FABRETTI, Ariodante (Giuseppe Goffredo Ariodante)
Nacque a Perugia il 1° ott. 1816 da Giuseppe, singolare personaggio di popolano autodidatta originario di Deruta, e da Assunta Corsi. Ricevuta la prima educazione a Perugia e poi a Magione, dove il padre ricopriva l'incarico di usciere giudiziario (cursore), rientrò dopo tre anni a Perugia con la madre per svolgervi gli studi classici che la famiglia, affrontando grossi sacrifici, volle fargli seguire, visto che si era mostrato assai dotato: tale si confermerà, fondando una sorta di accademia di condiscepoli denominata dei Filopedi, destinata alla lettura e all'analisi di testi letterari.
I suoi interessi si focalizzarono presto sulla storia locale e sull'archeologia, stimolati anche dalle letture offertegli dalla piccola biblioteca paterna che, sebbene raccogliticcia, conteneva un rispettabile numero di memorie storiche locali. Nelle scuole perugine incontrò la stima e la simpatia dell'illustre archeologo G. B. Vermiglioli e del grecista A. Mezzanotte, che diedero ai suoi studi umanistici un più rigoroso indirizzo, mentre il risveglio politico che veniva prendendo abbrivio in Umbria dopo il 1831 cominciò a colorire le sue ricerche storiche di una connotazione patriottica che col tempo diverrà preminente. Nello stesso tempo però, spinto dalla famiglia che vi vedeva una prospettiva più vantaggiosa dal punto di vista economico, prese a seguire anche i corsi di farmacia e di scienze naturali tenuti da S. Purgotti e D. Bruschi.1 che lo porteranno alla fine del 1839 ad iscriversi ai corsi di zooiatria della facoltà di medicina dell'università di Bologna, dove ottenne il baccellierato in medicina il 19 giugno 1840 e la licenza in medicina veterinaria il 17 giugno 1841, avendo avuto per professori, tra gli altri, F. Mondini di anatomia ed A. Alessandrini di zooiatria, ai quali sono dedicate le sue prime pubblicazioni, due sonetti elogiativi (Bologna 1840 e 1841). Certo gli ambienti universitari di Bologna, città più politicizzata e molto più avanzata nel risveglio degli ideali patriottici, contribuirono a stimolare ed accelerare nel F. il processo di presa di coscienza dell'impegno civile. Rientrato a Perugia, non esercitò la professione veterinaria, perché ormai gli interessi umanistici e la passione politica avevano preso il sopravvento. Non si sa con precisione quando e come si fosse iscritto alla carboneria, ma risale a quel periodo il suo ingresso nella massoneria in una delle due logge perugine, la "Fermezza", nell'ambito della quale fin dal 1838 aveva tenuto lezioni di storia e filosofia per gli apprendisti massoni. Sotto la guida di Vermiglioli aveva frattanto continuato ad approfondire la sua formazione archeologica, che col tempo diventerà il suo interesse precipuo, con speciale riguardo agli Etruschi; e fu lo stesso Vermiglioli che per aiutarlo lo fece assumere nel 1842 come vicebibliotecario alla Comunale di Perugia e lo volle dal 27 novembre 1846 suo supplente nella cattedra di archeologia, di cui il F. otterrà la titolarità nel 1848. In quegli stessi anni (1844-46) fondò con alcuni amici e diresse un supplemento letterario del periodico L'Osservatore del Trasimeno, su cui pubblicò molti articoli storici, letterari e d'arte, sempre privilegiando l'etruscologia, nell'ambito della quale diede alle stampe anche Scavi di Perugia - Lettera al dott. Henzen (in Bull. dell'Instit. di corrispondenza archeol. per l'anno 1849, pp. 49-55). Contemporaneamente aveva dedicato un grosso impegno di ricerca alla preparazione di un lavoro di più recente storia locale, centrato su temi che gli permettessero di esprimere, sia pure indirettamente, la sua i viva passione patriottica, lavoro che sarà la sua prima pubblicazione di rilievo: Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, scritte ed illustrate con documenti, edita a dispense in Montepulciano dal 1842 al 1846, un'opera di notevole mole, in cui il F. dimostra buone doti di ricercatore e anche di narratore, suddivisa in quattro volumi di testi più uno di documenti.
