrate diresse a lui anche la nona lettera, in cui l'esortava a procurare la concordia tra i Greci e imitare il padre Agesilao, che aveva avuto l'ardimento di portare guerra ai barbari. Isocrate gli scrisse nell'ottantesimo anno di età, cioè nel 356, quando era scoppiata la guerra sacra, e Sparta si disponeva ad aiutare i Focesi. Isocrate cerca velatamente (se pure non è più esplicito nella parte perduta della lettera) di dissuadere Archidamo da una guerra tanto ingloriosa quanto infeconda, e d'indurlo a riservare la sua attività a una guerra di scopo più alto. Le condizioni della Grecia non permettevano a un re di Sparta di concepire disegni così vasti, e quindi Archidamo fu sordo alle esortazioni di Isocrate.
Fonti: Per la discendenza: Plutarco, Agesilao, 40; Agide, 3; Pausania, III, 10, 4. Per l'incidente di Sfodria: Senofonte, Elleniche, V, 4, 25 segg.; Plutarco, Agesilao, 35. Per la vita fino all'avvento al trono, Senofonte, ibid., VI, 4; VII, 1, 28; 4, 7; 4, 20; 5, 12; Diodoro, XV, 6 (notizia inesatta); 72, 3; Plutarco, Agesilao, 33-34; Giustino, VI, vi, 6; Isocrate, Archidamo, Epistola, IX, 4. Per il periodo posteriore alla sua ascensione al trono: Diodoro, XVI, 24, 39, 59; Pausania, III, 10, 3; 10, 6; Isocrate, l. cit.; Eschine, II, 133. Per la spedizione in Italia e la morte: Diodoro, XVI, 62, 88; Strabone, p. 280; Ateneo, XVI, 536 C., che cita Teopompo (fr. 322, in Fragm. Hist. Graec., I, p. 322; Hellenica Oxyrhynchia, fr. 298), Plutarco, Agid., 3; Camill., 19; Pausania, III, 10, 5; VI, 4, 9.
Bibl.: Arn. Schäfer, Demosthenes und seine Zeit, 2ª ed., II, Lipsia 1886, pp. 190, 361; B. G. Niebuhr, Römische Geschichte, ed. M. Isler, III, Berlino 1874, p. 75 segg., 140; F. Blass, Attische Beredsamkeit, 2ª ed., II, Lipsia 1892, p. 288 segg.; E. Meyer, Geschichte des Altertums, V, Stoccarda 1922 (che lo chiama Archidamo II, forse perché ritiene che invece di Archidamo al principio del sesto secolo abbia regnato Agesilao figlio d'Ippocrate), passim; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., III, i, Berlino 1922, passim.