Dal 10 dicembre 2015 l’Argentina ha un nuovo presidente della repubblica. Si tratta di Mauricio Macri, sindaco uscente di Buenos Aires e candidato della coalizione di centro-destra ‘Cambiemos’, che nel ballottaggio del 22 novembre ha sconfitto di misura l’avversario Daniel Scioli (51,4% dei voti contro 48,6%), esponente governativo di matrice peronista. Dopo dodici anni ininterrotti al potere, il Frente para la Victoria (Fpv), espressione del kirchnerismo che aveva dominato la politica argentina (dal 2003 al 2007 con il fondatore Néstor Kirchner, dal 2007 al 2015 con la moglie Cristina Fernández), è stato sconfitto al termine di una competizione elettorale dall’esito difficile da prevedere.
Impossibilitata a candidarsi a causa del vincolo costituzionale che non consente lo svolgimento di più di due mandati presidenziali consecutivi, Cristina Kirchner ha dovuto passare la mano designando come successore Daniel Scioli, governatore uscente della provincia di Buenos Aires. Quest’ultimo, tuttavia, non è riuscito a imporsi nettamente al primo turno, consentendo a Macri di concentrare su di sé le preferenze che erano confluite su altri candidati e parte dei voti ottenuti da Sergio Massa, peronista dissidente fermatosi al 20% dei suffragi. La vittoria di Macri al ballottaggio (il primo a svolgersi nella storia dell’Argentina) rappresenta una svolta drastica nella politica nazionale: esponente del partito di centro-destra Propuesta Republicana (Pro), il nuovo presidente di origini calabresi ha saputo occupare lo spazio che tradizionalmente apparteneva all’Unión Cívica Radical (Ucr), partito ormai fortemente ridimensionato in seguito alle ripetute sconfitte elettorali. Il successo della coalizione ‘Cambiemos’ è stato relativamente diffuso anche a livello locale, essendosi imposta in cinque province su ventiquattro, tra cui quella di Buenos Aires, dove vive circa metà della popolazione argentina (circa venti milioni di persone) e che è stata strappata proprio al Fpv.
Mauricio Macri, figlio di un ricchissimo imprenditore di Buenos Aires, si è occupato inizialmente degli affari di famiglia ed è stato anche presidente della squadra di calcio del Boca Juniors, salvo poi dedicarsi completamente alla carriera politica diventando sindaco della capitale. Le aspettative della comunità internazionale nei suoi confronti sono molto elevate: le politiche fortemente nazionaliste e interventiste messe in atto soprattutto durante i due governi di Cristina Kirchner hanno progressivamente posto l’Argentina in una posizione di isolamento. La piattaforma programmatica di Macri, di stampo decisamente più liberale, ha incontrato il favore dei mercati internazionali. Ma vi sono almeno due motivi per pensare che non sarà facile per il nuovo presidente mettere rapidamente in atto la sua agenda di riforme: la prima difficoltà è dovuta al fatto che Cambiemos non gode della maggioranza assoluta in parlamento e dovrà dunque cercare accordi sia con alcuni esponenti del Frente Renovador che del Fpv; la seconda è invece rappresentata dall’apparato burocratico argentino, che negli anni del kirchnerismo è cresciuto di oltre il 55% (il settore pubblico coinvolge il 15% della popolazione attiva nazionale) andando a formare una vasta rete clientelare e potrebbe dunque costituire un elemento di resistenza alle nuove politiche, soprattutto a livello locale.
Il programma politico di Macri è incentrato su grandi cambiamenti in ambito economico e in politica estera. Per quanto riguarda l’economia, che versa in una prolungata stagnazione da ormai alcuni anni a causa di alta inflazione, crescente deficit fiscale e riduzione dei prezzi delle commodities che hanno ridotto le rendite delle esportazioni agricole, ci si attende un minore interventismo statale, una politica monetaria meno restrittiva (dovrebbero essere aboliti i controlli di capitale) e una rinnovata apertura commerciale. Il nuovo presidente ha dimostrato di ritenere prioritaria l’economia, nominando sei ministri dedicati rispettivamente a finanze, lavoro, produzione, energia, agricoltura, energia e trasporti. Per quanto riguarda le relazioni internazionali, la finalità sarà quella di reintrodurre l’Argentina al centro dei rapporti della comunità internazionale, ristabilendo pieni rapporti con le potenze occidentali e prendendo le distanze da alcuni alleati ‘scomodi’ del periodo kirchnerista come il Venezuela.
Il compito di Macri è complesso e sembra dunque poco probabile che si verifichino cambiamenti immediati profondi nella performance economica dell’Argentina, alla luce di un sistema istituzionale e produttivo ormai consolidato dopo i dodici anni al potere del kirchnerismo. Tuttavia, nel medio periodo il cambio di rotta impresso da Buenos Aires potrebbe ripercuotersi anche sugli altri paesi della regione sudamericana. Il modello della sinistra populista e nazionalista, che aveva raccolto grande successo nel decennio scorso, sta infatti dimostrando segnali di esaurimento accentuati anche dall’attuale congiuntura macroeconomica che sta penalizzando i paesi esportatori di materie prime. L’esito delle elezioni argentine può dunque simboleggiare l’inizio di una fase totalmente nuova in Sud America.