Nel 1847, quando venne ricostituita la guardia civica a Perugia, il F. ne fece parte col grado di tenente della 4a compagnia: per fornire un'indicazione del clima politico dominante in quell'ambito basta dire che gli ufficiali suoi colleghi furono N. e P. Danzetta, T. Ansidei, M. Guardabassi e C. Monti, tutti membri della massoneria e tutti in seguito figure di spicco del Risorgimento umbro. Come tanti anche il F. visse con entusiasmo e prime vicende del pontificato di Pio IX, e ce lo rivela con vivacità il tono della conferenza da lui tenuta il 10 ott. 1847 all'Accademia dei Filedoni, quando era già da un mese consigliere municipale; divenne poi anche segretario alla corrispondenza del Circolo popolare, costituitosi nell'agosto 1848 sotto la presidenza di F. Senesi, che contava fra i soci C. Monti, E. Waddington, B. Benincasa, C. Ragnotti, G. Negroni, C. Baduel, R. Ansidei e F. Rossi. Dopo la fuga di Pio IX da Roma, nel gennaio 1849 venne eletto con 7.000 voti fra i rappresentanti di Perugia all'Assemblea costituente romana, ael seno della quale egli fu subito nominato uno dei segretari (con Q. Filopanti, G. Pennacchi e A. Zaribianchi), nonché delegato alla Pubblica Istruzione.
Ai dibattiti assembleari partecipò assai poco, per una sua marcata difficoltà e ritrosia a parlare in pubblico che lo accompagnerà sempre, causata forse dalla voce fioca e un po' chioccia; ma, mazziniano acceso, fu sempre fiero di aver apposto la sua firma (come segretario) all'atto che decretava la decadenza del potere temporale del papa il 9 febbraio: ne scrisse al padre la notte stessa in termini commossi. Di quell'anno è conservato un suo nutrito epistolario con A. Vecchi che da Perugia si rivolgeva direttamente a lui per chiedere aiuti militari: le circostanze non permisero al F. di fare molto, ma le sue lettere di speranza da Roma venivano addirittura lette in piazza fra gli applausi popolari.
Alla caduta della Repubblica il F. rientrò a Perugia, ma dovette subito lasciarla per mettersi in salvo dalla reazione, essendo escluso dall'amnistia del settembre. Prima tappa del suo esilio fu Firenze, dove trovò l'appoggio di G. P. Vieusseux, che gli fece pubblicare sull'Archivio storico italiano, in collaborazione con F. Bonaini e F. L. Polidori, le Cronache e storie inedite della città di Perugia dal MCL al MDLXIII seguite da documenti..., due tomi che formarono l'intero volume XVI della rivista (1851).
È opinione comune tra i biografi che a Firenze egli fosse "intento solo ai suoi lavori", astenendosi da ogni attività politica, ma è lecito dubitarne, sulla scorta delle lettere e del diario di suo padre, in cui si deplorano come pericolose certe frequentazioni. Inoltre egli era certo a parte del comitato segreto fondato dal Mazzini il 4 luglio 1849, allo scopo di creare i quadri per le future cospirazioni, che ebbe largo seguito nello Stato ecclesiastico. Purtroppo il nutrito gruppo di lettere del Mazzini al F., che pare certo essere esistito, non figura tra i molti carteggi del Fondo Fabretti della Biblioteca Augusta; è quasi sicuro che fu distrutto ai tempi come pericolosamente compromettente, ma una sola lettera superstite, in data 6 ag. 1850, rinvenuta recentemente da G. B. Furiozzi, permette di affermare che il F. faceva parte del disegno mazziniano di quel periodo per lo Stato pontificio. Appare dunque comprensibile (gli autori risorgimentali parlano di "odiosa persecuzione pretesca") il motivo per cui il governo pontificio fece pressioni su quello granducale per l'allontanamento del F., ottenuto nel 1852, nonostante gli amici si adoperassero per evitarlo, ed il governo toscano gli riconoscesse di aver "rispettato l'ospitalità".
