arco
Designa l'arma propria dei Centauri, in lf XII 60 e de la schiera tre si dipartiro / con archi e asticciuole prima elette, e così al v. 63; quella di Amore, in Cv II IX 5 l'arco di colui al quale ogni arme è leggiere. Genericamente, in Cv IV XXIV 3, lo tenere de l'arco è il punto in cui con la mano si tiene l'a., il mezzo della curvatura. Cfr. anche Fiore CV 12, CCXVIII 4, CCXIX 11, CCXXV 4. Come termine di comparazione s'incontra in If XXXIV 15 per rappresentare la posizione dei traditori dei benefattori, curvi com'arco, col volto ravvicinato ai piedi; in Pg XXXI 17, dove D., per chiarire la causa del suo ‛ sì ' debolmente pronunciato (Confusione e paura insieme miste, v. 13), ricorre alla similitudine della balestra che frange, quando scocca / da troppa tesa, la sua corda e l'arco, / e con men foga l'asta il segno tocca, e in Pd XXIX 24 [dalla mente di Dio] Forma e materia, congiunte e purette, / usciro ad esser che non avia fallo, / come d'arco tricordo tre saette: " ben si conviene questa similitudine... l'arco figura la Divinità; le tre corde, le tre persone " (Buti).
La metafora dell'a. è cara a D. che vi ricorre per esprimere uno stato di tensione nell'operare, come in Cv IV XXII 3 utilissimo e necessario è questo segno vedere, per dirizzare a quello l'arco de la nostra operazione, o l'opposto, cioè indifferenza, come in Pg XVI 48 quel valore amai / al quale ha or ciascun disteso l'arco: " niuno vi dà più entro in quel segno de le virtù politiche e de la cortesia; cioè ciascuno n'ha levato lo desiderio e la intenzione, niuno v'intende più al presente " (Buti). Indica invece l'intensità degli affetti dell'animo, in Pd XV 43 l'arco de l'ardente affetto, e XXVI 24; o il desiderio di parlare che sta per prorompere, paragonato all'a. teso fino a toccare la punta ferrata della freccia, in Pg XXV 18 Scocca / l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto, o invece la prudenza che induce molti a ponderare prima di emanare leggi che risultino ingiuste, come fa il saggio arciere che tarda prima di far partire il colpo, in Pg VI 131 Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca / per non venir sanza consiglio a l'arco. L'immagine dell'a. è emblema di ogni atto finalisticamente regolato, in particolare dell'ordine provvidenziale, in Pd I 119, della virtù informativa dei cieli in VIII 103, e dell'opinione di Platone, che in alcun vero suo arco percuote, in IV 60. In contesto metaforico il termine compare in Pd XVII 57 e questo è quello strale / che l'arco de lo essilio pria saetta, dove l'esilio è identificato con un a. che saetta dolori e pene.
Con valore geometrico, per indicare una parte di circonferenza compresa fra due punti di essa, compare in Cv II XIII 27 lo cerchio per lo suo arco è impossibile a quadrare perfettamente, e IV XXIII 6 e 7 Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita... ed ancora d'ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo, e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto, ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che 'l suo movimento sia sopra essi come uno arco quasi, [e] tutte le [terrene] vite... convengono essere quasi ad imagine d'arco assimiglianti. Tornando dunque a la nostra... sì dico ch'ella procede a imagine di questo arco, montando e discendendo. Ed è da sapere che questo arco [di giù, come l'arco] di su [cioè il cielo] sarebbe eguale, se la materia de la nostra seminale complessione non impedisse la regola de la umana natura. Così anche in Pg XXXII 30 seguitavam la rota / che fé l'orbita sua con minore arco. Nel contesto di una determinazione astronomica in Cv II III 16 e in su l'arco, o vero dosso, di questo cerchio [l'equatore] è fissa la lucentissima stella di Venere; III V 13 e 14, Rime C 8, Pd XXVII 80.
Per estensione è usato per ogni forma curva a guisa d'a.: con riferimento alla configurazione topografica dei cerchi infernali (lf VIII 128 e XII 52, dove il Flegetonte, che forma il girone esterno del 7° cerchio, è detto un'ampia fossa in arco torta) o delle cornici del Purgatorio (Pg XIII 6) o dei cieli del Paradiso (Pd XVIII 62); alla forma del ciglio superiore dell'occhio dell'aquila (Pd XX 50 e 61); al dorso curvo dei delfini che emerge dal mare nell'imminenza di una tempesta, secondo una credenza diffusa al tempo di D. (If XXII 20); e all'arcobaleno celeste (Pg XXIX 78 e Pd XII 11).
Il termine a. è usato metaforicamente a indicare i ponti che si levano a tutto sesto sulle singole bolge dell'ottavo cerchio, più bassi alle testate, più alti nel mezzo, dove coprono il centro della bolgia: in If XVIII 111 Lo fondo è cupo sì, che non ci basta / loco a veder sanza montare al dosso / de l'arco, ove lo scoglio più sovrasta, XVIII 102, XIX 128, XXI 108, XXIV 68, XXVII 134. In Pg XIX 42, per analogia, l'immagine rappresenta l'atteggiamento di D. pensoso che procede curvo, a capo chino, e fa di sé un mezzo arco di ponte.
Il corso della vita è rappresentato come una parabola, come D. dice in Cv IV XXIII 6 tutte le [terrene] vite... montando e volgendo, convengono essere quasi ad imagine d'arco assimiglianti: così ai §§ 7-12 l'arco de la vita d'un uomo è di minore e di maggiore tesa che quello de l'altro... E però che lo maestro de la nostra vita Aristotile s'accorse di questo arco di che ora si dice, parve volere che la nostra vita non fosse altro che uno salire e uno scendere... Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza... è forte da sapere... Veramente questo arco non pur per mezzo si distingue da le scritture; e ancora in IV XXIV 3 'l colmo del nostro arco è ne li trentacinque, e in Pg XIII 114 odi s'i' fui, com'io ti dico, folle, / già discendendo l'arco d'i' miei anni.