ARCHILOCHIO
. Si suole chiamare Archilochio, dal nome del poeta nei cui frammenti primo si ritrova, un verso asinarteto (v.), composto di una tetrapodia dattilica acataletta e di un itifallico, -́-̮-̮-́-̮-̮-́-̮-̮-́⌣⌣ -́⌣-́⌣-́-. In Orazio (Carm., I, 4), che lo foggia con cesura dopo la terza arsi e senza iato nella commessura, forma, seguito da una pentemimeri dattilica, (v. dattilici, sistemi e versi), un periodo, che, iterato, costituisce una delle sue strofe tetrastiche, archilochea seconda. Strofa archilochea prima si suol chiamare l'iterazione del periodo esametro dattilico + pentemimeri dattilica.
Versi archilochî usati di seguito sono rari anche nella letteratura greca (l'esempio più noto nel comico Cratino); lunghe serie ne forma soltanto il latino Prudenzio.
Archilochio è chiamata dai metrici anche la tetrapodia dattilica acataletta, che in Archiloco e in Orazio (epodo 12) segue l'esametro dattilico (epodo dattilico). E purtroppo il nome non è limitato a questi metri, ma è talvolta adoperato per l'aristofanio, una forma del dimetro giambico-coriambico -́⌣⌣-́ ⌣-́-́. E anche ad altri metri si trova applicato nella teoria (p. es., al periodo enoplio + itifallico).
Bibl.: F. Zambaldi, Metrica greca e latina, Torino 1882, pp. 439, 210, 385, e le prefazioni a qualsiasi buona edizione commentata delle odi e degli epodi di Orazio (v. orazio).