Aristofane
L'arte della comicità
Denunciare ogni genere di male di Atene divertendo: è ciò che Aristofane, nello scorcio fra 5° e 4° secolo a.C., persegue e attua con arte impareggiabile nelle sue commedie. La sua satira, spesso dal chiaro contenuto politico, è diretta contro una varietà di personaggi: politici corrotti e corruttori, intellettuali pavidi, padroni arroganti, servi sciocchi
Nato ad Atene poco dopo il 450 a.C., Aristofane nelle commedie da lui scritte coglie in ogni varietà di aspetti la vita della propria città: la guerra, la politica, l'educazione, le istituzioni pubbliche, il contrasto tra i sessi, le polemiche letterarie, le differenze sociali. I protagonisti sono spesso umili personaggi che per risolvere i loro problemi elaborano un piano fantastico, dagli effetti esilaranti e quasi sempre paradossali. Il linguaggio è scintillante e ricco di immagini, l'inventiva è straordinaria.
Sotto forma di situazioni comiche, Aristofane porta in scena problemi di vitale importanza per la sua città. Gli attacchi personali sono frequenti e spesso violenti. Il suo è un teatro impegnato, ma egli è un letterato, non un politico. Denuncia i mali di Atene, ma non propone rimedi concreti: ricorre, invece, all'utopia, rappresentando situazioni fantastiche e surreali.
Dell'opera di Aristofane, morto nel 385 a.C. circa, oltre a numerosi frammenti, ci sono pervenute integre undici commedie.
Negli Acarnesi il contadino Diceopoli, costretto a rifugiarsi in città perché gli Spartani hanno invaso il territorio dell'Attica, firma una tregua personale con Sparta per poter tornare a lavorare tranquillamente la sua terra.
Nei Cavalieri è preso di mira il potente demagogo Cleone: Demo (il popolo) è un vecchio sciocco nelle mani di un servo malvagio, Paflàgone (Cleone), che alla fine viene neutralizzato da un salsicciaio più intrigante e corrotto di lui, mentre Demo riacquista miracolosamente la giovinezza e il senno.
Nelle Nuvole Strepsiade va a scuola da Socrate per imparare l'arte sofistica e trovare così il modo di non pagare i debiti contratti da un figlio spendaccione. Si rivela, però, un allievo incapace e manda a studiare, al suo posto, il figlio. Questi assimila così bene la lezione da dimostrare ai genitori, con i sofismi appresi dal filosofo, che è giusto persino picchiarli.
Nelle Vespe il figlio Bdelicleone ("Colui che schifa Cleone") cerca di guarire il padre Filocleone ("Colui che ama Cleone") dalla mania dei processi, divenuti strumento di lotta politica.
Nella Pace il contadino Trigeo vola fino all'Olimpo su un gigantesco scarabeo per riportare in terra la dea Pace.
Negli Uccelli Pisetero ed Evelpide fuggono da Atene, disgustati dalle iniquità che vi si commettono, e fondano insieme agli uccelli Nefelococcugia ("Città delle nuvole e dei cuculi"), una città utopica che, lungi dal rivelarsi immune da vizi, si manifesterà ben presto non dissimile dall'Atene terrestre.
Nelle Donne alla festa delle Tesmoforie Euripide, avendo appreso che le donne vogliono metterlo a morte perché nelle sue tragedie egli le diffama, invia un suo parente a spiarle mentre celebrano la festa in onore di Demetra; ma il parente viene scoperto, e lo stesso poeta deve intervenire con una serie di espedienti buffoneschi per liberarlo.
Nella Lisistrata, per convincere i maschi a porre fine alla guerra con Sparta, le donne di Atene, guidate da Lisistrata, si rifiutano di fare l'amore con i loro mariti.
Nelle Rane il dio del teatro Dioniso scende nell'Ade per riportare in vita un tragediografo di talento; a contendersi il privilegio saranno Eschilo ed Euripide, e la scelta del dio cadrà su Eschilo, che con le sue tragedie ha saputo educare gli Ateniesi ai più nobili ideali.
Nelle Donne all'assemblea Prassagora guida le donne a impadronirsi del potere, instaura il comunismo dei beni e stabilisce il diritto di tutte le donne, anche se vecchie e brutte, a scegliersi un amante giovane e prestante.
Nel Pluto Cremilo riesce a ottenere da Asclepio la miracolosa guarigione del dio della ricchezza, che, non più cieco, potrà distribuire la ricchezza tra gli uomini in rapporto ai loro meriti.