GABELLI, Aristide
Pedagogista italiano, nato a Belluno il 22 marzo 1830, morto a Padova il 7 ottobre 1891. Fu della guardia nazionale durante l'assedio di Venezia del 1849. Seguì a Padova gli studî di legge e compì un anno di perfezionamento a Vienna. Poi, per non prestare servizio nell'esercito austriaco, fuggì a Firenze, a Torino, infine a Milano, dove cominciò a scrivere nel Monitore dei Tribunali. Nel 1861 fu nominato direttore di una scuola tecnica di Milano, nel 1865 direttore del Convitto nazionale Longone della stessa città. Nel 1869 era chiamato al Ministero dell'istruzione come provveditore centrale, e presso il ministero rimase di fatto fino al 1874. Fu provveditore agli studî di Roma dal 1874 al 1881, poi eletto deputato di Venezia nel 1886 e nel 1890. Fu relatore per il riordinamento della scuola elementare, della commissione ministeriale dalla quale fu anche incaricato di redigere le Istruzioni per i programmi del 1888.
Il G. è fra i promotori del positivismo filosofico in Italia, soprattutto col volume L'uomo e le scienze morali (1ª ed., Milano 1869; 3ª ed., a cura di L. Credaro, Torino 1916); precursore anche, nei primi scritti, della scuola positiva del diritto, sebbene nell'uno e nell'altro campo proceda dall'impulso del Romagnosi e del Cattaneo. Ma il positivismo per lui è metodo, non sistema; e non è neppur da confondere col naturalismo e col darwinismo, che combatté negli ultimi tempi. Egli vagheggia una profonda riforma delle scienze morali, che esclude ogni a priori e conduce in metafisica all'agnosticismo. Riduce tutti gl'impulsi e gli affetti umani e tutti i moventi della condotta a un'unica radice, l'amore di sé. Ma questo non porta alla felicità che mediante la ragione, il cui uso è quello che conferisce all'uomo la libertà: l'utile ricercato mediante la ragione, quindi fatto comprensivo dell'utile altrui, costituisce la moralità. E appunto perché la ragione è progressiva, e varie sono le condizioni della ricerca dell'utile, la morale è relativa e variabile. Di qui la grande importanza data al metodo statistico, ch'egli applicò, in saggi cospicui, anche allo studio della vita scolastica. Ora, se l'utile razionalizzato e universalizzato è la moralità, ne consegue che l'educazione deve avere precipuamente il compito di sviluppare il pensiero, di formare le teste. Il problema italiano è in sostanza, per il G., problema educativo, e l'educazione deve mirare al fine di liberare il popolo italiano da tutti i pregiudizî e le schiavitù intellettuali, effetto dell'ignoranza, della divisione e della servitù politica, rese più gravi dalla mancanza di una riforma religiosa, che il G. crede essere stata benefica ai popoli germanici (L'istruzione in Ialia, Bologna 1891; 2ª ed. 1903). Si può dire che il G., dando forma italiana alla sostanza del pestalozzismo, illustrando e diffondendo il metodo intuitivo, ha contribuito come pochi al rinnovamento della scuola italiana dopo il Risorgimento.
Bibl.: A. Amati, A. G., Padova 1893; E. Masi, A. G., in Nuova Antologia, 16 ottobre 1891; G. Gentile, A. G., in Le origini della filosofia contemporanea, II: I positivisti, Messina 1921; G. Tauro, A.G. nella storia del pens. ital., in Riv. d'Italia, febbraio 1913; F. Bianchi, A.G. nella fil. positiva e nella ped. applicata, Milano 1920; F. Giuffrida, Il fallimento d. ped. scientifica, Città di Castello 1920, p. 29 segg.; G. Calò, Un maestro: A. G., in Dottrine e opere nella st. dell'educazione, Lanciano 1932.