Domus, archiettura
Nello Statutum de reparatione castrorum (v.) federiciano, oltre i castra sono elencate le domus (v.). Il termine designa sia residenze urbane, sia costruzioni inserite nel paesaggio (v. Loca solaciorum) sia, talvolta, insediamenti agricoli (v. Masserie regie). Le architetture ‒ in parte conservate o tornate alla luce grazie alle ricerche archeologiche, in parte restituibili con l'ausilio delle fonti ‒ variano per impianto e per livello estetico. Al primo posto, per valenza simbolica e prestigio formale, doveva porsi la residenza che Federico edificò nel 1223 a Foggia. In un disegno cinquecentesco della città (Roma, Biblioteca Angelica) c'è la più antica rappresentazione del palazzo, situato al margine del tessuto urbano, in prossimità della Porta Grande (Foggia medievale, 1997). L'edificio longitudinale, alto due piani, si affaccia su una corte ad L, bordata all'interno da costruzioni destinate a servizi. Introduce nella cinta (che si può supporre in origine quadrangolare) una grande arcata, con androne d'accesso, riconoscibile nella veduta prospettica pubblicata dal Pacichelli (1703). Muovendo dal disegno dell'Angelica, Leistikow (1999) avanza un'ipotesi di restituzione, rilevando affinità con la domus di Fiorentino.
Si conservano esigui resti: un archivolto a fogliami su mensole a forma di aquila, proveniente dal portale, e l'iscrizione che celebra l'opera dell'imperatore e riporta il nome del protomagister Bartolomeo da Foggia (cf. F. Magistrale, in Foggia medievale, 1997). La lastra marmorea inscritta si rivela, vista dal retro, un frammento architettonico proveniente forse dall'antica Arpi. Nel profilo a ferro di cavallo, nel fogliame tagliente, nella cornice a denti di sega, l'archivolto rinvia alla decorazione esterna della collegiata di Foggia, confermando la presenza nel cantiere imperiale di maestranze formate nel solco della tradizione romanica. Al palazzo federiciano è attribuibile un semicapitello ottagono a foglie d'acqua lanceolate (nel deposito del Museo Civico), d'impronta cistercense, somigliante ai peducci fogliati visibili al pianterreno di Castel del Monte.
Del palazzo di Orta, Haseloff (1992) riproduce una lastra ornata da un arco dentellato e da un'iscrizione, che egli vide all'esterno della chiesa dei Gesuiti in Orta Nova; la scritta documenta la committenza dell'imperatore e l'opera dell'architetto: "Anseranus. p[r]otomagi[s]t[er] palacii". Nella cornice intagliata a zig-zag si coglie qualche somiglianza con l'opera di Bartolomeo da Foggia. In un'altra epigrafe (scomparsa già al tempo di Haseloff) relativa al palazzo, si leggeva che Federico II, imperatore romano, re di Sicilia e di Gerusalemme, hoc opus pecunia sua Horta construi fecit. Citato come castrum-domus-palacium, l'edificio fu ampliato da Manfredi e restaurato da Carlo I. Nel Seicento i Gesuiti edificarono nella stessa area il loro complesso, cancellando (o inglobando) i resti della vecchia costruzione.
La residenza di Apricena, prediletta da Federico durante le soste d'inverno e di primavera, era ancora in piedi nel sec. XVI (Alberti, 1561, p. 224). Ridotta in rovina per il terremoto del 1627, fu soppiantata nel 1658 dal palazzo feudale costruito da Scipione Brancia. Nel fossato e in parte delle strutture (che includono un torrione cilindrico) s'indovina la monumentalità dell'impianto medievale. Anche qui un segno indiretto dell'attività dei Cistercensi si individua nei semicapitelli a crochets di fine fattura salvati dalla rovina del vicino santuario di S. Maria della Rocca, oggi in deposito presso il Comune.
Sorto su una collina (m 552 s.l.m.) al confine tra Basilicata e Puglia, Monteserico era un centro fortificato già nel sec. XI. Al sec. XIII risale il castello citato come domus nello Statutum de reparatione castrorum. Esso dominava il territorio e l'abitato disteso sul versante meridionale del colle, in progressivo abbandono già in età aragonese (Masini, 1998). L'edificio consta di una torre a base quadrata cinta da un quadrilatero concentrico (m 27,75 per lato) formato da cortine murarie e corpi di fabbrica. Analogo impianto doveva presentare in origine la domus di Cisterna, nei pressi di Melfi (Sciara, 1997).
