ARCO (dal lat. arcus; fr. arc; sp. arco; ted. Bogen; ingl. bow)
L'arco, arma usata fin dai tempi antichissimi e per la caccia e per la guerra, consta nelle sue parti essenziali di un lungo e sottile elemento fatto di materia flessibile, e di una corda od altro elemento suscettibile di tensione, che è attaccata alle estremità del primo e che serve ad imprimere il movimento al proiettile, cioè alla freccia.
Gli archi nelle civiltà più antiche. - La forma più antica di esso è quella che ci viene rappresentata dalle pitture rupestri della penisola iberica, che appartengono al tardo periodo paleolitico: l'arco ha qui dimensioni molto grandi, maggiori dell'altezza di un uomo: onde è a credere che esso, nella parte flessibile, fosse non di un sol pezzo, ma di due pezzi almeno, congiunti nel mezzo. Più semplice, di un sol pezzo, sembra fosse invece l'arco neolitico.
In epoca storica troviamo ambedue le forme. Presso gli Egizî e presso gli Ebrei l'arco semplice, di corna di capro o di legno e tendini di bue, era quello di uso comune; arma di parata, e propria forse degli alti personaggi, doveva essere al contrario l'arco messo insieme con più pezzi di corno, di antilopi o di capri, di legno e di tendini di bue, rivestiti poi di scorza d'albero e di cuoio, ed ornati.
L'arco assiro, oltre che di legno e di corno, poteva essere anche di metallo: aveva forma ricurva, o triangolare, a una o a due curvature; le estremità terminavano spesso con una decorazione a testa di animale.
La freccia era di pietra, in origine, poi di legno o di canna con punta di pietra, di osso o di metallo; più tardi tutta la freccia è di metallo.
L'arco omerico era di corna di capro selvaggio debitamente raschiate e polite, poi saldate insieme alla base, la quale costituiva l'impugnatura dell'arma. Mediante uncini o anelli si attaccava alla estremità la corda robusta fatta di nervo sciatico di bue. Nella forma generale non differiva molto da questo il cosiddetto "arco scitico" che Licofrone assomigliava ad un serpente, altri autori alla lettera greca y e che Strabone paragonava alla costa del Ponto Eusino, costituita da un lato diritto (la corda) opposto ai due seni, l'uno dei quali più piccolo e meno profondo. I monumenti riproducono inoltre qualche tipo di arco semicircolare e qualche altro perfettamente diritto, munito di uncini ai due capi (v. fig.). La corda poteva essere anche di strisce di cuoio o di crini di cavallo intrecciati. La freccia constava di una punta metallica (prima di bronzo, poi di ferro) triangolare, acutissima, con due o più margini taglienti e la base rientrante; dell'asta di legno o di canna; infine di una estremità intaccata e munita di penne (donde l'epiteto omerico di "alata"). L'arco si tendeva faticosamente poggiando l'arma al ginocchio, indi s'incoccava la freccia e, impugnando l'arma con la sinistra, si faceva scattare la corda. La posizione dell'arciere era in piedi, o, più spesso, con un ginocchio puntato a terra e il torso flesso onde aumentare l'escursione della corda (v. fig.).
Bibl.: M. E. Ebert, Lexikon d. Vorgeschichte, II, Berlino 1925, s. v. Bagen; A. Baumeister, Denkm. d. klass. Altert., Monaco e Lipsia 1885-1888, s. v. Waffen; Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines I, Parigi 1877, s. v. Arcus, IV, ii, s. a., s. v. Sagittarius; P. Coussen, Les armes romanes, Parigi 1926.
Gli archi medievali. - Nel Medioevo furono rinomati tiratori d'arco gli Unni. Pare che i Celti, i Goti e i primi Franchi non l'usassero che per difendere i trinceramenti. Più diffuso era l'arco tra i Galli e gli abitanti dell'Inghilterra. All'epoca delle Crociate si armarono di arco varie genti di tutti i paesi d'Europa.
L'arco francese del sec. XIII non era molto grande, superando di poco un metro; e perciò non era molto apprezzato. Le sue frecce erano lunghe 70 centimetri. L'arco inglese del secolo XIV era lungo quanto la distanza tra le estremità delle dita dell'arciere a braccia distese, cioè circa l'altezza dell'uomo. Nel tiro l'arco curvato doveva misurare circa metà della sua lunghezza primitiva. Le frecce erano di legno, lunghe un po' meno di un metro
Gli archi si facevano di olmo, di nocciuolo, di frassino, di corniolo, di tasso, di bambù, di corno, di rame, di acciaio; la corda era di minugia o di fibra di piante, o di filo di canape ben resistente, o d'intreccio di crini di cavallo (come negli archi turchi). Quelli dei capi, specialmente tra i popoli orientali, erano ornati di graffiti, avevano l'impugnatura coperta di velluto, o di pelle a colori vivaci; talvolta erano fasciati anche nel fusto con stoffa o con pelle di pesce e avevano le estremità (i "corni") guarniti di fiocchi, di denti di animale, di borchie metalliche e simili. Merita ricordo un'ordinanza di Carlo VII (1422-1461) con la quale ingiungeva di piantare tassi in tutti i cimiteri di Normandia, per aver larga disposizione di legno adatto per gli archi, giacché allora erano molto numerosi gli arcieri sia a piedi sia a cavallo.
