archivi digitali
locuz. sost. m. pl. – Archivi di documenti memorizzati con procedure informatiche. La conservazione degli a. d. costituisce uno dei problemi più importanti sia dal punto di vista teorico e metodologico sia per quanto riguarda l’individuazione e la messa in opera di soluzioni applicative di basso costo e facile adozione. L’obsolescenza tecnologica è la ragione principale, anche se non l’unica, di questa difficoltà. La conservazione digitale è un processo dinamico che presuppone un presidio continuo delle attività di sperimentazione e ricerca e soprattutto richiede investimenti adeguati. L’indifferenza del mercato per le esigenze conservative di lungo periodo è ampiamente testimoniata tra l’altro dall’assenza di standard internazionali stabili e riconosciuti, dall’insufficienza di normative generali e di procedure interne alle amministrazioni e alle imprese, ma anche dalle scarse risorse per la ricerca in questo settore. La fragilità dei supporti è un fattore di rischio soprattutto in termini di sicurezza, mentre l’evoluzione incessante del software e dei formati ha conseguenze impegnative sui processi di lavoro in quanto implica la necessità di intervenire direttamente sui documenti, sui loro contenuti e sulle informazioni di contesto (quelle informazioni cioè che consentono di collegare reciprocamente i documenti all’interno di una pratica e mantenere il legame con la persona fisica o giuridica che li ha prodotti o acquisiti e conservati nel proprio archivio). I documenti digitali non possono essere conservati in forma di originale sia, paradossalmente, al fine di trasmetterli fedelmente nel tempo, sia perché l’opportunità di disporre di tecnologie di gestione e fruizione più avanzate accresce le possibilità e funzionalità d’uso. Numerosi sono quindi i vincoli e i requisiti che una seria politica conservativa deve rispettare e, soprattutto, molteplici sono le finalità di cui tenere conto. Perché gli archivi informatici siano conservati è comunque indispensabile che siano contemperate due esigenze sostanzialmente contrastanti: l’autenticità (che consiste principalmente nelle attività di identificazione certa e garanzia dell’integrità dei documenti e delle loro relazioni) e l’accessibilità generalizzata e di lungo periodo dei sistemi documentari (dei documenti in termini di struttura e contenuti e delle relazioni di contesto garantite dalla corretta gestione dei metadati), resa possibile dal ricorso a soluzioni tecnologiche e organizzative che consentano il superamento dei problemi di obsolescenza ma che, tuttavia, per ciò stesso implicano la modifica del flusso di bit e in alcuni casi anche il rischio di perdita di componenti e informazioni inerenti ai documenti conservati. La scelta di metodi sperimentati e l’individuazione di standard per organizzare e gestire concretamente la funzione conservativa degli archivi digitali risentono di un’incertezza ancora notevole. La maggior parte degli esperti concorda sulla necessità di effettuare azioni basate soprattutto sul mantenimento delle funzioni e dei dati relativi al contesto di produzione mediante interventi di migrazione, cioè attività che trasferiscano i dati da una piattaforma di elaborazione a un’altra, assicurando agli utenti la possibilità di utilizzare gli oggetti digitali migrati anche nei nuovi ambienti tecnologici. Un ambito su cui si sta lavorando e su cui si concentreranno gli sforzi del prossimo decennio è quello della predisposizione di depositi digitali affidabili (accreditati o certificati). I criteri identificati sono riconducibili ad almeno quattro raggruppamenti: organizzazione interna, cooperazione con i produttori e gli utenti finali, gestione tecnica del sistema, gestione tecnica degli oggetti digitali. Molti interrogativi rimangono tuttavia ancora aperti, per es. sulle responsabilità per la certificazione soprattutto se affidata a terzi, sull’opportunità di definire gradi diversi di controllo della qualità dei depositi, sull’esigenza di individuarne distinte tipologie.