Separandosi dalla sua fedele compagna, la perugina Filomena Ferretti che aveva sposato nel 1844 e che rientrò temporaneamente a Perugia (lo raggiungerà in seguito), il F. prese la via di Torino, meta preferita di tanti esuli politici in quel momento, munito di una raccomandazione del Vieusseux al direttore della Biblioteca dell'università, C. Gazzara, che gli lasciava sperare qualche fonte di sostentamento (il Vieusseux continuò anche ad accogliere altri suoi lavori nell'Archivio storico italiano: Di una iscrizione etrusca scoperta nel territorio di Volterra, n. s., IV [1856], 1, pp. 137-248; Di Giovan Battista Vermiglioli, dei documenti di Perugia etrusca..., V [1857], 2, pp. 35-70). Nella capitale piemontese però inizialmente si trovò a condurre vita grama, aiutandosi con lezioni private e con qualche collaborazione ai periodici: Nuovo Cimento (Di alcune iscrizioni etrusche scoperte in Perugia sul finire del 1852, I [1853], t. II, pp. 663-70) e La Rassegna contemporanea (Lettera al prof. Luciano Scarabelli sopra due iscrizioni etrusche..., II [1855], t. III, pp. 392-404), nonché con i piccoli sussidi dei Comitato per gli aiuti agli esuli istituito dal ministero degli Interni sardo, e con aiuti in denaro dall'amico A. Vecchi.
Proprio la corrispondenza col Vecchi (pubblicata da G. Degli Azzi in Arch. stor. del Risorg. umbro, I [1905], 3, pp. 167 ss.) permette di conoscere a fondo gli atteggiamenti politici del F. in quel periodo, caratterizzati da un ostinato attaccamento agli ideali mazziniani e repubblicani, e da una conseguente violenta avversione alla politica cavouriana ("... una politica di sotterfugi, di giochi di parole e di sfacciati inganni..."), mentre giudica il governo piemontese "un pugno di briganti" e T. Mamiani "un impostore" per aver dichiarato la sua fiducia in Napoleone III. In realtà il governo di Torino fece molto per fornire un'occupazione agli esuli, specie nell'insegnamento e nell'amministrazione: lo stesso F. se ne giovò, sia pure in minima misura, nonostante il suo poco accomodante atteggiamento.
Aveva frattanto allargato il campo dei suoi studi; partendo dalle iscrizioni etrusche era pervenuto ad occuparsi di tutti i monumenti scritti degli antichi idiomi italici, per creare un glossario di tutte le voci rinvenibili sia negli autori sia nelle epigrafi. Fu un colossale lavoro di compilazione e di inesauribili ricerche durate per anni (sostenute da un piccolo sussidio del ministro L. Cibrario), talmente complesso che la stampa, iniziata nel 1858 presso la Stamperia reale (procurandogli subito fama in tutta Europa e la nomina ad assistente del Museo d'antichità di Torino, per r.d. 20 giugno 1858), sarà terminata a dispense solo nove anni dopo con l'uscita del monumentale Corpus inscriptionum Italicarum antiquioris aevi…, et Glossarium Italicum ... ex Umbricis, Sabinis, Volscis, Etruscis aliisque monumentis..., Augustae Taurinorum 1867, cui faranno seguito un Primo supplemento alla raccolta delle antichissime iscrizioni italiche, 2 voll., Torino 1872-1874 (estratto da Memorie d. R. Acc. d. sc. di Torino, s. 2, XXVII [1873], pp. 375-515), un Secondo supplemento..., Roma 1874 (estr. da Atti d. R. Acc. d. sc. di Torino, IX [1873-74], pp. 111-119, 354-66, 673-79, 876-85), ed un Terzo supplemento..., Roma-Torino 1878 (estr. da Memorie..., s. 2, XXIX [1878], pp. 109-286); un'ulteriore aggiunta sarà pubblicata a Firenze nel 1880 da F. Gamurrini, Appendice al Corpus inscriptionum Italicarum di Ariodante Fabretti. Del Primo supplemento uscì una traduzione in tedesco, Paleographische Studien von Ariodante Fabretti..., Leipzig 1877 (sul valore e la struttura dell'opera, cfr. E. Ferrero, pp. 14-20).