L'arco, come risulta da molte figurazioni tramandateci da quei tempi, si usava impugnandolo nella parte di mezzo con la mano sinistra e presentandolo davanti al corpo, braccio disteso, arco orizzontale quand'era corto, verticale quand'era medio o lungo, la destra tendeva la corda sulla quale si acconciava l'estremità posteriore ("cocca") della freccia, che appoggiava al fusto tra la mano sinistra e il fusto stesso. Presa la mira e lasciata libera la corda, la freccia scoccava verso il bersaglio. Dalla manovra dell'arco derivarono varî modi di dire; così: "empire", "intassare", "accoccare" (caricar l'arco); "intendere", "tendere l'arco" (tender la corda); "stendere l'arco" (allentarlo); "tirare l'arco", "scoccar d'arco", "arcare" (giuocare d'arco); "arcata" (spazio quanto tira un arco).
Gli archi lanciavano di solito frecce ordinarie, qualche volta frecce incendiarie. Le frecce più grosse erano riservate alle balestre manesche o da posta (v. balestra). Alcuni archi lanciavano anche pallottole, e in tal caso nel mezzo della corda era applicata una specie di saccoccetta aperta (pallottoliera); e servivano specialmente per cacciare piccoli uccelli.
Nella figura a pag. 116, sono rappresentate alcune forme di arco più usate nei secoli XIV e XV. I numeri 1 e 2 sono forme di archi di legno, il numero 3 ricorda un arco di corno.
Archi e frecce presso i primitivi.
La prima questione che si presenta è sapere se l'arco da guerra e da caccia è anteriore all'arco musicale, o posteriore. L'arco musicale (v. strumenti musicali) in uso presso alcuni popoli dell'Africa, dell'Asia meridionale e dell'Oceania, è essenzialmente idiocorde, cioè la corda è semplicemente una striscia rialzata della bacchetta che forma il legno dell'arco. L'arco idiocorde non può essere che musicale, perché la sua delicatezza non lo renderebbe adatto ad alcun altro uso; l'arco da guerra e da caccia è sempre eterocorde, cioè la sua corda è fatta con materiale aggiunto. Ora il fatto di una fettuccia rialzata è più primitivo che non il fatto di una fettuccia attaccata ad un pezzo di legno, poiché il fissare una corda estranea richiede una precisa riflessione, mentre invece l'arco idiocorde può essere stato scoperto per mero caso, un giorno che l'uomo primitivo o il suo precursore si trovò fra le mani una bacchetta con una striscia rialzata. Questo ragionamento però è aprioristico; è possibile che questo sia stato il concatenarsi dei fatti in una sede, ma è possibile anche che in una o più sedi l'arco da guerra sia sorto spontaneamente. Il problema genetico dell'arco da guerra è reso difficile da due circostanze: i Tasmaniani e gli Australiani, detentori delle forme di civiltà più primitive, secondo molti riguardi, ignoravano totalmente l'arco da guerra, mentre invece i Pigmei, detentori di forme ugualmente misere e antiche, non solo lo conoscevano, ma lo usavano quale arma principale se non unica. Aiuterà a chiarire la questione l'analisi delle diverse forme di archi, la quale esige la considerazione di tre fattori: la forma, la materia e la tecnica usata, sia nel fabbricare il legno, sia nell'attaccarvi la corda. Questi fattori hanno un valore variabile, perché, a seconda delle circostanze, e specialmente a seconda dell'ambiente, il materiale e la forma possono presentare un valore di classificazione nullo, secondario o importante. La prima grande divisione da adottarsi divide questa arma in arco semplice e arco composto. Nelle forme tipiche l'arco semplice è a curva semplice, mentre l'arco composto, meno primitivo, è a curva doppia.
