ARCHITRAVE
È l'elemento architettonico che, disposto orizzontalmente sopra un vano, sostiene il carico delle strutture sovrastanti, trasmettendone il peso sui sostegni verticali (spalle, piedritti) sui quali si appoggia o si incastra. È infatti anche denominato, alla greca, "epistilio" (ἐπί "sopra" e στῦλος "colonna"). Quando l'a. e i due sostegni sono tutti e tre di materiali rigidi (ad esempio pietra da taglio) il sistema è detto trilite.
Tra l'a. e i sostegni si determinano mutue relazioni che determinano le dimensioni e gli sforzi unitari dei tre elementi.
Così, mentre nella sala ipostila del tempio egizio il rapporto tra la superficie occupata dai sostegni e l'area complessiva è di 0,47, nel Partenone il rapporto stesso è di 0,15. Il valore del rapporto diminuisce con il diminuire del peso dell'a. e dei carichi ad esso sovrastanti. Poiché la distanza tra i piedritti dipende anche dalla natura del materiale di cui è formato l'a., se esso è rigido (pietra da taglio) essa sarà limitata, mentre crescerà se l'a. è elastico (legno, ferro, ecc.). Sotto l'effetto di un carico uniformemente ripartito nelle varie sezioni di un a. appoggiato agli estremi si esercitano degli sforzi che sono massimi nella regione intermedia; il trave tende quindi a flettersi, e ciò determina nelle sue sezioni sforzi unitari di compressione nelle fibre superiori e di trazione in quelle inferiori. Se il blocco invece di poggiare in piano poggia su due piani obliqui, si ha la piattabanda (v. anche arco), ove gli appoggi reagiscono secondo due forze normali ai piani d'appoggio: scomponendo queste reazioni normali in una forza parallela all'asse della piattabanda ed in un'altra ad esso normale, il blocco costituente la piattabanda viene ad essere sollecitato da compressione.
Ripetendo il ragionamento per una serie di cunei, si ha un sistema in apparenza architravato, in realtà agente secondo il principio statico della vòlta. È questa considerazione che fa anche denominare "arco piatto" la piattabanda. Un esempio di tale procedimento a cunei, in modo che la pietra non sia soggetta a flessione, ma solo ad una pressione che si esercita mutualmente tra i varî conci e si trasmette poi ai pulvini di estremità, si ha nel tempio dei Castori a Roma.
Già nei triliti dei cromlech e dei dolmen megalitici il sistema architravato trova primitiva applicazione. L'architettura egizia porta il sistema architravato alla più alta espressione monumentale. Nel tempio della Sfinge è quasi sempre monolitico, con dimensioni che possono raggiungere larghezze di 3 metri e 2 di altezza, con intervalli netti tra gli appoggi di 6 metri (v. fig. 753).
Tuttavia la necessità di porre in opera l'a. con maggiore facilità ed il problema di incrociare sopra un solo sostegno l'a. ha portato il costruttore egizio a frazionare questo elemento in due blocchi. Nelle architetture preelleniche l'a. è l'elemento di chiusura superiore del vano delle mura a Tirinto, nelle porte e nelle finestre a Micene e a Creta, e le sue dimensioni sono spesso rilevanti come nel cosiddetto Tesoro di Atreo, dove l'a. misura m 9 × 5 × 1 (v. fig. 754); l'a. della Porta dei Leoni a Micene misura m 2,85 di luce netta ed è delle dimensioni di m 5 × 2,50 × 1. Le modalità di costruzione di pietra e di marmo degli edificî greci sono collegati alla pratica della carpenteria, ed infatti nei primi esempî di architettura dorica l'a. in legno, come nel palazzo di Cnosso, e secondo quanto asserisce lo Choisy, nell'Heraion di Olimpia, ove esso costituisce un tipico elemento costruttivo.
Successivamente l'a. diviene, come parte inferiore della trabeazione, un caratteristico elemento dell'ordine architettonico. Nell'ordine dorico l'a. è separato in blocchi da asse ad asse di colonna, poggia orizzontalmente sulla colonna e dà il saldo fondamento unitario alla struttura. L'a. termina con una piccola lastra sporgente sulla quale poggia il fregio e immediatamente sotto la quale, in corrispondenza dei triglifi, si trovano le gocce. Si ha a volte una omissione delle gocce, come a Pesto (Choisy). Il listello e le gocce furono spesso colorate, ma l'a. rimase liscio, sebbene si abbiano esempî di a. scolpito nel tempio di Axos o di a. con scritte in bronzo, come sulla Stoà di Attalo ad Atene e nel portico delle Biblioteche a Pergamo. L'altezza vista dall'a. fu ottenuta con la disposizione del lato maggiore del blocco in verticale. Nel tempio di Giove Olimpico ad Agrigento l'altezza di tre metri fu ottenuta disponendo tre filari orizzontali di un metro ciascuno.
