Ardinghi
Famiglia fra le più importanti dei primi secoli di Firenze, ricordata dal Villani (IV 11) fra quelle più antiche del sesto di Porta San Piero, con case in Or San Michele, vicine alle abitazioni dei Lisei, Visdomini, Giuochi, Caponsacchi, Abati, Donati, Cerchi, Portinari, e di altre consorterie del " primo cerchio ". Il Malispini a sua volta li dice " antichissimi " e accenna a una consanguineità fra essi e i Chiaramontesi, che, peraltro, avevano le case in Calimala, piuttosto lontano da quelle degli A.; l'antichità della loro origine è inoltre confermata da D. che li fa definire da Cacciaguida così grandi come antichi (Pd XVI 91).
Sono annotati in un elenco delle famiglie consolari del 1210, per i due sesti di Porta San Piero e di Porta San Pancrazio; messer Iacopo A., cavaliere - i cui figli Cino e Lotto appaiono tra i guelfi danneggiati nei loro beni dai ghibellini dopo Montaperti - è citato fra i membri dei consigli del comune presenti alla ratifica (1215) di alcune convenzioni tra Firenze e Bologna; più tardi, il 4 agosto 1254, Guidalotto di Ardingo appare fra i consiglieri presenti al giuramento della pace stipulata tra Firenze e Pisa. Ma, pur partecipando attivamente alla vita politica cittadina, gli A. non disdegnarono l'esercizio della mercatura e l'attività bancaria; uno di essi è ricordato nel 1263 come componente della compagnia Del Borgo. Antichità di origini e importanza sociale unita a disponibilità di mezzi economici, quindi; ma non certamente lontane scaturigini romane, come vollero sostenere nel secolo XVI il Verino (" Ardingos etiam Syllano ex semine natos "), nel XVII il Monaldi e nel XVIII il Mariani. Gli A. furono guelfi, e come tali si impegnarono a fondo contro i loro avversari. Ardingo del fu messer Pegolotto A. compare nel ruolo dell'esercito fiorentino a Montaperti in qualità di consigliere del gonfaloniere dei balestrieri di Porta San Piero: due case di Lotto e Cino, fratelli e figli del fu Iacopo, sono elencate nell'estimo dei beni danneggiati dai ghibellini nel 1260, per un valore di 100 libbre. Ma furono presenti anche fra i guelfi che sottoscrissero la pace del cardinal Latino, nelle persone di Puccio e di Farinata, figli di messer Ardingo, e di Lotto figlio di Puccio.
Quest'ultimo è uno dei membri meglio conosciuti della famiglia. Fu più volte priore (15 giugno - 15 agosto 1303; 15 agosto - 15 ottobre 1304; 15 ottobre - 15 dicembre 1307, per il sesto di Porta San Piero; 15 febbraio - 15 aprile 1320; 15 agosto - 15 ottobre 1321; 15 aprile - 15 giugno 1324, per il sesto di Porta San Pancrazio), e una volta gonfaloniere (15 dicembre 1317 - 15 febbraio 1318). Prima di lui, aveva fatto parte della Signoria come priore un Maccius, dal 15 dicembre 1300 al 15 febbraio 1301. Lotto ebbe anche l'ufficio di " exactor in comitatu sextus Portae Sancti Petri ". Nei mesi del conflitto tra Firenze ed Enrico VII, egli prese parte, insieme ai suoi, alla difesa della città, con funzioni rappresentative, tanto da essere compreso nel bando imperiale del 1313.
Non è, tuttavia, il solo fra gli A. di cui si conoscano parecchi particolari biografici da documenti criticamente validi. Fra Duecento e Trecento, fu personaggio di qualche importanza nel ceto ecclesiastico fiorentino un altro figlio - sembra - del già ricordato Ardingo, il frate domenicano Ubertino. Il ‛ necrologio ' di Santa Maria Novella lo ricorda con parole elogiative e con abbondanza di notizie biografiche. Fu uomo prudente e frate colto, vivace predicatore, lettore di teologia nello studio generale del suo ordine; quello studio che D. frequentò per qualche tempo, forse ascoltando le sue lezioni. Numerosi documenti editi dall'Orlandi permettono di seguirne la peregrinazione dall'uno all'altro convento domenicano, da Firenze (ove fu priore negli anni 1274, 1283, 1293, 1297-1298, 1301), a Lucca, a Siena, ad Orvieto, a Pistoia (come superiore e come predicatore), a Perugia (come lettore). Altre fonti lo ricordano come " definitore " presente ai periodici capitoli provinciali dell'ordine. Fu anche nominato penitenziere del papa; ma né questa - pur prestigiosa com'era - né le altre cariche ebbero il potere di fargli dimenticare il fascino della vita di preghiera e di mortificazione. Più volte, infatti, assolti gl'incarichi di governo e gli obblighi dell'insegnamento, ritornò nel convento fiorentino, per vivervi umilmente, impegnato nella penitenza e nella meditazione. Quanto alla carica di penitenziere pontificio, vi rinunziò proprio per ritornare in Santa Maria Novella. Morì il 3 luglio 1314, all'età di 65 anni e 5 mesi.
