AREE GRAVITAZIONALI E FUNZIONALI
Il concetto di a. f. si basa sulla definizione di spazio funzionale, cioè uno spazio composto da un insieme di elementi, di attributi degli elementi e di interrelazioni fra questi. Sinteticamente essa può definirsi come un'area dominata da un centro di polarizzazione dotato di funzioni più qualificate di quelle dei restanti centri che costituiscono l'area stessa. Quanto al concetto di regione o area, in rapporto alla organizzazione economica e geografica del territorio, ancora non appare del tutto risolta la controversia fra coloro che negano l'importanza di tale idea, in quanto prediligono le ricerche sistematiche, e gli studiosi che, invece, ritengono che soltanto lo studio della geografia regionale sia scienza (P. Vidal de la Blache). Vi è però ormai un orientamento pressocché generale a favore degli studi regionali, che hanno attraversato nel tempo varie fasi.
A un'iniziale concezione, che fa riferimento al concetto di regione come proiezione dell'ambiente fisico, segue il concetto di regione naturale intesa non soltanto come ambiente fisico identificato da un solo fatto (clima o struttura morfologica, per es.) o da un insieme di fatti (l'operare congiunto, per es., della morfologia, del clima e della vegetazione), ma anche come ambiente con una propria copertura e un'organizzazione a essa legata. Tali definizioni di area regionale, che fanno riferimento allo studio uomo-ambiente, si inseriscono nell'ambito della concezione positivistica del secolo diciannovesimo e vengono criticamente revisionate da Vidal de la Blache, che approfondisce l'analisi integrale dei gruppi umani. Egli, operando a cavallo dei due secoli, riesce ad apprezzare i gradi di libertà di cui gode il genere umano, non più vincolato dalla eccessiva dipendenza ambientale, e formula una problematica complessa circa il comportamento dell'uomo nei confronti del territorio.
Nei decenni successivi, i mutamenti dell'organizzazione territoriale − dovuti all'industrializzazione, alla crescita demografica, allo sviluppo dei trasporti e all'esasperato ritmo di sostituzione delle tecnologie − hanno fatto assumere alle città il ruolo sia di punti di concentrazione di strutture, sia di generatrici di funzioni, tanto da far comprendere che nelle sezioni territoriali, dove esse si situano, l'unità regionale non è tanto funzione del presentarsi di un dato paesaggio quanto il risultato dell'azione di un centro coordinatore, costituito per l'appunto dalla città.
L'evoluzione in senso strutturalista degli studi regionali ha inizio con l'introduzione del concetto di spazio funzionale (contrapposto alla nozione di spazio omogeneo), originato dalla convinzione che il territorio debba intendersi come sede di elementi che possono essere tra loro eterogenei, ma che risultano collegati dall'insediamento umano (le città e le strade sono le grandi iniziatrici dell'unità). E. Juillard sostiene che l'assetto dello spazio funzionale e della relativa a. f. è riconducibile ai seguenti elementi: a) armatura urbana; b) azione combinata dei fattori di mercato; c) interdipendenza dei servizi. Egli pone pertanto come matrice dell'organizzazione del territorio la coesione e la centralità esprimendo lo spazio funzionale meno per i suoi confini che per il suo centro animatore e per le reti di ogni ordine che da esso si originano. Nella definizione di a. f., dunque, l'accento viene spostato sulle relazioni tra gli oggetti: queste sono tanto più pronunciate quanto più evidenti risultano i processi di concentrazione delle attività economiche. Se l'idea di a. o regione funzionale riposa sul concetto di concentrazione delle attività economiche è alla teoria della polarizzazione che bisogna far riferimento per definirla.
La polarizzazione economica è il risultato della dominazione esercitata da un determinato punto del territorio e originata dalla sua capacità di attirare flussi di capitali; la polarizzazione, però, oltre che economica, può essere tecnologica e comportamentistica o psicologica; tutte le sue forme risultano ugualmente importanti e costituiscono fattori di dinamismo sociale atti a trasformare strutture e relazioni. Anche se tra le funzioni che appaiono nei territori polariz zati (grandi città e agglomerazioni urbane) quelle industriali sono le più importanti, non possono trascurarsi − e oggi meno che in passato, con l'affermarsi della società post-industriale − quelle dei servizi che si sviluppano autonomamente o anche di concerto con le funzioni industriali.
