ARDENNE
(lat. Silva Arduenna; franc. Ardennes)
Altopiano che si estende tra il Belgio meridionale (medio bacino della Mosa) e la Francia nordorientale, i cui confini non sono precisamente definiti. Dal punto di vista geologico, le A. appartengono al periodo paleozoico: si tratta di una formazione sedimentaria, ricca di scisti filladi, arenarie e quarziti, e caratterizzata dall'assenza di calcare. Geograficamente esse si presentano come un massiccio che tocca i m. 700 di altitudine, densamente coperto di foreste: gli altopiani sono attraversati da faglie profonde, al fondo delle quali scorrono fiumi, torrenti e ruscelli. In Belgio le A. sono comprese nella Vallonia e fanno anche parte delle prov. di Liegi, Namur e Lussemburgo; in Francia il dip. delle Ardennes ha carattere puramente amministrativo e non corrisponde esattamente alla regione geografica.Cesare e gli antichi videro nelle A. soprattutto un'immensa foresta, la Silva Arduenna, quasi impenetrabile, dal clima rigido e freddo, poco popolata. Eppure, fin dall'inizio della loro occupazione, i Romani tracciarono nelle A. strade, vie, sentieri, installarono villae, stazioni di posta e di trasporti, crearono un'amministrazione forestale, assimilarono la dea Arduinna, divinità celtica che cavalcava un cinghiale, a Diana cacciatrice. Quanto alle invasioni franche, esse si arrestarono contro l'insormontabilità del massiccio. Hoyois (1949-1953) sottolineò opportunamente come nella formazione dell'ambito culturale conservato tutt'oggi nel mondo mosano, delimitato da Liegi nella parte alta ed esteso anche attraverso le terre germanizzate, le A., regione di difficile penetrazione, svolsero un ruolo essenziale. Pur avendo a O e a S i Valloni e gli abitanti della Champagne, a N i Fiamminghi e a E i Tedeschi, il blocco opposto dalle A. e dalla loro aspra natura rappresentò infatti un bastione per la latinità.Dopo la cristianizzazione, avvenuta a partire dal sec. 4° per opera di monaci missionari venuti principalmente dall'Aquitania e dall'Irlanda (ma anche di religiosi del luogo), si diede inizio alla costruzione di chiese e di santuari. Dal sec. 6° le A. entrarono a far parte del vescovado di Tongres, che divenne più tardi quello di Tongres-Maastricht e, alla fine, quello di Liegi, alla cui circoscrizione apparteneva un arcidiaconato delle Ardenne. Questi confini amministrativi ed ecclesiastici favorirono, nell'Alto Medioevo, la costruzione di edifici religiosi. S. Remaclo, abate di Solignac nel Limosino, fondò nelle alte A. le abbazie benedettine di Stavelot (v.) e di Malmédy, che divennero in seguito centri di vita religiosa nonché di produzione e diffusione artistica. Più tardi, l'abbazia di Saint-Hubert ebbe un ruolo corrispondente in quella regione che si definisce convenzionalmente come A. centrali. Scavi in corso hanno messo in luce una parte delle fondamenta della chiesa abbaziale di Stavelot, iniziata nel 1021 per volontà dell'abate Poppone, dall'architetto Hubald e dal capomastro Tietmar. Consacrato il 5 giugno 1040 alla presenza dell'imperatore Enrico III, questo edificio presenta elementi che trovano riscontro in St. Maria im Kapitol a Colonia e nell'abbazia di Brauweiler. Secondo Genicot (1970) l'abbaziale di Stavelot costituì l'elemento di raccordo tra la pianta delle chiese di pellegrinaggio, sviluppata in Francia, e il sistema triconco, preferito in Renania. Inoltre, è lecito supporre che un'ulteriore ricerca archeologica possa portare al ritrovamento della chiesa primitiva: una fotografia aerea lascia intuire infatti a Stavelot, in località 'prato di Saint-Lambert', la pianta di un santuario di modeste proporzioni. Anche Malmédy, l'abbazia sorella e rivale di Stavelot, fu ricostruita dall'abate Poppone nella stessa epoca. Sebbene non rimangano tracce di questi edifici varie opere, autentici capolavori dell'arte romanica, attestano il mecenatismo dei loro abati e insieme le esigenze di una complessa liturgia.Per l'attività miniatoria va ricordato senza dubbio il Cristo in maestà del manoscritto con le opere di Gregorio Nazianzieno, eseguito a Stavelot verso il 1020-1030 (Bruxelles, Bibl. Royale, II. 2570), il Collettario di Stavelot, eseguito dopo il 1048 (Bruxelles, Bibl. Royale, 1813) e, soprattutto, la monumentale Bibbia di Stavelot, terminata nel 1097 da Goderan, Erneston e dai loro collaboratori, nella quale la scrittura corrisponde mirabilmente allo splendore delle immagini (Londra, BL, Add. Ms 28106-28107).Una decina di manoscritti provenienti dall'abbazia di Malmédy, databili ai secc. 10°-12° e conservati alla Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma, sono ugualmente prove di questo straordinario impegno artistico. Ma è soprattutto nel campo dell'oreficeria che il contributo di Stavelot all'arte medievale fu di grande rilievo, in particolare sotto il governo dell'abate Wibald (1131-1158): il retablo di S. Remaclo, noto solo grazie a un disegno del 1661 (Liegi, Arch. de l'Etat), la testareliquiario del papa Alessandro I e un altare portatile conservati a Bruxelles (Mus. royaux d'Art et d'Histoire), nonché il trittico conservato a New York (Pierp. Morgan Lib.), sono realizzazioni esemplari dell'arte mosana. Al di là di questo periodo di splendore, gli orafi