L'arco composto. - L'arco a curva doppia, il primo che sia stato diligentemente studiato, possiede, quando giunge al più alto grado di perfezione, altre due proprietà: anatomicamente è composto, fisiologicamente è riflesso. L'arco si chiama composto, quando il legno è rinforzato da materiale estraneo disposto parallelamente ad esso. Questo materiale di solito si compone, dalla parte esterna o anteriore (direzione del nemico), di fasci tendinosi; dalla parte interna o posteriore (direzione dell'arciere), di lamine di corno; questi elementi, dei quali non tutti, o forse nessuno, hanno la lunghezza dell'arco intero, sono involti in scorza e solidamente attorniati da anelli. La sezione di uno di questi archi è generalmente un cerchio piatto. Inoltre, quando l'arco è ricoperto da uno strato di lacca, solo gli anelli sporgenti possono far supporre di avere a che fare con un arco composto e non con un unico pezzo di legno. Un arco può trovarsi in tre condizioni diverse: 1) a riposo completo, con la corda staccata da una delle estremità, o distesa: l'arco si dice allora "allentato"; 2) a riposo armato, con la corda riattaccata e il legno e la corda a mezza tensione: l'arco si dice allora "armato"; 3) in tensione completa, quando la corda e il legno subiscono dalle mani dell'arciere, per scoccare la freccia, una tensione massima: l'arco è allora "teso": L'arco semplice non è quasi mai allentato; l'indigeno lo lascia sempre allo stato armato; se viene allentato, il legno conserva la sua curva o quasi. Non è invece così del vero arco a curva doppia. Quest'arco si dice riflesso, perché la sua curva, allo stato armato come pure allo stato teso, è inversa alla curva di riposo completo. È in quest'ultima posizione, se la corda è distesa naturalmente, o se manca addirittura, che gli archi a curva doppia dovrebbero trovarsi nelle illustrazioni o nei musei, contrariamente a ciò che spesso avviene. L'arco a curva doppia, riflesso e composto, è per eccellenza l'arco dei popoli mongoli, e perciò viene chiamato arco asiatico. Ma non appartiene solo agli abitanti del Giappone, della Cina, del Turkestan e della Persia, presso i quali ha raggiunto il suo maggiore sviluppo, poiché, sotto forme meno complete e meno eleganti, lo troviamo nel nord dell'Eurasia, e dai Jakuti passando per i Tungusi e gli Ostiaki, fino ai Lapponi. Tuttavia in Siberia, vicino all'arco asiatico, si trova ancora l'arco semplice comune, il quale presso gli Ainu, i Ghiliaki di Sachalin, gli Orocci e i Goldi è il solo usato. Verso il sud, l'arco asiatico è penetrato in India, ove nella parte settentrionale ha preso il posto dell'arco semplice, mentre in altri luoghi, p. es. presso i Bhil, si trovano insieme i due archi; invece presso i Dravida del sud l'arco semplice non si è ancora lasciato spodestare, e così pure presso i Vedda di Ceylon e presso i popoli dell'Insulindia. Tra questi ultimi gli esemplari di archi asiatici sono stati introdotti dai Cinesi.
In Oceania infine l'arco asiatico non è penetrato; ma è uscito dall'Asia in altre direzioni. Gli Eschimesi orientali posseggono il più misero arco composto che esista: il legno (legno od osso) è formato da diversi pezzi attaccati l'uno all'altro, rinforzati all'esterno da tendini, il tutto eventualmente circondato da anelli tendinosi che lasciano visibile ogni singolo pezzo. Ci si può chiedere se questo misero arco sia il padre dell'arco composto, o se ne sia invece una forma degenerata imitante la doppia curva di questo, ma formata con pezzi grossolanamente congiunti per mancanza di materiale adatto. Presso gli Eschimesi occidentali e i Ciukci, essendo i tendini compattamente intrecciati, l'arco è migliore, mentre presso gl'Indiani del nord-ovest la massa tendinosa più sottile è attaccata in modo da formare tutt'uno con un legno più grosso e più solido: questi si chiamano archi rinforzati. Più lungi, nel sud dell'America Settentrionale, alcuni archi, pur non essendo riflessi, presentano la doppia curva, la quale attesta la presenza della tradizione. Così i miseri piccoli archi d'esportazione che gl'Indiani dei Pueblos vendono nelle stazioni del Nuovo Messico e dell'Arizona, piccoli giocattoli fatti di un semplice legno e d'una corda di budello, hanno subita la curva doppia, non perché richiesta dal viaggiatore bianco, ma perché a questa sono abituati gl'Indiani. Forse anche ad una lontana influenza dell'arco asiatico è dovuta la cordicella longitudinale, qui semplice ornamento senza alcuna idea di rinforzo, che si trova lungo il dorso di alcuni archi della Guiana. Ad ovest, gli Arabi hanno introdotto l'arco asiatico presso gli Africani del nord, e anche nella Spagna; ma pure fra gli archi dell'antico Egitto si sono trovati due esemplari che sono vera-- mente riflessi. Poi l'influenza dell'arco asiatico si fa sentire su tutto il Sūdān e sulla costa orientale del continente. In questi paesi (Somalia, Dinca, Haussa e anche Dahomey) l'arco, pur non essendo generalmente né composto né riflesso, presenta spesso la doppia curva, una sezione semicircolare (la superficie piatta all'esterno) ed infine un inviluppo di cuoio o di metallo. Così dall'Asia centrale l'arco a curva doppia irradia forme attenuate in tutte le direzioni, mentre fuori di questo dominio non è conosciuto; prova questa, bisogna credere, che sia uscito da un solo centro, il quale è probabilmente la civiltà pastorale dei nomadi dell'Asia centrale, o la civiltà dei loro precursori, se si può far risalire il ciclo pastorale fino ai tempi maddaleniani. Infatti, benché rispetto all'arco semplice l'arco asiatico si debba considerare di origine secondaria, pure esso è molto antico. I più vecchi documenti cinesi ci mostrano degli archi a curva doppia; i due archi riflessi tramandati dall'antico Egitto datano l'uno dal sec. VII e l'altro dal XIII a. C.; nell'Europa medievale vi erano quello a curva doppia e quello semplice; e se gli esemplari delle stazioni lacustri neolitiche sono semplici, la grotta di Alpera nella Spagna mostra disegni di archi a curva doppia dell'epoca maddaleniana.
