Aria
Per aria si intende la miscela di gas che costituiscono l'atmosfera terrestre, in particolare nei suoi strati inferiori. Essa è formata prevalentemente da azoto e argon, elementi inerti, e da ossigeno, indispensabile per la respirazione e per tutti i processi di combustione. Costituente fondamentale dell'ambiente, insieme all'acqua e al suolo, l'aria esercita un forte condizionamento rispetto a ogni attività umana; questa, a sua volta, ha influito pesantemente sulla qualità dell'aria, oggi fortemente minacciata dalle diverse forme di inquinamento atmosferico.
L'atmosfera terrestre è trattenuta attorno al nostro pianeta dalla forza di gravità, che vince la tendenza delle molecole di gas che la compongono a disperdersi nello spazio. Corpi celesti di massa più piccola di quella terrestre (e quindi con minore forza di gravità) hanno completamente perduto l'atmosfera (Luna, Mercurio), oppure essa si è ridotta a un'esigua pellicola (Marte). Nei primordi della formazione della Terra, l'atmosfera era probabilmente costituita in prevalenza da idrogeno, oltre che da metano, ammoniaca, vapore d'acqua e acido cianidrico, a somiglianza di quella odierna dei grandi pianeti esterni (Giove, Saturno). L'idrogeno originario e quello proveniente dalla scissione fotochimica dell'acqua (provocata dalle radiazioni ultraviolette solari non filtrate) sarebbe andato rapidamente perduto nello spazio, a causa della sua piccola massa molecolare e del vento solare. D'altra parte, la composizione attuale dell'aria sarebbe il prodotto sia dell'evoluzione prebiotica, sia dell'azione delle prime forme di vita sviluppatesi in un'atmosfera ancora priva di ossigeno.
La primordiale atmosfera sarebbe stata rapidamente trasformata dall'azione della radiazione ultravioletta: la fotoscissione dell'acqua avrebbe liberato ossigeno atomico, capace di ossidare il metano ad anidride carbonica e l'ammoniaca ad azoto. Queste atmosfere, ricche di metano prima e di anidride carbonica poi, avrebbero preservato la Terra da un eccessivo raffreddamento, in quanto questi due gas, assieme al vapore d'acqua, intrappolano le radiazioni infrarosse emesse dal pianeta, provocando il cosiddetto effetto serra (v. clima).
La distanza ottimale dal Sole e l'effetto serra avrebbero consentito quindi la formazione di un oceano caldo primordiale, adatto alla nascita della vita in forma anaerobica (cioè in assenza di ossigeno). Diversi modelli di evoluzione esclusivamente chimica suggeriscono che la concentrazione dell'ossigeno di origine fotochimica sarebbe rimasta estremamente bassa, se non fosse intervenuto il processo di fotosintesi clorofilliana: sarebbero state le alghe azzurre e altri organismi unicellulari a trasformare l'atmosfera terrestre, utilizzando le grandi quantità di anidride carbonica disponibili e liberando ossigeno. Il formarsi di un'atmosfera ricca di ossigeno consentì la creazione dello schermo protettivo di ozono contro le radiazioni ultraviolette più dannose, favorendo così l'evoluzione degli esseri viventi. Da allora, infatti, i delicati sistemi cellulari primitivi poterono sopravvivere sulla superficie dell'oceano, o nelle acque interne poco profonde, al riparo dalle radiazioni pericolose e a contatto diretto con l'atmosfera, ancora molto ricca di anidride carbonica. Successivamente, la produzione di zuccheri e polisaccaridi, innescata dalla sintesi clorofilliana, mise a disposizione di nuovi microrganismi la possibilità di combinare questi composti, estremamente più efficienti, con l'ossigeno prodotto nello stesso processo.
La definitiva trasformazione e stabilizzazione dell'atmosfera nella sua composizione attuale si verificò circa 235 milioni di anni fa, ovvero al termine dell'Era Paleozoica (fase primaria della Fanerozoica), in seguito alle attività di fissazione dell'anidride carbonica e di emissione di ossigeno da parte della rigogliosa vegetazione terrestre sviluppatasi nell'arco di circa 300 milioni di anni (dal Cambriano al Carbonifero).
