Vedi AREZZO dell'anno: 1958 - 1994
AREZZO (v. vol. I, p. 617)
In mancanza di un esauriente studio monografico, A. appare a tutt'oggi, rispetto alla notevole tradizione storiografica, come uno dei centri meno noti dell'Etruria. Gli scavi del secolo scorso, condotti non sempre in maniera scientificamente corretta, la continuità di vita e infine l'intensa e affrettata espansione del dopoguerra hanno contribuito in maniera rilevante a rendere poco chiaro il quadro archeologico. Di recente, però, ricerche bibliografiche e di archivio, numerose pubblicazioni specifiche e il riordinamento dei materiali del locale museo hanno permesso una migliore definizione di alcuni aspetti topografici e archeologici della città antica.
Frequentato sin dalla preistoria, il sito di A. non conserva una documentazione dell'evolversi del nucleo abitato da villaggio a città, fenomeno che, tuttavia, è da situarsi all'incirca alla metà del VI sec. a.C., in seguito all'aggregazione di famiglie «aristocratiche» delle zone limitrofe. Grazie alla favorevole posizione rispetto alla Val di Chiana e ai passi appenninici, Α., inizialmente avamposto di Chiusi, di cui sentì l'influsso culturale, assume ben presto, nel momento della massima espansione etrusca, un ruolo autonomo di controllo strategico lungo le direttrici Ν e NE, configurandosi anche come centro commerciale.
Meglio definita urbanisticamente e con un'ampliata sfera di egemonia, nel corso del V sec. a.C., A. appare centro florido, con componenti sociali differenziate: da una parte una ricca aristocrazia agraria fortemente ellenizzata, insediata nel territorio e legata allo sfruttamento agricolo - il Clanis era nell'antichità in gran parte navigabile (Strab., v, 2, 9,) dall'altra, nel centro urbano, un ceto non specificamente aristocratico, dedito ad attività artigianali. Questo bipolarismo città-campagna determinò, nella seconda metà del IV sec. a.C., laceranti contrapposizioni di classe (Liv., III, 3, 5; IX, 37; X, 37). Nel secolo successivo altre note vicende (invasioni galliche, guerre puniche) determinarono scorrerie e devastazioni del territorio, ma il ruolo economico e commerciale di Α., che tradizionalmente appare come centro di diffusione - se non di produzione, data la presenza delle vicine miniere dei Monti Rognosi - di manufatti metallici e specificamente di armamenti, destinati a zone limitrofe, soprattutto all'area celtica, non ne venne seriamente compromesso. È probabile che a questo periodo risalga la costruzione della cinta muraria in blocchi di pietra arenaria locale.
Una ripresa economica, con vivace attività edilizia, estensione del nucleo urbano e particolare fioritura di santuari, ebbe luogo nel II sec. a.C., in una fase di avanzata romanizzazione. Particolare impulso ebbero ateliers locali per la produzione di terrecotte architettoniche e di ceramica a vernice nera, il cui commercio fu favorito dalla ristrutturazione della rete viaria (vie Flaminia, Cassia, Ariminensis). Divenuta nel frattempo municipium romano, A. fu tra le poche città a essere sede stabile di un presidio militare (App., Bell, civ., III, 6, 42; 7, 47) e tappa di rifornimento per le legioni dirette oltralpe e al di là degli Appennini. Ascritta alla tribù Pomptina, dopo la guerra sociale (CIL, XI, 1848, 4; 5935), A. accolse tre successive deduzioni coloniali, la prima in età sillana, l'ultima in età cesariana (Plin., Nat. hist., III, 52; CIL, XI, 1849 e p. 336), di cui restano tracce nella pianura circostante, soprattutto a O.
Il periodo più fecondo per A. coincide all'incirca con il principato di Augusto, durante il quale grande rilevanza assume il patronato esercitato da Mecenate sulla sua città di origine. Assieme a un ulteriore sviluppo urbanistico (foro, ville, pagi e vici nel territorio), grande fortuna ebbe la ben nota produzione degli arretina vasa (v. vol. I, pp. 608-616), sostituitasi a quella della ceramica a vernice nera.
Il II sec. d.C. vede l'inizio di una lunga crisi, a causa della concorrenza di altri centri di produzione ceramica, mentre lo spostamento della Via Cassia, nel 113 d.C., emarginò A. privilegiando l'ascesa della colonia Florentia.
