ARIARATE V
. Figlio di Ariarate IV e di Antiochide di Siria, portò prima del suo avvento al trono il nome di Mitridate. Secondo la tradizione di Diodoro, Antiochide, rimasta per qualche tempo sterile, a insaputa del marito suppose due figli, Ariarate e Oroferne; poi essa stessa avrebbe avuto due figlie e un figlio, Mitridate. È probabile che fossero tutti figli legittimi. Il primogenito Ariarate fu mandato, quasi come ostaggio, a compiere la sua educazione a Roma (172 a. C.), e nessun dubbio vi è nella tradizione romana sulla sua nascita legittima; Oroferne fu mandato nella Ionia, forse a Priene. Il primogenito premorì ad Ariarate IV, il quale, per ragioni politiche a noi ignote, volle trasmettere la successione al figlio Mitridate contro i diritti di Oroferne e contro il rigido diritto di successione seguito in Cappadocia. Forse Oroferne rappresentava a corte con Antiochide il partito seleucizzante e antiromano, mentre Ariarate IV aveva stretto alleanza con Roma e voleva che ad essa si restasse fedeli. Mitridate, favorito probabilmente dai Romani, salì al trono e assunse il nome dinastico di Ariarate V (163 a. C.). Antiochide si ritirò in Siria presso il fratello Antioco IV, e poi fu messa a morte con una figlia da Lisia, tutore di Antioco V. Ariarate richiese le ossa della madre e della sorella e diede loro onorata sepoltura. Egli portò i titoli di Εύσεβής (pio) e Filopatore.
Al principio del suo regno Artaxia re di Armenia gli propose la spartizione della Sofene a danno del dinasta Mitrobuzane, ma A. rifiutò e seppe conservare il dominio al suo protetto. Demetrio I, salito sul trono di Siria, cercò l'amicizia di A., e gli offerse in matrimonio sua sorella Laodice, vedova di Perseo; egli non accettò e ne ebbe i rallegramenti del senato romano. Oroferne ebbe allora protezione e aiuti da Demetrio, il quale, pattuito un compenso in danaro, scacciò A. dalla Cappadocia e pose Oroferne sul trono (158 a. C.). A., privato del regno, si recò a Roma per invocare l'aiuto del senato, e poco mancò che nel viaggio cadesse vittima dei sicarî mandati da Oroferne ad appostarlo a Corfù e a Corinto. Il senato, sentiti anche i messi di Oroferne e di Demetrio, decise che i due fratelli dovessero regnare insieme in Cappadocia; deliberazione che non poteva essere eseguita se non con la forza. A. andò alla corte di Pergamo presso Attalo II, mentre Oroferne restò in possesso del regno e poté disporre liberamente del tesoro regio. Contro di lui intervenne Attalo che rimise A. sul trono e obbligò Oroferne a riparare in Antiochia; il senato riconobbe A. come unico sovrano di tutta la Cappadocia (156 a. C.). A. cercò di farsi consegnare da Priene 400 talenti che vi aveva depositati Oroferne; ma Priene rifiutò, e, non soccorsa da Demetrio e non tutelata da Rodi né da Roma, subì la devastazione del suo territorio; la somma fu restituita a Oroferne. Nella guerra contro Prusia II di Bitinia, A. fornì truppe ad Attalo II (155-4 a. C.); si alleò poi con Attalo e con Tolomeo Filometore contro Demetrio, contro il quale fornì aiuti anche ad Alessandro Bala (152-150 a. C.). Scoppiata la rivolta di Aristonico, A. scese in campo per i Romani, ma fu sconfitto e ucciso in battaglia (130 a. C.). A. fu un filelleno; egli formò la sua educazione intellettuale ad Atene, dove ebbe relazioni coi filosofi e la cittadinanza onoraria. Fu in corrispondenza epistolare con Carneade, e insieme con Attalo gli dedicò una statua. Durante il suo regno l'ellenismo poté penetrare nella Cappadocia. È incerto se si debbano riferire a lui o ad altro Ariarate i lavori idraulici fatti presso Mazaca per l'abbellimento dei giardini reali, per cui sarebbe stato condannato dai Romani a una multa.
Fonti: Polyb., XXXI, 14, 17, 19, 57; XXXII, 6, 22, 24 segg.; Diod., XXXI, 19, 21, 28, 32 b; Appian., Syr., 47; Strab., XIII, p. 538 segg., 646; Liv., Epit., 47; Iustin., XXXV, 1.
Bibl.: Th. Reinach, Trois Royaumes, ecc., Parigi 1888, p. 15 segg.; 37 segg.; B. Niese, Gesch. der griech. und mak. Staaten, III, Gotha 1903, p. 248 segg.; Bevan, The House of Seleucus, II, Londra, 1902, pp. 195, 205 segg.; Bouché-Leclercq, Hist. des Séleucides, Parigi 1913-14, p. 323 segg.; U. Mago, La regina Antiochide di Cappadocia e la cronaca regia degli Ariaratidi, in Atti dell'Accad. di Torino, XLIII (1907-08), pp. 216-226; V. B. Head, Hist. Num., 2ª ed., Oxford, 1911, p. 750; Catal. Brit. Mus., Galatia, Cappadocia and Syria, pp. xxvii e 33.