La densità dell'aria varia in base all'altitudine, a causa della stratificazione dell'atmosfera dovuta all'azione del campo gravitazionale. A livello del mare, la pressione media normale, esercitata dall'oceano gassoso che ci sovrasta, è data dalla massa dell'atmosfera moltiplicata per l'accelerazione di gravità e divisa per l'area della superficie terrestre. Questo valore medio è stato assunto, inizialmente, come unità di misura della pressione, denominata atmosfera (atm) e definita come la pressione esercitata, al livello del mare e a 45° di latitudine, da una colonna di mercurio alla temperatura di 0 °C e alta 760 mm. Nel sistema internazionale di unità di misura è stato poi introdotto il pascal (Pa): 1 atm = 101.325 Pa.
Nella pratica, le unità più usate sono il kilopascal (kPa) e, ancora di più, il millibar (1 mbar = 100 Pa; 1 atm = 1013,25 mbar). La pressione dipende dall'inverso della quota (in modo logaritmico: legge ipsometrica) e dall'inverso della temperatura assoluta dei vari strati.L'atmosfera terrestre viene ripartita in zone, per intervalli di quote, sulla base di diversi criteri basati sulle caratteristiche strutturali, di composizione, radiativi e dinamici.
Facendo riferimento al carattere che maggiormente si presta a definire una suddivisione verticale dell'atmosfera, cioè la sua struttura termica, essa è suddivisa in: troposfera, che è lo strato più basso, sede dei fenomeni meteorologici, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera, quest'ultima posta al di sopra di 500 km. Mesosfera e termosfera vengono anche indicate complessivamente come ionosfera, che comprende anche parte dell'esosfera, fino a circa 1000 km. La ionosfera è la parte dell'atmosfera di un pianeta nella quale la densità degli elettroni raggiunge, per l'effetto della ionizzazione provocata dalla radiazione solare a più alta frequenza, valori fisicamente rilevanti, tali, cioè, da influenzare sensibilmente le proprietà elettromagnetiche. Queste proprietà sono sintetizzate dall'indice di rifrazione complesso dell'atmosfera, che rispecchia le modalità di propagazione (assorbimento, riflessione e traiettoria) delle radioonde, cioè delle onde elettromagnetiche comprese, convenzionalmente, fra i 3 kHz e i 30 MHz. Le caratteristiche elettromagnetiche della ionosfera e della troposfera sono state intensamente studiate sin dai primissimi anni del secolo perché costituiscono un fattore che influenza in maniera decisiva lo sviluppo tecnologico delle telecomunicazioni. Sulla base di queste caratteristiche, per es., si determinano quali frequenze utilizzare per le trasmissioni via satellite e quali altre per i collegamenti diretti fra stazioni poste a terra, e, ancora, a quali distanze è opportuno collocare queste stazioni.
La cascata di reazioni fotochimiche che avviene nell'alta atmosfera spiega l'inversione nell'andamento della temperatura che, in condizioni di aria non perturbata, decresce di circa 6,5 °C per km di altezza (9,8 °C/km in aria secca: la differenza è dovuta al calore latente di condensazione del vapore d'acqua). Tra i 20 e i 50 km, il calore liberato dai processi chimici e fotochimici fa innalzare la temperatura della stratosfera fino a sfiorare 0 °C. Analogamente, nella termosfera la temperatura cresce nuovamente fino a oltre 1000 °C; va però chiarito che si tratta di un valore che ha un significato esclusivamente fisico ed è legato all'energia cinetica delle molecole: data l'estrema rarefazione dell'aria, la sensazione fisiologica sarebbe semmai di freddo intenso, perché i pochi urti delle molecole gassose non compenserebbero il rapido irraggiamento del calore emesso da un corpo a 37 °C.