Funzioni industriali e dei servizi, cioè le funzioni urbane, pos sono distinguersi a seconda che siano motrici, cioè generatrici di effetti polarizzanti, o neutre, pur se tale bipartizione, limpida in teoria, risulta difficile in pratica; in effetti, le funzioni motrici sono tali in rapporto non alla loro natura quanto al ruolo che assumono nelle singole città e negli ambienti urbani che sulle città gravitano, nei confronti dei quali tende a realizzarsi una interrelazione, che costi tuisce forse l'elemento fondamentale della polarizzazione e in base alla quale si esaltano le opportunità e i reciproci vantaggi tra il polo (fuoco) e l'a. g. stessa. Poiché sia le dotazioni di funzioni motrici, sia i livelli di integrazione funzionale e territoriale variano in rapporto alle singole città, è possibile ordinare le aree stesse secondo un ordine gerarchico. Ne segue che l'a. f. − diversamente da quanto previsto nelle concezioni positivistiche o in quelle neo-idealistiche di Vidal de la Blache (possibiliste) − si configura come una regione dominata da un centro di polarizzazione appartenente a un dato ordine gerarchico.
Alla base del concetto di a. f. o di gravitazione non vi è pertanto una contrapposizione tra territori omogenei e non omogenei, e nemmeno una concezione organicistica dell'organizzazione umana, ma vi è, da un lato, l'idea di funzione e struttura − intesa questa ultima come elemento generatore di funzioni − e, dall'altro, la convinzione che struttura e funzioni abbiano proprie aree di diffusione e si inquadrino in assetti gerarchici. Si afferma così una impostazione nomotetica la quale asserisce che l'organizzazione del territorio si realizza seguendo principi generali che conducono alla formulazione di teorie e di opportuni strumenti metodologici.
Come detto, alla base dell'edificio teorico funzionalista c'è l'idea di polarizzazione. Essa ha trovato realizzazione lungo tre principali linee di ricerca: a) la polarizzazione terziaria; b) la polarizzazione industriale; c) la teoria della base economica. Il nucleo fondamentale degli studi sulla polarizzazione terziaria è costituito dalla famosa teoria delle località centrali (W. Christaller). Secondo Christaller le modalità dell'offerta di beni e servizi possono essere suddivise in tre categorie: a) beni e servizi centrali, che vengono offerti soltanto in determinati punti del territorio; b) beni e servizi dispersi, i quali danno luogo a una disseminazione territoriale dell'offerta; c) beni e servizi indifferenti, che possono risultare sia concentrati sia dispersi. Ne segue che i beni e servizi si ripartiscono in ranghi in funzione del loro grado di centralità: risulteranno di rango elevato quelli per i quali i punti di offerta sono rari e il cui ambito di diffusione è ampio, mentre il contrario accade per i beni e servizi di rango più basso.
Procedendo dalla considerazione dell'offerta di beni e servizi, la teoria perviene alla definizione di a. di gravitazione, la quale coincide con l'ambito di diffusione di rango più elevato dalla località centrale considerata. Poiché le località centrali di rango più basso possiedono intorni gravitazionali meno ampi di quelli delle località centrali di rango più elevato, le prime saranno comprese negli intorni gravitazionali delle seconde. Ne segue che anche per le a. di gravitazione si perviene a una classificazione gerarchica e, pertanto, l'organizzazione del territorio appare costituita da unità urbane produttrici di funzioni centrali e da una stratificazione di intorni gravitazionali. I cenni riservati alla teoria delle località centrali − che viene affinata e generalizzata da A. Lösch − non rendono giustizia agli effetti rivoluzionari che essa ha avuto, introducendo nelle ricerche sulla regionalizzazione del territorio principi deduttivi, predisponendo schemi interpretativi e apparati teorici, dando veste organica a importanti proposizioni funzionaliste.
