ARETA ('Αρέτας, Ḥārithat, Ḥārithah)
Nome di quattro re dei Nabatei. Areta I è noto soltanto per la menzione che ne è fatta in I Maccabei, V, 8, a proposito della fuga del gran sacerdote Giasone da Gerusalemme e del rifugio che inutilmente cercò presso di lui (169 a. C.). È il primo dei sovrani nabatei di cui ci sia tramandato il nome, ed è chiamato "tiranno" anziché "re" come i suoi successori, ma non vi è ragione di ritenere che non portasse già il titolo regio. Anche di Areta II non si ha che una menzione in Giuseppe Flavio, Ant., XIII, 13, 3, nel racconto dell'assedio di Gaza intrapreso dal re giudeo Alessandro Ianneo (96 a. C.): il re nabateo aveva promesso il proprio appoggio ai Gazei. Meglio conosciuto è Areta III (c. 85-c. 60 a. C.), del quale esistono monete con leggenda greca che gli dà l'epiteto di "filelleno": avendo preso parte nella lotta tra il seleucida Antioco XII Dioniso e suo fratello Demetrio III Acero, vinse e uccise il primo presso Cana ed estese il proprio dominio alla Celesiria e a Damasco (Giuseppe Flavio, Ant., XIII, 15, 1-2=Bell. Iud., 1, 4, 7-8). S'intromise poi anche nella contesa tra Ircano II e Aristobulo di Giudea e assediò questo a Gerusalemme, ma l'intervento dei Romani lo costrinse a togliere l'assedio, del che Aristobulo profittò per inseguirlo e sconfiggerlo nella Transgiordania. Pompeo, sottomessa la Giudea nel 63 a. C., mandò il suo legato Scauro contro i Nabatei, ma le difficoltà di una spedizione nel deserto lo fecero desistere dall'impresa e contentarsi di ricevere un tributo di 300 talenti da Areta (Ant., XIV, 1, 4-2, 3; 5, 1=Bell. Iud., I, 6, 2-3; 8, 1, cfr. Diodoro Siculo, XL, 4, Dione Cassio, XXXVII, 15, Plutarco, Pomp., 41, Appiano, Mithrid., 106). Areta IV è il più celebre dei re Nabatei di questo nome. Nel suo lunghissimo regno (9 a. C.-40 d. C.), dopo aver ottenuto il riconoscimento di Augusto ed avergli mostrato la sua riconoscenza prestandogli aiuto nella guerra giudaica scoppiata dopo la morte di Erode il Grande nel 1 a. C. (Gius. Flavio, Ant., XIV, 9, 4; 10, 9; XVII, 3, 2; 10, 9; Bell. Iud., I, 29, 3; II, 5, 1; Strabone, XVI, p. 782; Nicolò Damasceno, in Fragm. Hist. Graec., III, 351), seppe acquistarsi una quasi assoluta indipendenza dai Romani, che volle attestare assumendo l'epiteto, di sapore nazionalistico, di rāḥem ‛ammēh ("amante del proprio popolo, Φιλόπατρις"), che accompagna il suo nome nelle iscrizioni. Aveva dato in sposa una sua figlia al tetrarca di Galilea Erode Antipa, il quale la ripudiò per sposare la cognata Erodiade, onde Areta gli intimò guerra e lo sconfisse. Il proconsole Vitellio si mosse per punirlo di aver violato la pace romana, ma alla notizia della morte di Tiberio (37 d. C.) tornò indietro (Ant., XVIII, 5, 1 e 3), e Areta continuò a regnare indisturbato. Del suo dominio su Damasco dà prova un episodio della vita di S. Paolo, il quale riuscì a sfuggire all'inseguimento dell'etnarca (evidentemente il capo di una tribù suddita dei Nabatei) di Areta in quella città (II Corinzi, XI, 32). Di Areta IV si hanno numerose monete, e una ventina di iscrizioni in lingua aramaica (nessuna delle quali, peraltro, proviene direttamente da lui) sono datate da varî anni del suo regno; in una di esse (di Pozzuoli, del 5 a. C.: Corpus Inser. Sem., II, 158) è menzionata la sua prima moglie Ḫuld, in un'altra (di Petra, del 20 d. C., Corpus Inscr. Sem., II, 354, edizione riveduta in Brünnow e Domaszewski, Die Provincia Arabia, I, 283) la seconda moglie, nota anche da monete, Shuqailah, che è detta essere anche sua sorella, e sei figli del primo letto, elencati nominativamente. Un suo funzionario (esrātēgā, στρατηγός) è ricordato nell'iscrizione, del 37 d. C., di Madaba nella Transgiordania (in doppio esemplare, di cui uno nel Museo cristiano lateranense di Roma, l'altro nel museo del Louvre di Parigi: Corpus Inscr. Sem., II, 196, Répertoire d'épigr. sém., n. 674). Un Areta "filarco degli Arabi Sceniti", che avrebbe diretto all'imperatore Claudio una curiosa lettera intorno all'uso terapeutico degli uccelli (presso Giov. Lido, De mensibus, IV, 104), è stato identificato con Areta IV, ma, a quanto pare, a torto (v. F. Cumont, in Revue de Philologie, L, 1926, pp. 13-33).
Bibl.: v. nabatei. Su altri Arabi di nome Ḥārithah noti alla tradizione classica sotto la forma Areta, v. Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., II, coll. 673-677, e Suppl., I, col. 126.