Dal punto di vista civile e politico il F. si sentiva a Torino "inutilissimo come cento altri", e cercò di esprimersi come poté nell'organizzazione di uno dei comitati di mutuo soccorso per l'assistenza agli esuli bisognosi, che fiancheggiarono quello sopracitato finanziato dal ministero degli Interni: si trattò del più importante, quello denominato Società dell'emigrazione italiana, costituitosi nel giugno 1851; il F. ne fu membro dall'inizio del suo soggiorno a Torino, consigliere dal giugno 1856, vicepresidente l'anno successivo e presidente dall'agosto 1858 all'estinzione, nel febbraio 1860.
L'associazione, pur dichiarandosi apolitica, aveva indirizzo repubblicaneggiante (fra i consiglieri L. Mercantini, O. Coletti, C. Mayr, A. Zanbianchi); traendo fondi, oltre che dalle quote sociali, dalle largizioni degli esuli più ricchi e dalle sottoscrizioni (nel 1859 solo Le Siècle raccolse ed offrì 6.000 franchi), non si limitava a concedere sovvenzioni, ma, attraverso una sede, una mensa, una biblioteca e un servizio medico, divenne un centro di riunione e di scambi culturali che fu di qualche utilità, specialmente per l'avvicinamento, fortemente promosso dalla presidenza del F., fra l'emigrazione stabilitasi in Liguria e quella residente in Piemonte. Le posizioni anticavouriane del F., e con lui della Società dell'emigrazione italiana, non si affievolirono neppure davanti ai successi di quella politica, di cui disprezzava "gli infiniti ripieghi", anche se poi seguì con trepidazione l'impresa garibaldina, negli anni seguenti, pur conservando i suoi principi repubblicani e anticlericali, perverrà in pratica ad una certa attenuazione del loro radicalismo, fino ad ammettere, per esempio, la necessità di un accordo "fra gli interessi della Patria e le esigenze della chiesa", giungendo ad un moderato giurisdizionalismo.
Nell'estate 1859 si recò a Genova e a Bologna per seguire gli avvenimenti: era giunto il tempo di ottenere qualche premio alla sua militanza; il 22 nov. 1859 con decreto del dittatore delle Provincie parmensi L.C. Farini fu nominato professore di storia letteraria ed eloquenza presso l'università di Modena, e vicebibliotecario della Comunale di quella città; declinò però subito gli incarichi, ottenendo così in cambio (per decreto 4 febbr. 1860 del governatore delle Provincie di Emilia, sempre il Farini) la docenza di antiche lingue italiche e dialettologia italiana moderna nella più prestigiosa università di Bologna. Tuttavia, ormai ben ambientato a Torino, tenne quella cattedra per soli sei mesi e, per r. d. 11 ag. 1860, passò a quella di archeologia dell'università torinese, appena istituita, mentre l'Accademia delle scienze di Torino lo accoglieva subito fra i soci nazionali. A Perugia tornò per qualche settimana nell'ottobre 1860, festeggiatissimo, e si occupò soprattutto di stimolare la ripresa dell'università perugina sotto il nuovo governo.