L'arco semplice. - L'analisi delle forme dell'arco semplice è più delicata. Quattro tappe principali segnano il progresso degli studî che a questa si riferiscono. La prima è segnalata da inchieste regionali. La seconda è notevole per una serie di studî delimitanti, anatomicamente e topograficamente, le due grandi suddivisioni dell'arco semplice: l'arco che possiamo chiamare comune e l'arco che designeremo col nome di piatto. L'arco per eccellenza africano, arco comune, è un bastone a sezione circolare; la curva generale dell'arma è regolarmente convessa; le sue estremità sono regolarmente affilate senza sporgenze. Dividendo le corde possibili in quattro categorie: coreggia vegetale (palma o bambù), fibra vegetale, coreggia animale (pelle), fibra animale (budello), si constata che la corda dell'arco comune è generalmente di fibra animale, solo raramente di fibra vegetale o di coreggia animale. Poiché il diametro del legno aumenta verso il centro, la corda non può risalire, e spesso quel che n'avanza è arrotolato intorno al legno, al di sopra del nodo verso il centro dell'arco; a volte l'attacco della corda è facilitato da una tacca o da un occhiello. Questa forma di arco, che varia quanto ai dettagli, non è esclusivamente africana; la si trova in tutti i continenti, il che però non significa in ogni paese. Non esiste ove vi sono altre forme dell'arco semplice, né dove è stata completamente sostituita dall'arco composto. L'arco semplice comune si trova nell'Africa del sud e nel Madagascar, non però nella Cafreria, poiché i Cafri non adoprano affatto l'arco; verso il nord, il suo dominio rimonta approssimativamente fino al medio Tanganica ad ovest, e fino al Vittoria, ad est dei Grandi Laghi. Il Congo e la striscia della Guinea, lungo l'Atlantico, sono dominio dell'arco piatto. Infine la zona sudanese-etiopica, dalla Senegambia per l'Etiopia meridionale fino al capo Guardafui, è dominio dell'arco pseudo-asiatico sopra menzionato. L'estremità settentrionale dell'Africa non conosce più quest'arma, ma possedeva una volta così la forma semplice in più varianti, come l'asiatica. Oltre che nell'India meridionale e in Ceylon, l'arco semplice comune si trova in diversi luoghi della penisola indocinese (popoli di cultura indonesiana). Esso occupava anticamente tutta l'Insulindia, ma oggi, come arma, è usato solo dagli indigeni di Mentavei, di Palauan, delle Filippine e di Formosa, cioè su parte della periferia dell'Insulindia; a Nias, Giava, Celebes del nord e Borneo, serve anche oggi da giocattolo; presso i Batachi di Sumatra, i Toragia di Celebes e a Bali, non figura più se non nelle cerimonie religiose, perché in tutta l'Insulindia ha ceduto via via il passo, come arma da guerra, alla cerbottana. Anche la Polinesia conosce l'arco solo come giocattolo o per la caccia agli uccelli, senza che però la cerbottana lo abbia sostituito. Nella Melanesia (Nuova Guinea e isole della Melanesia), vi sono, nell'arcipelago di Bismarck, alcuni archi comuni, che non hanno, dal punto di vista della praticità, più importanza di quelli della Polinesia, di dove forse provengono. Infine in America quest'arco, pur avendo un dominio meno nettamente delimitato che negli altri continenti, si trovava nel sud-est dell'America Settentrionale, e si trova ancora in tutta l'America Meridionale, ove predomina specialmente nel Brasile orientale, cioè presso i Gēs e i Tupi.
