STEFANI, Aristide
– Nacque a San Giovanni Ilarione in provincia di Verona (allora Vicenza) il 15 settembre 1846 da Ferdinando, medico condotto, e da Luigia Zanchi. Ebbe come fratelli Elisa, Temistocle, Amilcare e Umberto. Il padre, nato nel 1808 a Goito, in provincia di Mantova, da una famiglia della borghesia rurale, aveva lasciato il paese natale a causa, a quanto pare, del suo coinvolgimento «nei moti politici» (Stefani, 1930, p. 2).
Dopo aver frequentato il ginnasio presso il seminario di Vicenza e il liceo di Mantova, nel 1869 Aristide si laureò in medicina all’Università di Padova e divenne assistente del fisiologo Filippo Lussana. Alla morte del padre, nel 1872, dovendo mantenere la famiglia, accettò l’incarico di medico condotto a San Giovanni Ilarione. Nel 1873 fu invitato a occupare la cattedra di fisiologia presso l’Università di Ferrara, ove fu in seguito preside della facoltà di medicina e chirurgia e direttore della facoltà di veterinaria.
A Ferrara si legò d’amicizia con il direttore del manicomio provinciale Clodomiro Bonfigli, di cui, il 14 luglio 1879, sposò la cognata Anna Maria Berti; dall’unione nacquero Maria Rosa, Ada, Maria Elisabetta, Luisa, Ferdinando, Dino, Gina.
Nel 1889 subentrò a Lussana nell’insegnamento di fisiologia presso l’Ateneo padovano, ma per due anni mantenne anche la cattedra a Ferrara. A Padova rimase fino al 1921, allorché lasciò l’insegnamento per sopraggiunti limiti d’età. Fu socio dell’Accademia nazionale dei Lincei dal 1903 fino alla morte e membro effettivo di varie accademie italiane e straniere, tra le quali l’Istituto veneto di scienze lettere e arti del quale fu presidente nel 1913-14.
Dopo il pensionamento si dedicò al riordinamento della sua produzione intellettuale, che consta di più di settanta studi pubblicati tra il 1871 e il 1923. Fatta eccezione per il fortunato Manuale di fisiologia umana, redatto in collaborazione con Pietro Albertoni (Milano 1887 e successive ristampe) si tratta di brevi resoconti o comunicazioni che illustrano i risultati di esperienze condotte dall’autore e dai suoi allievi. Stefani può infatti essere considerato uno dei principali fautori in Italia del distacco della fisiologia dall’orientamento vitalista e dell’affermazione dell’indirizzo sperimentale grazie al quale nel corso dell’Ottocento questa disciplina conobbe progressi notevolissimi.
Le sue ricerche furono principalmente consacrate allo studio della fisiologia del cuore e dei vasi sanguigni, del sistema nervoso e degli organi di senso. Tra le prime occupano un posto rilevante quelle dedicate alla teoria dell’attività diastolica, di cui Luigi Luciani aveva posto le basi all’inizio degli anni Settanta e che da Stefani fu corroborata sulla scorta di «argomenti sperimentali originalmente raccolti» (Luciani, 1902-1914, p. 178). In particolare egli fu il primo a valersi del metodo della fistola del pericardio per rappresentare graficamente i tracciati di quelle che definì «curve cardiovolumetriche»; i risultati di tali ricerche valsero a confermare in modo inoppugnabile la funzione diastolica o dilatatoria del nervo vago.
Nell’ambito della fisiologia del sistema nervoso grande importanza rivestono le sue ricerche sulla funzione non acustica del labirinto dell’orecchio e sul cervelletto. Attraverso una serie di osservazioni inedite condotte dal 1874 su colombi sottoposti ad ablazione dei canali semicircolari, Stefani pervenne a smentire l’ipotesi secondo cui la sintomatologia conseguente alle lesioni del labirinto fosse da ricondurre a fenomeni irritativi di carattere acustico, apportando al contrario significativi elementi a sostegno della teoria, enunciata nel 1870 da Friedrich Goltz, che identificava nei canali semicircolari l’organo deputato al mantenimento dell’equilibrio. Un’ulteriore conferma di ciò egli fornì in una lettura presentata all’Accademia medico-chirurgica di Ferrara il 6 luglio 1876 (Studi sulla funzione dei canali semicircolari e relazione di esperimenti fatti per ricercare i rapporti funzionali dei medesimi col cervelletto, Ferrara 1879) nella quale illustrò i risultati di esperienze condotte su conigli cui era stato praticato il taglio dell’VIII paio dei nervi cranici: operazione pioneristica che Stefani avrebbe effettuato pressoché contemporaneamente e indipendentemente rispetto a Elias von Cyon (Perri, in Raspadori, 1992, p. 57). In questa stessa memoria, mettendo a confronto la patologia dei colombi slabirintati con quella di colombi scerebellati, avanzò per la prima volta l’ipotesi di una relazione tra la funzione del labirinto e quella del cervelletto, alla quale dedicherà negli anni successivi importanti ricerche che gli valsero nel 1903 il premio Reale dell’Accademia dei Lincei.