La vita del F. si dividerà ormai fra Torino e Perugia, la prima come sede dei suoi studi e del suo lavoro e come residenza abituale, la seconda quale base dell'attività politica attiva, che avrà inizio nel febbraio 1861 con le prime elezioni politiche del nuovo Stato, nelle quali egli fu proposto come nome di prestigio dalla Sinistra costituzionale, venendo però superato da G. N. Pepoli del suo stesso schieramento e da N. Danzetta appoggiato invece dalla Destra.
Liberato momentaneamente dalle cure politiche, intensificò la sua attività massonica: a Torino aveva fin dall'inizio fatto parte della loggia "Dante Alighieri", nella quale fu maestro venerabile; volle ora, con l'amico O. Antinori, riunire in qualche modo le forze massoniche umbre, coordinandole in una grande loggia di rito scozzese, uniformemente all'impostazione dei Grande Oriente di Torino. La sua carriera nella massoneria continuerà con la sua elezione, nella costituente di Firenze, il 21 gillgno 1867, a membro della giunta del Grande Oriente, carica confermatagli il 24 apr. 1879, sotto i gran maestri G. Mazzoni prima e G. Petroni e A. Lemmi (cui fu legatissimo) poi, facendo anche parte dal 1875 del Supremo Consiglio del 33° grado del rito scozzese antico ed accettato. La sua lunga permanenza nelle gerarchie dell'Ordine ne fece una specie di anello di congiunzione fra la prima generazione massonica di quel periodo, composta in gran parte di veterani delle battaglie risorgimentali, e la seconda, che sarà rappresentata così cospicuamente nei ranghi politici dell'età crispina e giolittiana.
Nel 1865 il F. venne ancora candidato nelle elezioni politiche dai gruppi della Sinistra perugina, e questa volta fallì l'elezione solo per pochi voti: è vero però che non si occupò affatto della campagna elettorale, al punto di non comparire mai a Perugia. Continuò la serie degli insuccessi nel 1874, e questa volta fu più grave lo scorno, perché vi era stata una mobilitazione compatta in suo favore, essendo scesi in campo lo stesso F. Crispi ed U. Rocchi con il giornale La Provincia. Finalmente nel 1876 il successo gli arrise, ancora con l'intervento personale di Crispi, e fu eletto deputato del I collegio di Perugia per la XIII legislatura (1876-80).
Tuttavia l'attività parlamentare non gli era congeniale, e, nonostante la Sinistra in cui militava nel 1876 andasse al potere, le sue presenze a Montecitorio furono rarissime, limitate ad interventi su problemi locali umbri per i quali funse da portavoce, sollecitato dagli elettori. Fin dall'unificazione aveva ricevuto onorificenze d'ogni genere: cavaliere mauriziano nel 1860, nel 1868 dell'Ordine civile di Savoia, nel 1869 della Legion d'onore, nel 1873 di quello imperiale della Rosa del Brasile (fu amico e corrispondente del colto imperatore Pedro II), e infine nel 1878 commendatore della Corona d'Italia e membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.
La sua carriera politica continuerà in tono minore con l'elezione a consigliere comunale di Torino nel 1887, per culminare con la nomina a senatore del Regno nella XVIII categoria con r. d. del 26 genn. 1889, convalidato il 10 febbraio; come suo costume il F. partecipò anche qui assai poco alle attività dell'assemblea, ormai completamente assorbito dall'insegnamento e dagli altri suoi impegni di studio a Torino. Infatti alla sopracitata cattedra di archeologia (a cui dedicò l'opuscolo Il Museo di antichità della R. Università di Torino, Torino 1872) si aggiunse l'incarico di direttore della scuola di magistero della facoltà di lettere e filosofia dal 1880 al 1883, e finalmente, per r. d. 14 genn. 1872, la carica di direttore del Museo di antichità di Torino, che diventerà la sua cura principale e l'occasione di molte pubblicazioni.