L'azione del campo gravitazionale terrestre è tanto più efficace quanto maggiore è la massa delle molecole, e ciò comporta, a differenti altitudini, una diversa distribuzione delle specie chimiche, in base al loro peso molecolare e alla natura isotopica degli atomi componenti. Tuttavia, la circolazione generale dell'atmosfera assicura una composizione fondamentalmente uniforme dell'aria fino a circa 100 km di altezza (omosfera o turbosfera), per quanto riguarda sia i componenti principali, sia alcune delle sostanze presenti solo come tracce. Altre sostanze, tra cui, in particolare, il vapore d'acqua, sono invece presenti in concentrazione variabile secondo i luoghi, l'altitudine e il passare del tempo. Nel considerare questi componenti, bisogna tenere conto che gli strati più bassi dell'atmosfera (troposfera inferiore o 'strato di confine con la superficie planetaria') sono in scambio continuo con la superficie terrestre. I vari strati scambiano sostanze tra di loro, ma i fenomeni che li caratterizzano sono abbastanza distinti. I gas e i vapori emanati dalla superficie terrestre a seguito dell'attività animale, vegetale, microbica e di quella vulcanica, il vapore d'acqua proveniente dalle distese marine, dai laghi, dai fiumi e dalle paludi, e tutte le sostanze volatili prodotte dalle attività umane vengono trasportati e dispersi rapidamente dai venti e dai fenomeni turbolenti tipici dell'intera troposfera. Questa si estende fino a 16-18 km di altezza all'equatore e fino a 7-8 km ai poli.
In assenza di fenomeni meteorologici, la diffusione molecolare tende lentamente a rendere omogenea la composizione dell'aria. Accade quindi che le sostanze più reattive di origine geochimica, biologica o antropica, vengono trasformate rapidamente in altre chimicamente più inerti, come azoto, anidride carbonica e acqua. Altre sostanze solubili vengono disciolte dall'acqua che si condensa e riportate al suolo dalla pioggia. Quelle poco reattive e poco solubili in acqua possono lentamente accumularsi nell'atmosfera e salire fino agli strati superiori, interferendo con i processi fotochimici che si verificano ad alta quota. È il caso dei clorofluorocarburi più leggeri (noti come CFC o Freon), che non vengono distrutti nell'aria, né asportati dalla pioggia. A quote tra 20 e 50 km, essi vengono fotoscissi dalle radiazioni ultraviolette, liberando atomi di cloro che possono distruggere l'ozono (v. oltre).
Tra i costituenti dell'aria, l'anidride carbonica è prodotta dalla respirazione animale, dalle eruzioni vulcaniche e da tutti i processi di combustione, inclusi quelli naturali (incendi); il metano proviene dai processi di putrefazione fermentativa vegetale (paludi, risaie, fogliame marcescente) e dal metabolismo di alcuni animali (ruminanti, termiti). Una piccola parte del metano atmosferico proviene anche dai depositi naturali, attraverso fratturazioni delle rocce, e dagli impianti di estrazione e distribuzione del gas naturale. Le concentrazioni dei due gas riportate nella tabella si riferiscono ai valori medi registrati nel 1992. A partire dalla seconda metà del secolo scorso, questi gas si stanno lentamente accumulando nell'atmosfera, e il loro aumento viene messo in relazione con quello della temperatura superficiale media del globo, dovuto all'effetto serra. Analogo incremento è mostrato da alcuni solventi e composti organici volatili di esclusiva origine antropica, per es. i citati CFC e gli ossidi superiori di azoto prodotti dai motori a scoppio.
La concentrazione di anidride carbonica presenta inoltre un caratteristico ciclo stagionale, più accentuato nell'emisfero settentrionale, con dei minimi nelle stagioni estive, quando l'insolazione è maggiore e la sintesi clorofilliana delle piante verdi è più attiva: infatti, queste metabolizzano l'anidride carbonica e l'acqua trasformandole in zuccheri e cellulosa e producendo ossigeno. Con il diminuire dell'insolazione prevalgono invece la respirazione animale e i processi di combustione, e l'anidride carbonica torna a crescere. Rispetto al nostro emisfero, in quello australe le stagioni sono invertite; così accade di conseguenza anche per l'andamento dell'anidride carbonica. Lo stesso effetto, d'altra parte, si può osservare seguendo l'alternarsi del giorno con la notte, in una foresta lontana dai centri abitati e limitatamente ad alcune decine di metri al di sopra degli alberi. Entrambe queste oscillazioni (il 'respiro del pianeta' e il 'respiro della foresta', come vengono suggestivamente chiamate) furono quantitativamente determinate da Keeling: dall'anno geofisico 1957, la strumentazione da lui inventata è in funzione sul vulcano Mauna Loa, nelle isole Hawaii, e segnala la crescita media della concentrazione dell'anidride carbonica.