Seguendo le orme del proprio maestro, si occupò anche di pellagra e dal 1905 al 1911 presiedette la Commissione pellagrologica provinciale di Padova. Sebbene Lussana fosse stato un convinto fautore dell’origine carenziale della malattia e un fiero avversario della dottrina lombrosiana ‘tossicozeista’, nei suoi primi scritti sulla questione Stefani ancora affermava che la pellagra non si combatteva «colla cura alimentare», bensì con «la buona essicazione del grano turco» (Commissione pellagrologica provinciale di Padova, Resoconto per gli anni 1906-1907 del presidente Prof. Aristide Stefani, Padova 1907, pp. 6 s.); a una franca adesione alla teoria carenziale egli pervenne di lì a qualche anno, allorché avanzò l’ipotesi che l’alimentazione maidica determinasse la carenza di elementi «chimicamente ignoti, che si trovano nel sangue in quantità così piccola che qualche fisiologo ha creduto di poterli indicare col nome di imponderabili» (Commissione pellagrologica provinciale di Padova, Relazione del presidente Prof. Aristide Stefani sull’opera della commissione nell’anno 1910 e nell’anno 1911, Padova 1911, p. 11). A tale ripensamento, che va compreso nel quadro degli orizzonti aperti dalle scoperte di Kazimierz Funk sul beri-beri, contribuì probabilmente anche l’esito di un questionario sottoposto da Stefani ai medici della provincia, la gran parte dei quali si pronunciò per la dottrina della insufficienza alimentare (p. 36), ciò che tra l’altro conferma il primato da lui sempre attribuito all’esperienza.
Se la sua fedeltà al metodo sperimentale non fu mai revocata in dubbio, altrettanto non si può dire della filosofia materialista, alla quale aveva aderito al terzo anno di università, nel 1867 (Stefani, 1922). Peraltro la figlia Maria Elisabetta testimonia che la religione alla quale era stato educato aveva già ricevuto «a Mantova dal maestro Ardigò [...] le prime inavvertite fenditure» (Stefani, 1930, p. 22). Di tali posizioni sono espressione la memoria per il concorso alla cattedra di fisiologia a Ferrara, Il movimento molecolare negli organismi animali (Ferrara 1873), e la Prelezione al corso di fisiologia sperimentale nella Università libera di Ferrara tenuta il 20 gennaio 1873 (Ferrara 1873), nella quale afferma che l’oggetto della scienza è «la materia tale quale è» e che la conoscenza delle cause prime delle cose è «fuori assolutamente dalla sfera delle cognizioni positive» (p. 5). Affermazioni palesemente smentite di lì a pochi anni nel discorso Del teleologismo in rapporto specialmente colla fisiologia (Ferrara 1879) e in successivi scritti.
Nel 1922 egli avrebbe presentato questo ripensamento come il naturale approdo delle sue ricerche che lo avevano convinto – affermava – dell’impossibilità di spiegare con la dottrina materialista le sensazioni di piacere e di dolore, ma soprattutto «la finalità dei fenomeni fisiologici», dei quali la dottrina darwiniana non era in grado di render ragione e che non si poteva che ricondurre a una «Intelligenza Suprema» (Stefani, 1922, p. 149).
Su questa strada, dopo alcuni decenni trascorsi «presso a poco nella condizione di un modernista» (p. 150) – a tal proposito è da ricordare l’amicizia con Antonio Fogazzaro – , egli pervenne alla riconciliazione con la fede cattolica.
Morì a Padova il 24 aprile 1925.
Fonti e Bibl.: Notizie sulla famiglia paterna si trovano in: Archivio di Stato di Mantova, Archivio notarile, Indice delle parti; Mantova, Archivio storico comunale, Anagrafe antica; Goito (Mantova), Archivio storico della Parrocchia. Per l’educazione, gli studi, la vita privata e familiare e l’evoluzione delle idee filosofiche cfr. A. Stefani, Uno sguardo retrospettivo. Discorso tenuto nell’Antonianum per l’inaugurazione del IV anno dell’Istituto superiore di cultura religiosa il 14 novembre 1922, Padova 1922, e M. Stefani, A. S. nella semplicità della vita e nell’intimità del suo dramma spirituale, con introduzione di A. Gemelli, Milano 1930. Per una bibliografia (peraltro non esaustiva) degli scritti di Stefani si rimanda ad A. Raspadori, Per una saggio di bibliografia stefaniana, in A. S. Scienziato dell’800 anticipatore in Ferrara dei progressi della fisiologia. Atti del Convegno... 1990, Ferrara 1992, pp. 85-90. In questo stesso volume si vedano, con riguardo rispettivamente alle ricerche di Stefani sui sistemi cardiocircolatorio e nervoso, i saggi di O. Pinotti (A. S., il fisiologo del sistema cardio-vascolare, pp. 25-45) e V. Perri (A. S., fisiologo del sistema nervoso, pp. 47-68); a tal proposito cfr. anche L. Luciani, Relazione sul concorso al Premio Reale per la fisiologia normale e patologica del 1903, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconto dell’adunanza solenne, II (1902-1914), pp. 174-182.