FACCHINI, Ariodante
Nacque a Imola (prov. Bologna) nel 1855. Interrotti gli studi, si diede al commercio, abbracciando verso il 1876 gli ideali anarchici. L'anno successivo partecipò al moto insurrezionale progettato da E. Malatesta e da C. Cafiero nella zona appenninica del Matese. Ma, pur essendo un personaggio minore nel gruppo che componeva la cosiddetta "banda del Matese", fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Durante la detenzione sottoscrisse una lettera, inviata ad Andrea Costa il 25 ag. 1877, per invitarlo a proseguire la "propaganda del fatto". Al processo per i fatti del Matese, che si celebrò a Benevento nell'agosto 1878, il F. fu assolto per la vivace arringa del giovane avvocato F. S. Merlino. Ripresa così con un ritmo più intenso la sua attività, meditò di pubblicare un giornale; quando stava per concretizzare l'iniziativa, si vide costretto a informare - tramite una circolare inviata da Bologna il 17 apr. 1880 - i sottoscrittori che il giornale La Lotta non poteva più essere pubblicato per l'arresto di uno dei redattori e per la partenza inattesa di G. Agusto Lorand.
Trasferitosi in Francia, si stabilì a Nizza, dove mise in atto una campagna diffamatoria contro A. Costa, ritenuto responsabile del declino del movimento anarchico. Nel 1881, oltre a criticare aspramente le posizioni legalitarie che il Costa aveva assunto con la famosa lettera Ai miei amici di Romagna, il F. lanciò contro il proprio avversario una serie di accuse infamanti, che si rivelarono poi infondate e furono respinte dai più noti socialisti dell'epoca.
Fu addirittura ventilata l'ipotesi che fosse divenuto una spia della polizia. L'accusa, però, non è stata ancora documentata e del caso continuano a mancare spiegazioni esaurienti. Il primo ad avanzare questa ipotesi fu O. Gnocchi Viani, il quale cercò - tramite A. Moneta - di prendere in un primo momento contatti col F., ma inutilmente. Così sottopose la vicenda a un giurì d'onore, che stabili l'infondatezza delle sue accuse a Costa (cfr. Il Sole dell'avvenire, 2 e 16 sett. 1883).
Tuttavia il F. continuò nei suoi violenti attacchi al deputato romagnolo, rifiutandosi di fornire le prove richieste da Gnocchi Viani. Anzi ricevette l'appoggio di alcuni connazionali, tra i quali l'anarchico pavese F. Matteucci, che lo mise in contatto con il foglio Réveil des travailleurs, fautore d'una linea accesamente antilegalitaria. Proprio sull'organo anarchico francese il F. condusse una lotta spietata contro il socialismo "costiano", tacciato di tradimento per aver favorito lo sfacelo dell'Internazionale con la partecipazione alle elezioni dell'82.
In difesa della svolta legalitaria del Costa si pronunciarono a più riprese i socialisti romagnoli, che diffusero una dichiarazione - firmata da Gnocchi Viani, da S. Mazzotti e da G. Zirardini - per respingere le accuse del F., considerate calunniose (cfr. Il Comune, 8-9 dic. 1883, n. 1). Negli anni successivi egli attenuò l'attività politica, facendo perdere le tracce dei suoi spostamenti, ma senza abbandonare le idee anarchiche.
Fonti e Bibl.: P. C. Masini, Gli internazionalisti. La banda del Matese (1876-1878), Milano-Roma 1958, pp. 72, 148; G. Manacorda, Il movimento operaio italiano, Roma 1974, pp. 197 s.; F. Della Peruta, Democrazia e socialismo nel Risorgimento, Roma 1977, pp. 282, 326; V. Evangelisti-E. Zucchini, Storia del Partito socialista rivoluzionario 1881-1188, Bologna 1981, p. 92; G. Angelini, Il socialismo del lavoro. Osvaldo Gnocchi-Viani tra mazzinianesimo e istanze libertarie, Milano 1987, p. 183.