Vedi ARGO dell'anno: 1958 - 1958 - 1973 - 1994
ARGO (῎Αργος)
Città del Peloponneso che i Greci consideravano la più antica dell'Ellade. Per la sua importanza come capitale del maggiore regno acheo, sede di Agamennone, è messa in rilievo nei poemi omerici, dove il nome "Argivi" serve ad indicare spesso tutti i Greci. La città, non lontana dal golfo Argolico, oggi di Nauplia, occupava nei tempi più antichi l'acropoli maggiore, o Larissa, dove si trovano resti di mure poligonali, e l'acropoli minore detta l'Aspis. Ivi si sono rinvenuti una cinta muraria in tecnica ciclopica e due gruppi di abitazioni riferibili al 2000 circa a. C. La città, in età arcaica e in età classica, si estese anche nel piano e fu circondata da mura ancor oggi in parte riconoscibili.
Il tema fondamentale della storia politica di A., dall'età arcaica in poi, fu la continua lotta contro Sparta per conservarsi indipendente. Vi riuscì perché aveva ricchezze di cultura e di commerci, era popolosa e aveva buone fortificazioni. Durante l'Impero romano fu abbastanza prospera.
Nella sella (Deiras) fra le due acropoli era il santuario di Apollo Pizio e di Atena Oxyderkès, disposto su quattro terrazze. Vi sono resti dei templi delle due divinità, di un mantèion, ossia del luogo dove si esercitava l'attività divinatoria, di un edificio circolare (tholos) e di un portico. Sui fianchi dell'acropoli maggiore è il teatro, scavato nella roccia, il quale poteva contenere ventimila spettatori ed era diviso in tre zone. Un altro piccolo teatro, vicino ad esso, era probabilmente destinato alle assemblee. L'areopago più antico (kritèrion) era invece nelle vicinanze su una terrazza sostenuta da un muro poligonale. I Romani vi costruirono una fontana monumentale. Il tempio di Afrodite era sotto il teatro, ai piedi della collina in cui questo era scavato, dov'era l'agorà. Vi si trovavano a O i templi di Asklepios, di Artemide Peitho, di Atena Saipinx e, vicino, quelli di Latona e di Hera Antheia. A E sono state scavate, da una missione olandese, le fondazioni di un portico dorico e di un tempio del IV sec., forse di Tyche. Vicino era il santuario delle Hòrai. Scavi recenti hanno meso in luce, ad E della strada per Tripoli, un'agorà porticata con vari edifici, fra cui una sala ipostila, databili nel V sec. a. C. Sull'acropoli maggiore era il santuario di Zeus Larisseos e di Atena, divinità spesso associate sulle cime delle acropoli (v. Rodi). Il ginnasio, famoso nell'antichità, detto Kylarabis, stava fuori delle mura, come lo stadio. Nei pressi della città è stata scavata in questi ultimi anni una necropoli geometrica, databile nel IX sec. a. C.
Il centro religioso della regione fu lo Heràion, uno dei più antichi santuarî della Grecia e dei più importanti perché dedicato ad Hera, ipostasi della dea Terra e quindi protettrice della fecondità del suolo e delle donne e protettrice dei morti. Ogni quattro anni vi si celebravano grandi feste nelle quali la sacerdotessa si recava da Argo allo Heràion su un carro tirato da due buoi bianchi (Herod., 1, 31). La sacerdotessa era a vita e le date nell'Argolide si computavano secondo gli anni della sua carica. Il santuario sorse alle pendici delle colline che fiancheggiano a oriente la piana argolica, al di sotto di un'acropoli, oggi detta Prosymna, che fu abitata dall'età neolitica alla micenea. La necropoli di quest'ultimo periodo ha dato materiali di primo ordine. Anche nel sito dove sorse il santuario esistette un insediamento neolitico e medioelladico. Il culto data dall'età preistorica ed è testimoniato da idoletti aniconici di pietra e di terracotta rappresentanti una divinità femminile dai fianchi sviluppati e da idoletti di terracotta dell'età micenea, che hanno una forma più naturalistica, per quanto il volto sia appena accennato. Nel sito del santuario si sono trovati vasi micenei, dello stile geometrico attico e protocorinzî. Il tempio più antico fu distrutto nel 423 a. C. (Tucid., iv, 1, 33); esso sorgeva in posizione più elevata rispetto al nuovo tempio ossia in quella che oggi si enumera come terza terrazza. Questa era sostenuta da un muro di tecnica ciclopica a grandi massi; il tempio era di forma allungatissima (m 36,30 × 8,5o), aveva colonne di legno (6 sulla fronte e 14 sui lati lunghi), con ampî interassi (m 3,50 rispetto a m o,8o di modulo della colonna). Nulla si sa della trabeazione. Il tempio costruito in sostituzione di quello distrutto era esastilo