Oltre ai personaggi fin qui ricordati, altri A. sono citati nei ‛ sepultuari ' di Santa Maria Novella, morti tutti nella prima metà del secolo XIV, ma non tutti assegnabili sicuramente agli A. in argomento, perché segnalati come dimoranti in luoghi distanti da quello dove i cronisti collocano le abitazioni di questi ultimi. Il 30 luglio 1305 il notaio ser Buonaccorso di Salvo rogò il testamento di una Diana A., moglie di Lapo Minerbetti e figlia del fu Pegolotto, che volle esser sepolta in Santa Maria Novella e lasciò esecutrici testamentarie le sorelle Lapa e Tana e la figlia Ghesina; nel 1351, un Francesco A. appare fra i cittadini che assistettero alla stipulazione della pace tra due famiglie, avvenuta alla presenza di alcuni priori; il 15 gennaio 1320 Lorenza figlia del fu Pegolotto, monaca nel convento di Ripoli, è ricordata nel testamento di Giovanni del fu Lotto Ughi.
Gli A. si estinsero ben presto; l'Ottimo dice che al suo tempo essi erano già " in bassissimo stato e pochi ", e i genealogisti ricordati affermano che erano ormai " spenti negli antichi tempi ". Il Monaldi cita come ultimo della loro discendenza un Antonio di Niccolò di Lotto, che il ‛ necrologio ' di Santa Maria Novella dice essere stato sepolto in quella chiesa il 25 agosto 1383. Questa notizia è confermata dal Mariani.
Gli A. ebbero per arma uno scudo scaccato d'argento e d'azzurro (3,3) col capo di oro; colori che il Mariani dice essere stati ricavati da un manoscritto datato del 1302; manoscritto che andò perduto nel secolo XIX. Il Monaldi assegna allo scaccato dello scudo i colori argento e rosso.
Bibl. - Il fatto che gli A. si sono estinti verso la fine del Trecento ha impedito che la loro vicenda genealogica interessasse gli eruditi fiorentini intenti a documentare i precedenti storici delle casate ancor viventi al loro tempo. Povere sono, perciò, le notizie che di essi danno i manoscritti dell'Arch. di Stato di Firenze, Carte Pucci, filza I, ins. 4; Spogli dell'Ancisa, AA 633, GG 185, KK 45; Priorista fiorentino Mariani, II, c. 344 (con l'elenco dei priori e gonfalonieri e con qualche notizia mutuata dai cronisti). Ancora nello stesso Archivio, Biblioteca manoscritti, 423 (P. Monaldi, Istoria delle famiglie della città di Firenze, scritta nel 1607... coll'aggiunta di monsignor Sommai fino all'anno 1626, II), c. 433, si leggono le stesse notizie sommarie, riprese dai cronisti. Molti membri della famiglia sono citati, invece, in documenti pubblicati dal padre Ildefonso di San Luigi a commento della sua edizione della cronaca di Marchionne nei voll. VII (Firenze 1776) 162,. 163, 237, 288; VIII e IX (ibid. 1777) 204 e 90, 122, 135, 147, 157, 158, 179, 188, 191, 254; X (ibid. 1778) 14, 36, 62, 121; XI (ibid. 1778) 11, 51, 58, 126; XIII (ibid. 1780) 341; XV (ibid. 1783) 252. Per un'edizione critica del ‛ necrologio ', cfr. S. Orlandi, Necrologio di Santa Maria Novella, I, Firenze 1955, 32 (n. 212), 236, 256, 267-268, 275, 279, 376; II 421, 601, 602 (le notizie più diffuse sono state date a proposito della biografia di frate Ubertino di Ardingo). Altri documenti in cui si ricordano gli A. sono editi da P. Santini, Documenti dell'antica costituzione del comune di Firenze. Appendice, Firenze 1952, 203 n. 66.
Sulla famiglia in generale si vedano i pochi cenni che ne danno i cronisti; R. Malispini, Storia fiorentina, ed. a c. di V. Follini, Firenze 1816, 48, 81, 86; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, ed. a c. di N. Rodolico, in Rer. Ital. Script.2, XXX, Città di Castello 1903, 21, 82, 90, 94, 127, 135; D. Compagni, La cronaca delle cose occorrenti ne' tempi suoi, ed. a c. di I. Del Lungo, ibid., IX 2, Città di Castello 1916, 11; G. Villani, Cronica, I, Firenze 1823, IV 11. Questi cenni sono ripresi dai dantisti a commento del luogo della Commedia in cui gli A. sono ricordati; cfr. L'Inferno di D.A. disposto in ordine grammaticale e corredato di brevi dichiarazioni da G.G. Warren Lord Vernon, II, Documenti, Londra 1862, 417-418, ove si traccia un discorso complessivo sulle vicende della casata, che per molta parte è ripreso da G.A. Scartazzini, Enciclopedia i 124. Il Davidsohn, Storia (II I 764; IV II 365; IV III 74, 232), ne considera la vicenda genealogica in relazione alla storia della città, e si sofferma particolarmente sulla biografia di frate Ubertino, i cui dati egli riprende dal ‛ necrologio ' poi edito dal padre Orlandi. Per notizie sulla presenza di D. alle lezioni dello studio generale di Santa Maria Novella cfr. anche G. Salvadori, Sulla vita giovanile di D., Roma 1906, 107 ss.