Con il diffondersi dei processi di industrializzazione e con l'integrazione realizzatasi tra insediamenti produttivi e agglomerati urbani è stata avanzata l'idea che l'organizzazione di un territorio sia causata non soltanto dagli effetti polarizzanti delle attività terziarie, ma anche da quelle industriali. Si è predisposta pertanto una vera e propria teoria della polarizzazione industriale e si è formulato il concetto di 'polo di sviluppo' come punto strategico sul quale si concentrano ingenti investimenti industriali. Tuttavia, come non tutte le attività terziarie possiedono la stessa forza di polarizzazione, così fra le attività industriali sono stati enucleati i concetti di industrie-motrici e di industrie-chiave. Le prime sono caratterizzate da un fatto dimensionale (debbono risultare cioè sufficientemente grandi da dar luogo a processi di crescita che si diffondono sul territorio), da caratteristiche settoriali (attività dinamiche con ritmi di espansione più elevati di quelli relativi alla media del settore industriale), da requisiti attinenti alle interrelazioni con altre attività secondarie e terziarie. Quando il potere trainante dell'industria-motrice è particolarmente incisivo, essa diviene industria-chiave. Sebbene siano sta ti teorizzati due aspetti che differenziano la prima dalla seconda (l'industria-chiave realizza un tipo di integrazione decisamente sistemico e possiede un dinamismo eccezionale da diventare punto di innesco per una crescita accelerata), la teoria non ha fornito discriminanti sufficientemente chiare tra i due concetti. Nei punti del territorio dove si producono ritmi accelerati di effetti indotti tra industria e ambiente si realizzano i poli di sviluppo, i quali sono contraddistinti da incrementi nell'occupazione e nei redditi provocati dall'industria; l'aumento del reddito produce incrementi di domanda che generano a loro volta aumenti di beni e servizi secondo un processo cumulativo a crescita esponenziale. La polarizzazione industriale provoca, da un lato, deterioramento ecologico e, dall'altro, squilibri e disparità nei confronti dei territori emarginati dal processo stesso. Ne segue che i poli di sviluppo costituiscono punti di dominio sociale sui rispettivi intorni.
L'ottica delle ricerche sulla base economica urbana è in parte diversa da quella della polarizzazione; in questi studi, le funzioni produttive urbane di beni e di servizi vengono ripartite a seconda che questi ultimi tendano a soddisfare i bisogni della propria popolazione ovvero quelli della popolazione non urbana. Le prime sono considerate funzioni non qualificanti o banali (non basic activities), mentre le seconde vengono definite qualificanti (basic activities) poiché evidenziano la centralità della città rispetto all'organizzazione del territorio e, più specificatamente, dell'a. di gravitazione. Malgrado la sua semplicità di impianto concettuale, la distinzione proposta non risulta affatto semplice e, anzi, costituisce uno degli aspetti più deboli della teoria, poiché i due campi risultano strettamente legati. Di norma, le attività industriali vengono classificate tra le attività specifiche mentre quelle terziarie fra le attività banali. Tuttavia le interazioni che si producono tra i due tipi di produzione (di beni e servizi) e la popolazione interessata sono intuibili. Inoltre, la distinzione accennata sulla specificità delle attività secondarie e sulla non specificità di quelle terziarie non è valida in sé e per sé, ma molto dipende dal contesto in cui è situata la città con la conseguenza che occorrerebbero, al riguardo, studi analitici a livello di singola attività per poter esattamente individuare quelle banali e quelle specifiche. Va infine segnalato che le città possono considerarsi come un dato a sé stante o unite con la loro area di attrazione, ma, a questo punto, sorgono problemi di ordine concettuale nel considerare la quota di beni che, prodotta nella città, viene destinata a quella parte di popolazione che vive nei territori serviti dalla città, cioè che rientrano nell'a. di gravitazione: i pareri degli studiosi sono discordi e le possibilità di applicazione della teoria si salvano a prezzo di drastiche semplificazioni.
Bibl.: P. Vidal de la Blache, Les caractères distinctifs de la géographie, in Annales de Géographie, 22 (1913); W. Christaller, Die zentralen Orte in Süddeutschland, Jena 1933; A. Lösch, Die raumliche Ordnung der Wirtschaft, ivi 1940; R. Hartshorne, Perspective in the nature of geography, Chicago 1959; F. Perroux, L'économie du XXe siècle, Parigi 1964; E. Juillard, Historique de la notion de région dans la géographie française, in Région et régionalisation dans la géographie française et dans d'autres sciences sociales. Bibliographie analytique, ivi 1967; A. Vallega, Regione e territorio, Milano 1976; P. Claval, La théorie des villes, in Revue géographique de l'Est, 8 (1984).