ARETA di Cesarea
Nato a Patrasso circa l'anno 850 da agiata famiglia, proseguì gli studî a Costantinopoli, ove fiorivano esimî maestri, come il matematico Leone e Fozio. Diacono già nell'895, divenne metropolita di Cesarea di Cappadocia nel 901, rivestendo anche la dignità di prototrono (πρωτόθρονος), ossia primo dopo il patriarca. Morì poco dopo il 932. D'indole battagliera prese viva parte ai dibattiti religiosi del tempo. Da avversario risoluto delle quarte nozze di Leone VI il sapiente, anzi più intransigente di Nicola il mistico, passò poi fra i seguaci di Eutimio, non per timore delle persecuzioni imperiali, ma per ammirazione delle virtù del santo patriarca. Quando Nicola risalì sul trono patriarcale, A. fu a capo dell'opposizione contro colui che riteneva intruso. Venne per ciò espulso dalla sede, che riebbe nel 921, avvenuta la riconciliazione fra Eutimiani e Nicolaiti. Legato da intima amicizia con Romano Lacapeno, approvò invece l'anticanonica elezione a patriarca del di lui figlio minorenne Teofilatto.
A. fu uno dei più eruditi del suo tempo e l'erudizione attinse dalla sua ricca biblioteca. Di questa sono pervenuti a noi ben otto manoscritti copiati a sue spese e da lui accuratamente riveduti e postillati, come un Euclide dell'a. 888 (Bodleiano d'Orville X, 2), un Platone dell'anno 896 (Bodleiano Clarkiano 39, già del monastero di Patmo), un Aristotile del 900 (Urbinate 35), un Clemente Alessandrino con apologeti cristiani, del 914 (Parigino 451).
Recenti studî hanno messo in luce le benemerenze di A. per la conservazione dell'antica letteratura profana e cristiana, mentre è ancora poco nota la svariata sua produzione letteraria. Fino a pochi anni fa erano conosciuti soltanto il Commentario all'Apocalisse, che è rimaneggiamento del commentario d'Andrea, suo predecessore, e, nella versione latina, due panegirici (dei martiri Edesseni Guria, Samona e Abibo, e del patriarca Futimio), nonché tre epigrammi (Anthologia Palatina, XV, 32-34). Ora poi si conosce l'elenco degli opuscoli di Areta (prediche, lettere, apologie, discorsi d'occasione, questioni canoniche e scritturali) contenuti soprattutto nel codice Mosquense 441 (Catal. Vladimir) e nel Marciano 524, donde sono stati tolti alcuni saggi. Dalla pubblicazione di queste opere verrà molta luce su questo personaggio per molti rispetti interessante e sulla sua epoca. Dal lato estetico gli scritti di Areta sono composti in uno stile privo di grazia, incredibilmente arruffato e oscuro, tanto che l'autore stesso in un opuscolo dovette difendersi dal biasimo di oscurità rivoltogli da contemporanei.
Opere: Migne, Putrologia Graeca, CVI, coll. 493-806. Testo greco del panegirico dei martiri Edesseni in Texte und Untersuchungen, XXXVII, 11, Lipsia 1911, pp. 210-222; del panegirico di Eutimio in Graffin, Patrologia Orientalis, XVI, Parigi 1922, pp. 486-505; J. Compernass, Aus dem literarischen Nachlasse des Erzbischofs Arethas aus Kaisareia, in Didaskaleion, I (1912), pp. 295-318; II (1913), pp. 95-100, 181-206.
Bibl.: Σ. Κουγέας, ‛Ο Καισαρείας 'Αρέθας καὶ τὸ ἔργον αὐτοῦ (Areta di Cesarea e l'opera di lui), Atene 1913; Dräseke, Arethas von Cäsarea, in Neue Jahrbücher für das klassische Altertum, XXXV (1915), pp. 249-270.