Nella gestione di questo istituto la politica del F. fu apprezzata per le sue scelte: non potendo gareggiare con i grandi musei europei nell'acquisto di opere dell'antichità, volle specializzarsi, indirizzando le non laute risorse al completamento delle collezioni numismatiche, specie di epoca romana (portò le monete consolari e imperiali da 550 a 15.679), che resero il medagliere torinese uno dei più completi del mondo, ed agli scavi archeologici in Piemonte e Liguria. Di questi ultimi ha lasciato diverse memorie, come Musaico di Acqui nel R. Museo di antichità di Torino (in Atti della Soc. di archeol. e belle arti, II [1878-79], pp. 19-30), Scavi di Carrù (ibid., pp. 245-254, e anche Torino 1879), Dell'antica città d'Industria detta prima Bidincomago e dei suoi monumenti (ibid., III [1880-81], pp. 18-115, poi anche Torino 1881) e Necropoli della Cascinetta nella provincia di Torino (Torino 1885). Alla numismatica dedicò un lavoro di grande respiro e mole, nell'ambito dell'opera Regio Museo di Torino ordinato e descritto, della quale sono suoi i voll. III, Monete greche, Roma-Torino 1883, e IV, Monete consolari e imperiali, ibid.-ibid. 1881 (Monete consolari aveva già avuto un'ediz., ibid.-ibid. 1876), mentre F. Rossi e R. Lanzone curarono gli altri due, dedicati alle antichità egizie.
Membro dei Lincei dal 1876 e della Crusca dal 1877, il F. fu magna pars della neonata Società di archeologia e belle arti (di cui fu presidente dal 1882 al 1888, e dal 1891 alla morte), nella quale chiamò a collaborare un ami perugino, il conte G. C. Conestabile della Staffa, alla morte del quale pubblicò un commosso Elogio funebre (Perugia 1878). Inoltre con P. Villari, C. Rinaudo e G. De Leva iniziò nel 1884 a Torino la pubblicazione della Rivista storica italiana, che raccoglierà le firme di tutta la nuova generazione di storici.
È stato giustamente rimarcato che gli impegni nel Museo e gli scavi furono preminenti sull'insegnamento, che restò per il F. soprattutto stimolo di pubblicazioni erudite di argomento archeologico che comparvero in gran numero nella Nuova enciclopedia popolare, nella Rivista contemporanea, nell'Arch. stor. ital., nel Bull. dell'Instit. archeol., nelle Mem. della Soc. di storia patria dell'Emilia, negli Atti dell'Acc. dei Lincei, nell'Annuario della Università di Torino, e naturalmente nelle Memorie e negli Atti dell'Accademia delle scienze di Torino, della quale tenne la presidenza dal 1883 al 1886, la vicepresidenza dal 1886 al '91 e la direzione della classe di scienze morali dal 1892 alla morte.
Nelle pubblicazioni di quest'ultimo istituto i lavori più significativi del F., oltre quelli già citati, sono: Dei nomi personali presso i popoli dell'Italia antica (Memorie..., s. 2, XX [1863], pp. 69-86), Sopra un'iscrizione umbra scoperta a Fossato di Vico (Atti..., IV [1868-69], pp. 785-97), Nota storica intorno all'origine dei Monti di pietà in Italia (ibid., VI [1870-71], pp. 664-76), Frammenti d'iscrizioni etrusche scoperti a Nizza (ibid., VII [1871-72], pp. 854-59, 894 ss.), Scavi dell'isola di Cipro (ibid., IX [1873-74], pp. 955 ss.), Di una moneta d'oro attribuita ai Volsiniesi (ibid., XV [1879-80], pp. 316 s.), IlCupido di Michelangelo nel museo ... (ibid., XVIII [1882-83], pp. 801-05), Statuti e ordinamenti suntuarî... (Memorie..., s. 2, XXXVIII [1888], pp. 137-232).