Nella stratosfera si stabilisce, in generale, un equilibrio dinamico, con un ciclo quotidiano di formazione e distruzione di ozono. È durante le lunghe notti antartiche che si verifica il fenomeno noto come 'buco dell'ozono', cioè la scomparsa di questo gas al di sopra di vaste aree polari. Ampie fluttuazioni, non ancora ben determinate, si hanno anche alle nostre latitudini, e in tal caso si parla di assottigliamento dello strato di ozono stratosferico (v. oltre).
Alcune delle componenti minori dell'aria sono di origine naturale (numerosi composti solforati e alcuni dei composti azotati), altre, invece, sono in parte di origine antropica (come il monossido di carbonio, l'anidride solforosa e molte delle sostanze organiche volatili). Altre sostanze ancora, infine, sono prodotte da reazioni fotochimiche alimentate da inquinanti prodotti dalle attività umane, quali, per es., l'acqua ossigenata o perossido di idrogeno e l'ozono troposferico.
Grosse emissioni di inquinanti gassosi possono raggiungere concentrazioni locali pericolose per la salute umana. La loro dispersione può provocare danni all'ambiente anche a lunga distanza (piogge acide dovute alla presenza di acido nitrico o solforico, quest'ultimo proveniente dall'ossidazione dell'anidride solforosa). Gli inquinanti tossici possono essere immessi nell'atmosfera in seguito a incidenti nei processi di produzione industriale o durante il loro immagazzinamento, trasporto e utilizzo, mentre le emissioni periodiche sono più facilmente controllabili. In conseguenza dell'applicazione delle normative più recenti, l'abbattimento degli inquinanti tossici e la chiusura di vecchi impianti industriali hanno portato al miglioramento della qualità dell'aria in molte città ad alta concentrazione industriale. In passato, il diffondersi del riscaldamento civile, con impianti prima a carbone e poi a nafta, ha provocato un forte incremento delle emissioni più dannose, come particolato, nerofumo e anidride solforosa. Questi inquinanti si sommavano a quelli analoghi prodotti dalle centrali termoelettriche e da altre fonti industriali.
Un sensibile miglioramento si sta ottenendo con l'introduzione del metano nel riscaldamento domestico e, soprattutto, con lo sviluppo di tecnologie alternative, quali lo sfruttamento dell'energia geotermica, i pannelli solari e il teleriscaldamento, che realizza, in linea di principio, lo sfruttamento per i bisogni domestici del calore generato come effetto secondario da determinati processi industriali.L'inquinamento da traffico automobilistico sta diventando, invece, un problema sempre più drammatico, specialmente nelle città italiane ed europee con piante urbane caratterizzate da reti viarie insufficienti. In particolare, nei periodi di forte insolazione estiva, di alta pressione e in assenza di vento, i raggi solari ultravioletti, non filtrati dall'atmosfera, scindono il biossido di azoto prodotto dai motori a scoppio: con il passare delle ore, il risultato è la formazione di una miscela di ossidi di azoto e di ozono, di idrocarburi incombusti e dei loro derivati, oltre che di nerofumo e anidride solforosa provenienti da vecchi motori a gasolio. Questo insieme di gas, che non ha esaurito la sua reattività all'interno dei motori, continua a reagire nell'ambiente urbano, penetrando anche negli edifici.
