RANELLETTI, Aristide
RANELLETTI, Aristide. – Nacque a Celano, in Abruzzo, nel 1873, da Giuseppe e da Adelina Marinucci, fratello minore di Oreste, noto giurista.
Seguì gli studi di medicina a Roma e li concluse nel 1898, intraprendendo subito la carriera ospedaliera, che percorse per circa sei anni come assistente e poi come aiuto in reparti clinici. I suoi primi studi e le relative pubblicazioni annunciavano l’interesse per la traumatologia e le condizioni di lavoro: lesioni valvolari del cuore da sforzi non violenti, tubercolosi pleuro-polmonare post-traumatica, ulcera gastrica traumatica.
Nel 1906, con motivazioni di ordine etico e ideologico, abbracciò definitivamente la sanità pubblica; in seguito a concorso passò al servizio dell’Ufficio del lavoro del Comune di Roma e nel 1915 alla posizione, originale nel panorama italiano e da lui stesso sollecitata, di ispettore medico del lavoro presso lo stesso Comune, un ruolo formidabile per affrontare, sotto il profilo medico-sociale, le condizioni delle varie categorie di lavoratori attivi nella Capitale.
Nel 1914, sostenuto da Luigi Devoto, aveva ottenuto una delle prime libere docenze in medicina del lavoro. Si ispirava all’esempio del lavoro sul campo svolto nell’area milanese da Luigi Carozzi in collaborazione con la Società umanitaria e rispondeva a volte a sollecitazioni di organizzazioni di lavoratori. Realizzò vaste inchieste che ebbero una certa risonanza e suscitarono l’interesse del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio e di organismi quali l’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori. Alcune di queste inchieste furono presentate in occasione di un Congresso nazionale dei medici del lavoro svoltosi a Roma sotto gli auspici del sindaco del ‘blocco popolare’ Ernesto Nathan, alla cui organizzazione Ranelletti, come segretario, aveva contribuito.
Da ricordare, in particolare: Risultati dell’inchiesta sull’impiego della biacca in Roma in rapporto al pericolo del saturnismo (in Atti del IV Congresso nazionale malattie del lavoro, Roma 1913, pp. 444-450); Inchiesta sulle condizioni igieniche delle tipografie di Roma. Morbilità e mortalità dei tipografi di Roma nel quinquennio 1907-1911 (ibid., p. 464); Per la protezione igienica del lavoro a domicilio, specie in rapporto alle industrie insalubri o pericolose (ibid., pp. 500-506).
Nello stesso Congresso Ranelletti svolse una comunicazione Sulla presenza dell’anchilostoma nelle fornaci di Roma (ibid., p. 93) e una sulla Statistica nazionale della morbilità e mortalità delle classi lavoratrici, come base per la legislazione igienica del lavoro, e le assicurazioni obbligatorie contro le malattie (pp. 241-246); ricorrendo il bicentenario della pubblicazione del De morbis artificum diatriba, «del nostro immortale Ramazzini, il padre della patologia del lavoro», per incarico del comitato esecutivo dello stesso congresso tenne inoltre una conferenza sul carpigiano e la sua opera (pp. 285-304).
Il Congresso romano del 1913 sarebbe stato ricordato per la ricchezza dei temi trattati, per l’attenta partecipazione delle parti sociali e istituzionali, per le mozioni votate e per la presenza di una folta schiera di rappresentanti delle organizzazioni delle donne (la contessa Maria Lisa Danieli Camozzi, la marchesa Elena Lucifero, la dottoressa Teresita Sandesky, la contessa Gabriella Troise Romelia Spalletti Rasponi) e, in particolare, per la relazione di Irene de Bonis dei baroni de Nobili, Di alcune malattie professionali delle donne (Atti del IV Congresso, cit., pp. 269-277).
Ranelletti condusse in quel periodo altre inchieste di indubbio valore sociale e storico, sul lavoro dei fornai, dei tranvieri e sulle condizioni igienico-sanitarie delle industrie polverose dalle quali emergevano le pessime, malsane condizioni in cui vivevano e operavano i lavoratori e si sollecitavano interventi adeguati da parte delle amministrazioni della cosa pubblica.
Meritano di essere ricordati i suoi studi sull’istituzione degli uffici medici municipali del lavoro, sulla tubercolosi in rapporto al lavoro, sulle iniziative sociali di fabbrica, sul controllo sanitario preventivo e periodico, sull’assistenza medica per i lavoratori e sulla medicina assicurativa, e in primo luogo sull’assicurazione contro le malattie professionali, della quale fu per molto tempo inascoltato e fervido propugnatore.
Nel periodo tra le due guerre Ranelletti si allineò sugli standard della medicina del lavoro italiana, prevalentemente clinica, medico legale e poco interessata alla verifica dell’efficacia delle misure di prevenzione da adottare. L’attività scientifica e le pubblicazioni di Ranelletti spaziavano in tutti i campi della patologia professionale, come quelli sulle lesioni epatiche nel saturnismo, sul cromismo, sull’anilismo, sull’acne clorica, sulla patologia da cemento, sull’intossicazione da acido nitrico, sul solfocarbonismo nell’area laziale, con almeno dieci lavori a stampa.