Negli ultimi dieci anni la morte della moglie (1885) ed alcune infermità allontanarono ancor più il F. dall'insegnamento, che negli ultimi due abbandonò completamente. Si era riaccostato agli studi giovanili di storia perugina; avendo acquistato ed installato nella sua stanza al Museo una piccola tipografia artigianale, si dilettava a curare personalmente la stampa delle opere che veniva componendo, per farne dono agli amici e alle biblioteche. In questo modo pubblicò due ampie compilazioni: Cronache della città di Perugia, in cinque volumi, Torino 1887-1894 (nel cui contesto appaiono di maggior interesse Sulla condizione degli ebrei in Perugia dal XIII al XVIII secolo e Cronache della città Perugia dal 1308 al 1630, in parte rifusione del lavoro già pubblicato in Arch. stor. ital.); e Documenti di storia perugina, 2 voll., Torino 1888-1892 (contenenti fra l'altro De malitiis brigantorum elegia di G. U. Pozzari, La prostituzione in Perugia e La vendita della gabella delle some grosse e del pedaggio). In quel periodo pubblicò pure Degli studî archeologici in Piemonte ... (ibid. 1880) e una sentita Commemorazione di G. Garibaldi fatta nella R. Università di Torino il 14 giugno 1882 (ibid. 1882), nonché, in collaborazione con P. Vayra, Il processo del diavolo a Issime nella valle di Gressoney (ibid. 1891).
Nell'inverno 1893-94 superò una grave malattia, e si riteneva fuori pericolo quando la sera del 15 sett. 1894 morì repentinamente nella sua villa di Monteu da Po, nei dintorni di Torino.
Essendo stato nel 1883 fra i fondatori della Società per la cremazione e poi presidente della stessa, fu trasportato a Torino e cremato, mentre G. Bellucci pronunciava l'orazione funebre. Le ceneri furono inviate a Perugia, che le accolse con grandi onori. Per testamento aveva disposto il dono alla città natale della sua biblioteca (circa 4.500 voll.) e di tutte le sue carte, che solo molto tempo dopo avrebbero trovato una sistemazione presso la Biblioteca Augusta (cfr. G. Degli Azzi, L'archivio di A. F., in Arch. stor. del Risorg. umbro, I [1905], pp. 134 s.).
Fonti e Bibl.: I mss. del Fondo Fabretti conservato presso la Biblioteca Augusta di Perugia furono ordinati e classificati da A. Bellucci, del quale esiste un dattiloscritto, Catalogo dei mss. in prosecuzione di quello pubblicato da lui stesso in G. Mazzatinti, "Inventari dei mss. delle Biblioteche d'Italia", V, Forlì 1895. Gli epistolari al F., in numero elevatissimo, vi sono catalogati a partire dal n. 2151; tra quelli di studio e familiari si segnalano: 24 lettere di M. Amari dal 1866 al 1886 (2151), 14 della marchesa M. Bacinetti Florenzi Waddington dal '48 al '61 (2165), 6 di L. Bonazzi dal '56 al '75 (2156), 3 di C. Cantù dal '44 al '46 (2159), 246 di G. C. Conestabile dal '44 al '77 (2160), 62 di G. De Minicis dal '43 al '71 (2161), 27 del F. stesso al padre dal '39 al '60 (2163) cui fanno riscontro 131 del padre a lui dal '40 al '66 (2164), 3 di T. Mominsen dal '60 al '63 (2169), 39 di G. Pennacchini dal '42 al '60 (2170), 66 di C. Promis dal 1860 al 1883 (2173), 2 di E. Renan dal 1879 al 1881 (2174), 55 di C. Ragnotti dal '37 al 1 79 (2175), 9 di N. Tommaseo dal '57 al '63 (2184), 19 di N. Torelli dal '72 al '74 (2185), 145 di A. Vecchi dal '36 al '79 (2187) per le quali esiste