I resti delle domus di Fiorentino e di Ordona, due dei villagesdésertés della Capitanata, sono tornati alla luce negli ultimi decenni grazie alle campagne di scavo (Federico II e Fiorentino, 1985; Calò Mariani, 1992, con bibl.). Subito dopo il Mille, lungo la frontiera settentrionale della Puglia una corona di città (Civitate, Dragonara, Fiorentino, Montecorvino, Tertiveri, Troia e altre) nacquero o rinacquero come materializzazione della politica territoriale bizantina. Esse furono abbandonate nel tardo Medioevo (a eccezione di Troia). Le testimonianze scritte parlano, a proposito di Fiorentino, di un castellum di fondazione presveva e in anni federiciani di una domus. Qui si spense Federico II il 13 dicembre del 1250. L'edificio, che sorge in posizione dominante sullo sperone ovest della collina, consta di due ambienti longitudinali contigui, dei quali quello occidentale più lungo, e presenta alle estremità due ingressi à chicane. Le due sale erano scandite da arcate trasversali a sesto acuto, predisposte per sostenere un tavolato. Il compatto volume, a forma di parallelepipedo allungato, e le dimensioni (m 29x17) adombrano soluzioni di matrice normanna. Le bifore del piano superiore erano illeggiadrite da colonnine tortili con capitelli a crochets e schermate da vetrate policrome.
Gli scavi condotti dall'Accademia Belgica di Roma (Herdonia, 1995) hanno restituito un'altra domus nel territorio di Ordona, a sud di Foggia, dove Federico insediò uno dei casalia imperialia (Martin, 1985). Al margine dell'antica Herdoniae, i ruderi del castellum medievale occupano una piccola altura. Qui era sorta già in età bizantina una chiesa a tre navate, le cui strutture furono riadattate a scopo residenziale prima e difensivo poi. Particolare accento deriva alle murature superstiti dall'uso dell'opus reticulatum, in cui sono reimpiegati cubilia tolti agli edifici della città antica. Gli scavi hanno restituito monete, ceramiche, frammenti lapidei, che richiamano i materiali riemersi a Fiorentino e a Lucera.
Bibliografia
L. Alberti, Descrittione di tutta Italia, Venetia 1561
G.B. Pacichelli, Del regno di Napoli in prospettiva, I-III, Napoli 1703.
Federico II e Fiorentino. Atti del I Convegno di studi medievali in Capitanata, a cura di M.S. Calò Mariani, Galatina 1985.
J.-M. Martin, Pouvoir, géographie de l'habitat et topographie urbaine en Pouille sous le regne de Fréderic II, "Archivio Storico Pugliese", 38, 1985, pp. 61-89.
P. Beck et al., Cinq ans de recherches archéologiques à Fiorentino, "Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge", 101, 1989, nr. 2, pp. 641-699.
A. Haseloff, Architettura sveva nell'Italia meridionale, a cura di M.S. Calò Mariani, Bari 1992 (Leipzig 1920).
M.S. Calò Mariani, Archeologia, storia e storia dell'arte medievale in Capitanata, prefazione, ibid., pp. I-C; Herdonia. Scoperta di una città, a cura di J. Mertens, Bruxelles-Rome 1995.
Foggia medievale, a cura di M.S. Calò Mariani, Foggia 1997.
F. Sciara, Ritrovate le residenze di caccia di Federico II imperatore a Cisterna (Melfi) e presso Apice, "Arte Medievale", ser. II, 11, 1997, pp. 125-131.
Capitanata medievale, a cura di M.S. Calò Mariani, Foggia 1998.
Il recupero di una città medievale. Fiorentino, catalogo della mostra, a cura di M.S. Calò Mariani, Bari 1998.
N. Masini, La fotointerpretazione aerea finalizzata allo studio morfologico dei siti urbani, in "Castra ipsa possunt et debent reparari". Indagini conoscitive e metodologie di restauro delle strutture castellane normanno-sveve. Atti del Convegno internazionale di studio (Lagopesole, 1997), a cura di C.D. Fonseca, Roma 1998, pp. 205-249.
D. Leistikow, Osservazioni sul palazzo residenziale di Federico II a Foggia, in Atti del II Colloquio internazionale sull'arte e la storia dell'età sveva. Bonn, 8-10 dicembre 1995, Foggia 1999.