Curò con assiduità la propaganda e la didattica della medicina del lavoro dentro e fuori gli schemi accademici. Soltanto nel 1935 gli fu conferito l’incarico dell’insegnamento della medicina del lavoro nell’Università di Roma; almeno dal 1923 si era fatto promotore di corsi di perfezionamento nella disciplina rivolti a ogni categoria di medici e in particolare a quelli condotti e agli ufficiali sanitari.
Anche Ranelletti, animato da grande interesse per i movimenti e le organizzazioni dei lavoratori si arrese, forse convinto, alle lusinghe del regime fascista sostenendo, o almeno auspicando, il significato non solo morale e sociale ma anche legislativo e operativo della Carta del lavoro, di cui scrisse a proposito della salute dei lavoratori (La carta del lavoro e l’assicurazione delle malattie da lavoro, in Atti del VII Congresso nazionale di medicina del lavoro, Milano 1928, pp. 22-26; La carta del lavoro e il lavoro a domicilio, ibid., pp. 93-96).
Solo nel 1934 entrò in vigore in Italia un’assicurazione per le malattie professionali, tardiva e molto parziale perché ne copriva solo sei e neanche quelle più diffuse; Ranelletti seguì con molto interesse il fenomeno assicurativo e ne propose un radicale miglioramento. A conclusione di una sua approfondita analisi venne presentato e approvato un ordine del giorno molto critico che dovette attendere l’avvento della Repubblica e oltre per essere preso in considerazione (Considerazioni sui risultati dell’applicazione dell’assicurazione obbligatoria delle malattie professionali nel primo quadriennio (1934-1937), in Atti del XIII Congresso nazionale di medicina del lavoro, Bari 1939, pp. 85-138).
Negli ultimi anni della sua vita Ranelletti fu direttore sanitario del ‘primo policlinico italiano del lavoro’ fondato a Roma dall’Ente nazionale propaganda infortuni (ENPI), un organismo di derivazione industriale che entrò con forza nell’architettura istituzionale del regime.
Opera notevole di Ranelletti fu e rimarrà un vero e proprio trattato: Le malattie del lavoro. Terza edizione rinnovata, notevolmente ampliata e arricchita di numerose figure, I-II, Roma 1940-1942. Una prima edizione era comparsa nel 1925, pubblicata a cura del ministero dell’Economia nazionale per aver vinto il primo premio in un concorso nazionale, ristampata nel 1927 a Roma. Il trattato definitivo prevedeva anche un terzo tomo riguardante le malattie da agenti fisici e il lavoro a domicilio; pur se quasi ultimato, rimase però inedito. L’opera sarebbe risultata preziosa, specie per gli storici, per la ricchezza di informazioni e di dati che vi erano raccolti e sistemati.
Ranelletti rappresentò probabilmente un’eccezione anche nel panorama dei medici del lavoro, se viene ricordato come chi «dopo una lunga vita di operosa attività scientifica e professionale, circondato dalla fama di clinico di alto valore, [è] morto quasi povero» (Didonna, 1945, p. 166).
Morì a Roma il 19 novembre 1945.
Opere. Il lavoro a domicilio per le forniture militari in Roma. Considerazioni comparative con altre inchieste. Miserie e pericoli, rimedi, in Il Ramazzini, VI (1912), pp. 430-478; Lo Stato e i metodi delle statistiche della morbilità e mortalità operaia in Italia. Relazione per la sezione italiana all’Ufficio internazionale del lavoro di Basilea, Roma 1914; Per il maggiore incremento delle terme e la valorizzazione delle acque minerali per bevande, del comune di Viterbo, Roma 1914; L’università popolare romana nel 1915-16, anno 15. Relazione del segretario generale, Roma 1916; Inchiesta sul lavoro delle tramviere di Roma in rapporto alla loro salute condotta dagli ispettori medici del lavoro, Roma 1919 (con V. Fraschetti); Assistenza medico-sociale agli operai: relazione sul primo anno di funzionamento dell’ambulatorio della nuova Città-giardino all’Aniene. Novembre 1920 - ottobre 1921, Roma 1922; Le malattie da lavoro, Spoleto 1925; Il solfocarbonismo professionale, in Rassegna di medicina applicata al lavoro industriale, II (1931), pp. 61-92; Il saturnismo: intossicazione da piombo, sue leghe e composti con le conseguenze dirette di tale intossicazione, Roma 1935.
Fonti e Bibl.: P. Didonna, A. R., in Medicina del lavoro, XXXVI (1945), pp. 163-166; F. Carnevale - A. Baldasseroni, Mal da lavoro. Storia della salute dei lavoratori, Roma-Bari 1999, passim; N. Castellino et al., Breve storia della medicina del lavoro italiana, Roma 2000, passim; S. Salerno, Women, work and health between the nineteenth and twentieth centuries from a national and international perspective, in Medicina del lavoro, CV (2014), pp. 435-444.