con 14 colonne sui lati lunghi (m 39,65 × 20,10); la cella era in antis, divisa in tre navate. La colonna aveva fusto e capitelli molto rigidi. Secondo Pausania (ii, 17, 8), nel frontone orientale erano rappresentate la nascita di Zeus e la gigantomachia e nell'occidentale la presa di Troia. I frammenti del frontone sono pochissimi mentre quelli delle metope sono in maggior numero. Vi si riconosce la rappresentazione di un'amazzonomachia e pertanto è verosimile l'ipotesi che nel lato O le metope fossero decorate con scene di amazzonomachia e nel lato E, per analogia col Partenone, decorate con scene di gigantomachia. In tal modo il frontone E non avrebbe contenuto due diversi miti, come è detto nel testo di Pausania, ma un mito solo, ossia la nascita di Zeus. Lo stile delle sculture non risente dell'arte di Policleto, come taluno ha pensato, ma rientra nel gusto del manierismo post-fidiaco. I confronti migliori si trovano infatti nelle sculture del tempio di Apollo a Basse presso Figalia e della balaustrata del tempietto di Atena Nike sull'acropoli di Atene. Nel tempio erano venerati la statua criselefantina di Hera costruita dal grande Policleto e lo xòanon eseguito per Tirinto dallo scultore dedalico Peirasos e trasportato nello Heràion dopo la presa di quella città da parte di Argo. Intorno al tempio erano portici, un edificio con peristilio, forse casa delle sacerdotesse, una sala ipostila, forse per le cerimonie mistiche. Al santuario si accedeva da un'ampia scalinata. Nell'età romana furono costruite terme. Nello Heràion sono state trovate importanti stipi con materiali di ceramica e di bronzo, soprattutto oggetti d'ornamento femminile dedicati alla dea, risalenti sino all'età micenea. Protomi di grifo per caldaie in bronzo del periodo orientalizzante, placchette di bronzo del VI sec. a. C. con scene mitiche e iscrizioni argive trovate ad Olimpia, dimostrano che A. nell'età arcaica era un centro di produzione di metalli artisticamente lavorati. Oltre alla plastica in bronzo fu coltivata quella in pietra. Le statue votive di Kleobi e Bitone a Delfi, ossia dei due giovani che trassero il carro della madre sacerdotessa da A. allo Heràion, sostituendosi ai buoi, sono di Polymedes d'Argo. Verso il 500 a. C. furono artefici d'immagini atletiche Eutelidas e Chrysothemis. Dionysios (v. epimenes) e Glaukos d'A. lavorarono come bronzisti ad Olimpia nel donario di Micito nel 460 a. C. Contemporaneo loro fu Aristomedon e di poco più antico fu il celebre Hageladas. Scolaro di Hageladas fu il grande Policleto, con cui lavorò il fratello Naukydes. Allievo di Naukydes fu Polykleitos, contemporaneo di Antiphanes, artista argivo di cui fu maestro Policleto oppure, secondo Pausania (v, 17, 3) l'argivo Perikleitos (Periklytos). Appartennero alla scuola argiva verso il 400 a. C., gli scultori Argeiadas, Atotos e Asopodoros d'A.; nell'età ellenistica furono attivi gli artisti Andreas, Theodoros, Xenophilos e Straton di quella città. La scuola d'A. fu tutta dedita alla toreutica e collegata con la scuola di Sicione. Come questa, predilesse la rappresentazione del nudo atletico e di fanciulle col peplo. Taluno ritiene che la scuola si distinguesse da quella sicionia per la maggior pesantezza dei volumi dell'abito e, nei nudi, per una carnosità più distesa.
Fonti. - Liv., xxxii; Paus., ii. Per gli scultori, v. J. Overbeck, Schriftquellen, Lipsia 1868.
Bibl.: W. Vollgraff, in Bull. Corr. Hell., XXVIII, 1904, p. 364 ss.; XXX, 1906, p. 5 ss.; id., in Mnemosyne, s. IV, vol. IV, 1951, pp. 193-203; id., Le Sanctuaire d'Apollon Pythéen à Argos, Parigi 1956; sugli ultimi scavi si veda: Bull. Corr. Hell., LXXVII, 1953, p. 243 ss.; LXXVIII, 1954, p. 158 ss.; LXXIX, 1955, p. 1 ss.; p. 310 ss.; LXXX, 1956, p. 183 ss.; p. 361 ss.; LXXXI, 1957, p. 216 ss.; p. 322 ss.; p. 405 ss.; p. 475 ss.; p. 637 ss.; A. Boëthius, Zur Topographie der dorischen Argos, in Strena Persson, 1922, p. 248 ss. Per lo Heràion: C. Waldstein e collab., The Argive Heraeum, Boston 1902; Arch. Anz., 1926, p. 416 s.; 1931, p. 260 ss.; 1934, p. 154 ss.; 1938, p. 557 ss.; C. Blegen, in Arch. Deltion, 1927, p. 42 s.; id., Prosymna, the Helladic Settlement, etc., Cambridge 1937. Per la scultura: E. Langlotz, Frühgr. Bildhauersch., Norimberga 1927, p. 54 ss.; W. H. Schuchardt, in Arch. Anz., 1929, p. 163 s.; H. G. Beyen, W. Vollgraff, A. et Sicyone, Études relatives à la sculpture grecque de style sévère, L'Aia 1947.