ardito
. Il participio passato del verbo, con valore di aggettivo, s'incontra in undici luoghi della Commedia. Ha valore intensivo e indica normalmente la qualità di audacia eccessiva nell'affrontare imprese e situazioni rischiose.
Detto di persona, vale " animoso ", " pieno di coraggio ", in If XVII 81 Or sie forte e ardito (la stessa coppia di aggettivi in XXIV 60 i' son forte e ardito); in XVIII 89, con maggior forza, detto delle donne di Lenno, ardite femmine spietate che tutti li maschi loro a morte dienno; e ancora in XIX 99, XXVIII 102, Pd XXXIII 79. In Pg XII 103 è detto della foga (del montar; per Benvenuto, " ardui ascensus "), dell'eccessiva ripidità della salita, che ardita sembra audacemente slanciarsi verso l'alto, e che si rompe... / per le scalee.
Predicativo, con valore avverbiale, e usato in accezione assai prossima a " temerario ", in If VIII 90 Vien tu solo, e quei sen vada / che sì ardito intrò per questo regno; in Pd XXIII 68 non è pareggio da picciola barca / quel che fendendo va l'ardita prora, orgogliosa allegoria per " l'altiera mente " di D. (Vellutello), che ha osato trattare un argomento tanto elevato.
S'incontra, riferito per traslato a un atteggiamento o a un'azione temeraria che va oltre i limiti consentiti, con una forte condanna, in Pg XIII 121 io [Sapia] volsi in sù l'ardita faccia, / gridando a Dio: " Omai più non ti temo ! ", e in XV 100 vendica te di quelle braccia ardite / ch'abbracciar nostra figlia; in Pd XXXII 122 colui ... / è 'l padre per lo cui ardito gusto [Adamo gustò il frutto dell'albero proibito e violò un precetto divino] / l'umana specie tanto amaro gusta. In altri casi analoghi D. adopera l'aggettivo ‛ folle '.