Argi
. Il termine A. ricorre due volte nell'opera di Dante. Detto a proposito di Adrasto, re de li Argi (Cv IV XXV 6), ha il significato di " Argivi ". Nell'epistola ai principi e popoli d'Italia (V 25) D., per esemplificare il principio della predestinazione degli eventi al fine prestabilito da Dio, dice che talvolta gli uomini agiscono, senza rendersene conto, come strumenti nelle mani di Dio, e le loro azioni oltrepassano quindi i limiti delle possibilità umane (ac voluntates humanae, quibus inest ex natura libertas, etiam inferioris affectus inmunes quandoque aguntur, et obnoxiae voluntati aeternae, saepe illi ancillantur ignarae. Cfr. Pg VI 121 ss.). Per illustrare questo suo principio di filosofia della storia egli si richiama ai tempi passati, a partire cioè da quando fu negata agli Argivi ospitalità dai Frigi (Ep V 24 ex quo scilicet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata), intendendo evidentemente rifarsi alle più remote origini della stirpe di Cesare e dell'idea dell'Impero ad essa connessa (prima scintillula huius ignis). Ricorda, cioè, come dal re Laomedonte fu negata agli eroi argivi che facevano parte della spedizione della nave Argo, ospitalità nel porto Simoenta della Troade. Ne seguì, come sappiamo, la distruzione di Troia ad opera di Ercole e il ratto di Esione, figlia di Laomedonte, cui tenne dietro successivamente per vendetta il ratto di Elena ad opera di Paride e la conseguente guerra di Troia.
Di questi fatti si può trovare riscontro, come ha già notato P. Toynbee nella sua edizione delle epistole di D. (Oxford 19662, ad l.), in numerose fonti medievali (Dares Phrygius De Excidio Troiae I 2; Guido delle Colonne Historia Troiana I 2; Benoît de Sainte-Maure Roman de Troie 989 ss.; Brunetto Latini Tresor I 32; G. Villani I 12; e cfr. " Modern Language Review " XI [1916] 69-73).
Quanto al termine A., lo stesso Toynbee ha rilevato che esso era usato nel latino tardo e medievale per " Argivi ", come si può vedere dal commento dello pseudo-Fulgenzio alla Tebaide di Stazio: " Argeos graece, providentia latine, unde Graeci dicuntur Argi, id est providi ". Nell'Elementarium Doctrinae Rudimentum di Papias (c. 1060) si legge: " Argi graece et Argivi dicti ab Argo rege filio Apis. Iidem Danai a Danao rege. Iidem quoque Argolici ab Argo "; nelle Magnae Derivationes di Uguccione da Pisa (c. 1200): " Argos nomen civitatis in Graecia... et declinatur Argi -orum, unde dicti sunt Argi, vel ab Argo rege dicuntur ". Infine è da tener presente un passo della Antiqua Translatio dell'Etica di Aristotele (III lect. 17 ad fin.) " quod Argi patiebantur incidentes Laconibus ut Sicioniis ", dove il termine Argi è chiaramente usato per Argivi.
D. conosceva sia le Magnae Derivationes che l'Antigua Translatio, ed è da supporre che abbia usato il termine A. nel senso suindicato. È da escludere infatti che Argis abbia valore di locativo, perché ciò indurrebbe a considerare, come ha fatto qualcuno, al posto di denegata la variante derogata, che non si impone, e a intendere " sin da quando fu violata in Argo l'ospitalità dai Frigi ", con allusione al rapimento di Elena da Sparta ad opera di Paride. Per dimostrare che quanto sopra detto è insostenibile, basti ricordare Ep XII 8 (famae Dantisque honori non deroget), dove l'uso del dativo richiesto da deroget esclude definitivamente che Argis abbia valore di locativo.