Si ha perciò la formazione di radicali liberi e di prodotti di trasformazione irritanti, tossici o addirittura cancerogeni. Le raffinerie, i depositi di carburante, la rete dei distributori di benzina, le stesse auto ferme nelle strade e nelle rimesse, le industrie che impiegano vernici e solventi immettono continuamente nell'atmosfera urbana quantità non trascurabili di sostanze organiche volatili. Queste, a loro volta, vengono parzialmente trasformate dai componenti ossidanti dello smog fotochimico, la cui formazione è facilitata dall'anidride solforosa. Il traffico, le attività industriali e artigianali e l'incinerazione dei rifiuti solidi urbani liberano nei bassi strati dell'atmosfera grandi quantità di particolato (metalli pesanti, silice, amianto, polveri alcaline, nerofumo), di per sé altamente nocivo, o che può contenere tracce adsorbite di sostanze mutagene e cancerogene (idrocarburi aromatici, composti aromatici policiclici, diossina e derivati).
Una significativa alterazione del bilancio termico naturale, già in atto nelle zone di grande urbanizzazione, è rappresentata dalle notevoli quantità di energia termica riversate nell'atmosfera: calore irraggiato dalle abitazioni, calore refluo dei processi industriali, calore di scarico dei cicli termodinamici, che trasformano parte dell'energia di combustibili in energia meccanica o elettrica, infine lo stesso calore generato per attrito dall'energia meccanica presente in moltissime attività umane. L'impatto sull'ambiente risulta particolarmente evidente dove il calore è rigettato sotto forma di vapore d'acqua, come nelle grandi torri di raffreddamento delle centrali termiche e nucleari, a causa della formazione di foschie e nebbie per distanze anche di decine di chilometri.
Un'ulteriore tipologia di inquinanti presenti nell'aria è costituita dai gas radioattivi. Nell'atmosfera si espande, emesso dal suolo terrestre, un insieme di gas radioattivi di origine naturale, radon e toron; questi gas radioattivi a vita breve si diffondono e circolano nell'atmosfera, i loro prodotti di decadimento vengono respirati e, in parte, espirati, spesso rimanendo ospiti dell'apparato bronchiale e dell'organismo. La tecnica nucleare (esplosioni sperimentali e centrali nucleari) aggiunge a questi componenti naturali altra radioattività: aerosol con iodio e cesio radioattivi provengono principalmente dalle esplosioni nucleari, cripton e xenon radioattivi sono rigettati in grandi quantità dai camini delle centrali elettronucleari.
Lontano dall'inquinamento urbano e industriale e dai rari luoghi contaminati da emanazioni velenose naturali (che le specie animali hanno spesso imparato a evitare), l'aria presenta quelle caratteristiche di purezza cui il corpo umano si è abituato nella sua lenta evoluzione.
Differenze importanti, oltre quelle dovute ai fattori climatici, caratterizzano l'aria salubre nelle differenti regioni, conferendole talvolta anche doti terapeutiche. Un fattore variabile molto importante è l'umidità relativa: un valore prossimo al 100% provoca un senso di disagio corporeo dovuto alla difficoltà di traspirazione, specialmente quando si svolge un'attività fisica. I climi prevalentemente secchi sono quindi preferibili. D'altra parte, nei deserti troppo aridi, l'eccesso di traspirazione deve essere compensato con l'assunzione dell'acqua e dei sali minerali eliminati con la sudorazione.L'aria delle colline e delle montagne boscose di media altitudine, ancor più di quella di campagna, è particolarmente salubre. Infatti, essa consente di rigenerare completamente l'emoglobina, eliminando le eventuali tracce di ossido di carbonio o di idrogeno solforato. Il respirare più profondamente consente una più efficace ossigenazione e quindi un'azione benefica sulla dinamica dei processi fisiologici, con eliminazione delle tossine e dei radicali liberi.
Oltre i 2000-3000 metri la respirazione, in presenza di una pressione ridotta di ossigeno, costringe a un adattamento fisiologico (v. adattamento) che può richiedere anche alcuni giorni, e che può essere accompagnato da affaticamento o capogiri. L'adattamento è dovuto a piccolissime variazioni nella concentrazione dei cofattori che regolano la capacità di trasporto di ossigeno da parte dell'emoglobina. Al contrario, un rapido ritorno al livello del mare fa conservare per alcuni giorni questa elevata capacità di ossigenazione dei tessuti e ciò può essere sfruttato nella pratica sportiva (v. allenamento). In alta montagna l'aria pura e tersa rende più intensa l'azione dei raggi ultravioletti, ed è quindi opportuno proteggere la pelle e gli occhi.