L'arco piatto. - L'arco piatto differisce nettamente dall'arco comune. Ha anch'esso una curva semplice, ma molto meno spiccata. La sezione del legno non è mai tonda, ma schiacciata; schiacciata ad ellissi (sez. a), specie in Melanesia; a rettangolo (sez, b), specie nelle Ande e nelle regioni adiacenti; a semicerchio piatto o concavo internamente (sez. c, d), specie nel Congo, nella Guinea e nel bacino dell'Amazzoni; a semicerchio piatto o concavo esternamente (sez. e, f), specie nella Nuova Guinea, dove il legno dell'arco è costituito da bambù tagliato per lungo, e nel bacino del Rio delle Amazzoni. Questo elenco indica solo la forma dominante di ogni regione. In America limiti fra le varie forme dell'arco sono meno visibili che altrove. I Yahgan, all'estremo sud della Terra del Fuoco, e alcune tribù primitive delle foreste del Brasile, Macú, Otsucayana, Uitotó, non lo adoprano affatto. Perché la corda non scorra verso il centro, è lasciata una sporgenza presso l'estremità del legno, o vi è infilato un grosso anello di palma intrecciata; ciò avviene sia nell'Africa sia nella Papuasia, ma non in America (perchè la corda qui è vegetale, ma non è una coreggia). Qualche volta, specialmente ai confini orientali del dominio della Papuasia, cioè nelle isole Figi e nelle isole Tonga (unico arcipelago della Polinesia ove venga usato l'arco da guerra), e anche nell'America del Sud, l'estremità è tagliata in modo da formare un gradino fra il braccio e la punta, oppure nel legno viene fatta una tacca. La corda, se è di fibra vegetale, può essere attaccata al legno in tre modi: o vi è attaccata (unione diretta) da un nodo complesso ed elegante; o si termina con un rigonfiamento (segmento di un nodo della fettuccia di bambù), e un anello libero riunisce allora la corda e il legno; ovvero la corda è allungata da un altro materiale vegetale, tessuto con essa, ed è questa aggiunta che con un nodo, o formando un anello, è unità al legno (unione semidiretta). Nella distribuzione geografica del materiale dobbiamo soprattutto osservare che, mentre il mondo vegetale dei diversi dominî dell'arco piatto offre dovunque identiche possibilità, la corda è esclusivamente una coreggia vegetale in Africa, nell'America Meridionale invece mai; infine nella Papuasia la quale presenta nel centro (estremità orientale della Nuova Guinea e arcipelago di Bismarck) un'interruzione nel territorio dell'arco piatto, si trova la coreggia vegetale ad ovest della lacuna, e la corda di fibra vegetale ad est di essa. L'arco piatto delle due metà del dominio melanesiano ha però un'origine comune, e si è ammesso, dopo gli studî delle culture oceaniche all'inizio di questo secolo, che l'arco semplice piatto, solo arco della Papuasia (mentre l'Australia non conosce arco alcuno), derivi forse dall'arco musicale idiocorde, ma che sia anteriore alle altre forme di arco semplice dell'Africa e dell'Asia (e quindi anteriore anche all'arco composto).
L'arco dei Pigmei. - Da allora (terza tappa) la conoscenza della civiltà dei Pigmei ha mostrato che questa conclusione non poteva essere mantenuta. L'arco dei Pigmei ha le sue particolarità. In Africa differisce dall'arco comune (parte orientale) e dall'arco piatto (parte occidentale); in primo luogo esso è molto più piccolo; inoltre la sezione del legno è circolare, come nell'arco comune, ma la corda è di palma, come in quello piatto; infine l'attacco della corda è particolare: il legno, in punta, è tagliato in maniera da formare uno scalino, e la corda vi viene rozzamente attaccata. L'arco dei Pigmei dell'Asia mostra la sua parentela con quello dei Pigmei dell'Africa, nel taglio a scalino del legno; e alcuni archi dei Negritos delle Filippine sono somiglianti in tutto a quelli dell'Africa, per la sezione circolare e per la corda di palma; ma di solito l'arco dei Pigmei asiatici (maggioranza dei Negritos e Semang di Malacca) ha una sezione semicircolare piatta all'esterno e una corda di fibra vegetale. L'appartenenza dell'arco alla civiltà dei Pigmei è inoltre provata dalle forme speciali di due dei loro gruppi. I Batua del lago Kivu in Africa hanno un arco rinforzato; il legno formato da mezzo bambù a concavità interna, ha nell'incanalatura un bastone di rinforzo; il bambù e il bastone sono legati da fibra circolare; la corda di palma è attaccata semidirettamente al legno, e l'estremità di questo è a volte munita di tacca. Si è voluto vedere in quest'arco un riflesso dell'arco composto, ma ciò va escluso, perché si tratta di uno sviluppo locale. Si è anche creduto di trovare un'eco dell'arco asiatico nell'arco straordinario dei Pigmei delle isole Andamane, ma la riflessibilità di questo arco è di natura diversa, e, senza dubbio, anch'essa una scoperta locale. Questo arco lo chiameremo a S; allo stato armato ha la forma d; un S, e, solo quando è teso, acquista una convessità uniforme; fisiologicamente questo meccanismo ha il vantaggio di non esigere dallo strumento una tensione molto diversa nelle varie fasi di movimento. Quest'arco ha altre particolarità: di bambù, di qua e di là dall'impugnatura quasi arrotondata, presenta un forte allargamento (10 centimetri e più), a concavità esterna, delle braccia, le quali sono terminate a punta affilata; la corda di fibra vegetale è attaccata con un nodo semplice. Se questo arco semiriflesso va separato completamente dall'arco asiatico, è forse affine all'arco delle Nuove Ebridi, ugualmente a S, benché di forma meno pronunziata; l'arco delle Nuove Ebridi differisce nel fatto che la materia è legno, non presenta allargamento delle braccia e offre una sezione inversa, semicircolare e piatta sul lato interno. Nonostante queste differenze secondarie, e benchè nelle Nuove Ebridi questo arco non sia usato da Pigmei, è difficile non avvicinare queste due forme di arco a S, specialmente se si ricordi che le isole Andamane e le Nuove Ebridi sono le due estremità del dominio dei Pigmei nell'area Asia-Oceania. Archi a doppio allargamento delle braccia, ma non riflessi, si trovano sullo Zambesi (Mashukulumbe), ma senza rapporto con gli archi a S.
