ARCHIVOLTO (arcus volūtus)
Membratura architettonica costituita da una fascia di modanature, o elementi costruttivi o motivi ornamentali, svolgentesi concentricamente alla linea d'intradosso di un arco.
L'a. risulta visibile in alcune arcate egizie arcaiche ove è costituito da una doppia fila di mattoni crudi disposti nel senso della lunghezza.
Ma l'a. comincia ad avere una sua configurazione precisa negli archi costituiti da conci di pietra disposti a cuneo, disposizione ben visibile nella porta ad arco di Volterra, dove, oltre alla decorazione con teste umane, è da notare anche l'imposta dell'arco un poco arretrata rispetto al filo del piedritto. A triplice ghiera concentrica di cunei è invece l'arco che serve da sbocco alla Cloaca Massima e che così efficacemente ne rileva la struttura; nelle porte Marzia e d'Augusto a Perugia, come in quella del recinto di Faleri, una vigorosa modanatura gira sul ciglio esterno dell'a. e segna anche il piano d'imposta dell'arco. La fascia sagomata è ricavata in un secondo giro di conci concentrici al primo.
Nell'architettura romana si hanno esempî di a. semplicemente ricavati dalla disposizione dei conci, come di altri decorati con modanature. Se le cornici dell'a. sono ricavate nei varî conci ad anello che costituiscono l'arco, esso si dice estradossato, ma è frequente nell'architettura romana il sistema di scolpirle rilevandole dai conci pentagoni che formano con diverso procedimento l'arco. Nell'arco di Orange, indipendentemente da ogni ragione costruttiva, le cornici dell'a. sono ricavate nei filari orizzontali. Si possono ricordare gli a. nelle arcate dell'acquedotto Marcio, nelle costruzioni del tempio di Giove Anxur presso Terracina, nella maggior parte dei ponti e degli acquedotti (ponte Cestio e Fabricio a Roma, ponti di Rimini, di Ascoli Piceno, di Mérida ecc.; acquedotto detto Pont-du-Gard presso Nîmes), nel teatro di Marcello, nell'anfiteatro di Verona, nel Foro d'Augusto a Roma, esempî tutti chiaramente estradossati. Al contrario, nello stesso Foro d'Augusto, in quello di Vespasiano, nel Colosseo, per citare gli esempî più comuni, i conci che costituiscono l'arco superano, specie avvicinandosi alla chiave, la linea dell'introdosso ed assumendo forma di pentagono irregolare hanno due lati combacianti con i filari dei conci disposti orizzontalmente; innestandosi così nella struttura essi non sono più estradossati, o al massimo a segnare la linea di estradosso resta la lieve incorniciatura profilata, come nel Colosseo.
Nelle strutture laterizie, gli a. sono naturalmente estradossati e segnati da una fila di mattoni posti a coltello per lo più bipedali; la tecnica non varia quando l'arco è tutto "annegato" nella muratura e quindi ha funzione di scarico. Di regola il primo mattone all'imposta dell'arco viene posato in piano e la curvatura viene ottenuta variando lo spessore dei letti di malta; ma già nei piccoli archi di scarico del Pantheon l'imposta appare inclinata di circa 45°, "rinzeppando" il triangolo di risulta, sistema che diventerà costante dalla tarda romanità. Non mancano anche strutture miste come quella già citata del Pantheon, in cui gli a. in laterizio sono sostenuti da pulvini in pietra o, come quelli della crypta Balbi, in cui sono in pietra i conci al di sopra dell'imposta ed un largo concio in chiave, mentre il resto dell'a. è in laterizio.
Nei casi nei quali l'a. spezzi una linea di trabeazione e si inserisca in essa, oppure quando la linea d'imposta appaia fortemente segnata, l'aggetto di questa gira intorno all'arco (ponte di Rimini) o la profilatura è identica a quella dell'architrave (propilei di Efeso, di Mileto o di Baalbek). Tipico il caso dell'arco d'Orange, dove la cornice che segue la linea dell'estradosso è ricavata in blocchi disposti orizzontalmente.
Per ciò che concerne il proporzionamento dell'a., mentre si osserva che il rapporto tra la larghezza dell'a. e l'apertura dell'arco diminuisce con l'aumentare della ampiezza assoluta dell'arco, è arrischiato precisare il criterio di proporzionamento secondo leggi estetiche generali. Taluno, come il Cloquet, crede di poter desumere le seguenti proporzioni:
per arcate di m 3 d'apertura si ha dalla faccia dell'a. 1/9 dell'apertura;
per arcate di m 4 d'apertura si ha dalla faccia dell'a. 1/8,5 dell'apertura;
per arcate di m 5 d'apertura si ha dalla faccia dell'a. 1/io dell'apertura;
per arcate di m 6 d'apertura si ha dalla faccia dell'a. 1/11 dell'apertura;
per arcate di m 7 d'apertura si ha dalla faccia dell'a. 1/12 dell'apertura.
Nell'architettura paleocristiana l'a. viene trattato come in quella romana, tanto se esso è in pietra a conci squadrati, come in edifici siriaci, o in laterizio, come nelle chiese romane; le strutture laterizie con l'inclinazione già in atto all'imposta dell'arco restavano però coperte di intonaco dipinto o di tarsie come nella chiesa di S. Sabina a Roma.
Nell'arte mesopotamica l'a. è rivelato da rivestimenti policromi a smalto, come nelle porte di Khorsābād ove tutta la fastosa ricchezza dell'ornamentazione si sbizzarrisce in modanature, con palmette, ovuli ecc.
Bibl.: A. Choisy, L'art de bâtir chez les Romains, Parigi 1873; G. Giovannoni, La tecnica della costruzione presso i Romani, Roma, s. d.; L. Cloquet, Traité d'architecture, Parigi 1901.