Nonostante l'ampiezza della diocesi, scarse e soprattutto concentrate sul colle di Pionta appaiono per ora le testimonianze ascrivibili alla tarda romanità e all'Alto Medioevo (complesso di edifici ecclesiastici: p.es. la cattedrale di S. Maria del 650-840 d.C., una necropoli con sepolture di vario tipo del VI-VII sec. d.C. e l'antica cattedrale di Α., il c.d. Duomo Vecchio, demolita nel 1561 da Cosimo de' Medici e a tutt'oggi non individuata).
Per quanto attiene strettamente all'assetto topografico della città antica, poche sono le notizie relative all'acropoli della città, che ebbe sede sui colli di S. Pietro e S. Donato, compromessi da successivi interventi (duomo, fortezza). Su un terzo colle (Poggio del Sole), a SO, si estendeva una vasta necropoli, in uso dal periodo arcaico all'età romana. Le tombe più antiche, a fossa con copertura a lastroni e segnacolo di forma globulare, dovevano trovarsi alla sommità, mentre più a valle si distribuivano le sepolture a incinerazione ellenistiche e romane.
Recentemente si è resa possibile un'identificazione, tra i materiali del museo di Α., di alcuni dei reperti provenienti da Poggio del Sole: si tratta di monili in oro (seconda metà del VI-IV sec. a.C.), di ceramica attica ed etrusca (VI-V sec. a.C.), di varî oggetti in bronzo (IV-III sec. a.C.), e di un'urna funeraria. L'assenza nella necropoli di tombe a camera, e l'adozione, in epoca arcaica e tardoarcaica, dell'inumazione singola, è forse indice della già accennata esistenza, in città, di una compagine sociale non unicamente e specificamente aristocratica.
Per la ricostruzione della cinta muraria in pietra, ricordata dalle fonti e distrutta da Arrigo VII nel 1111, ci si può avvalere, oltre che di alcuni tratti ancora visibili (S. Niccolò, Borgo Colcitrone, S. Clemente), delle ipotesi formulate dal Gamurrini che ne ricostruisce il tracciato. Recenti scavi in Piazza S. Niccolò hanno individuato un tratto della cinta, allineato con quello individuato dal Gamurrini sotto la chiesa di S. Bartolomeo. Più discussa appare oggi l'esistenza di un circuito murario in mattoni, da identificarsi con le citazioni delle fonti (Vitr., II, 18; Plin., Nat. hist., XXXV, 170-173): la struttura rinvenuta alla Catona nel 1920, sembra piuttosto riferibile a un santuario che a una cinta urbica.
All'interno delle mura dovevano trovarsi almeno tre templi, quasi certamente in corrispondenza di altrettante porte. Il primo (zona di S. Lorenzo), dedicato alla triade Capitolina, di cui il Minto individuò alcune strutture, inglobate in una domus romana, si trovava in prossimità di Via Pellicceria, ritenuta l'antico cardo della città. Il Gamurrini attribuisce a un tardo rifacimento di questo edificio un gruppo di elementi in travertino che, rimossi durante la guerra, sono stati ora collocati in Piazza Colcitrone e nel museo. Da un pozzo sotto l'attuale chiesa di S. Lorenzo proviene anche la celebre statua bronzea di Minerva rinvenuta nel 1541, ora al Museo Archeologico di Firenze. La presenza di una stipe (VI-I sec. a.C.) ora dispersa, costituiva l'indizio della presenza di un secondo complesso sacro nella zona di S. Bartolomeo-S. Niccolò. Scavi ancora in corso hanno messo in luce le fondazioni di un edificio tripartito, che potrebbe collegarsi al deposito votivo. Dall'area di S. Croce provengono frammenti di terrecotte architettoniche e un ciottolo cleromantico iscritto; lungo Viale Buozzi, infine, sono evidenti strutture relative ad altre sedi di culto.