Le località di mare sono caratterizzate dall'aerosol, che si forma per asportazione dalla superficie dell'acqua di minuscole goccioline a opera della brezza; esso può essere trasportato anche a lunga distanza. In pratica, l'aria di tutta la penisola italiana, inclusa buona parte della Val Padana, è contraddistinta dalla presenza di un aerosol di origine marina contenente sali. In talune zone termali, per es. dell'Europa Centrale, aerosol salso-iodici o salso-bromici sono prodotti artificialmente, ma la loro diffusione interessa aree estremamente limitate. Le proprietà terapeutiche di questi aerosol, legate più che altro alle tracce ossidanti di iodio o bromo, possono, d'altra parte, presentare caratteristiche non favorevoli per la salute a causa dell'eccesso di umidità.
6. Il problema dell'ozono (Red.)
L'ozono è una forma allotropica dell'ossigeno, di simbolo O₃, peso molecolare 48; è un gas di colore blu che, a temperatura ordinaria, si decompone molto lentamente; dal punto di vista chimico è fortemente ossidante. In questi ultimi anni l'ozono ha suscitato un crescente interesse, sia perché si sono registrati aumenti della sua concentrazione nella bassa atmosfera, cioè nell'aria che l'uomo respira, sia per problemi legati alla sua distruzione nella stratosfera.
a) L'ozono a basse quote. L'ozono si trova nell'atmosfera in percentuale dell'ordine di 0,02-0,03 g m3. La quantità varia con le stagioni, con la latitudine e con la quota; in piccole percentuali, come quelle indicate, esso non risulta dannoso per l'organismo umano. In particolari ambienti di lavoro, per es. quelli in cui sono in funzione lampade UV, la percentuale di ozono può raggiungere livelli di 0,1 ppm (parti per milione); in questo caso viene stabilito il limite di permanenza di 8 ore.
I sintomi di malessere possono andare dal male di testa all'irritazione delle vie respiratorie e degli occhi, per arrivare, in caso di concentrazioni molto elevate, a stanchezza, inappetenza, manifestazioni di asma. Recentemente in alcune città italiane si sono registrati aumenti della concentrazione di ozono fra gli inquinanti dell'aria, dovuti a fotolisi di ossidi di azoto presenti nei gas di scarico delle automobili (con conseguente liberazione di ossigeno atomico e successiva formazione di ozono per reazione con ossigeno molecolare). Il fenomeno ha la sua massima intensità nelle ore di più forte insolazione, mentre regredisce nelle ore serali, perché gli ossidi di azoto, in assenza di radiazione solare, non si decompongono.
b) L'ozono nella stratosfera. La presenza di ozono cresce notevolmente nello strato compreso fra i 15 e i 30 km dalla superficie terrestre, particolarmente nella zona fra i 20 e i 25 km, dove si raggiungono tenori anche di 10 ppm. Tale elevata concentrazione deriva dalla dissociazione, dovuta all'intensa radiazione UV, dell'ossigeno molecolare in atomi; essi a loro volta si legano ad altro ossigeno molecolare restituendo ozono, che, a causa del suo forte potere di assorbimento delle radiazioni UV, subisce una decomposizione (fotodissociazione): ciò che si verifica è un equilibrio fra l'ozono che si forma e quello che si decompone. Il modello di formazione e di distruzione dell'ozono, cui si è già fatto sinteticamente cenno, è in buon accordo con il contenuto globale di ozono nell'atmosfera. Tuttavia, accurate misure sulla sua distribuzione evidenziano valori minimi nelle zone equatoriali e massimi in quelle subpolari, laddove ci si attenderebbero concentrazioni più elevate nelle zone equatoriali, nelle quali la fotochimica è più intensa a causa della maggiore insolazione. I valori massimi alle alte latitudini sono dovuti alla circolazione atmosferica, che tende a trasportare l'ozono prodotto nell'alta stratosfera equatoriale nella bassa e media stratosfera delle regioni polari, dove esso risulta relativamente inerte dal punto di vista fotochimico.