mosani della seconda metà del sec. 13° dotarono l'abbazia di un ultimo grande reliquiario, la teca di S. Remaclo (1270 ca.) conservata a Stavelot (Trésor de l'Eglise Primaire de Saint-Sébastien). Per la stessa abbazia lavorarono il maestro vetraio Alard e suo figlio Simon, citati nei testi della seconda metà del 12° secolo. Delle loro opere si sono conservati frammenti piccolissimi, ma sufficientemente significativi per ricollegarli all'attività della scuola mosana, alla quale si deve la vetrata della Passione della cattedrale di Châlons-sur-Marne (Champagne).Quanto all'abbazia di Saint-Hubert, fondata all'inizio del sec. 8°, essa ospitò alla fine del sec. 11° una serie di artisti (scultori, miniaturisti, pittori), i cui nomi sono ricordati dalla cronaca del monastero. Nella seconda metà dello stesso secolo vi vennero costruiti una nuova chiesa, una cripta e alcuni oratori; per edificare l'abbazia vennero trasportate da Arlon pietre lavorate di epoca romana; le vetrate, distrutte nell'incendio del 1130, erano di un maestro di nome Roger, originario di Reims. Le pitture murali, scoperte nel 1885, sono databili probabilmente alla seconda metà del sec. 13° e rappresentano scene di martirio. Anche per Saint-Hubert, in assenza di testimonianze architettoniche, sono i manoscritti, come già a Stavelot e Malmédy, a darci un'immagine di questo attivo centro di produzione artistica: è il caso della Bibbia conservata in due volumi (Namur, Mus. Archéologique, 4; Bruxelles, Bibl. Royale, II. 1639) e databile alla fine del periodo in cui fu abate Thierry I (1055-1085), dove la pagina ornata dell'In principio rappresenta, nei medaglioni, il Cristo Pantocratore e le personificazioni dei quattro elementi.Oltre a questi monumentali monasteri, nelle A. furono edificate in epoca romanica anche chiese rurali di modeste proporzioni; quelle di Theux e di Bastogne (v.) sono provviste di torri munite di una piattaforma di legno; a Cherain, come ha sottolineato Genicot (1970), la navata acquista nuove forme possenti; a Ollomont (1110 ca.) la navata è unica, la torre poggia direttamente sul coro e inoltre, come a Rachamps, i muri esterni erano rifiniti a calce o intonacati di chiaro. Il tentativo di ricostruzione della piccola chiesa romanica di Vieuxville mostra che la torre era coronata da una bertesca, come già a Theux e a Bastogne, e che l'edificio era a pianta basilicale. L'interno fu decorato nel sec. 15° con affreschi raffiguranti l'Agnello pasquale, i Quattro evangelisti, S. Giovanni Battista, S. Caterina e la coppia dei committenti, rimasti peraltro anonimi. Queste pitture sono state scoperte alla fine del sec. 19° e opportunamente restaurate nel 1972. Sempre al sec. 15° possono essere datati gli affreschi della chiesa di Wiesenbach, presso Saint-Vith, dipendente dalla abbazia di Malmédy.Al confine tra le A. e la Gaume, l'abbazia cistercense di Orval (v.) si presenta oggi con imponenti strutture moderne; sussistono peraltro anche le rovine delle costruzioni medievali, erette secondo lo schema tradizionale cistercense: coro a terminazione rettilinea, transetto a quattro cappelle orientate, navate a dodici pilastri massicci. Orval è vicinissima alla Francia e, in particolare, al dip. delle Ardennes. Nei limiti di questa circoscrizione amministrativa, che delle A. conserva solo il nome, l'edificio religioso più importante è la chiesa abbaziale benedettina di Mouzon, della quale l'arcivescovo di Reims, Guglielmo Biancamano, aveva prospettato, alla fine del sec. 12°, l'elevazione al rango di cattedrale. Edificata nel primo terzo del sec. 13° e provvista, nel corso del 15°, di due torri nella facciata occidentale, questa chiesa è ornata di un timpano scolpito del sec. 13°, purtroppo mutilo, che rappresenta la Dormitio Virginis e il Martirio di s. Vincenzo.Nell'ambito dell'architettura militare, la politica territoriale dei vescovi di Liegi, dei conti di Lussemburgo e delle dinastie locali incoraggiò la costruzione di opere difensive e di roccheforti; tra le più importanti e imponenti sono senz'altro quelle di Bouillon e di Sedan. Nel sec. 11° il castello di Bouillon, di cui rimangono oggi solo poche vestigia di epoca medievale, presentava un donjon centrale di pianta quadrata fiancheggiato da altri due donjons che difendevano le estremità della costruzione: si trattava del più grande castello medievale della Vallonia (Muller, 1974). A qualche chilometro di distanza, ma nelle A. francesi, la fortezza di Sedan non era meno temibile. La costruzione, avviata nel 1430 su di un promontorio a sperone difficile da raggiungere, si deve a Evrard della Marck. Essa domina con la sua mole l'agglomerato urbano sortole intorno e progressivamente arricchitosi di altre costruzioni peraltro non più pertinenti al Medioevo. Nelle A. valloni rimangono invece solo rovine dei castelli di Franchimont, Laroche e Salm.È opportuno infine sottolineare che l'aggettivo 'ardennese' è stato attribuito a un'unica opera d'arte medievale, la cui origine non è peraltro sicura: si tratta della c.d. Croce delle A., la sola grande croce carolingia ornata di pietre preziose che si sia conservata a N delle Alpi (Norimberga, Germanisches Nationalmus.).
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