Una recente constatazione (quarta tappa) è venuta a complicare il problema dell'arco dei Pigmei. Accanto all'attacco a nodo della corda all'estremità del legno tagliato a gradino, attacco semplice e primitivo, si è scoperto che, ugualmente spesso, l'arco dei Pigmei africani presenta una tensione frontale della corda, cioè questa passa per una tacca longitudinale all'estremità stessa del legno (per essere di lì attaccata con un nodo, o attraverso un occhiello, ecc.). Questa tensione frontale è quasi esclusiva dei Pigmei, ma, a priori, non sembra un procedimento primitivo: Si è avuta la sorpresa di trovarla raffigurata su tutti i bronzi (due dozzine) della città di Benin, rappresentanti arcieri (associata ad una forma d'arco che suppone un'azione riflessa del legno). Come quella dei Pigmei, la corda degli archi del Benin è di palma, contrariamente alla corda di archibuso europeo, figurata come fosse di fibra, su di un'altra placca di bronzo. Infine le frecce di questi arcieri hanno punte non dissimili da quelle di molte frecce di Pigmei e specialmente l'impennatura, mediante l'introduzione di una foglia attraverso l'asta, è tipicamente pigmea. La civiltà dei guerrieri raffigurati sulle placche del Benin è molto superiore a quella dei Pigmei; d'altra parte i portatori di tali archi sembrano piuttosto ragazzi. Non sappiamo se i Pigmei abbiano copiato questa tensione frontale dal Benin, o se, invece, gli uomini del Benin, assaliti dai Pigmei, abbiano soltanto copiato gli strumenti caduti fra le loro mani, benché non corrispondenti al loro grado di cultura.
La freccia. - Per la classificazione delle frecce, la materia dell'asta è il fattore meno importante; la forma della punta presenta varianti così numerosi che non serve a determinare l'appartenenza ad una civiltà; la base della punta ha già maggiore importanza, meno però che non sembri da prima; le modalità dell'intaccatura hanno forse maggior valore; l'attacco delle penne, infine, è il criterio principale. Il ferro di una lancia (v. armi) può essere a base affilata, che si infila nel manico, o ad imbuto, nella quale il manico viene infilato. Le due stesse modalità si riscontrano nella freccia; ma, specialmente per l'Africa, i due tipi del ferro della lancia non corrispondono nella distribuzione a quelli della freccia. La punta a base concava occupa un territorio limitato: 1) quello dei Pigmei e dei loro vicini nel nord-est del Congo (foglia infilata a guisa di penna), insieme con la freccia di un solo pezzo di legno affilato e avvelenato (senza penne, o a foglia infilata ad uso di penna); 2) sulle placche di bronzo del Benin; 3) insieme con la punta a base affilata, nel centro e nell'ovest dell'Africa meridionale: Matabele, Benguella, Mossamedes, Ovambo. La freccia ha una base inserita debolmente nel manico (o in un pezzo intermedio), in modo da staccarsi dal fusto una volta entrata nella carne, presso tre popoli disposti sull'asse Capo-Guardafui: i Somali (Midgan), i Nandi e i Kamba dell'Africa Orientale. e i Boscimani. Relativamente all'inserzione delle penne, vi sono quattro specie di frecce: 1) senza penne; 2) con penne attaccate (tangenzialmente, se sono intere, radialmente se sono divise in due secondo la nervatura); 3) con penne infilate attraverso un taglio; 4) con penne incollate (sempre tagliate in due e di conseguenza disposte radialmente). L'attacco presenta quattro varietà: a) a cavalletto, quando la penna viene attaccata circolarmente alle due estremità; b) a staffa, quando la punta della penna, che sempre è volta verso la parte posteriore della freccia, è attaccata vicinissimo a questa estremità, e, posta a rovescio, pende perciò momentaneamente nel vuoto; viene allora rialzata, e la base attaccata più avanti sulla freccia; c) a spirale, quando la penna viene attaccata in tutta la sua lunghezza a spirale; d) la penna è attaccata circolarmente in avanti e infilata nell'asta dalla parte posteriore.
Le frecce senza penne si trovano in Africa:1) in uno dei due modelli di freccia dei Pigmei; 2) presso i Boscimani, insieme con quelle impennate a cavalletto; 3) nel Sūdān centrale e nella Nigeria, nel Sūdān orientale (alto Nilo) e nell'Africa orientale. In Asia le frecce dei Pigmei delle isole Andamane non hanno penne, mentre le hanno quelle dei Semang e dei Negritos. Infine la Papuasia ignora addirittura l'attacco delle penne, ad eccezione delle Nuove Ebridi.