Questo strato di ozono rappresenta uno scudo protettivo per l'uomo e per l'ambiente, riducendo fortemente, con il suo potere di assorbimento, la radiazione solare UV, che altrimenti arriverebbe fino al suolo. Una riduzione di tale schermo protettivo potrebbe essere causa di danni all'uomo (malattie della pelle, tumori ecc.), ma avrebbe effetti negativi anche su animali e piante e, secondo alcuni studiosi, provocherebbe persino alterazioni climatiche.
È noto che la crescita di certe piante (per es., pomodori, piselli, lattuga e miglio) viene ritardata se esse subiscono una forte radiazione ultravioletta, la quale può avere anche influenza sulla crescita del plancton marino, elemento essenziale del cibo dei pesci. Quindi, oltre a procurare effetti dannosi per la salute umana, la diminuzione dell'ozono, quale sostanza che assorbe la radiazione UV, può incidere negativamente anche sulla produzione mondiale di cibo.
Alla luce di queste considerazioni si comprende come la drastica diminuzione del contenuto colonnare di ozono osservata negli ultimi decenni in corrispondenza delle zone antartiche (buco dell'ozono) abbia destato negli studiosi motivo di allarme. Il fenomeno assume proporzioni assai più rilevanti in quella zona del pianeta che altrove per la coesistenza di particolari condizioni: ritmo semestrale nella presenza della radiazione solare; scarso rimescolamento delle masse d'aria, per la relativa regolarità geografica dell'emisfero Sud; temperatura molto bassa, con conseguente formazione di nubi (nubi stratosferiche polari), contenenti, tra l'altro, acido nitrico condensato. I meccanismi di scomparsa dell'ozono nella stratosfera, i cosiddetti cicli catalitici dell'ozono, sono costituiti da numerose reazioni chimiche, nelle quali il catalizzatore ricompare inalterato nell'ambiente dopo aver preso parte attiva alla distruzione di una certa quantità di ozono, ed è così disponibile per un nuovo ciclo. Gli elementi che sembrano svolgere più efficacemente, singolarmente o riuniti in composti, il ruolo di catalizzatore sono, per i cicli dell'ozono, il cloro, il bromo e alcuni composti dell'azoto.
Questi elementi hanno spesso origine naturale (per es., le eruzioni vulcaniche), ma la loro presenza è sensibilmente aumentata in conseguenza di alcune attività umane. Il cloro deriva dalla fotolisi dei clorofluorocarburi (CFC) commerciali che sono impiegati in tutti i compressori per frigoriferi, come propellenti negli spruzzatori per cosmesi e, come solventi, nell'industria; gli ossidi di azoto sono presenti nei gas di scarico degli aerei. Dunque, il buco antartico dell'ozono sembra essere il prodotto dei cicli catalitici suddetti, amplificati dalle particolari condizioni dinamiche e radiative di quella zona di pianeta. L'ipotesi che solo nell'Antartide si potessero verificare tali condizioni è stata successivamente contraddetta. Nel 1989 sono state infatti riscontrate condizioni analoghe al Polo Nord, anche se con caratteristiche leggermente diverse. Per quanto riguarda, infine, l'assottigliamento dello strato di ozono in corrispondenza delle medie latitudini, che costituiscono le zone più densamente abitate e coltivate, le misure disponibili evidenziano anche in esse diminuzioni; esse sono tuttavia di entità molto minore rispetto a quelle delle zone antartiche. Il quadro del fenomeno, dunque, è molto complesso e sull'influenza relativa delle varie concause che lo generano non vi è accordo unanime fra gli studiosi.
Comunque, si è sviluppata, a livello internazionale, una certa attenzione verso la questione e una Convenzione delle Nazioni Unite (Vienna, 1985) ha riconosciuto la gravità del problema dell'assottigliamento dello strato di ozono. Alcuni accordi internazionali (Protocollo di Montreal, 1987; Protocollo di Londra, 1990) hanno fissato limitazioni alla produzione e all'impiego di alcuni CFC, stabilendone la completa messa al bando entro l'anno 2000.
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