Ariete
. Primo segno dello zodiaco. L'entrata del sole in A. (nel 1301 cadde il 12 marzo) segna l'inizio dell'anno astronomico e può pertanto assumersi come punto di riferimento cronologico, a partire dal quale, trascorsi sette anni, si sarebbe avverata la profezia di Corrado Malaspina (Pg VIII 134 che 'l sol non si ricorca / sette volte nel letto che 'l Montone /... cuopre, qui appunto sinonimo di Ariete). Corrisponde inoltre all'inizio della primavera (Rime C 41 Passato hanno lor termine le fronde / che trasse fuor la vertù d'Ariete / per adornare il mondo); per contro il notturno Arïete (Pd XXVIII 117), cioè il sorgere vespertino del segno d'A. nel momento dell'equinozio di settembre, introduce l'autunno.
Le conseguenze pratiche del movimento del Sole nello zodiaco sono estesamente descritte da D. in Cv III V 8-21. In particolare, quando il Sole è nel principio de l'Ariete, descrive, per un osservatore posto all'equatore (dove sono... li Garamanti), un cerchio massimo passante al di sopra del suo capo (in sul mezzo del capo), mentre durante il resto dell'anno l'astro sembra allontanarsi ora sulla sua destra, ora sulla sua sinistra. Viceversa, un osservatore posto al polo nord (Maria del § 14) vedrà, al momento dell'equinozio, il Sole percorrere la linea del proprio orizzonte; poi, nei tre mesi seguenti, il Sole, sempre restando parallelo all'orizzonte, si alzerà gradualmente sopra di esso, sino a raggiungere l'altezza di 23° 30'. D. a questo punto fa notare che questa altezza massima del Sole, al momento del solstizio d'estate, per la latitudine del polo nord, è pressappoco uguale all'altezza meridiana, alla latitudine di 450, al momento del solstizio d'inverno: tale è almeno l'interpretazione tradizionale di Cv III V 15.
Va tuttavia osservato che essa è il risultato di un'approssimazione astronomica, poiché nel solstizio d'inverno e alla latitudine di 45°, il giorno è più lungo della metà della notte (8h 34m il giorno e 15h 26m la notte); perché il giorno più corto dell'anno si riduca a 8h, occorre salire fino alla latitudine di 49°, cosa alla quale D. sicuramente non allude. Pertanto, se si ammette che l'espressione 'l giorno è de la mezza notte iguale comunque indica, approssimativamente, il solstizio d'inverno, quasi potrà considerarsi non riferito a noi, ma a mezza terra: infatti non è alla latitudine di 45° che l'altezza meridiana del Sole, al solstizio d'inverno, risulta quasi uguale all'obliquità dell'eclittica, ma a Firenze, che si trova quasi a mezza strada tra il polo e l'equatore: nel XIV secolo, infatti, la latitudine di Firenze era ritenuta di 43° (cfr. The Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XX [1957], 138); quindi, in questa città, l'altezza meridiana del Sole, al solstizio d'inverno, risulta esattamente uguale all'obliquità dell'eclittica: 90° - 43° - 23°30' = 23°30'. Né d'altra parte, in alcun momento dell'anno, la durata del giorno può essere uguale alla metà della notte, sia a 45° che a 43° di latitudine. Alla latitudine di 43°, nel solstizio d'inverno, il giorno dura 8h 48m.
In Pd XXIX 1-3, per valutare la durata di un silenzio di Beatrice, D. fa riferimento all'attimo in cui ambedue li figli di Latona (cioè il Sole e la Luna), vengono a trovarsi in opposizione, l'uno in A. (Montone), l'altra in Libra, ai due lati dell'orizzonte. Una condizione simile è possibile solo al momento del plenilunio di primavera, purché l'ora dell'opposizione dei due pianeti coincida con la levata o il tramonto del Sole: tale, con notevole approssimazione, fu il caso del 1301. Comunque sia, il fenomeno non avvenne nel momento riferito da D. (cioè al termine del suo viaggio), ma all'inizio, il 25 marzo: all'epoca si calcolava che a Firenze il plenilunio si fosse verificato proprio quel giorno, alle 7h 15m (cfr. G. Boffito - C. Melzi d'Eril, Almanach Dantis Aligherii rive Profhacii Judaei Montispessulani..., Firenze 1908, 132). Il movimento della Luna è sufficientemente percettibile a occhio nudo perché l'equilibrio apparente dei due astri, ai due lati dell'orizzonte, duri appena.