In America le frecce senza penne si trovano specialmente nel dominio dell'arco piatto (come cioè nella Papuasia), che predomina a nord-est dell'Amazonas (Arawak e Caribi). Tuttavia, anche là si trovano frecce impennate radialmente, e il dominio di questo attacco si estende al sud dell'Amazonas, nel Chaco e fin tra gli Ona della Terra del Fuoco. L'impennatura a cavalletto e tangenziale, attacco doppiamente primitivo, appartiene alle tribù del Brasile orientale, cioè alle tribù Gēs, e ai loro vicini Tupi o Guarani; ma più raramente si trova anche nel Perù. Da ciò che abbiamo detto sopra si può dedurre che l'arco piatto è accompagnato, in Africa, da una freccia con penne, contrariamente a quanto avviene sempre nella Papuasia e di solito in America. Infine l'arco asiatico nel suo immenso dominio possiede sempre penne incollate radialmente, e anche sotto questo rapporto l'influenza di quest'arco arriva lontano; da essa dipende infatti l'incollatura a raggiera nelle frecce dei Somali.
Le nostre conclusioni perciò sono:
1. L'arco pare sia nato diverse volte, almeno due: la prima come arco dei Pigmei, dal quale deriva forse l'arco semplice comune; la seconda come arco semplice piatto, il quale forse deriva dall'arco musicale idiocorde.
2. Volendo dare una sola origine all'arco piatto dell'Africa, della Papuasia e dell'America del Sud, esso verrebbe allora ad aver perso la sua corda di coreggia vegetale, diffondendosi dall'ovest all'est. In ogni modo, l'ha perduta passando dalla Nuova Guinea alle altre isole della Melanesia; l'avrà perduta perciò anche passando dall'antico continente al nuovo, sia attraversando il Pacifico, sia facendo il giro dello Stretto di Bering.
3. L'arco asiatico, riflesso e composto, si è formato sulla base dell'arco semplice comune, ed ha una sola culla: con tutta probabilità, l'Asia centrale.
4. Se l'arco asiatico fa sentire anche lontano la sua influenza, secondo modalità attenuate, le forme attenuate costituiscono, geograficamente, un solo blocco con la forma paradigma. L'arco rafforzato del Kivu, l'arco semiriflesso delle isole Andamane e delle Nuove Ebridi sono derivazioni speciali dell'arco semplice.
5. Nell'America del Sud, benché esistente quasi ovunque, l'arco è più raro nelle Ande e sulla costa del Pacifico, cioè nel dominio delle civiltà medie, mentre è più frequente nel penepiano orientale, ove s' incontrano civiltà più antiche (paragonabili a quella dei Pigmei dell'antico continente) e civiltà più recenti (paragonabili alla civiltà congo-papuasica).
Bibl.: Primi lavori: Pitt Rivers (1877); Murdoch (1884); Anutchine (1887).
Arco asiatico: B. Adler, Der Nordasiatische Pfeil, in Internationales Archiv für Ethnographie, XIV (1901); id., Die Bogen Noradsiens, ibid., XV, (1902), pp. 1-27; H. Balfour, On the structure and affinities of the composite bow, in The Journal of the Anthropological Institute, XIX (1890), pp. 220-250; F. von Luschan, Zusammengesetzte und verstärkte Bogen, in Zeitschrift für Ethnologie, XXXIX (1899), pp. (221)-(239).
Africa: P. Ratzel, Die Afrikanischen Bögen. Ihre Verbreitung und Verwandschaften, in Abhandlungen der königlichen Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig, XIII (1891), n. 3, p. 291 segg.; L. Frobenius, Der Ursprung der afrikanischen Kulturen, con figure e carte, Berlino 1898; K. Weule, Der afrikanische Pfeil, Lipsia 1899; B. Ankermann, Kulturkreise und Kulturschichten in Afrika, in Zeitschrift für Ethnologie, (1905), pp. 54-83, 84-90 (carte); S. B. Leakey, A new classification of the bow and arrow in Africa, in The Journal of the Royal Anthropological Institute, LVI (1926), pp. 259-294; L. Frobenius e v. Wilm, Morphologie des afrikanischen Bogengerätes, in Atlas Africanus, fasc. 4°, Berlino (1929).
Pigmei: F. von Luschan, Bogen und Pfeile der Watwa vom Kiwu-See, in Zeitschrift für Ethnologie, XXXI (1899), pp. (634)-(640); P. W. Schmidt, Die Stellung der Pygmäenvölker in der Entwicklungsgeschichte des Menschen, Stoccarda 1910.
Benin: F. von Luschan, Alterthümer vom Benin, Berlino 1916.
Insulindia: A. W. Nieuwenhuis, Der Gebrauch vom Pfeil und Bogen auf den grossen Sunda-Inseln, in Internationales Archiv für Ethnographie, XIX (1910), pp. 55-81.
