ARGENSON
. Titolo marchionale di un'illustre famiglia francese derivante da quello di una località del comune di Maillé (dipartimento d'Indre-et-Loire); nel gennaio 1700 la terra possedutavi da Marc René de Voyer, marchese di Paulmy, fu infatti eretta in marchesato. I principali membri della famiglia furono:
Marc-René de Voyer, marchese di Paulmy, conte poi marchese d'A. Nacque a Venezia dove il padre, Marc-René, si trovava come ambasciatore di Francia, il 4 novembre 1652. Dopo aver trascorso parecchi anni nell'Angouleme, come luogotenente generale di quel bailliage, nel 1692 egli entrò nella commissione straordinaria del consiglio del re come procuratore generale, grazie alla protezione della famiglia de Caumartin e di Pontchartrain, controllore generale delle finanze, ed ottenne nel 1697 la carica di luogotenente generale di polizia della prevostura di Parigi. Egli si affermò in questo posto come uomo energico ed eccellente amministratore, reprimendo i torbidi, adoperando, finché era possibile, più il guanto di velluto che quello di ferro, perseguitando i criminali e i mendicanti, assicurando l'esercizio regolare della giustizia municipale, intervenendo, all'occorrenza, con lettres de cachet, contro i giansenisti, i libellisti, i parlamentari e intervenendo anche negli affari intimi di famiglia. Amico del duca Filippo d'Orléans, reggente del regno alla morte di Luigi XIV, conservò le sue funzioni per 21 anno, alle quali nel 1715 aggiunse quelle di membro del consiglio du dedans du royaume e sostituì nel 1718 quelle di presidente del consiglio delle finanze e di guardasigilli. La sua opposizione al sistema di Law lo costrinse però a dimettersi da queste due cariche nel 1720. L'8 maggio 1721 egli morì a Parigi.
Più celebre è René-Louis de Voyer de Paulmy, marchese d'A., figlio del precedente, nato a Parigi il 18 ottobre 1694. Percorse rapidamente, grazie all'appoggio del padre, i gradi della gerarchia amministrativa. Durante la reggenza, dal 1720 ebbe la carica di consigliere di stato, continuando ad esercitare funzioni amministrative nelle provincie settentrionali. Poi (1724), tornato a Parigi, preferì non prendere alcuna parte nel governo, dove egli poteva tuttavia contare sulla protezione del duca di Borbone. Partecipò alle riunioni del Club de l'Entresol, celebre per le dissertazioni utopistiche dell'abate di Saint-Dieu, e chiuso nel 1731 dal cardinale Fleury. Protetto da Chauvelin e dal cardinale Fleury, si diede allo studio delle questioni estere, ma solamente nel 1744, dopo avere ottenuta la carica, puramente onorifica, di membro del consiglio reale delle finanze, egli poté prendere il posto di Amelot al Segretariato degli affari esteri. Irresoluto e utopista, simpatizzante per la teoria dell'arbitrato internazionale, sognava riforme sostanziali nell'ordinamento politico dell'Italia e della Germania; lasciò, senza intervenirvi, che si svolgessero gli avvenimenti diplomatici e militari della guerra di successione d'Austria, perché seccato soprattutto dalla politica personale del re Luigi XV, e perciò non fu lui, dimesso nel gennaio 1747, a firmare la pace di Aquisgrana, sebbene i capisaldi di essa possano essergli in parte attribuiti.
Legato di amicizia con Voltaire, Condillac, d'Alembert, egli occupò i suoi momenti di riposo con la compilazione delle sue Memorie, il manoscritto delle quali andò distrutto nel 1871 nell'incendio della biblioteca del Louvre. Fortunatamente esse erano già state studiate dal Sainte-Beuve e pubblicate in gran parte da E. J. B. Rathéry, Journal et Mémoires de d'A., voll. 9, Parigi 1859-67; esse sono una fonte storica di grande importanza per il regno di Luigi XV e un curioso documento psicologico. Nei suoi scritti di carattere teorico, specialmente nelle Considérations sur le gouvernement de la France, combatté con calore e candore, le teorie politiche dominanti, che vedevano la forza e la gloria dell'autorità regale indissolubili dalla soggezione servile del popolo, e in economia fu favorevole alla libertà nel commercio dei grani. Morì a Parigi il 26 gennaio 1757.
Opere (oltre ai Mémoires cit.): Considérations sur le gouvernement ancien et présent de la France (Amsterdam 1764); Essais dans le goût de ceux de Montaigne (Amsterdam 1785; altra ediz. voll. 2, Liegi 1787, col titolo Loisirs d'un ministre d'État, compresi nei Mémoires). In gran parte di mano del d'A. è l'Histoire du droit public ecclésiastique français, voll. 2, Londra 1737, sotto il nome di La Hode, il padre gesuita de la Motte.