Nell'ordine ionico di Asia Minore manca il fregio e l'a. è costituito da tre facce (raramente da due, come nel porticato del recinto di Atena in Pergamo) sovrapposte e leggermente sporgenti verso l'alto, probabilmente ricordo della primitiva struttura lignea, e termina con una cimasa lavorata in ceramica sulla quale poggiano i dentelli (testate delle travi del tetto ligneo) nel Leonidaion di Olimpia, nel tempio di Priene, nell'altare di Pergamo, nella loggetta delle Cariatidi dell'Eretteo. Nello stile ionico di tipo attico, l'a. termina ugualmente con la cimasa, ma è sovrastato dal fregio, come nel Tesoro degli Cnidî e dei Sifnî e nel Tesoro di Messalia in Delfi, nell'Eretteo e nel tempio di Atena Nìke. In taluni esempî del periodo ellenistico, le stesse fasce del tempio sono scolpite con motivi ornamentali.
La lunghezza dell'a. è uguale all'interasse delle colonne e raggiunge i seguenti valori: a Selinunte, tempio D, m 4,38; tempio C, m 4,46; Partenone, m 4,26; Segesta, m 4,25; tempio di Corinto, m 3,82; Propilei di Atene, m 5,45. Per le leggi di proporzionamento, Vitruvio lega in reciproca dipendenza l'ampiezza dell'intercolumnio, il diametro della colonna e l'architrave. A parità d'interasse, variando il diametro delle colonne variano le dimensioni dell'a. che va aumentando di sezione con l'aumentare del diametro della colonna. Per il dorico, assunto con Vitruvio a base il modulo (raggio della colonna all'imoscapo) l'a. liscio, compreso il listello (tenia) con regoletti e gocce corrispondenti ai triglifi, è uguale ad un raggio; tenia ½ del raggio, regoletto e gocce ½. Per l'ordine ionico Vitruvio prende come ordine-tipo l'ionico esattamente modulare, e cioè quello nel quale i membri, base, capitello, a., fregio, si presentano come delle frazioni semplici di una stessa unità, cioè quello di tipo ionico, dove la colonna è di 9 diametri ed ha il diametro di 1 piede e ½. In questo caso l'altezza dell'a. è uguale ad 1 piede e le due unità modulari, a. e diametro, sono tra loro nel rapporto di 2 a 3. Per tutta la trabeazione: dividendo l'altezza dell'a. in sette parti, un settimo è alla cornice terminale dell'architrave, sei settimi vengono divisi in tre parti in modo da ricavare tre fasce che stanno tra loro come 3 : 4 : 5.
L'altezza dell'a. è da Vitruvio (iii, 4) messa in relazione con l'altezza della colonna e precisamente essendo H l'altezza della colonna ed A l'altezza dell'a., si ha:
se H è tra 12 e 15 piedi, A corrisponde a metà e 1/6 del diametro inferiore della colonna;
se H è tra 15 e 20, A corrisponde a metà e 1/13 del diametro inferiore della colonna;
se H è tra 20 e 25, A corrisponde a metà e 1/12,5 del diametro inferiore della colonna;
se H è tra 25 e 30, A corrisponde a metà e 1/12 del diametro inferiore della colonna.
Da ciò, secondo Choisy, si vede che gli aumenti dell'a. crescono più rapidamente di quelli delle colonne. Ciò a causa della correzione ottica (v. prospettiva) e cioè per correggere il senso di depressione che si riscontra prospetticamente nell'a., il quale è più evidente quanto maggiore è l'altezza dell'a. stesso. Per quanto riguarda la larghezza, lo spessore dell'a. è uguale al diametro della colonna e con i risvolti delle fasce è compreso nella parte superiore del diametro inferiore di essa.
Nell'architettura romana l'a. è ricco di ornamenti ed intagli, come, ad esempio, nel tempio dei Dioscuri. In Asia Minore il tipo di a. non è unico, diversamente proporzionandosi la larghezza delle fasce, spesso sottolineata da listelli finemente lavorati, come nel Tempio di Termessos. In Siria, a Baalbek (Heliopolis) era ricchissima la decorazione dell'a. del tempio di Zeus e caratteristica è l'incurvatura dell'a. da capitello a capitello nel tempio rotondo. Ma l'architettura romana userà di preferenza il sistema a piattabanda, spesso a blocchi, come nel tempio della Fortuna Virile a Roma e nel teatro di Ferento, od a monolite, come nel Colosseo e nella Villa Adriana a Tivoli. Nella Siria e nell'Asia Minore l'uso dell'a. con intonazione monumentale riporta quasi alla grandiosità egizia.
Nell'architettura dell'Oriente si hanno numerosi esempî di strutture ad a. ligneo con fasci di travi che trasmettono sui piedritti i carichi delle coperture orizzontali, come, ad esempio, nelle sale ipostile di Persepoli.
Bibl.: A. Choisy, L'art de bâtir chez les Romains, Parigi 1873; Perrot-Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, Parigi 1890; J. Durm, Die Baukunst der Griechen, Lipsia 1910, p. 242 e ss.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece3, Londra 1950.
(†F. Grana - G. Matthiae)