Papuasia: F. Craebner, Die Melanesische Bogenkultur und ihre Verwandten, in Anthropos, IV (1909), pp. 726-780 e 998-1032.
America: F. H. Gushing, The Arrow, in Proceedings of the American Association for the advancement of Science, Forty-fourth Meeting (segnala forme miste fra l'arco e il propulsore), 1896, pp. 199-240; O. T. Mason, North American Bows, Arrows and Quivers, in Annual report of the Board of regents of the Smithsonian Instit., 1893, pp. 631-680; P. W. Schmidt, Kulturkreise u. Kulturschichten in Südamerika, in Zeitsch. für Ethnol., XLV (1913), pp. 1014-1124.
Distesa dell'arco: A. L. Kroeber, Arrow Release Distributions, in University of California Publ., in American Archaeology and Ethnology, XXIII (1927), n. 4, pp. 283-296; E. S. Morse, Ancient and Modern Methods of Arrow Release, in Bulletin of the Essex Institution, Salem Mass., XVII (1885), pp. 145-189.
Il tiro all'arco come sport.
Non è facile stabilire in quale epoca il tiro all'arco cominci ad essere considerato come sport; e per molto tempo non ci è dato distinguere precisamente l'intento di allenarsi e perfezionarsi nell'uso di quest'arma dal piacere dell'esercizio fisico come tale. Possiamo comunque ricordare l'interesse che i Greci in special modo, tra i popoli dell'antichità, mostrarono per le gare di tiro all'arco (i poemi omerici, i vasi e le anfore dipinte, le storie di Erodoto e di Senofonte ce ne dànno ampie testimonianze). Presso i Romani, invece, vi fu un minor interesse sportivo, soverchiato dagli scopi militari cui soprattutto si mirava (e probabilmente il tiro all'arco non dovette esser considerato come un nobile esercizio dai Romani, che ne sprezzavano l'uso in battaglia, lasciandolo ai soli alleati). Tracce del tiro all'arco come sport troviamo altresì nella Bibbia (Samuele, I, 20). Ma il carattere sportivo del tiro all'arco si accentua in tempi più recenti, e nei secoli XI e XII cominciano a costituirsi, un po' dappertutto, in Svizzera, in Germania, in Inghilterra, le società per il tiro all'arco e alla balestra. In Italia si segnalano specialmente Genova e Pisa. Nel '300 e nel '400 troviamo società di tiro all'arco a Nizza, a Osimo, a Gubbio, a Lucca, a Rimini, a Ferrara, a Venezia. In Francia, secondo alcuni autori, le prime "Compagnie del giuoco dell'arco" si costituiscono nel '500, e prendono origine da associazioni semi-militari: specie di milizie istituite per mantenere l'ordine e reprimere il brigantaggio: Sciolte per decreto dell'assemblea legislativa (13 giugno 1790), queste compagnie si riformano sul principio del sec. XIX. E in questo secolo si riformano pure le associazioni locali, che erano andate pressoché scomparendo col decadere dell'uso dell'arco quale mezzo di offesa. Qui il tiro all'arco assume un vero e proprio carattere di diporto, e i gruppi di arcieri si costituiscono di nuovo in molti paesi, specie in Inghilterra e negli Stati Uniti. L'esercizio, per alcun tempo assai in voga, attraversa attualmente un periodo di minor fortuna. In Italia le ultime società di tiro all'arco e alla balestra sono ora a Gubbio e a Borgo S. Sepolcro.
Il legno migliore per la fabbricazione degli archi è il tasso. L'arco è detto "semplice" quando è fatto d'un sol pezzo di legno; "doppio" quando due archi di legno diverso sono incollati insieme. La lunghezza dell'arco va da metri 1,80 a metri 2,70 per gli uomini; da metri 1,50 a metri 2,10 per le donne. La lunghezza della freccia è proporzionale e varia è la sua foggia; essa può pesare dai 18 ai 30 grammi. Le migliori corde sono di canapa.
Non si seguono regole fisse per ciò che riguarda i bersagli, il terreno, l'organizzazione delle gare. I primi sono, più comunemente, grandi circoli concentrici (in Svizzera sono usati anche bersagli di forma ellittica) disegnati su di un fondo atto alla penetrazione delle frecce. Possono però essere adoperati i bersagli più diversi.
L'ultima grande manifestazione di tiro all'arco in Italia si ebbe nel 1911, al campo di tiro della Farnesina (Roma).
Alle Olimpiadi moderne le gare di tiro all'arco furono disputate fino al 1924 (Parigi). Dalle ultime Olimpiadi (Amsterdam 1929) vennero invece escluse, perché lo sport del tiro all'arco si era ridotto ai soli paesi anglo-sassoni e all'America del Nord, dove esso è, in particolare, praticato nei collegi di educazione, specialmente femminili: con l'arco, infatti, si ritiene di poter raggiungere i vantaggi fisiologici del tiro a segno, evitando i traumi che possono verificarsi con l'uso delle armi da fuoco.