Marc-Pierre de Voyer conte d'A., fratello del precedente, nato a Parigi il 16 agosto 1696. Nominato luogoteneme generale di polizia al posto di suo padre (1720), rimase in carica, con una sola interruzione, fino al ministero del duca di Borbone (1724). Fu per lunghi anni (1724-40) cancelliere del duca d'Orléans, figlio del defunto reggente, contribuendo non poco a riassestare le finanze di quella famiglia. Dopo il 1737 ebbe la sorveglianza sul commercio dei libri stranieri, disimpegnando l'ufficio con soddisfazione dei letterati. Nel 1740 fu intendente della generalità di Parigi e nel 1744 segretario di stato per la guerra: intervenne energicamente per ristabilire le sorti dell'esercito compromesse dagli scacchi subiti in Boemia e preparò operosamente i successi ottenuti, a cominciare dal 1745, nella guerra di successione d'Austria, specialmente la vittoria di Fontenoy e la conquista del Belgio. Finita la guerra, egli continuò le riforme intraprese in ogni campo e, per rendere sicura l'istruzione dei quadri, nel 1751 istituì la scuola militare. Soprintendente generale dei porti (1744), direttore degli arazzi, interino negli affari esteri, egli godeva la fiducia del re e la gratitudine dei letterati: nel 1751 gli fu dedicata l'Enciclopedia. Ma non era ben visto dal parlamento al quale aveva opposta una lunga resistenza, né dalla marchesa di Pompadour la quale s'alleò contro di lui con Machault d'Armonville. La lotta fu risolta con l'allontanamento simultaneo dei due ministri con una rude lettre de cachet del 1° febbraio 1757. Egli morì a Parigi il 22 agosto 1764, disperato per la sua disgrazia, proprio quando questa cessava con la morte della Pompadour.
Marc-René de Voyer de Paulmy, marchese d'A., nato il 19 settembre 1771 a Parigi da una delle più grandi famiglie della Turenna. Educato dallo zio marchese de Paulmy, viaggiò a lungo nel Mediterraneo e per gli scali del Levante; poi, entrato nell'esercito, divenne aiutante di campo del Lafayette. Non volle confondersi con gli emigrati e, dopo aver condotto in salvo una sorella in Inghilterra, preferì rimpatriare esponendosi a tutti i pericoli che il governo rivoluzionario minacciava ai suoi pari. Infatti fu denunciato per aver tenuto in casa ritratti della famiglia reale; ma, rifugiatosi in campagna e dedicatosi all'agricoltura, poté sopravvivere al periodo del terrore. Facilitò allora il rimpatrio della vedova del principe di Broglie, che era stato ghigliottinato un mese prima del 9 termidoro, e ne divenne il secondo marito, prendendosi cura dei giovani figli del Broglie. Il d'A. seguì con simpatia l'opera del primo console; se non che, quando Napoleone I lo nominò prefetto del dipartimento delle Deux-Nèthes, all'epoca della spedizione inglese nell'isola di Walcheren, egli organizzò bensì la difesa di Anversa, ma si rifiutò a misure vessatorie contro gli abitanti. Deferito al consiglio di stato e minacciato del sequestro dei proprî beni, ritornò a vita privata nel marzo 1813. La prima restaurazione gli offerse la prefettura delle Bouches-du-Rhône ch'egli non accettò. Il dipartimento dell'Alto Reno lo inviò alla camera dei rappresentanti durante i Cento giorni, sicché egli si trovò a partecipare alla redazione della costituzione e, dopo Waterloo, fu uno dei commissarî che il governo provvisorio incaricò di tentare qualche trattativa con le potenze alleate. Rieletto a far parte della chambre introuvable suscitò un tumulto, denunciando i massacri dei protestanti nel Mezzogiorno. Combatté d'allora in poi con ogni mezzo legale il governo della Restaurazione, partecipando alla fondazione del giornale Le censeur européen, e si trovò esposto a persecuzioni della polizia, anche per essersi trovato il suo nome nelle liste di uomini designati dai cospiratori repubblicani e bonapartisti per comporre un eventuale governo provvisorio. Fu tra coloro che abbandonarono la camera dei deputati per solidarietà col Manuel espulso manu militari. Venne rieletto nel 1828, ma, profondamente contristato per la morte della moglie, si dimise nel 1829. Dopo la rivoluzione del luglio 1830 rientrò nella camera dei deputati, e, sempre più attratto dal miraggio socialista, di cui si era costituito interprete presso di lui il famoso tribuno toscano Buonarroti, accolse quest'ultimo in casa sua. Il 3 novembre 1830, chiamato a prestar giuramento al re Luigi Filippo, volle giurare colla riserva negatagli dal presidente, sauf les progrès de la raison publique. Era diventato il paladino pressoché infatuato degli uomini dell'estrema sinistra, pagando di tasca sua le multe loro comminate per delitti di stampa ed attirandosi a sua volta un processo col suo scritto: Boutade d'un homme riche à sentiments populaires. Morì il 1° agosto 1842.
Bibl.: Su Marc-René d'A.: Rapports inédits de police de d'A. (1697-1715), pubbl. da P. Cottin, Parigi 1891; Larchey e Mabille, Notes de R. d'A., Parigi 1876. - Su René-Louis d'A.: E. Zèvort, Le Marquis d'A. et le ministère des affaires étrangères du 18 nov. 1744 au 10 jan. 1747, Parigi 1880; A. duc de Broglie, Maurice de Saxe et le marquis d'A., voll. 2, Parigi 1893; A. Alem, Le marquis d'A. et l'économie politique au debut du XVIII siècle, Parigi 1900; T. Rankin, The Marquis d'A., Londra 1901. - Su Marc-Pierre d'A.: L. Tuetey, Les officiers sous l'ancien régime, nobles et roturiers, Parigi 1908; E. Lavisse, Hist. de France, VIII, parte 2ª, p. 226 segg.; Discours et opinions de Voyer d'A. précedés d'une notice biographique, voll. 2, Parigi 1846 (edizione curata dal figlio); V. duc de Broglie, Souvenirs, voll. 4, Parigi 1886.