All'esterno della cinta, in pianura, si distribuivano numerosi santuari, probabilmente lungo i confini sacri della città, in corrispondenza delle varie strade che si diramavano dal centro urbano. Nella zona a E, è il deposito della Fonte Veneziana, al di fuori di una porta che in epoca medievale conservava il nome di Augurata. Rinvenuto nel 1869 e ben presto disperso, esso costituisce, comprendendo numerosi reperti (pietre incise, anelli d'oro e d'argento, ceramiche, grande quantità di aes rude), uno dei complessi più importanti di bronzi arcaici rinvenuti in Etruria (centottanta pezzi). È recente l'identificazione tra i materiali del museo di A. di un cospicuo gruppo di bronzetti (trentaquattro kouroi, korai, parti del corpo e animali) databili tra il 540 a.C. e lo scorcio del secolo. Dall'area a S (Piazza S. Jacopo e Via Roma) proviene un complesso unitario di terrecotte tardo-arcaiche (sima con scene di battaglia, teste virili, parti di guerrieri, frammenti pertinenti a una raffigurazione del dio Turms, di Eracle e figure femminili) databili al 480-470 a.C., elementi decorativi di un edificio sacro distrutto, di incerta ubicazione. La fortissima affinità di questo insieme con i cicli coroplastici di Satricum e Falerii (Sassi Caduti), induce a postulare uno scambio di influssi tra questi centri. A epoca ellenistica vanno riferiti i reperti fittili (lastre, sculture, antefisse) rinvenuti a Ν del centro urbano, alla Catona, complesso ben noto, i cui pezzi sono tuttora suddivisi tra il museo di A. e quello di Firenze, e attualmente in corso di riesame. Tra la seconda metà del III e l'inizio del I sec. d.C. si data infine il deposito di Via della Società Operaia, nella zona S, costituito da una serie di teste e busti votivi tratti da matrici, che riassumono gli indirizzi tipici dell'Ellenismo, dalla corrente patetica di derivazione microasiatica (presente anche tra le sculture della Catona) a quella neoattica, fino ai moduli propri del ritratto romano. Un altro luogo sacro è indicato da alcuni presso il Mulino delle Gagliarde, all'estremità S del cardo, ove, insieme ad altri reperti, si rinvenne il bronzo dell'Aratore; a un santuario situato nella zona a O, fuori Porta S. Lorentino, apparteneva la celeberrima Chimera.
Nell'assetto topografico di A. si individuano due direttrici corrispondenti al cardo (N-S: vie Pietramala, Pellicceria, Fontanella, delle Gagliarde) e al decumanus (E-O: Vie Redi, Guinizzelli, Ricasoli, Piaggia di Murello - nel Medioevo, Ruga Mastra - S. Lorentino, M. Perennius, Fiorentina). Immediatamente all'esterno delle mura erano situati, in epoca ellenistica, sobborghi e zone «industriali», adibiti alla lavorazione di ceramiche e terrecotte (Fonte Pozzolo, Oriente, S. Maria in Gradi, Vie Albergotti, G. Monaco, S. Agostino, Piazza S. Francesco, ove di recente è stato effettuato uno scavo) e sepolcreti.
Nel II secolo a.C. su un'altura a SE, dominante il tragitto verso la Val Tiberina, sorge il santuario di Castelsecco-S. Cornelio, rimasto in vita anche in età imperiale. Il complesso teatro-tempio, su terrazzamento prospiciente la valle, cinto da un imponente scenografico muraglione con contrafforti ed esedre, ricalca schemi propri dei santuari italici (Tivoli, Palestrina, soprattutto Gabî). Tra i reperti figurano statuette votive di bambini in fasce, note ad A. anche in altri complessi (p.es. S. Niccolò, S. Bartolomeo), che farebbero supporre legami con una divinità femminile. In base a un'iscrizione ove compare Tins Lut, corrispettivo etrusco di Iuppiter Libertas, il Torelli ipotizza per il santuario una funzione analoga a quella di Zeus Olimpio a Locri, legato al processo di emancipazione degli schiavi, ma potrebbe trattarsi anche di un culto misto.
Del periodo romano possediamo notizie abbastanza precise per gli edifici pubblici nella parte alta della città: resti del teatro (Via Buozzi) e di un edificio termale (Vicolo delle Terme). Il foro è localizzabile nella zona fra Colcitrone e Porta Crucifera, ove sono stati trovati alcuni mosaici, la celebre ara con il Lupercale e un certo numero di elogia (CIL, XI, 1826, 1829, 1830-1832). La topografia di A. può definirsi in base ai trovamenti (mosaici, elementi architettonici), che denotano larga presenza di edifici privati o pubblici. Tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., l'area residenziale ebbe la massima espansione, estendendosi in zone precedentemente occupate da tombe o da «quartieri industriali». Significativi sono ancora i resti dell'anfiteatro (II sec. d.C.) e di un ninfeo (cisterna?) adiacente. Tra la metà del I sec. a.C. e la metà del I d.C., si inseriscono nel tessuto urbano le officine di ceramica aretina. Altre fabbriche sono riconoscibili alla periferia della città, mentre sorgono anche nuclei periferici e ville: Bagnoro (villa e terme), Bagnaia (castellimi aquarum e luogo di culto), Puglia, Ceciliano, ecc.
I tratti della Via Cassia verso S e verso Ν hanno restituito la documentazione più significativa delle necropoli; altre notevoli testimonianze provengono dal diverticolo della stessa via presso S. Leo e Pratantico.
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