anche l'altra parte del carteggio nel Fondo Vecchi della medesima biblioteca, 138 di G. P. Vieusseux dal '43 al '63 (2188), e 15 a P. Villari dal 1867 al 1883 (2189). Ma i corrispondenti furono diverse centinaia, e molte lettere si trovano raccolte in miscellanea in altri contenitori (2202, 2207, 2217, 2220): spiccano fra esse alcune di F. Crispi, A. Depretis, Q. Sella, A. Saffi, T. Mamiani, R. Bonghi, A. Lemmi e G. Mazzoni. La maggior parte di esse è tuttora inedita, se si escludono quelle ad A. Vecchi, in parte pubblicate da G. Degli Azzi, Di Annibale Vecchi e del suo carteggio politico, in Arch. stor. del Risorg. umbro, I (1905), 3, pp. 167-94, ed alcune familiari (non appartenenti però al Fondo Fabretti, ma all'archivio domestico dei discendenti) pubblicate dalla pronipote G. Cottini Orsini nel 1985. Su di lui oltre a T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p. 432: E. Ferrero, A. F., estr. dall'Annuario della R. Università di Torino, a. 1894-95; necrol. in Riv. stor. ital., XI (1894), 4, pp. 601-606; in Rendic. della R. Acc. dei Lincei, classe di sc. morali, stor. e filolog., s. 5, III (1894), pp. 941 ss.; in Riv. numism. ital., VII (1894), pp. 389 s.; M. Kerbaker, Commemorazione di A. F., in Rend. delle tornate dell'Acc. di architettura... della Soc. reale di Napoli, n. s., IX (1895), pp. 10 ss.; in Boll. della Soc. umbra di st. patria, I (1895), pp. 182-93; C. Goldmann, Iltempio crematorio di Torino ... Commemorazione di A. F., Torino 1895, pp. 15-22; E. Ferrero, A. F., notizie sulla vita e sugli scritti, Torino 1902, con bibliografia delle opere e ritratto; A. Lupattelli, I salotti perugini del sec. XIX e l'Accademia dei Filedoni, Empoli 1921, pp. 110, 119-23; E. Di Carlo, Niccolò Tommaseo e A. F., in Arch. st. per la Dalmazia, XIII (1932), pp. 86-90; G. Degli Azzi, A. F., in Diz. del Risorg. naz., III, Milano 1933, pp. 21 s.; C. Frati, Diz. bio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili ital. dal sec. XIV al XIX, Firenze 1933, p. 212; M. Guardabassi, La marchesa Florenzi Waddington e A. F. (1849), Perugia 1950; L. Bonazzi, Storia di Perugia dal 1495 al 1860, I, Città di Castello 1959, pp. 11, 37 ss., 284, 317, 345, 361, 369, 377, 381 s., 408, 416, 488 s., 491, 494 s., 497, 513, 522, 524, 526 s., 531, 573, 583, 623; II, ibid. 1960, pp. 35 s., 56, 59 s., 66, 79, 82, 85, 87, 93, 179 ss., 244 ss., 503 s., 603; G. B. Furiozzi, Mazzini e l'Italia centrale in alcuni documenti inediti, in IlPensiero politico, VI (1972), p. 490; U. Bacci, Illibro del massone italiano, II, Bologna 1972, p. 171; V. U. Bistoni-P. Monacchia, Due secoli di massoneria a Perugia e in Umbria, 1775-1975, Perugia 1975, pp. 96, 132, 141 s., 209, 212 s.; G. B. Furiozzi, L'emigrazione politica in Piemonte nel decennio preunitario, Firenze 1979, passim; E. Morelli, Esuli italiani e società inglese, in Rass. st. del Risorg., LXVI (1979), p. 490; G. Cottini Orsini, G. G. A. F. e i suoi tempi, Roma 1985 (ediz. privata da uno studio universitario del 1932, in 4 parti: La Costituente romana del 1849 e la figura politica; Carteggio inedito, riguardante solo il breve periodo romano; Archeologo e storico; Le maggiori opere); G. B. Furiozzi, Da Mazzini a Bissolati, Firenze 1988, pp. 107-135 (cap. VII, A. F., un mazziniano tra Perugia e Torino).